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Autore: Water_wolf    22/03/2013    6 recensioni
Avete presente quelle storie che parlano di angeli? E quelle sui quattro elementi? Ecco, prendetele e buttatele nel cestino perché questa fanfiction non ha nulla a che vedere con la normalità. Perciò, ecco gli ingredienti per questa storia:
-Un angelo rincorso in metro
-Una quindicenne sempre in ritardo
-Una Milano piovosa
-Una sana dose di divertimento
-Tre cucchiai di buona musica
-Cavolate q.b
-Magia in abbondanza
-Quattro Elementi strampalati
-Una missione da compiere
-Un pizzico d'amore (attenzione a non esagerare!)
[Cap. 6 “Prendi appunti coscienza: quando un padre arrabbiato incontra un ragazzo semi nudo in casa con sua figlia, il ragazzo semi nudo è un ragazzo morto”. Il pugno lo colpì in pieno volto, l’angelo cadde a terra, dal labbro era iniziato a scendere sangue. ]
[Cap. 10 Devi aiutarlo. Devi salvarlo. Corri. Più forte. Va’ da lui. Lui ha bisogno di te. Jonas ha bisogno di te. Quei pensieri, quella consapevolezza, le facevano muovere le zampe freneticamente, mentre i cuore aveva abbandonato il petto già da un po’ per trovare una sistemazione più accogliente in gola. ]
Genere: Azione, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"The day I first met you
You told me you'd never fall in love
But now that I get you
I know fear is what it really was
"
Give your heart a break, Demi Lovato

Domenica, il giorno in cui quei famosi edifici di tortura spesso comunemente chiamati scuole erano, finalmente, chiusi per la gioia degli studenti annoiati, professori che soffrono di attacchi d’ira e pazzia e bidelli e commesse svogliati.
Emilia faceva parte della prima categoria, un’alunna che potrebbe dare di più  ma che si accontenta di voti nella media. La bionda solitamente sarebbe rimasta arrotolata in un marasma di coperte fino a tarda mattinata o finché uno dei terremoti che aveva in casa non la svegliava con la forza. I due fratelli avevano smesso da tempo di provocare la maggiore, che se destata dal suo sonno non era certo un innocuo doberman, bensì un drago sputafuoco della peggiore delle specie.
Quella domenica però si era alzata di buon ora, si era lavata, vestita, aveva fatto colazione ed era uscita di casa verso le dieci e mezza. Si era diretta a casa di Chiara che, dopo essersi svegliata nella doccia a tarda notte, era ancora in uno stato di dormiveglia.
Non le era passato per la mente che forse aveva consumato l’acqua di tutto il palazzo e che la bolletta avrebbe registrato un picco elevatissimo; si era solo preoccupata di scrivere un messaggio riguardante ciò che era accaduto mentre era svenuta ad Emilia. La bionda era sobbalzata al suono del suo cellulare e aveva compreso le spiegazioni di Chiara per metà, tra cui l’obbligo di incontrarsi a casa sua la mattina seguente.
<< Se stavi ancora tra le nuvole potevi anche dire tranquillamente pomeriggio. >> sbuffò Emy << Tra l’altro non ho ben capito questa storia delle sirene… >>
Chiara agguantò il cappotto e la borsa << Avanti, te lo spiego durante il tragitto verso la casa di Giovanni. >>
Uscirono dall’appartamento e chiusero bene la porta. Scesero le scale, percorsero un grande viale alberato, salirono su un autobus che erano riuscite a raggiungere solo dopo aver corso a perdi fiato e si sedettero spompate sui sedili di plastica imbrattati. Impossibile decretare quale fosse il loro colore originale. Grigio, verde, arancio, si assomigliavano tutti sotto quegli strati di vernice.
Chiara raccontò brevemente il dialogo che aveva avuto con Ayh mentre si dilungò nel spiegarle gli effetti del filtro contenuto nell’ampolla che teneva all’interno della borsa.
<< Se ho capito bene, basta annusare un po’ di questa roba e ti trasformi in una specie di animale totem, diverso a seconda di quanto sei abile con i tuoi poteri. >>
La Custode dell’Acqua annuì. << Esatto. Puoi diventare una rondine come puoi mutare in un pantegana. >>
Emilia fece le corna con la mano. << Tiè! Lyra, se mi porti sfiga li vedrai tu i sorci verdi! >> la rimbeccò. La quindicenne scoppiò a ridere.
Dopo altre tre fermate scesero dall’autobus; camminarono tranquillamente finché non giunsero alla palazzina dove abitava lo scrittore. Chiara estrasse dalla borsa alcune chiavi ed aprì il portone principale. Presero l’ascensore, pigiarono il bottone che contrassegnava il piano giusto e, arrivate sulla soglia, bussarono.
Ad aprirle fu la coppia più strampalata che avessero mai visto: Giovanni, ammantato nel suo accappatoio rosa cipria e una tazza natalizia di caffè alla mano, e Jonas che calzava due ciabatte destre e portava solo i jeans. Emilia non riuscì a trattenersi dal ridere, Chiara invece soffocò una risata.
<< Possiamo portartelo via per un po’? >> domandò la quindicenne dopo aver salutato lo scrittore alla maniera dei cinesi.
Giovanni fece spallucce. << Fate pure, il fusto è tutto vostro. >> rispose pacato prendendo in giro Jonas e i suoi pettorali.
Chiara si avvicinò all’angelo e gli intimò di vestirsi in fretta. Jonas obbedì, ancora parzialmente in colpa per quello che era accaduto il giorno prima. Emilia seguì Giovanni in cucina e ne approfittò per sgraffignare una brioche.
Chiara si sedette sulla sedia preferita di Giovanni e attese che l’angelo si vestisse del tutto. Provava per lui un senso di attrazione e repulsione: i suoi occhi grigi impenetrabili come la nebbia, i suoi addominali perfetti, il suo carattere dolce e riflessivo la catturavano, ma al tempo stesso qualcosa in lei la bloccava mandandola in confusione.
Si sentiva stupida a non sapere come comportarsi con lui, se essere scontrosa o docile, e il soffermarsi a pesarci la faceva sentire ancora di più un’inetta. Avrebbe voluto trovarsi nei panni di Emilia, la bionda sapeva come comportarsi quando si aveva a che fare con dei ragazzi attraenti. Jonas finì di vestirsi e così le giovani poterono uscire dalla casa di Giovanni e raccontargli tutto.
L’angelo comprese al volo la situazione. Era eccitato, se il fluido nell’ampolla poteva farli trasformare in animali leggendari intrisi di magia abbattere il governo di Zeigen sarebbe stato più semplice. Questa consapevolezza gli fece gonfiare il petto d’orgoglio, da piccolo aveva sempre sperato di fare qualcosa di concreto per Upward.
I tre Custodi si diressero al loro consueto luogo d’allenamento fuori Milano. L’angelo non stava più nella pelle e anche Chiara era emozionata all’idea di poter cambiare forma. Si fermarono al centro di un campo, il terreno semi fangoso gli sporcava le scarpe e le spighe frusciavano tra i loro cappotti.
La quindicenne sfilò dalla borsa la boccetta trepidante d’eccitazione. Fece segno ai due amici di avvicinarsi e la stappò. Un liquido verdastro emanava un odore sgradevole poco rassicurante.
<< Sicura che questa cosa funzioni davvero? >> chiese Emy titubante.
Chiara le scoccò un’occhiataccia. << Deve funzionare. >>
La bionda sospirò. << Tutti insieme? >> domandò Jonas, non più sicuro che degli effetti di quel siero verdognolo.
Le due ragazze annuirono. Presero un bel respiro e avvicinarono i nasi alla boccetta, inspirarono a pieni polmoni e un puzzo di alghe marce gli inondò le narici.
Nessuno fece in tempo a lamentarsi. Jonas si rimpicciolì, le gambe scomparirono lasciando il posto a zampe piene di artigli, le braccia si trasformarono in ali bianche e brune, il capo divenne quello allungato di un rapace. Sentì l’aria solleticargli le piume e sorrise. Difficile distinguere il sorriso sul becco arcuato di un’aquila da un ghigno.
Chiara avvertì i muscoli tendersi, la pelle si ritirò i peli si infoltirono fino a ricoprila interamente, gli arti divennero zampe feline, il muso di gatto. Gli occhi nocciola rimasero gli stessi, l’unico dettaglio riconoscibile in quel guazzabuglio di strisce blu, nere e beige che le percorrevano il vello.
Emilia sentì la pelle bruciarle, la carne lasciò il posto a piccole piume color arcobaleno e volto si trasformò nella testolina di un uccellino.
Jonas osservò stupito le sue due compagne: Chiara era diventata un gatto bianco striato, mentre Emilia un colibrì dalle tinte lussureggianti.
<< Posso sapere cosa sono? >> domandò curioso.
La gatta sorrise << Un’aquila, una bellissima aquila dalle ali argentee e la schiena bruna. >>
<< E io invece? >> chiese Emilia, la voce resa stridula per colpa del beccuccio.
<< Un colibrì. >> risposero all’unisono gli altri due.
<< Che?! Un insulso colibrì?! >> sbraitò delusa. Si aspettava qualcosa di più di un uccellino esile, magari un lupo dal manto ramato.
Chiara annuì << Non ti piace? Guarda che sei carina. >> La ragazza provò l’impellente bisogno di lisciarsi il pelo. Si leccò la zampa anteriore e odiò la sua natura felina, la lingua ruvida le si stava riempiendo di peletti. 
<< E me lo chiedi anche!? Come credi che potrei esercitare il mio potere tra tutto questo pourpourrì di piume!? >> strillò. Dallo stomaco si levò un brontolio cupo. La bionda sgranò gli occhi ma non fece in tempo a dire nulla. Spalancò il beccuccio e una palla infuocata scaturì da essa.
Jonas si spostò dalla traiettoria delle fiamme e scoppiò a ridere. Chiara si abbandonò tra le spighe e si aggiunse al compagno. La risata assomigliava di più al rollio di una nave, l’acuto stridulo dell’aquila simulava i gabbiani, mentre le fusa soffocate della gatta lo sbattere ritmico dell’acqua sullo scafo.
<< Smettila di ridere gattaccia obesa! >> la riprese Emilia. Volò verso Jonas e incominciò a becchettarlo di qua e di là. << Anche tu…, sorta di aquilone! >>
Chiara smise di ridere per un secondo, squadrò da capo a coda l’amica e riprese ancora più concitatamente. Jonas sfuggì da Emilia portandosi in alta quota e lì rise come un matto.
Emy sputò un’altra fiammata. Abbassò le alucce e piagnucolò << Guardatemi… sono solo un colibrì che vomita palle di fuoco… >>
Lyra trovò l’utilizzo del verbo vomitare piuttosto divertente e continuò a ridere. Una palla di peli la costrinse a smettere. << Dai, non sei poi così male. >> tentò di rassicurarla Jonas.
<< Parla per te, dovrei essere un drago, non un uccello grande come un tappo di sughero! >>
<< Se ci alleniamo di più forse potrai diventare un pettirosso, chissà! >> la prese in giro la gatta.
<< Oh ma davvero? Tu tra poco sarai solo l’ombra di quell’ammasso di peli! >> Emilia si concentrò e sputò una palla infuocata verso l’amica. Jonas non si fece cogliere impreparato, si gettò in picchiata, afferrò per la collottola Chiara e la portò in cielo.
La quindicenne rise di gioia. << Sono il primo gatto volante delle storia! >> esultava mentre l’angelo si esibiva in giravolte mozzafiato, tenendo ben stretta l’amica tra gli artigli.
Prima d’iniziare a provare la forza dei loro poteri passò parecchio tempo. Alla fine scoprirono che padroneggiare gli Elementi nelle loro forme animali era molto più semplice, più istintivo. Jonas si divertiva un mondo a sfidare le correnti dei tifoni che lui stesso creava, Chiara sfatava il mito dei gatti che avevano paura dell’acqua cavalcando onde ciclopiche ed Emilia dimostrava la forza dei piccoli volteggiando leggiadra tra cerchi infuocati e incendi. A sera erano completamente esausti. Bastò loro pensare intensamente alla loro forma umana per mutare.
Poi tornarono alle proprie abitazioni, fieri di essere Custodi, felici di essere veramente speciali.

§

Jonas arrivò a casa di Giovanni con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. All’interno del locale però non trovò lo scrittore.
“Tanto meglio, almeno non dovrò dare spiegazioni” pensò sollevato. Già, perché dirgli che ti sei trasformato in aquila e aver volato non mi sembra affatto una buona idea.
Volare… quella parola ancora gli provocava fastidio, un brivido gli correva lungo la schiena, più intenso dove si trovava l’attaccatura delle ali. Non sapeva se il foro provocato dal proiettile si fosse richiuso, d’altronde non gli era mai capitato nulla di simile.
“E se provassi? Dopotutto sono passate già alcune settimane”. Con quella flebile speranza si diresse sul balcone. A quell’ora il buio faceva già da padrone; nonostante la primavera fosse alle porte l’inverno non voleva abbandonare il suo posto.
Respirò profondamente. Tese i muscoli della schiena e fece spuntare le ali. Lentamente petali lucenti sbocciarono dalle sue scapole e piume diafane andarono a formare le ali. Jonas chiuse gli occhi e sorrise. Ora si che si sentiva completo, senza ali un angelo non era un vero angelo.
Osservò compiaciuto la cicatrice sull’ala sinistra, lì dove la pallottola l’aveva colpito. Piccole piume stavano spuntando tra la lanuggine tipica della prima muta. Gli angeli erano come i gufi, le ali non presentavano subito piume adatte al volo e passava parecchio tempo prima che quelle definitive spuntassero.
C’era chi poi decideva di non svilupparle e perciò non le mostrava mai. Jonas aveva sempre desiderato volare, si ricordava che sua madre lo aveva spesso sorpreso sul balcone di casa voglioso di spiccare il suo primo volo. Questa sua passione gli aveva permesso di sfidare le correnti precocemente.
“Quelle ali te le dovremmo tagliare!” lo sgridava suo padre quando il figlio preferiva fare voli notturni invece che dormire. I brutti voti a scuola derivavano solo da quello, facendogli guadagnare la fama dell’angelo duro, bello, atletico e irraggiungibile. Il che era l’opposto di ciò che era veramente.
Shai era stata l’unica a capirlo davvero, l’unica che aveva compreso che le chiacchiere che giravano sul suo conto erano solo pettegolezzi. Jonas provò l’impellente bisogno di volare ancora. Non diede tempo alla coscienza di mettere il discussione quell’idea folle e spiccò un balzo giù dal balcone.
Lasciò che l’aria gli sferzasse il viso e qualche metro da terra si arrestò. Sbatté le ali finché non si trovò in alta quota. La cicatrice gli provocava qualche fitta ma il dolore non era nulla in confronto alla vista della città da lassù.
Poteva osservare le viuzze congiungersi con i viali, le macchine passare sull’asfalto come tante formiche, le luci abbaglianti erano come decorazioni su un albero di Natale. Le labbra si allargarono in un sorriso. Dentro il cuore sembrava volergli uscire dal petto, pareva che il battito potesse sentirsi a miglia di distanza per la veemenza con cui il muscolo pompava il sangue nelle vene. Lanciò un grido di felicità e si gettò in una corsa sfrenata.
Fece avvitamenti intorno ai palazzi e, senza sapere il perché, si ritrovò nel quartiere dove abitava Chiara. Si fermò per recuperare fiato. Quello fu il suo unico errore.
Una figura nera si staccò dall’ombra di un edificio, spiegò le ali nere e si levò in cielo. Quella volta non poteva farselo sfuggire. Si portò alle spalle dell’angelo nel silenzio assoluto tanto che dovette schiarirsi la gola per farsi notare.
Jonas si voltò esterrefatto. “Merda”. Imprecò a bassa voce.
Davanti a lui si stagliava una Sentinella Nera, la stessa che lo aveva ferito, la stessa che era quasi riuscita a catturalo.
 << Ci si rivede. >> disse ghignando. La tensione era tale che quasi la si poteva palpare.
<< Oh che peccato… è già finita la vacanza? >> controbatté Jonas. Quando era sotto stress dalla bocca gli uscivano solo battute idiote.
La Sentinella sfilò la pistola dalla fondina e giocherellò col cane°. << Non ti avevano detto che noi Neri siamo piuttosto assillanti, vero? >> 
Jonas sorrise beffardo << Non mi pare. >>
<< Oh beh… vorrà dire che lo scoprirai a tue spese! >> Detto ciò puntò la pistola contro l’angelo e sparò un colpo. Jonas eresse una barriera d’aria e si diede ad una fuga a rotta di collo. L’ala sinistra gli doleva per lo sforzo ma non poteva permettersi di fermarsi.
La Sentinella Nera sospirò e si gettò all’inseguimento. Il Custode dell’Aria ostacolò il nemico creando turbini e raffiche, al tempo stesso però doveva preoccuparsi di non scontarsi contro palazzi e prestava attenzione a schivare i proiettili. Si ritrovò davanti alla casa della Custode dell’Acqua.
Fece una virata improvvisa e quasi si schiantò contro la finestra dell’appartamento. Il rumore attirò la quindicenne che non appena vide l’angelo volare sobbalzò. << Che diavolo stai facendo!? >> sbraitò aprendo la finestra.
Jonas si guardò alle spalle. << Non c’è tempo! Mi ha visto, cazzo, mi ha visto! >> gridò.
<< Chi ti ha visto!? Perché non c’è più tempo!? >> urlò Chiara.
<< La Sentinella Nera! Prendi la pozione e aiutami Lyra! >> Non fece in tempo a darle altre spiegazioni che una pallottola si conficcò nel muro di casa.
Jonas si gettò in picchiata e con maestria si portò sulla traiettoria del nemico. Lo provocò e subito dopo riprese la fuga. Nel frattempo Chiara era corsa in camera e aveva inalato un po’ dell’odore del fluido. Si trasformò in un gattone striato, uscì sul balcone e balzando di cornicione in cornicione seguì l’angelo. Non aveva idea di che fare e la paura era l’unica emozione che riusciva provare.
Devi aiutarlo. Devi salvarlo. Corri. Più forte. Va’ da lui. Lui ha bisogno di te. Jonas ha bisogno di te. Quei pensieri, quella consapevolezza, le facevano muovere le zampe freneticamente, mentre i cuore aveva abbandonato il petto già da un po’ per trovare una sistemazione più accogliente in gola.
Si arrestò sul cornicione di un edificio malmesso per recuperare fiato. I polpastrelli le dolevano, i muscoli tesi le provocavano fitte insopportabili, se andava avanti così non sarebbe stata in grado di fare nulla. Poi accadde inaspettatamente. Un colpo, uno scoppio, e nelle orecchie si scatenò un suono acuto.
Gli occhi erano fissi sull’angelo che, sfinito, si era accasciato in una viuzza deserta. La Sentinella non aveva esitato un attimo, aveva tolto la sicura e aveva sparato. Jonas si vide passare la sua breve vita davanti.
Sei davvero un idiota, lo sai? In sedici anni non hai combinato nulla di buono, non hai nemmeno rivelato a Chiara i tuoi sentimenti. Che vita è una in cui non si vive per davvero? lo rimbeccò la sua coscienza. L’angelo non poté darle torto.
Un grido si levò nella sera; la Sentinella Nera non era riuscita ad ucciderlo. Di nuovo.
Una barriera cristallina aveva bloccato il proiettile, imprigionandolo in uno scudo d’acqua. Chiara si diresse a passo spedito verso Jonas. Forse non era in grado di sconfiggere un nemico ma sapeva di essere capace di salvare un amico. La Sentinella non badò alla gatta che si avvicinava all’angelo accasciato a terra.
<< Stai bene? >> mormorò a Jonas che annuì, incapace di proferire parola. L’angelo nero caricò un nuovo colpo. Chiara si trasformò in umana lasciandolo di stucco e, con un gesto sbrigativo della mano, creò un’onda che lo investì.
Afferò Jonas e insieme si nascosero in un negozio. La porta era rimasta aperta, il proprietario si era dimenticato di chiudere tutto aiutando inconsciamente i due Custodi. Jonas respirava spasmodicamente, l’ala sinistra gli provocava stilettate di acuto dolore.
Inciamparono nel buio, gattonarono sulla moquette, mentre drappi e pizzi di abiti da sposa impacciavano la loro fuga. Curioso  pensò la quindicenne tirandosi su. Uno sparo nella sua direzione le fece rizzare i capelli, meglio abbassarsi.
Incontrò lo sguardo di Jonas e si sforzò di sorridere. Una mano la agguantò per la maglia e la sollevò.
<< Lasciami andare! >> gridò lei, tentando di divincolarsi.
La Sentinella le puntò l’arma alla tempia, un brivido scosse il corpo della quindicenne. << Brava, vedo che hai capito con chi hai a che fare. >>
Jona strinse i pugni. Non poteva permettere che accadesse l’irreparabile, aveva sfiorato la morte e ora la vita gli sembrava un sottile filo a cui aggrapparsi a tutti i costi. Si alzò strappando l’orlo di un vestito.
<< Non hai sentito che cosa ha detto? Lasciala andare. >> disse duro. Era una delle tipiche frasi ad effetto dei film d’amore e azione, non sapeva nemmeno lui perché l’avesse detta con così tanta convinzione. La Sentinella rise di gusto. Strinse Chiara a se e indirizzò la pistola verso l’angelo. << No, no, no, così non va. Qui sono io quello che dà gli ordini. >>
<< Ti sbagli. >> sibilò Jonas a denti stretti.
<< Oh ma davvero? Posso ucciderti quando e come voglio…oppure potrei colpire lei e far soffrire entrambi. >>
Chiara rabbrividì.
<< Non lo faresti. >>
<< Mi stai mettendo alla prova? Perché credo di aver già dimostrato la mia tempra. >> Jonas abbassò il capo. Non sapeva che cosa fare e le sciocchezze non erano contemplate.
<< Se tu la lasci andare io vengo con te. >> sentenziò dopo interminabili minuti di silenzio. << Lei non deve pagare per i miei errori, sono io quello che è fuggito da Upward. >>
<< J! >> proruppe Chiara << Credi che questa idea funzionerà!? Perché ne ho visti milioni di stupidi che si sacrificano al posto degli altri senza concludere un bel niente! >>
<< Io non sono loro. >> Si rivolse verso la Sentinella che intanto aveva stretto al presa intorno alla quindicenne. << Avanti! Che aspetti?! >>
L’angelo nero non si scompose, allentò la morsa e gettò Chiara sulla moquette. Jonas avanzò verso di lui ma, prima che la Sentinella gli mettesse le mani addosso, Chiara innalzò un barriera d’acqua. Si alzò dal pavimento e spinse lo scudo contro il nemico.
L’acqua lo avvolse, prima pacifica e calda, poi lo soffocò, gelida come i mari del nord. Lacrime le solcarono il volto. Non voleva uccidere, ma era necessario per la sua salvezza e quella di Jonas. La Sentinella combatteva contro quella minaccia appena visibile quando l’angelo atterrò Chiara, costringendola a terra, e pose fine alla vita del nero sottraendogli l’ossigeno.
Chiara singhiozzava disperatamente e piangeva senza ritegno. Jonas le era sopra, il respiro affannato, e, nonostante lo sforzo, sorrise.
Chiara lo abbracciò e avvolta in quella stretta domandò << L’ho ucciso io? >>
Jonas le lisciò i capelli nocciola lentamente, con movimenti calmi che ebbero il potere di calmarla. << No. >>
Chiara pianse ancora, stringendo l’angelo come se fosse l’unica ancora di salvezza. Jonas la lasciò fare. << Grazie. >> disse poi la quindicenne, tirando su col naso.
L’angelo fece per ribattere che era stata una sciocchezza ma una fitta più dolorosa delle altre gli strappò una smorfia. Chiara si preoccupò immediatamente per lui, gli scostò la lanuggine che gli copriva la cicatrice sull’ala sinistra e vi poggiò la mano. Jonas gemette per quel contatto improvviso.
<< Scusa. >> mormorò la quindicenne, voltandosi verso Jonas. Quando incontrò i suoi occhi grigi il cuore mancò un battito.
Le iridi dell’angelo non erano più una nebbia impenetrabile, bensì uno specchio per i pensieri che percorrevano veloci la sua mente. Il muscolo pompava sangue come un ossesso, il senso di attrazione che Chiara provava nei confronti di Jonas aumentò esponenzialmente.
Lui le sorrise, un sorriso che trovò meraviglioso. Le si avvicinò al petto, regolò il suo respiro con quello della quindicenne. Le prese la mano e la spostò sul suo cuore. << Non c’è bisogno di correre anche ora che il pericolo è passato. >> sussurrò cercando di rassicurarla. Chiara deglutì. << Grazie. >> aggiunse.
<< Per cosa? >> domandò Chiara, maledicendo la sua voce tremante.
<< Per avermi salvato la vita. >>
La Custode arrossì e abbassò lo sguardo. << Anche tu hai salvato la mia… ora siamo pari. >>
Jonas sorrise << E’ davvero come dicono, sai? Intendo dire che la vita ti scorre davanti in un secondo. E sai che cosa ho capito? >>
<< Cosa? >>
<< Che quello che abbiamo oggi potremmo non averlo domani. Che io non ho combinato un bel niente. >>
<< Non è vero. >> ribatté Chiara, rivolgendo di nuovo gli occhi verso di lui. << Hai fatto molto invece. >>
L’angelo scosse la testa << Non abbastanza. >> si passò la lingua sul palato poi parlò << Adesso però voglio fare qualcosa. >>
<< E che cosa? >>
Avvicinò le labbra a quelle di Chiara, le sfiorò, le accarezzò e infine sussurrò << Carpe diem. >>
Il cuore della Custode accelerò la corsa, era un destriero imbizzarrito che correva per una prateria. Un milione di consapevolezze la assalirono.
Non sono bella. Non sono adeguata. Non sono brava in nulla. Non ho mai baciato nessuno. Non mi sono mai innamorata. Sono stupida. Sono brutta. Sono solo la sciatta copia di Alice, l’alter ego che non ha sconfitto il Ciciarampa, quella che non ha conosciuto il Cappellaio Matto, quella che è solo caduta nella buca. Sono la Dorothy che non ha incontrato il mago di Oz, quella che non è riuscita ad aiutare il Leone, lo Spaventapasseri e l’Uomo di Latta. Sono solo Chiara, la ragazza incapace, la ragazza normale, fin troppo normale.
Ma quando Jonas poggiò le sue labbra su quelle di lei, baciandola, assaggiando la sua pelle, assaporando il suo profumo, tutto scomparì, lasciando spazio solo ad una cieca gioia. Rispose al bacio e le sembrò la cosa più facile al mondo. E quando si staccò da lui, non poté non sorridere. Così le sue labbra si allargarono nell’espressione più grande della felicità. Poi chiuse gli occhi e si lasciò cullare dall’armonia che l’aveva avvolta e che ancora la avvolgeva.
Jonas la osservò addormentarsi tra le sue braccia e rise. Rise come un matto, rise perché l’aveva fatto, rise perché l’aveva baciata, rise perché aveva colto l’attimo. Solo quando sentì il bisogno di andare raccolse il corpo inerme di Chiara. Uscì dal negozio e, ignorando il dolore, spiegò le ali e volò a casa di Giovanni. Il cielo buio della notte sembrava fatto apposta per far spiccare le piume candide dell’angelo. Jonas entrò dal balcone, appoggiò Chiara sul divano, contemplò la sua figura per minuti interi poi si distese vicino a lei.
Assaggiò un altro po’ del profumo dei suoi capelli e si abbandonò al sonno. L’ultimo pensiero era rivolto a Chiara.
“Lei non è perfetta. Lei non lo è e non lo sarà mai. Eppure, le sue imperfezioni fanno di lei l’idillio della bellezza assoluta. Lei che è insicura, che non crede nelle sue capacità, che non sa di essere forte, in realtà lo è più di quando pensa. Lei è pura perché si mette in discussione. Lei è candida come la neve perché niente le ha impedito di essere ancora felice. Lei è il momento, l’istante. Lei è quel secondo di elettricità che percorre le ali delle libellule. Lei non ha bisogno di fingere, lei non mente né agli altri né a se stessa. Per questo, le è, e sempre sarà”.

" Now I wanna feel some sensitivity
I'm here, I'm telling you I
Cleared my life
I changed my head
Trying to catch my skin again
I'm finding out what makes me wanna live
By living it up again
It's my world
I paved my way
Found my sensitivity
I stepped back from the edge
Now I'm living it up again
"
Sensitivity, Alex Goot


°Il cane è un componente essenziale di molte armi da fuoco, viene armato dal grilletto oppure a mano e nella sua successiva corsa in avanti colpisce, tramite il percussore, l'innesco della cartuccia facendo partire il colpo.

***
ANGOLO DELL'AUTRICE
*si inginocchia* vi chiedo umilemnte perdono per varci messo così tanto!
Data la mia grande abilità nel ritrovarmi in una matassa di cose da fare non ho potuto fare altimenti :/
Beh, mi perdonate vero?
Avrò riscritto l'ultima parte un milione di volte prima di essere più o meno convinta, questo finale è quello che a mio parere è riuscito meglio.
Adesso mi spavento anche di come sia sdolcinata, bleah, voi li avreste mai fatti baciare due in un negozio di abiti da sposa?
However, spero che vi sia piaciuto, e aspettatevi casini, perché la misteriosa Shai è qui dietro le quinte! ^^
Alla prossima

Water_wolf

  
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