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Autore: itsjjoy    11/07/2013    4 recensioni
HTML della storia in revisione!
2018. Adam è sposato con Sauli, abita a New York e sta per adottare un bambino. Ma dopo 5 anni, Isaac torna a bussare alla sua porta e gli dice solo 3 parole: ‘è per Tommy’. Questo basta per far correre Adam a Burbank da quel ragazzo che già una volta gli aveva fatto riconsiderare tutte le proprie convinzioni e l'aveva cambiato da cima a fondo, e chissà che non l’avrebbe fatto ancora. La storia di due anime gemelle che la vita ha portato ad incontrarsi per poi separarsi ancora e di quel loro legame irrimediabilmente indissolubile che li porta, dopo essersi rivisti, ad un percorso di riscoperta di sé stessi, dei propri sentimenti, delle proprie passioni e delle proprie priorità. Un percorso difficile fatto di debolezza, ostinazione, rifiuto, fiducia, speranza, pentimento, affetto, perdono e accettazione; un percorso che forse non li porterà a tornare quelli di prima, a riavere indietro ciò che avevano, ma certamente li cambierà nel profondo.
[Adam/Tommy; Adam/Sauli; Isaac/Sophie]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Adam Lambert, Isaac Carpenter, Tommy Joe Ratliff, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note: Ci ho messo un po', ma ecco il nuovo capitolo. Ho iniziato anche una revisione dell'HTML dei vecchi, che finirò in brevissimo tempo. Non cambierà molto, ma credo che questo modo di gestire i capitoli risulterà più ordinato.
Se pensate che questo capitolo sia triste allora per il prossimo preparate i fazzoletti, perché sarà orribile :D
Fatemi sapere che ne pensate! Enjoy!









09 Broken hearts (pt. 1)


“Non lo facciamo da un po', ricordi come funziona?”
Tommy annuì, mentre la rabbia ed il dolore già iniziavano a gonfiarsi nella gola, ma il dottor Davis decise che gli avrebbe spiegato lo stesso cosa doveva fare. Non sapeva cos'altro dire, d'altronde. Aveva un nodo in gola e le lacrime premevano per bagnargli il viso, e glielo avevano detto che ai clienti non ci si può affezionare, gliel'avevano anticipato che quel caso sarebbe stato un fallimento, ma Matthew non aveva voluto crederci. Poi era successo, poi aveva realizzato la verità. Aveva ascoltato le poche parole che intramezzavano i lunghi silenzi di Tommy e aveva capito che non c'era più speranza. Aveva fallito. Thomas non sarebbe guarito, il dolore l'aveva sommerso da troppo tempo, l'aveva soffocato e l'unica persona capace di salvarlo non l'avrebbe mai fatto. È macabro ed incredibile pensare a come una malattia invisibile a qualunque macchinario possa distruggere ed uccidere una persona nel peggiore dei modi.
Tommy Joe Ratliff era sempre stato una persona ordinariamente fantastica. Matthew adesso sapeva tutto di lui. Conosceva piccoli dettagli della sua infanzia serena, le pene e la gioia della sua adolescenza complicata esattamente come quella di ogni ragazzo; sapeva capire la sua sensibilità da artista e apprezzare la gentilezza e la pacatezza che lo caratterizzavano; lo amava, il suo essere un eterno ribelle, un bambino che non crescerà mai e soprattutto ammirava la forza con cui, anche dopo tutto quello che era successo, era capace, nel profondo del suo cuore, di essere fiero di quello che era, di non pentirsi, di non giudicarsi e di accettare pacatamente le sua vita per ciò che era, nonostante fosse una pozza di dolore nero e soffocante. Una persona magnifica in ogni sua sfaccettatura, distrutta da un male invisibile e incurabile, da un sentimento, da qualcosa di astratto eppure eccessivamente reale.
E lui, Matthew Davis, che aveva studiato medicina per far del bene al mondo, lui che aveva scoperto grazie a suo padre che i mali peggiori sono quelli che stanno nella testa delle persone, la stessa persona che non aveva potuto accettarlo e perciò aveva deciso di diventare psicoterapeuta, ora doveva restare impassibile, doveva guardare negli occhi un paziente ed amico e doveva fingere che tutto andasse bene, mentre dentro di sé sapeva di aver fallito. Un amico, già, perché Tommy ormai era anche quello per lui, e forse era per questo che faceva così male sapere di essere stato incapace di salvarlo.
Fino a quel giorno era sempre riuscito a mantenere un comportamento professionale durante le sedute, ma quella volta, quella volta si lasciò andare al sentimentalismo.
“Chiudi gli occhi e immagina di parlare ad Adam.” lo istruì, come tutte le altre volte che aveva provato a farlo parlare in quella maniera. Ma poi, dopo un profondo sospiro, proseguì diversamente. “So che pensi che sia inutile, che lui non può sentirti, lo hai sempre pensato ed io l'ho sempre saputo. Ma, Tommy, oggi voglio dirti che non lo è. Non è inutile perché se è vero quello che sai, se è vero che ti ama e non vuole accettarlo, se è vero che siete fatti l'uno per l'altro, se è vero che il vostro amore non finirà mai, allora nulla è inutile. Ogni tuo respiro vale, ogni secondo che combatti per vivere, ogni attimo in cui ti sforzi di portare il fardello del tuo dolore, ogni momento serve a non farlo morire. A non farvi morire. Come hai detto una volta, il vostro è l'amore più bello del mondo, la fiaba che nessuno si stancherebbe mai di raccontare. È vostro ed è di tutti gli innamorati del mondo. È la canzone senza fine che fa muovere l'universo. È per questo che cinque anni dopo sei qui, ancora pronto a morire per lui, ed è per questo che non puoi arrenderti. Lo sai che se anche solo uno di voi due si arrendesse per davvero, se solo uno di voi due morisse, allora neanche l'altro potrebbe sopravvivere, perché siete una cosa sola. Le sai queste cose, Tommy. Me le hai fatte capire tu. Ora, ti prego, non mollare. Non farlo, perché non può finire così. Non smettere di sperare, Tommy. Digli quanto male ti ha fatto, urlamelo, e anche lui lo sentirà, perché siete legati indissolubilmente. Credici, Tommy. Credici perché è l'unica cosa a cui valga la pena di credere.”
Nessuno gli aveva mai parlato in quel modo di loro, nessuno era mai stato così partecipe, nessuno lo aveva mai davvero capito come Matt era riuscito a fare. Adam era stato per tanto tempo il malvagio della situazione, la causa dei suoi mali, l'essere orrendo che l'aveva ferito, e lo era stato per tutti tranne che per Tommy stesso. In quel momento si rese conto di quanto gli facesse male dover nascondere come in realtà – nonostante tutto – lui pensasse ad Adam come ad una persona magnifica, come ogni notte sognasse il suo sorriso gentile, come gli avesse già perdonato ogni istante di dolore passato e come, alla fine della giornata, spendesse sempre qualche minuto a sussurrare a sé stesso cosa gli stesse perdonando quella volta. Per la prima volta da tanto tempo si sentiva compreso, sentiva di poter dire qualunque cosa su Adam senza essere attaccato o giudicato. Finalmente poteva amarlo senza doversene vergognare.
Così chiuse gli occhi ed iniziò a parlare.
“Sai, Adam, quando ti ho conosciuto pensavo tu fossi perfetto. Dolce, comprensivo, altruista, gentile, sincero. Il cuore mi batte ancora tanto forte da farmi male quando ripenso al giorno in cui ti ho incontrato e la mia mia vita è cambiata per sempre.” Tommy, gli occhi ancora chiusi, rilassò il viso in un breve sorriso, che per una volta sembrava sereno. “Mi sono innamorato di te quando ti ho visto, e lo so che non l'ho mai ammesso, ma sei diventato il centro della mia vita in quell'istante. Poco importa che ti sei rivelato essere il contrario di ciò che credevo. Poco importa che dolce non lo sei quasi per nulla, che dici bugie su bugie, che spesso mi hai trattato male, che sei egoista, che vuoi sempre tutto e non dai mai niente in cambio. Ti amo così, esattamente come sei. E vorrei tanto capire come è possibile. Mi piacerebbe spiegarti perché, mi piacerebbe elencarti una serie di aspetti del tuo carattere che ti rendono così amabile ai miei occhi, ma non ne conosco. So solo che quando non ci sei sono un guscio vuoto, un corpo senz'anima, un sorriso senza allegria.
Vorrei poter 'andare avanti'. Quando mi dicono che devo dimenticarti, che dopo tutto questo tempo dovrei farmene una ragione, che ti ho perso ormai e non c'è nulla che io possa fare se non voltare pagina, vorrei chiedere loro cosa pensano di me. Credono che io sia felice di non esserne capace? No, non è felice la parola giusta. Vorrei non riuscire a perdonarti, vorrei odiarti per tutte quelle volte che mi hai ferito, per tutte le volte che ho pianto per te, perché hai distrutto la mia vita, mi hai tolto sogni, speranze, amore. Dovrei odiarti perché tutto ciò che volevo era starti accanto, non importava quale fosse il prezzo, ma tu non me l'hai permesso. Non volevo possederti, sapevo che non potevi essere mio, l'ho sempre saputo. Semplicemente, non volevo neanche respirare se non nella tua stessa stanza. Mi sarebbe bastato poterti essere amico, poterci essere per te, invece tu mi hai dato tutto ciò che potevi darmi ed io mi sono illuso di poter essere felice per sempre, con te; e poi, poi mi hai tolto tutto ciò che mi avevi dato e tutto ciò che ti avevo dato io in cambio. Ti sei preso tutto e mi hai privato di persino di me stesso.
Eppure, Adam, io non ti odio.
Ogni sera ti perdono per ogni lacrima che ho versato, ogni giorno mi sveglio pensando a te, in ogni istante spero di vederti tornare. Puoi immaginare quanto male mi fa, Adam? Puoi capire quanto soffro ad essere sempre pronto ad accoglierti anche se sono consapevole che tu di me non hai alcun bisogno? Ti rendi conto di che tortura sia per me accorgermi ogni giorno che non posso fare altro che sceglierti, nonostante tutto?”
A quel punto Tommy si fermò per qualche momento, quasi come se volesse solo riprendere fiato, ma poi si nascose il viso tra le mani ed iniziò a singhiozzare sommessamente. Piccoli tremiti lo scuotevano ogni tanto, e si strofinava le dita sulla faccia quasi tentando disperatamente di nascondere quelle lacrime, di eliminarle, di cancellarle per poi far finta che non fossero mai esistite. Ma persino dalla sua postura si evinceva il dolore che portava dentro, ed era più grande ed oscuro che mai. Matt aveva quasi freddo, si sentiva come se quelle lacrime stessero gelando il mondo, e voleva correre da lui e stringerlo forte, voleva dirgli che sarebbe andato tutto bene, voleva giurarglielo e poi mantenere la promessa, voleva dirgli che andava bene così, che non doveva parlare ancora, non se faceva così male. E stava per farlo, ognuna di quelle cose, ma il biondo aprì gli occhi a fissare la moquette e tra le lacrime riprese a parlare e lui non ebbe il coraggio di muovere un dito. Restò ad ascoltarlo pietrificato, stregato, sopraffatto da tutte le emozioni contrastanti che provava nel guardarlo.
“Perché hai scelto me? Tra tutte quelle puttane che volevano darti il culo e suonavano da Dio, Adam, perché quel giorno all'audizione hai scelto me? Perché mi hai voluto, mi hai amato? Ci deve essere una ragione, deve esserci un perché, deve esistere qualcosa in cui io possa credere!” La sua voce si era alzata di volume, e si era fatta disperata. Matthew non l'aveva mai sentito parlare con un tono così alto. La cosa lo spaventava, quasi.
“Credevo in mio padre, ma poi è andato via. Credevo in te, ma mi hai lasciato anche tu. Come hai potuto farlo? Mi avevi promesso che non sarebbe accaduto, che non sarebbe successo mai! Perché mi hai fatto questo? Ti giuro...” Tommy smise all'improvviso di parlare. Riprese fiato, tirò su col naso e pareva si stesse calmando, ma alla fine si abbandonò ad una nuova serie di singhiozzi. “Ti giuro, ci sto provando a credere in qualcos'altro! Ma so che non può funzionare, perché sei l'unico: ci sei solo tu, il resto non importa, il resto non vale, il resto non esiste. Ci sono io che cado nel vuoto e poi ci sei tu, solo tu puoi salvarmi, e lo so che verrai. Verrai...”
Tommy sospirò, asciugandosi ancora le lacrime che non smettevano di scorrergli lungo le guance pallide. Sembrava riflettere su quello che aveva appena detto, e tra le labbra sussurrava quella parola, in continuazione. 'Verrai'. Era il ritmo che scandiva il suo respiro, il suo mantra, la sua unica speranza, la forza che lo spingeva a tentare di vincere la sua guerra. A guardarlo in quegli istanti sembrava davvero pazzo, ma d'altronde cosa sono i pazzi se non persone sconfitte dalla vita?
“Ti supplico...” mormorò piano il biondo. Si interruppe per alcuni istanti, stringendo il lembo della felpa tra le dita sottili e fissando il dottore quasi fosse lui Adam. “Non lo voglio questo cuore spezzato, questo corpo distrutto, questa vita insensata. Non ho mai chiesto al tuo ricordo di farmi impazzire. Ma è così che va, ed io ti amo, e non posso farne a meno, non ce la faccio, non sono così forte, non adesso, non più, non con te.”
Un bastardo, piccolo pensiero si insinuò nella mente di Matthew Davis. Più che un pensiero, una vocina, una stupida vocina convinta e stronza che era tornata a dimostrargli di aver ragione. 'Che ti avevo detto? Sapevi che sarebbe finita così, Matt!'
Già, lui aveva sempre saputo che Tommy avrebbe perso la sua guerra con la vita, eppure ci aveva provato lo stesso ad aiutarlo. Che stupido che era stato a sperare di poter essere lui a cambiare quel terribile destino. L'unico uomo al mondo che poteva farlo era stato la causa di tutto.
“Sai qual'è la cosa più divertente, Adam?
Io non me ne pento. Ancora oggi, anche adesso che so come andrebbe a finire, rifarei tutto da capo. Tutto. Da quando sono nato fino ad oggi, ripeterei ogni scelta, ogni errore, ogni successo ed ogni fallimento, ogni pianto ed ogni risata. Rivivrei ogni istante, meticolosamente, perché so che mi porterebbe da te. Capisci? Non voglio altro che poter vivere ancora un giorno in quel passato così bello e così lontano, con te, prima di morire. Mi accontenterei di un giorno solo. E se esiste un'altra vita, quando la vivrò cercherò te. Solamente te. Perché ne vale la pena.”
Tommy sospirò con aria sfinita, si prese la testa tra le mani e restò lì, in silenzio, a pregare che quel giorno arrivasse, che Adam riuscisse finalmente a restituirgli quel paradiso che da cinque anni gli chiedeva. Si sentiva svuotato, senza forze neanche per abbandonarsi al proprio dolore. Quando un cupo Matthew gli diede il permesso di andare via, un permesso che pareva quasi una supplica, Tommy eseguì senza fare domande. Uscì, in silenzio, con una lentezza esasperante, e chiuse la porta dietro di sé senza neanche rendersene conto. Si stava muovendo o era qualcuno a muovere lui?
Fuori trovò Isaac ad aspettarlo, un sorriso nervoso sul volto. Gli si trovò vicino senza neanche accorgersi di essersi spostato e poi, in una muta e quasi inconsapevole richiesta d'aiuto, gli strinse la mano.

–   –   –   –

Matthew si concesse di piangere solo quando fu sicuro che nessuno l'avrebbe sentito. Non era un pianto disperato, non era doloroso, erano solo leggere lacrime che gli solcavano le guance perché piangere fa bene. Piangeva perché aveva perso le speranze, piangeva perché quel pensiero gli grattava il cervello nel disperato tentativo di non essere buttato via. Avrebbe voluto essere lui Adam. Avrebbe voluto essere l'oggetto di quell'amore così grande, appassionato e forte, avrebbe voluto essere lui ad amare Tommy, curare le ferite del suo cuore con una parola sola e poi cullarlo in quell'abbraccio che tanto bramava e cercava.
Matthew Davis, perché fai questo a te stesso? Perché non l'hai lasciato andare quando ti sei accorto di provare affetto? Perché pensavi di poter gestire questa cosa? I sentimenti non si gestiscono, Matt, si provano, e tu lo sai bene!
Questo gli diceva il raziocinio, questo gli avrebbero detto amici, colleghi, parenti. Ma Tommy, lui gli avrebbe detto che l'amore era bello lo stesso. Era quello che in cinque anni gli aveva insegnato quel ragazzo biondo, ed era uno degli insegnamenti più belli e toccanti che avrebbe ricevuto nella sua vita. Lo avrebbe sempre ricordato, che amare non è mai inutile, che finché ce la fai devi giocarti tutto ciò che hai, non solo i tuoi sentimenti, ma tutto te stesso. Che devi buttarti a capofitto nelle emozioni e amare con corpo e anima, offrire più di quello che hai e non desiderare nulla indietro. Devi essere te stesso, e seguire i desideri del cuore. Ed era quello che Matt aveva fatto. Eppure in quel momento si trovava distrutto dall'idea che forse non avrebbe mai avuto il coraggio di confessare a Tommy quanto bene gli volesse, quanto quei suoi occhi vuoti e quei suoi silenzi eloquenti lo attraessero e lo affascinassero. Ci aveva riflettuto molto, e a lungo, e c'è chi dice che con il tempo i sentimenti, come le fotografie, passano e sbiadiscono, ma era una stronzata e lo stesso Tommy ne era prova vivente. Neppure per Matt era stato così.
Non sapeva cosa fosse esattamente quello che provava, ma era certo che era un desiderio. Un desiderio forte, profondo e quasi incontrollabile di dare a Tommy tutto quello che nella vita gli era mancato, tutto quello che desiderava, tutto quello che gli avrebbe chiesto ed anche di più. Era certamente affetto, paura di perderlo, preoccupazione per lui, per come stava, per come andava la sua vita. Era interesse nei suoi confronti, voglia di starlo ad ascoltare, qualunque cosa dicesse. Ed era – di questo era certo – disprezzo nei confronti di Adam, quell'uomo che lui non conosceva ma che tanto aveva fatto soffrire Tommy; disprezzo ma allo stesso tempo curiosità di conoscerlo, di capire le sue ragioni, il suo punto di vista – tutto ciò non prima di averlo pestato diligentemente a sangue, ovviamente.
Si asciugò le lacrime e si guardò allo specchio, fissando con amarezza i suoi stessi occhi verdi tutti arrossati e rivolgendosi uno sguardo quasi sprezzante: quarant'anni e ancora piangeva così. Quarant'anni, una moglie, un figlio, una famiglia che amava e ancora si comportava come l'adolescente illuso che era una volta, con quella sua utopica speranza e fiducia in futuro che non faceva che deludere le sue aspettative.

–   –   –   –

Isaac chiuse la porta dietro di sé e si abbandonò alle lacrime. Finalmente era solo, finalmente poteva ammettere a se stesso quanto male gli facesse il cuore, quanto si odiasse per aver scaricato il fardello della sua esistenza e di quella di Tommy su Sophie e averla costretta a fuggire. Non sopportava più quella vita, ed in quel periodo era giunto al punto di desiderare egoisticamente di non dover più avere a che fare con Tommy. Sentiva che si stava piegando alla depressione, giorno dopo giorno, ed ora che Sophie non c'era, nessuna forza gli avrebbe impedito di farlo: sarebbe sprofondato. Aveva paura, era questa la verità. Aveva paura che sua moglie non sarebbe tornata, che anche la sua vita sarebbe precipitata nel nulla di un errore non suo, nella frustrazione, nella nostalgia. E non voleva, non voleva finire come Tommy. Si sentiva crudele a pensare quelle cose, una parte di sé scaricava tutta la responsabilità sul suo amico e sulla sua incapacità di reagire, e il senso di colpa lo divorava. Il fatto era che lui capiva perfettamente Tommy, si immedesimava in lui, sapeva che in fondo non erano così diversi e ciò scatenava in lui il terrore di precipitare nello stesso baratro.
“Salvami....” disse all'assenza di Sophie, o forse a se stesso, affondando la faccia nel cuscino che ancora profumava di lei. “Mi trascinerà giù con lui se tu non torni. Io ci sto provando ad essere forte, ma non ce la faccio... Ti prego, Soph, non lasciarmi.”
Sapeva che era stupido parlare al nulla, ma erano cose che nessuno gli avrebbe mai sentito dire, o almeno così credeva. In quel momento doveva essere forte, ed essere forti è difficile: ogni tanto era bello sfogarsi. Sospirò, si asciugò il viso dalle lacrime, prese il telefono e compose il numero di sua moglie. Alle sue spalle, Tommy decise che aveva ascoltato abbastanza. Non era sua intenzione origliare, era accaduto per caso, ma non si poteva tornare indietro, purtroppo. Raccolse l'ultima briciola di autocontrollo che gli restava per socchiudere la porta e tornare in camera, cercando di far finta di nulla.

–   –   –   –

Sauli entrò nella casa che era stata sua già con le lacrime agli occhi. Erano passate quasi tre settimane da quando se n'era andato da lì, da quando aveva messo un punto a quella relazione tanto importante per lui quanto insignificante per Adam. Ormai la notizia della loro separazione era su tutti i giornali, completa di intervista al povero Sauli, brutalmente abbandonato per una 'vecchia fiamma'. Lui avrebbe volentieri fatto il nome di Tommy, ma il management di suo marito gliel'aveva proibito; si era quindi accontentato di farlo capire ai fan tramite delle frecciatine su Twitter.
Posò le chiavi sul tavolo della cucina, pensando con malinconia che non avrebbe mai più visto quella casa. Non aveva più nulla, la sua vita era in pezzi, e l'unico piacere che poteva concedersi, l'unico che gli era rimasto, era tentare di rovinare la felicità di Adam, come lui aveva rovinato la sua. Ma la vendetta era un'amara consolazione: non avrebbe mai recuperato gli anni persi, non avrebbe mai dimenticato quell'umiliazione. Eppure poteva fargliela pagare e aveva intenzione di farlo con ogni mezzo a propria disposizione, non solo in tribunale, nella speranza che già sapeva essere vana che i soldi e il dolore di Adam potessero in qualche modo guarirlo dalla propria sofferenza. Lo avrebbero fatto stare meglio, sì, ma quanto? E per quanto?
Aveva passato le sue serate senza lui ad ubriacarsi e ad andare per locali, non ottenendo nulla che non fossero orribili risvegli in preda al mal di testa o ai ricordi della nottata trascorsa. Si rendeva ridicolo, ma che gli importava? Voleva solo che Adam sapesse che lui poteva divertirsi da solo, che tutti dicessero che l'aveva presa davvero bene, quella separazione, che era forte. Già, era forte. Trattenne le lacrime e si diresse in camera da letto, dove suo marito gli aveva lasciato alcune scatole già pronte e delle valige ancora da riempire con tutte le sue cose, buttate sul letto in caotici ammassi. Si sentiva umiliato. Avrebbe dovuto cacciare Adam di casa, piuttosto che andarsene, sarebbe dovuto essere lui a raccogliere la sua roba a testa bassa e a chiedere ospitalità a qualcuno. Ma a che scopo prendersi la loro casa? Non voleva restare in America ancora a lungo, voleva tornare in Finlandia al più presto.
Mentre rifletteva prendeva i suoi vestiti sparsi disordinatamente sul letto, li piegava e li riponeva in una delle valige. Pensava all'appartamento in cui era cresciuto, ai suoi amici, alla sua famiglia, a come sarebbe stato tornare finalmente a casa. Col pensiero stava già assaggiando uno dei manicaretti di sua madre, o guardando un programma stupido stravaccato sul divano con suo padre. Immaginava di tornare ad uscire con i suoi vecchi amici, si chiedeva se la sua vecchia e adorata felpona grigia gli calzasse ancora bene, e gli mancava persino il suo giardino sempre infestato dai corvi.
I suoi pensieri nostalgici si interruppero quando, ad un certo punto, sotto la matassa di panni trovò l'iPhone di Adam. Era spento e il retro era rotto, probabilmente in seguito ad una caduta alquanto violenta. Sauli sorrise, fulminato dall'eccitazione per quella fantastica occasione di farla pagare al marito ed anche a Tommy che gliel'aveva portato via. Una mossa davvero stupida, quella di lasciare lì il cellulare, anche se probabilmente non era stata una cosa voluta. Sauli lo accese e subito aprì i messaggi: sapeva cosa doveva fare. La sua vendetta sarebbe stata molto più soddisfacente di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
Gli ultimi SMS inviati erano poco interessanti. Adam aveva scritto a suo padre, a sua madre, a suo fratello, a Brad... Sempre le stesse persone. Sauli ne lesse qualcuno – non riuscì a resistere alla tentazione – e scoprì che in quel momento Adam era da suo padre e che vi era andato proprio per evitare lui. Lesse che aveva scritto a Brad di come si sentisse in colpa ad aver lasciato Tommy cinque anni prima. Ma di sensi di colpa per come aveva trattato suo marito non ne aveva, eh? Un brivido di rabbia lo scosse quando si rese conto che il suo cuore spezzato e torturato aveva però ancora la forza di sperare, di credere nel buon cuore di colui che aveva amato e che in fondo amava ancora. Era sconcertato al pensiero di quello che Adam si era rivelato essere. Nessuno al mondo si era mai comportato con lui in una maniera così ignobile, nessuno aveva mai dimostrato di possedere una natura tanto egoista e vile. Adam meritava la sua vendetta ancor più di quel verme del suo ex. Meritava di soffrire perché faceva soffrire tutti quelli attorno a sé. Persino Tommy si aggiudicò un po' della sua solidarietà, quando comprese quella realtà, perché era stato una vittima prima ancora di essere un carnefice, proprio come Sauli. Ma questo non cambiò le intenzioni del finlandese, né impedì che la sua vendetta si compisse. Scorrendo tra i messaggi ecco che finalmente Sauli trovò ciò che gli interessava: un sms della madre di Tommy con il numero del figlio; diceva 'fanne buon uso'.
“Oh, tranquilla signora Ratliff, ne farò un uso più che buono” sussurrò, un sorriso soddisfatto stampato sul volto. I suoi presentimenti erano stati giusti, ed ora che aveva tutti gli strumenti non avrebbe mai sprecato quell'occasione, come invece sembrava aver fatto Adam, che ancora non aveva inviato a quel numero alcun messaggio.

A: Tommy
Lasciami in pace. Lasciami vivere la mia vita. Fattene una ragione, Tommy: non ti amo, non ti ho mai amato, non ti amerò mai.
Adam.







   
 
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