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Autore: Alkimia    29/03/2013    6 recensioni
[CONCLUSA]
***SEGUITO di "A series of unfurtunate events"***
Ognuna delle opzioni possibili è rischiosa e potrebbe danneggiare Nadia. Per non parlare dell'altra faccenda in ballo: qualcuno vuole distruggere la Terra... tanto per mantenersi nel solco della tradizione.
Nadia è in America per cercare, insieme allo S.H.I.E.L.D, un rimedio ai danni provocati dall'energia della pietra. Loki è prigioniero sul pianeta dei Chitauri ma ha ancora dei piani. Eppure, ancora una volta, troppe cose non vanno come lui sperava. Vecchi nemici tornano da un passato lontano che lui continua a rinnegare, costringendo gli Avengers a tornare in campo; episodi e sentimenti inaspettati lo porteranno a dover decidere da che parte stare. E non è detto che la decisione finale sarà quella giusta...
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A waltz for shadows and stars'
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Negli ultimi capitoli che ho postato, l'html del sito ha ripreso a darmi problemi, mangiandosi frasi o ripetendo righe di testo. Non riesco a evitarlo e non capisco perché succede, visto che per postare uso lo stesso metodo dal 2008 e con questa storia è la prima volta che succede -.-
Se notate qualcosa, fatemelo sapere, così lo sistemo :)
Thanks.

****


Capitolo ventisettesimo

The last lamp


Loki chiude la porta della stanza e si gode il silenzio come se ne fosse assetato.
Vorrebbe ricordare a se stesso che ha subito cose ben peggiori, eppure il dolore dei tagli e i muscoli rigidi per la stanchezza sono sensazioni molto molto sgradevoli, come tutto ciò che gli ricorda la sua vulnerabilità. E quelle armi, quelle lame, erano davvero notevoli.
Si trascina fino al letto e comincia a togliersi i vestiti. Ogni movimento rinnova la sofferenza e riapre qualche taglio.
Ora i suoi abiti sono un mucchio di stoffa sul pavimento.
Loki cerca alla rinfusa nella cassettiera di plastica lucida accanto al letto, tira fuori una scatola di ovatta e del disinfettante. Ha imparato abbastanza su Midgard da sapere a cosa serve quel liquido verde dall'odore insopportabile; non che tema di morire per infezione, ma ripulire i tagli dal sangue rappreso con qualcosa che non aumenti il bruciore sarebbe già un gran sollievo.
Sollievo. Gli inferi lo sanno se ne ha bisogno in quel momento!
Il silenzio però sembra aver amplificato la portata del suo tremendo cerchio alla testa. È come se una morsa gli stringesse le tempie.
Loki fa lunghi respiri, cerca di rilassarsi. I muscoli contratti non vogliono saperne di collaborare.
Quella sostanza disinfettante lascia una scia fresca sulla pelle tumefatta, ma piegarsi per riuscire a raggiungere tutti i tagli è comunque una tortura.
Per un attimo, il dio dell'inganno si chiede se anche Thor sia messo così male.
Lo ha salvato, alla fine. Quando Hope gli teneva puntata quella lancia contro il petto e lui ha preso in mano il pugnale per lanciarlo, per un breve istante si è chiesto cosa sarebbe successo se avesse mancato il bersaglio. Si è chiesto se essere lì a fare ciò che stava per fare avesse davvero un senso.
Quando ha lanciato la lama e ha visto il nemico cadere, ha capito: avrebbe salvato Thor altre cento, mille volte, perché la vita di Thor è la ragione del suo odio, e il suo odio è la ragione che lo spinge ad andare avanti sulla strada che ha scelto – quella direzione dalla quale è ormai impossibile tornare indietro. E Loki non ha dubbi sul fatto che un giorno lui e il figlio di Odino si scontreranno in un'ultima letale battaglia, ma sarà alle loro condizioni e per le loro ragioni. È tutto quello che chiede al destino che gli ha giocato così tanti orribili scherzi, è l'ultima cosa che chiede ed è tutto ciò per cui è disposto a lottare.
Il dolore e la stanchezza hanno la meglio e Loki si lascia cadere all'indietro. Resta steso immobile a guardare il basso soffitto di pannelli di metallo, fino a quando non sente la porta della stanza aprirsi.
Volta il capo verso l'uscio, con uno sguardo infastidito che è quasi rabbioso. Poi vede Nadia.
La ragazza ha il viso gonfio di pianto, gli occhi arrossati, le guance ancora bagnate dalle lacrime. Loki si chiede da quanto tempo aspettava di poter piangere.
Dunque, alla fine Stark è morto?
Il dio dell'inganno si solleva puntellandosi su un gomito e si volta su un fianco in direzione della ragazza. Il suo adorato Tony Stark è morto e lui è il primo che viene a cercare... in qualche modo sente di esserne contento. Per entrambe le cose.
Nadia non dice niente, nel silenzio si sente solo il suo respiro reso pesante dal tentativo di trattenere altri singhiozzi. Loki non riesce a capire davvero a fondo il rapporto che gli umani hanno con la morte perché non condivide la loro fragilità, la natura effimera delle loro esistenze, ma le lacrime di Nadia gli fanno sentire un fastidioso senso di freddo.
La ragazza gli si avvicina, vede i batuffoli di ovatta imbevuti di disinfettante e sangue. Prende un batuffolo pulito, ci versa sopra altro liquido verde e lo passa con delicatezza sui tagli che Loki non era riuscito a raggiungere.
Lui le tiene gli occhi puntati in viso, lei non riesce a guardarlo per lunghi minuti.
«Devi aiutarmi» dice poi, le parole escono roche e flebili dalle labbra. Loki sente la mano che regge l'ovatta tremare contro la sua pelle.
«Sul serio?». Lo dice con più distacco di quanto vorrebbe.
Nadia serra il pugno attorno al batuffolo, gocce di disinfettante misto a sangue scorrono tra le pieghe della sua mano.
«Gli dovevo delle scuse... a Tony» mormora.
«No, non è vero. E se anche lo fosse, quando c'è un tale affetto immagino che le scuse non servano in nessun caso».
Nadia fa una specie di sorriso, una smorfia che è quasi di scherno. «Non sai niente di questo genere di cose. L'affetto presuppone rispetto, e le scuse sono un segno di rispetto... Dio!» si volta di scatto,  getta all'aria la cassettiera facendo cadere sul pavimento bustine con tubi di plastica, bisturi, fiale di medicina. «Dio! Perché parlo di queste cose con te?»
«Perché vuoi chiedermi aiuto, e credi ci sia bisogno di convincermi» risponde lui, perfettamente calmo davanti a tanta furiosa disperazione.
Nadia ansima, si passa una mano sul viso, lascia cadere altre lacrime.
«Stai dicendo che non ho bisogno di convincerti?...»
«Sto dicendo che speri inutilmente che io possa fare qualcosa. Mi lusinga che tu mi creda tanto potente, ma io non posso resuscitare i morti».
La ragazza ha un sussulto.
«Tony non è morto» dice, lapidaria. «Non... non ancora... il reattore Arc non funziona più e per adesso stanno facendo funzionare il suo cuore con un qualche macchinario... lui non è cosciente, ma è vivo».
Loki annuisce. Ancora non capisce però cosa lei si aspetta che faccia.
«Tu devi aiutarmi» ripete Nadia.
«Non posso fare nien...»
«È colpa tua. Se tu non fossi scappato da qui, lui non sarebbe corso a cercarti e non sarebbe stato lì quando lo smagnetizzatore si è acceso. Devi aiutarmi!».
Il dio dell'inganno si scosta una ciocca di capelli dalla fronte e corruga le sopracciglia, impensierito. Evidentemente, nonostante tutto il suo sapere, quel tipo di logica gli resterà per sempre impenetrabile; Stark sapeva che andando in città avrebbe rischiato di finire nel raggio d'azione della sua stessa macchina, ma ha deciso ugualmente di andare perché nessuno si fida di Loki l'ingannatore, il mostro, il traditore... e a lui sfugge come questo possa essere anche solo minimamente colpa sua. Tanto più che quando lui e l'uomo di metallo si erano incontrati, Loki lo aveva avvisato che non sarebbe accaduto niente, che poteva andarsene, ma è stato Stark ad attaccare per primo e se Loki non lo avesse messo fuori gioco non sarebbe arrivato in tempo per fermare Hope. È stata una scelta di Stark inseguirlo e restare e aggredirlo...
«Io ho salvato Thor!». Il dio non riesce a fare a meno di dirlo urlando. «L'ho salvato perché persino per me che lo detesto e non faccio altro che sognare la sua disfatta quella era una morte idiota e poco onorevole! Se il tuo amato Tony Stark ha voluto mettersi in mezzo io non so che farci»
«Se tu gli avessi dato modo di fidarsi di te... non si sarebbe preoccupato di cosa potessi fare e non sarebbe venuto a cercarti». Sì questo lo ha già detto, ma i problemi di fiducia di Stark e dei Vendicatori sono, appunto, problemi di Stark e dei Vendicatori. E tutti loro sono troppo stupidi e accecati dal risentimento per capire davvero che non avrebbe fatto del male a Thor, non in quella situazione.
Ma tentare di far ragionare Nadia in quel momento è inutile, è troppo sconvolta.
e a te che importa? Lei ha già scelto e non ha scelto te. Alla fine si è rivelata uguale a tutti gli altri.
Nadia si copre il viso con le mani e ricomincia a piangere.
«È colpa mia...» dice tra i singhiozzi. «Ho cercato di fermarlo e non ci sono riuscita, l'ho solo fatto arrabbiare... gli ho detto che tu non eri lì per far del male a Thor, che lo stavi aiutando, ma lui è andato su tutte le furie e non ho potuto fermarlo».
Lo ha detto? Lo ha davvero pensato? Lo ha davvero capito?
«Mi dispiace, mi dispiace così tanto!». Nadia urla contro i propri palmi, e il grido le esce smorzato, quasi un suono indistinto di amarezza e disperazione frustrata.
Si fionda tra le braccia di Loki, nasconde il viso nel su petto. Lui può sentire le lacrime della ragazza bagnargli la pelle.
Può non capire molte cose della natura umana, può non essere del tutto in grado di provare pietà per quelle lacrime, eppure adesso sente che se avesse potuto fare qualcosa per evitare che venissero versate lo avrebbe fatto. Non è per Stark, e in fondo neppure per Nadia, è per se stesso, per illudersi che, alla fine dei giochi, la sua promessa di non nuocerle è stata in qualche modo mantenuta, che anche lui non è privo di onore.
Impiega un po' a sollevare le braccia e chiuderle attorno alle spalle della ragazza, scosse dai singhiozzi.
Non importa  ciò che dice la voce venefica nella sua testa, non importa il destino che si è scelto.
«Ti prego...» sussurra Nadia. «Devi dirmi come fare, con l'energia della pietra forse posso riparare il reattore Arc».
No, non può. Ma tutto quello che Loki può fare per lei è lasciarle la speranza di poter almeno tentare.
Le scosta i capelli che le lacrime le hanno appiccicato al viso,
«Non devo dirti niente» le dice, «sai già tutto quello che ti serve. Ma, questo devi capirlo, non è certo che funzioni».

*

«Non è certo che funzioni».
Nadia si stacca di Loki, frastornata. Sarebbe stato molto più semplice e confortante dare a lui la colpa di tutto, ma sarebbe stato anche meschino, e dal fondo della sua disperazione lei sa che non può fargli questo. Anche se al dio probabilmente non importerebbe, non del tutto almeno, ma lei gli deve almeno l'onestà di non riconoscergli più male di quanto abbia fatto.
Non è certo che funzioni, ha detto Loki, ma lei lo farà funzionare. Ad ogni costo. Se poteva valere per le armi di Nornheim, può certamente valere anche per il reattore Arc.
Le armi di Norheim erano progettate per quel tipo di energia. Il reattore Arc no.
La ragazza scuote la testa per allontanare quei pensieri sconfortanti.
Loki si alza dal letto di infermeria e si rimette addosso i vestiti. Le posa una mano sulla schiena e la pilota fuori dalla stanza.
Gli stretti corridoi dalle pareti di alluminio sembrano stringersi attorno, ondeggiare, e Nadia si sente come se stesse venendo inghiottita dallo stomaco di un enorme mostro.
È tutta colpa sua, fin dall'inizio. È una consapevolezza che la schiaccia e nella sua mente c'è solo l'immagine dell'enorme base volante che si accartoccia su se stessa e la ingoia in un morso di lamiere e cavi per poi esplodere in mezzo al cielo.
Fuori dalla stanza di Tony ci sono tutti. Steve, Clint, Natasha, Fury, Thor con qualche medicazione che lo fa sembrare una specie di mongolfiera rattoppata, e Jane al suo fianco. Nessuno si dà pena di riservare a Loki sguardi ostili; nella confusione generale, Thor non ha fatto altro che ripetere che è merito suo se è ancora vivo. E stavolta tutti sanno che non possono semplicemente dubitare del dio degli inganni, né accusarlo di niente, nemmeno di quello che è successo a Tony. O almeno non possono dire che sia davvero colpa sua.
Bruce è dentro la camera, con Pepper, a regolare l'affare che ancora permette al cuore di Tony di non cedere. Una soluzione che presto smetterà di essere valida, niente può eguagliare il reattore Arc.
Nadia guarda la porta chiusa, la tenda di plastica abbassata sul vetro.
«Se fossi rimasta a Venezia...». Le parole le escono di bocca in un sussurro che è più che altro un pensiero, troppo violento per restarle confinato nella testa.
Steve le prende la mano, le dice di levarsi quell'idea dalla mente. Ma quell'idea è tutto ciò a cui può aggrapparsi per sperare di far funzionare l'energia della pietra e rimettere in sesto il reattore Arc.
Nadia si avvicina a Fury. Ora che deve dire ad alta voce a tutti loro cosa ha in mente, non si sente poi così sicura, ma deve farlo.
«Dov'è il reattore di Tony? Io... pensavo che forse posso provare a...» balbetta.
Fury la guarda imperscrutabile, assottigliando l'occhio sano.
«Banner lo ha portato nel laboratorio» dice Clint. «Voleva provare a ripararlo, ma non può lasciare la stanza e...»
«E solo Stark sa mettere le mani su quell'affare» aggiunge Fury, lapidario. «Agente Romanoff, accompagna la ragazza dove Banner ha conservato il reattore Arc».
A Nadia sembra intercettare una strana occhiata da parte di Clint, un'espressione che dura un battito di ciglia.
«Non devi farlo per forza» interloquisce Steve. «Anzi, io credo che tu non debba farlo per niente».
«Come? Io glielo devo, io...»
«Nadia, stai accusando te stessa di troppe cose, come se quello che è accaduto fosse solo e soltanto colpa tua. Beh, non lo è, non lo è per niente. È colpa degli invasori di Nornheim e di nessun altro. Se Tony potesse parlare, sono certo che non vorrebbe metterti sulle spalle la responsabilità che ti stai prendendo dicendo di provare a rimettere in moto il reattore. Nessuno vorrebbe che tu passassi il resto della tua vita colpevolizzandoti per non esserci riuscita»
«Quindi la tua idea sarebbe non tentare affatto? Questo sarebbe un rimorso ben peggiore da portarmi dietro, Steve!» replica la ragazza.
«Vorrei solo dirti che non devi addossarti colpe che non hai, né ora né in futuro» conclude lui, scuotendo la testa.
Nadia prende un lungo respiro, sente l'aria vibrarle in gola. Non riesce a credere che anche in quella situazione loro si stiano preoccupando di proteggerla, e non riuscirà mai a dire quanta gratitudine provi per questo, ma il tempo delle preoccupazioni e delle speranze e dei vorrei è finito.
Batte una mano sul braccio di Steve, gli sorride con tristezza, poi segue Natasha verso il laboratorio.
Alle sue spalle, Loki cammina in silenzio, come un'ombra.

Il reattore Arc è poggiato su un tavolo dal piano di acciaio lucido, come un pezzo di cadavere dopo un'autopsia.
Nadia si passa una mano sul viso; non aveva idea di come fosse fatto quell'oggetto, non ne sapeva niente, a parte aver imparato a non trovare poi tanto strano il cerchio di luce azzurrina che si intravedeva a volte sotto il tessuto delle magliette di Tony.
La luce azzurrina ora è sparita. Il reattore Arc non è che un basso cilindro di metallo con una specie di piccola serie di lampadine sul davanti, e a guardarlo sembra quasi sciocco che la vita di un uomo possa dipendere da quell'aggeggio tanto piccolo e apparentemente insignificante.
«Può davvero farlo?» domanda Natasha a Loki.
Lui inclina la testa e incrocia le braccia sul petto. «Non lo so. Forse».
La risposta non sembra soddisfare l'agente Romanoff che si riserva comunque di lanciare al dio dell'inganno un'occhiata in tralice.
Nadia cerca di non pensare a quel rapido scambio di battute, cerca di dimenticarsi persino della presenza di altre due persone nella stanza. Cerca di concentrarsi, di sentire l'energia fluire come le ha insegnato Loki, cerca di nutrire quella forza che avverte agitarsi dentro di lei con le immagini dei suoi ricordi migliori e con tutta la paura e la disperazione delle ultime ore.
Alla fine può vederla, come una colonna di fumo che solo i suoi occhi riescono a contemplare.
Anche Loki la vede. Per sguardi come il suo l'energia non è solo una forza da sentire, ha anche un corpo, una forma da vedere, è qualcosa di perfettamente palpabile, è creta nelle mani di un artigiano.
Il dio dell'inganno solleva gli occhi e li spalanca a guardare quel fuso perfetto sospeso nell'aria, come se fosse stupito del fatto che lei sia riuscita ad ottenere un tale risultato.
Natasha sposta lo sguardo crucciato tra la ragazza e Loki, cercando di intercettare il punto in cui entrambi stanno guardando, sembra persino un po' turbata dall'idea di non riuscire a vedere nulla, forse vorrebbe chiedere se sta funzionando ma non ha il coraggio di aprire bocca. Semplicemente si appoggia con le spalle al muro, con una delle sue movenze fluide, e resta in attesa.
Nadia sente il cuore battere all'impazzata per lo sforzo e anche per l'emozione di essere a un passo così dal riuscirci. Sposta l'energia e le sembra di spostare qualcosa di pesantissimo, per un attimo ha la sensazione che il suo petto si stia per squarciare nello sforzo, fa male, ma continua.
L'energia sfiora la superficie del reattore Arc, e poi scivola dentro il cono di metallo.
Nadia si rilassa, quasi cade bocconi sul tavolo. Si accorge che sta grondando di sudore.
«Tutto bene?». Natasha si precipita accanto a lei, le batte una mano sulla spalla e lei si sente quasi bruciare lì dove la donna l'ha toccata. Ma non importa, Nadia tiene gli occhi fissi sul reattore.
Un istante. La luce azzurrina si accende.
Loki muove un passo verso il tavolo, con un moto stupito. Natasha sorride. Anche Nadia sorride, e il sorriso è già pronto a tramutarsi in un grido di gioia ma la luce trema un secondo e poi si spegne. Il reattore Arc è di nuovo solo un pezzo di metallo.
«No! No! No!». Nadia urla, afferra l'oggetto e lo guarda. L'energia ha reso il metallo quasi incandescente e lei si brucia le mani, eppure continua a stringere le dita attorno al dispositivo, quasi certa che se guardasse meglio vedrebbe la luce ancora accesa.
Natasha glielo strappa via con quanta più gentilezza può, anche lei si scotta e lo lascia cadere sul tavolo con una smorfia di dolore.
La ragazza si volta verso Loki.
«Perché?! Perché non ha funzionato?!» grida. Le mani aperte e tese, rigate di rosso, ad aspettare di poter afferrare una risposta.
Il dio scuote la testa. «Non so questo tipo di magia come interagisca con i manufatti di Midgard» asserisce. «Ti avevo detto che avrebbe potuto non...».
Nadia ha già smesso di ascoltarlo. «D'accordo. Riproviamo, c'ero andata così vicino» borbotta.
Riprova.
Riprova tre volte di seguito, la luce si accende per un attimo e poi sparisce.
E lei si sente sempre più debole, ogni volta si sente sempre più prossima a spaccarsi in due.
La quarta volta la luce non si accende neppure per un istante e quando tocca il reattore lo trova freddo.
Nadia non si accorge di avere un sottile rivolo di sangue che le cola dal naso, né che il suo stomaco le si sta ribellando, che tutto il suo corpo si sta ribellando a quello sforzo che non è fatto per essere compiuto da una semplice essere umana. Le labbra secche e screpolate cominciano a coprirsi di piccoli tagli, lei ci passa su la lingua arida e sente il salato del sangue.
Si passa la manica della maglietta sul labbro superiore, ripulendosi e preparandosi a riprovare.
Le luci... le luci si sono accese le volte prima, vuol dire che l'energia può arrivare al rettore, deve solo capire come fare...
«Nadia...» Natasha la chiama con voce titubante.
«Fermala o si ucciderà». Le parole di Loki sembrano arrivare da un punto lontanissimo. Ogni suono si conficca nel suo cranio come una lama.
Natasha si getta su di lei, la circonda con le braccia e l'allontana dal tavolo.
«No, io devo... devo...» tenta di dire lei. Gli occhi sbarrati, fissi sul rettore Arc irrimediabilmente spento.
Da quanto tempo sono lì dentro? Il cuore di Tony forse è vicino ad arrendersi, perché Natasha non capisce? Lei deve tentare, fin che può, deve tentare.
«Nadia, basta, ora calmati». La donna le passa una mano tra i capelli umidi di sudore.
«Pepper... cosa dirò a Pepper?» sussurra lei prima che le gambe le cedano e la facciano ritrovare seduta a terra, piegata su se stessa, troppo distrutta anche per piangere.
Natasha le si siede di fronte, sul pavimento freddo, con un fazzoletto le asciuga il sangue colato dal naso, ma Nadia quasi non riesce a sentire il tocco dell'amica; per quanto ne sa potrebbe anche star tagliando la sua faccia con un bisturi.
Lancia un'occhiata a Loki, in piedi dall'altro lato della stanza. Lui non ha parole da dirle.
Con la coda dell'occhio vede una figura in nero stagliarsi contro l'uscio della porta.
«Allora?» chiede Fury con voce monocorde.
Nadia lo guarda con gli occhi appannati. Natasha scuote la testa in un cenno negativo.
«Molto bene» replica lui, si volta e si allontana a grandi passi lungo il corridoio.
Loki arriccia il naso con aria pensosa, poi guarda nella direzione in cui il direttore dello S.H.I.E.L.D. è sparito e torna a voltarsi verso Natasha, come colto da un'improvvisa illuminazione.
«Mi sembra abbia accolto con eccessiva calma la notizia che uno dei suoi più valenti uomini è definitivamente spacciato» osserva con una punta di bieco sarcasmo.
In un attimo di nebbiosa ilarità involontaria, Nadia pensa che Tony rabbrividirebbe al pensiero di essere definito ''un uomo di Fury'' e probabilmente commenterebbe la cosa con una delle sue uscite.
Natasha guarda Loki con la sua solita aria imperturbabile, ma c'è un velo di agitazione nel suo sguardo, persino per la ragazza così stravolta e poco lucida appare chiaro. Solo che non capisce cosa sta succedendo, cosa Loki abbia voluto insinuare e cosa Natasha debba saperne in merito...
«Nadia, mi dispiace per tutto questo» dice l'agente dello S.H.I.E.L.D.
La ragazza corruga la fronte e sbatte più volte le palpebre. Il dispiacere le sembra assolutamente riduttivo come sentimento. O forse lei non stava parlando della... di quello che è successo a Tony.
«Fury voleva sapere se eri in grado di usare la pietra e in che modo, lui voleva esserne sicuro e...» tenta di spiegare Natasha.
«E così ha pensato bene di fare in modo che Nadia arrivasse a sostenere una tale prova» conclude Loki. «Ma il vostro prezioso Tony Stark... ah! Lui non è mai stato davvero in pericolo, Fury sapeva già come salvarlo, per questo neppure ha provato a fermarlo quando è partito per raggiungere me».
«Che... di... di cosa stiamo parlando?». Nadia non capisce, non riesce a seguire il filo. Persino le parole ''Tony Stark non è mai stato davvero in pericolo'' le sembrano nuvole che galleggiano incorporee nella sua testa, senza che lei riesca a dar loro un senso.
«Oh, agente Romanoff» ghigna Loki con la sua voce flautata e quel suo tono mellifluo e crudele. «Se non fosse che gli dei non sono fatti per piegarsi dinnanzi a voi mortali, ora il signore degli inganni si inchinerebbe alla sadica maestosità del vostro piano».
Nadia continua a spostare lo sguardo inebetito tra la donna e il dio.
«Nat, di che sta parlando?».
Natasha lancia uno sguardo in cagnesco alla volta di Loki, poi mette su l'espressione più conciliante e mortificata che riesce a trovare. Prende la ragazza per mano, la fa alzare e l'accompagna a sedersi su una sedia.
«Mi dispiace che tu abbia dovuto sopportare tutto questo, Nadia» le dice, sedendosi sul piano del tavolo di acciaio. «Mentre eravamo a New York e non sapevamo che fare con lo smagnetizzatore dato che Tony sarebbe stato nel raggio di azione, se lo avessimo acceso, Fury mi ha chiamata».
Nadia si massaggia le tempie. Ha idea che detesterà sentire il resto di quella spiegazione.
«Quando fui mandata da Stark sotto copertura, lui aveva dei problemi con il reattore Arc e doveva progettare un nuovo modello altrimenti l'usura della batteria del dispositivo lo avrebbe ucciso. Lo S.H.I.E.L.D. lo aiutò a trovare il modo, era un procedimento difficile, quasi impossibile da replicare, per questo lui non aveva un reattore di riserva...».
La ragazza deglutisce. Sta combattendo contro la nausea, sta impiegando ogni energia rimasta a rimanere lucida e tentare di capire, ma ora è tutto così semplice.
«Voi lo avete, un reattore di riserva, avete replicato il processo per costruirlo» esclama.
Natasha annuisce. «Quando Fury avviò il Progetto Avengers e si rese conto che, malgrado tutto, prima o poi non avrebbe potuto fare a meno di Tony Stark, fece costruire un rettore di riserva e lo tenne segreto. Non glielo ha mai detto perché sperava che Stark fosse stato meno imprudente sapendo di non avere le spalle troppo coperte... evidentemente si sbagliava».
Alle spalle di Natasha, Loki non riesce a trattenere uno sbuffo.
«E perché tutto questo?» dice la ragazza, indicando il reattore abbandonato sul tavolo che lei non è riuscita a far funzionare.
«Te l'ho detto, Fury aveva bisogno di sapere quanto sviluppate fossero le tue abilità» dichiara Natasha. «Non avremmo mai voluto sottoporti a una simile prova, ma lui non si fida di te, lui...».
Nadia sente la rabbia montarle dentro e sopraffare ogni cosa, ogni sensazione fisica e ogni altra emozione, quasi ha la meglio anche sul sollievo di sapere che Tony è comunque in salvo.
«Le mie abilità?! Fury aveva bisogno?!» esclama scattando in piedi con così tanta veemenza da mandare gambe all'aria la sedia dietro di sé.
«Non era in programma, te lo assicuro, non doveva succedere così...» tenta di dire Natasha, ma Nadia non l'ascolta. La rabbia cieca le dà quelle ultime forze necessarie a correre fuori dalla stanza, gettando per aria altre due sedie contro le quali va a sbattere e spingendo via anche Loki che cerca di fermarla e di farle notare che non deve agitarsi in quelle condizioni.
La ragazza corre, fino alla porta della stanza di Tony.
Gli altri sono ancora lì fuori e Clint si tende verso di lei, afferrandola prima che crolli a terra.
«Che diavolo è successo?» domanda. «Fury ha detto che era tutto risolto».
«Non per merito mio» risponde Nadia debolmente. «Fury è...»
«Uno stronzo? Un bastardo?» la voce del direttore dello S.H.I.E.L.D. sembra risuonare dalle pareti, ma lui è qualche metro più in là, e regge tra le mani una scatola con un etichetta adesiva arancione sulla quale sono segnati codici e sigle incomprensibili.
«Sì, lo sono, signorina Berton. Questo non mi impedisce di essere dispiaciuto per lei  adesso – che ci creda o no, ma appena si sarà calmata capirà che talvolta ciò che conta sono i risultati, e che è ai risultati che quelli nella mia posizione devono badare» conclude, agitando cautamente la scatola davanti agli occhi della ragazza, come un genitore che vuole farsi perdonare con un regalo il fatto di non essere stato a vedere la tua recita scolastica.
«Cosa è accaduto?» interviene Thor, perplesso.
«Il reattore Arc?» chiede Steve.
Natasha arriva trafelata. Clint le lancia uno sguardo e sembra capire, tutti gli altri continuano a guardare spaesati ora Nadia ora la scatola che Fury ha in mano.
«Immagino che adesso l'agente Romanoff non possa esimersi dal fornire i dettagli» borbotta Fury. «Intanto, signorina Berton, a lei l'onore».
Le porge la scatola e Nadia gliela strappa di mano, la apre e ne estrae un reattore Arc perfettamente identico a quello che aveva visto prima nel laboratorio.
«E quello da dove salta fuori?» chiede Steve.
Nadia si volta a guardare Natasha per un secondo. Forse a mente lucida sarà in grado di pensare che lei non ha colpe, che stava solo eseguendo gli ordini, che davvero non era previsto che lei passasse quello che ha passato nelle ultime ore e, soprattutto, che quello che conta è riuscire a rimettere in sesto Tony. Forse le cose si sistemeranno e dopo una sana dormita capirà che non deve avercela con Nat, che lei è stata una buona amica, come tutti gli altri e che il disappunto del resto della squadra che ora dovrà affrontare è una punizione sufficiente. Adesso però non le importa...
Apre la porta. La stanza è vuota, asettica, e Tony è una sagoma immobile tra lenzuola bianche. Bruce è in piedi, in una posa rigida a fissare lo schermo di un macchinario dal quale partono fili di elettrodi attaccati al petto di Tony. Pepper è seduta su una sedia, la mano appoggiata su quella del suo uomo, in una posa composta che sembra più che altro in un tranquillo stato di attesa.
Non può essere altrimenti, nessuno penserebbe mai che Tony Stark possa essere abbattuto da un'onda elettromagnetica ad alta densità. Non lo hanno ucciso le armi, è sopravvissuto persino a Loki...
Quando Pepper sente la porta aprirsi e si volta nella sua direzione però, Nadia vede il suo sguardo spento e pieno di muta disperazione. Lei ha fallito nel tentare di riparare il vecchio rettore Arc, ma l'espressione sollevata che ora la donna le sta rivolgendo un po' la fa sentire vittoriosa. Forse Fury pensava che sarebbe stata una piccola ricompensa per lei essere quella che dava a Pepper la buona notizia.
«Oh, mio Dio...» sussurra la donna.
Nadia riesce a trovare la forza di sorridere.
Anche Bruce si volta a guardarla, non capisce.
«Come hai fatto?» chiede Pepper scattando in piedi.
«L'energia della pietra?» suggerisce Bruce.
Nadia scuote la testa. «Non è importante, adesso». Si avvicina al letto e dà il reattore nuovo a Pepper che lo afferra con dita tremanti.
«È solo una dannata lampadina, ma non so come accenderlo» borbotta. La ragazza e la donna si concedono qualche secondo di risate isteriche, gli occhi di Pepper si riempiono di lacrime.
«Tieni, fallo tu, sono certa che nei tuoi lunghi anni di servizio ti sia capitato anche di dover fare manutenzione» conclude Nadia allontanando da sé il reattore e spingendo leggermente Pepper verso il letto.
«Solo una volta... tanto tempo fa, e feci promettere a Tony che non l'avrei fatto mai più». Altre risate, sempre all'insegna dell'isteria ma un po' meno tese.
Nadia si affianca a Bruce e insieme osservano Pepper chinarsi e inserire il rettore con gesti precisi e delicati. Il silenzio sembra pesare ed è interrotto solo da leggeri scatti quando il dispositivo fa presa.
«E a te cosa è successo?» domanda il dottore. Forse è troppo sopraffatto dagli eventi e ha bisogno di  distrarsi prima di cominciare a dare i numeri. In effetti a Nadia sembra che le sue tempie stiano pulsando in maniera visibile.
«Non vuoi saperlo, ti farebbe arrabbiare» gli mormora stancamente.
«Prima o poi qualcuno dovrà dirmelo»
«Non adesso»
«Ok».
Clik. La luce azzurrina si accende, lancia un riflesso circolare fino al soffitto. Bruce si volta a guardare i dati sullo schermo del macchinario e sorride.
Anche Nadia sorride. Poi perde i sensi.

*

Bruce Banner esce dalla stanza con Nadia tra le braccia.
Thor guarda il viso esangue della fanciulla e sbuffa di rabbia. Quello che ha fatto il comandante Fury è un gesto ai limiti della crudeltà, ma il dio del tuono ha vissuto la sua vita al fianco di un grande sovrano e sa quanto sia difficile il comandare, il dover reggere il peso di decisioni che riguardano il bene di tutti e che non possono focalizzarsi sulle preoccupazioni per i singoli.
«Sta bene» dice l'amico Bruce. «Anche Tony sta bene, deve solo riposare... Nadia cioè, deve riposare. E anche Tony... oh, insomma, avrete capito!».
Jane si fa avanti e si accosta all'uomo di scienza. «Le do una mano a metterla a letto, dottor Banner».
Il soldato Rogers è andato a cercare di portare via lady Pepper dalla stanza di Stark per convincerla a riposare, magari mangiare qualcosa e fare due passi ora che si sono lasciati il peggio alle spalle e l'uomo di metallo è fuori pericolo. Clint Barton è con la sua compagna, a cercare di rimettere insieme i cocci dopo la tempesta che è seguita alle sue spiegazioni in merito alla provenienza del nuovo cuore di luce per Tony. O forse l'arciere vuole solo mettere insieme loro due, sé stesso e la guerriera dell'est, questo Thor ancora non lo ha ben capito.
E lui è solo con i suoi pensieri. Pensieri che, messi da parte gli eventi tragici ora risolti, ha paura a ritenere belli. Perché è stato bello combattere insieme a Loki, schiena contro schiena, è stato bello voltarsi e scoprire che era stato proprio lui a lanciare la lama che aveva fermato il suo aguzzino.
È stato bello. Anche se è solo un momento passato, ma nel cuore di Thor si fa strada la speranza che, riflettendoci su, anche Loki ritrovi qualcosa di gradevole in quei momenti che già sembrano lontani.
Thor non vuole riempire le sue speranze di aria e gonfiarle solo per illudersi che siano più grandi della realtà, però più ci pensa e più non riesce a fare a meno di trovare segnali positivi disseminati lungo il cammino percorso negli ultimi mesi.
Loki compare in fondo al corridoio, segue con lo sguardo Bruce e Jane allontanarsi insieme a Nadia.
Il dio del tuono esita per un istante, ma poi decide di avvicinarsi al fratello.
«Bruce dice che sta bene» gli mormora, notando che il suo sguardo è fisso a guardare la porta della stanza dove hanno sistemato la ragazza svenuta.
«Lo so» risponde Loki, senza scomporsi. «Non le avrei permesso di uccidersi per tentare inutilmente di salvare Stark».
Thor sente una morsa stringergli il petto, il peso di una decisione che deve prendere in quel preciso istante, una decisione che potrebbe forse cambiare molte cose. O forse non cambiare assolutamente nulla.  
«Allora è così? Tieni davvero a lei?» domanda.
«Se anche ti dessi la risposta che vuoi sentire, che differenza farebbe?»
«La differenza tra la speranza e la rassegnazione».
Loki distoglie lo sguardo, ora è di nuovo freddo, più gelido che mai.
«Non ti ho ancora detto grazie per avermi salvato» aggiunge Thor. Non riceve alcuna risposta.
Trascorre qualche secondo di silenzio duro come la pietra, poi il dio dell'inganno torna a guardare verso il suo interlocutore.
«Ho le mie ragioni per averlo fatto» asserisce, senza alcuna espressione particolare. «Tuttavia, se mi sei così grato, c'è una cosa che potresti fare per me, una cosa da poco, solo togliermi una piccola curiosità, dopotutto direi che me lo sono meritato»
«Chiedi, Loki»
«Quale altro ignobile sotterfugio ha ordito Padre alle mie spalle, stavolta?».
Thor cerca di non apparire turbato, ma non è mai stato bravo a nascondere le emozioni come suo fratello, né possiede una sola briciola della sua capacità di mentire.
Decide semplicemente di non rispondergli, ma Loki ha già capito, ed è una consapevolezza che riapre vecchie ferite, getta sale su tagli ancora sanguinanti. Il dio del tuono ora vorrebbe dirgli che non importa, che non è mai stato d'accordo con quel particolare piano, anche se la paura e la disperazione lo hanno portato ad operarsi per cercare di attuarlo.
«Ascolta, fratello...» dice, schiarendosi la voce.
«Non chiamarmi in quel modo!».
«Ascoltami. Mi hai salvato la vita e io non ti condurrò su Asgard, per quel che mi riguarda, sei libero di andare».
Alla fine l'ha presa, quella decisione. Sa che è un enorme azzardo, ma è l'unico modo che gli sovviene per ricordare a Loki che lui non gli è nemico, che non vuole la sua disfatta né la sua sofferenza. Se Loki se ne convincesse, forse molte cose si metterebbero a posto da sole...
Adesso il dio degli inganni sembra persino un po' stupito. «Credevo che non potessi più fare niente per cogliermi di sorpresa, figlio di Odino» borbotta in tono piatto.
«Promettimi solo una cosa»
«Ecco, sapevo che c'era un inganno!»
«Smettila! Non voglio niente per me, vorrei solo che questa volta non ti limitassi a sparire nel nulla, che avessi la decenza di salutare la ragazza come si conviene».
Loki alza lo sguardo al cielo.
«Sei uno sciocco sentimentale, fratello».  







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Note:

Su questo capitolo avrei talmente tante cose da dire che rischierei di scrivere note più lunghe del capitolo stesso, quindi mi zittisco e lascio la parola a chi vorrà commentare...

Piccola precisazione sul titolo, “l'ultima lampadina”: lamp forse non è il termine più preciso per intendere “lampadina” in inglese, ma era quello che mi suonava meglio rispetto a varianti come lightbulb.

Ci leggiamo mercoledì con l'epilogo, che è un trafiletto talmente breve che non mi sembra il caso di farvi aspettare un'intera settimana.

Intanto, auguri a tutti di Buona Pasqua ^^

   
 
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