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Autore: AyaCere    29/01/2008    3 recensioni
E' una long-fic ambientata in un periodo indefinito della storia, dopo l'attacco al Tokyo Dome, e ne riscrive la fine (che prenderà una piega del tutto diversa -.-). E' il tipo di fic in cui la fanwriter prende la trama di fondo di TMM, ci ficca dentro personaggi e invenzioni personali e poi ci fa quel che le pare e piace! (mwahahah XD)
Premetto che si tratta della stessa storia che avevo pubblicato con nick di _Ceres_, però l'ho riscritta da capo, visto che prima faceva proprio pietà. E' anche abbastanza seria (per i miei standard, si intende) e vi avverto fin da subito che sono molto lenta con gli aggiornamento. Portate pazienza...
Vi auguro buona lettura *sorrisino molto molto perverso* smackete! ;*
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Frammenti di Me

Declaimers: Tokyo Mew Mew non appartiene a me, ma a Mia Ikumi e Reiko Yoshida, e non ne possiedo i diritti. Questa storia non ha scopo di lucro né è serializzata.

Frammenti Di Me

11. Rivale in amore?

Odiava il silenzio.
Senza distrazioni, i pensieri erano liberi di assillare la mente. Stava impazzendo. Strizzò gli occhi e provò a concentrarsi sui fievoli rumore del ristorante al piano di sotto, dove i suoi genitori (pensarlo era strano, troppo) si preoccupavano di servire i clienti.
Il gocciolio del rubinetto.
Il pianto di un bambino.
Il frantumarsi di un bicchiere…

    - Mizuki! -
Le lacrime scendevano da quegli occhi così simili a propri. Aveva gli stessi tratti del viso, una voce familiare ed un profumo che da solo bastava a far affiorare echi di sensazioni, di ricordi.
    - Mizu… -
E quel nomignolo, una delle poche cose impresse a fuoco nella memoria.
Che sensazione provava mentre anima e corpo si contendevano la fede? Mentre la ragione diceva che quei due sbagliavano, che non era lei la ragazza che credevano; mentre il sentimento urlava che tutti quei particolari ne erano la prova contraria?
Avrebbe doluto esserne felice. Avrebbe voluto crederci con tutta se stessa.
Ma era così confusa…

… le risate di una ragazza.
I bisbigli all’orecchio di qualcuno.
Il tintinnio dei campanellini all’entrata…

    - E così li hai trovati. -
Gli occhi di Ryo era bassi, puntati a terra. Perché non la guardava in faccia?
    - Già. -
La propria voce non era che un bisbiglio strozzato. Cercava disperatamente un contatto, ma niente.
    - Non sei felice? -
Era una domanda retorica, ovviamente. Sì, certo che sono felice!, era la risposta sottintesa, ma non era così.
Lo sapeva e si sentiva in colpa.
Per Ryo riavere la famiglia era il desiderio più grande, però era irrealizzabile. Per un po’ loro due si erano consolati facendosi compagnia l’un l’altro, ma ora?
Mizu lo stava abbandonando. E Ryo stava abbandonando lei.
Perché doveva essere così complicato?
Perché sentiva quella tristezza, quello smarrimento?

… i passi di sua madre (non era affatto normale che dovesse fare uno sforzo per pensarlo) su per le scale, insieme a quelli di qualcun altro.
Questi erano leggeri, quasi volasse a mezz’aria.
Il cuore mancò un battito quando li riconobbe, e con gli occhi cercò una via di fuga, un rifugio.
Ma il fusuma si aprì in quello stesso momento.
    - Mizuki? Hai visite… -

*

    - Mi spiace signori, il caffè chiude tra dieci minuti. -
Retasu alzò gli occhi. Ryo stava chiudendo una porta del locale, segno che i clienti non potevano più entrare ma solo uscire. Era già orario di chiusura? Il tempo era davvero volato. Poi, quando guardò l’orologio, comprese il motivo del suo sfasamento. Erano solo le sei e mezza.
    - Non sono ancora le otto. - gli disse a mo’ di domanda quando lo raggiunse. Lui scrollò le spalle, indifferente, ma aveva qualcosa di diverso, qualcosa di indefinibile.
    - Non voglio farvi lavorare anche il giorno della festa. Avete la serata libera. -
    - E da quando ci lasci le serate libere?! - non voleva sembrare scandalizzata, ma la voce le uscì così e Ryo non mancò di notarlo.
    - Mi credi davvero tanto crudele da farvi lavorare anche durante la festa delle lucciole? - sbottò, così scontroso da far indietreggiare Retasu. Ryo era di malumore o cosa? Con lei non usava mai quel tono.
    - Scusa… - cercò subito di rabbonirlo. - E’ che non è da te, ecco. -
Questa volta Ryo le lanciò una lunga occhiata e lei prese fuoco all’istante. Fortunatamente lui non lo notò, perché rivolse lo sguardo da un’altra parte.
    - Ho deciso di cambiare atteggiamento. -
Retasu piegò la testa, limitandosi ad osservarlo piena di indecisione. Ryo si comportava in modo a dir poco anomalo: era nervoso, scattava alla prima cavolata del giorno per poi scivolare nell’apatia l’attimo dopo. Lunatico, in poche parole; ma qual’era il problema? Non era successo niente di preoccupante negli ultimi tempi, forse solo la faccenda di Mizu… ma Ryo non poteva stare così solo perché quella ragazza aveva ritrovato la sua famiglia, no?
O sì?
Qualcosa schiacciò il suo cuore fino a toglierle il respiro. Guardò Ryo, spaurita: che provasse qualcosa per lei?
No, ti prego… non un’altra rivale, non lo reggerei.
    - Retasu? -
Ryo la osservava vagamente preoccupato.
    - Eh? -
    - Tutto ok? Sei sbiancata… -
Maledizione. Detestava essere una sorta di libro aperto per chiunque.
    - Sì sì, tutto ok! Sono solo un po’ stanca. - si affrettò ad assicurare, gesticolando con le mani.
    - Sarà… - Ryo schioccò la lingua, scettico. - Meglio che ti accompagni a casa. -
    - N-no! - rispose di getto, arrossendo. Il biondo la scoccò un’occhiata che sembrava dire “Tanto lo faccio lo stesso”, quindi a lei toccò accettare senza fare storie. E poi, doveva ammetterlo… la prospettiva non le dispiaceva per niente!
    - Vai a cambiarti, andiamo. - le ordinò, e non se lo fece ripetere due volte: non vedeva l’ora di restare con lui.
Ryo rimase solo nel locale, ormai deserto. Si portò le mani sulla frangia, allontanandola dal bel viso abbronzato, poi sbuffò pesantemente.
Si sentiva stanco, totalmente privo di energie, ma faticava a nasconderlo come faceva di solito.
Era un periodo un po’ critico, con gli incubi che non lo lasciavano dormire, Kisshu che rompeva l’anima, il mistero degli attacchi a Suzuhara e quello di Mizu… già, lei.
Mizuki Hasami*.
Era una chiodo fisso, negli ultimi giorni.
L’aveva trovata in un parco, piena di tagli e ferite, e questo già di per sé era qualcosa di anomalo. Se poi si aggiungeva il discorso acquacristallo, DNA modificato e amnesia totale, diventava un grattacapo.
Ed ora veniva fuori che aveva una famiglia. Era una cosa strana, perché Ryo aveva sempre dato per scontato che non ne avesse una. Non per pessimismo o cosa, solo pensava che chi aveva sperimentato su di lei si fosse curato di non lasciar tracce. Invece per trovare il suo passato sarebbe bastata una ricerca negli elenchi delle persone scomparse.
Però questo non chiariva il mistero, anzi, era l’esatto contrario.
A quanto pareva, i genitori di Mizu avevano denunciato la sua sparizione diversi mesi prima che Ryo la trovasse. Era accaduto proprio in seguito all’attacco alieno del Tokyo Dome, episodio in cui molta gente era morta ed altra risultava tutt’ora dispersa.
Ma nel lasso di tempo che intercorreva l’attacco ed il ritrovamento nel parco, che cos’era successo? Che qualcuno ne avesse approfittato per avere dei corpi vivi su cui sperimentare? E se era così, gli altri dispersi…
Insomma, anche loro… ?
Si sentiva male.
C’era qualcosa di insano, di rivoltante in tutto questo…
Ok, teoricamente anche lui aveva modificato Ichigo e tutte le altre, ma era diverso. Prima di tutto aveva testato la Mew Tecnology su di sé, secondo lo aveva fatto in nome della Terra.
Ma questo qualcuno per cosa lo faceva? In nome di cosa?
    - Ahhhhhhh! -
L’urlo di Retasu lo risvegliò dai propri pensieri.
    - Retasu! -
Corse fino allo spogliatoio ed aprì la porta di scatto: Retasu, ancora strillante, era bloccata al muro da Kisshu che teneva le braccia addosso al muro.
Kisshu, maledetto!
    - Shiroga… - l’alieno si voltò e cercò di dire qualcosa, ma Ryo non lo sentì nemmeno: cercò di colpirlo con un calcio, ma Kisshu si portò dalla parte opposta della stanza con un balzo.
    - Si può sapere che diavolo volevi fare?! - lo aggredì portandosi davanti a Retasu, facendole da scudo nel caso in cui Kisshu avesse voluto riprovare a fare… qualunque cosa stesse facendo, ecco. L’alieno sbuffo, deluso.
    - A lei niente! Pensavo fosse Ichigo… - cercò di spiegarsi l’alieno, ma l’affermazione non migliorò la sua posizione, anzi.
    - E che volevi fare con Ichigo, eh? - gli sbraitò contro. Kisshu fece un sorriso sghembo, portandosi le mani sul cuore.
    - Ma ovviamente tenderle un’imboscata! Baciandola con tutta la passione che provo per lei, si sarebbe accorta che mi ama e sono io l’unico in grado di soddisfare il suo tenero bisogno d’amore! - cinguettò lui in uno dei suoi soliti deliri romantici (?).
    - … lasciamo stare. - Ryo sbuffò, poi lanciò un’occhiata a Retasu, immobile dietro di lui e ancora scossa. - Aspettami fuori, arrivo subito. -
Lei uscì in silenzio.
Intanto Kisshu li guardava, incuriosito.
    - Andate da qualche parte? -
    - Sì - sibilò, ancora furente. - Perciò, ti pregherei di non tentare strane idee in mia assenza. -
    - Ma no, proprio adesso che la piromane rompipalle non è più tra i piedi ed ho campo libero… - rispose col solito atteggiamento provocatorio, ma anziché seccarsi, Ryo si rabbuiò.
    - … al prossimo passo falso ti aizzo contro tutto il Mew Team, chiaro? - si limitò a dire. Kisshu sghignazzò a quella minaccia, ma non disse niente. Meglio così.
Ryo si passò di nuovo la mano nella frangia. Uscire dal caffè anche solo per accompagnare Retasu gli avrebbe fatto di sicuro bene, dopotutto lui voleva solo un po’ di normalità, come aveva detto Ichigo.
Sì, anche lui era stufo di quella guerra. Era stufo da una vita intera. Ma mica poteva smettere così, di punto in bianco! Il compimento del Progetto era così vicino…
    - Hai intenzione di fare al bella statuina ancora per molto? -
Si accorse di essere ancora lì, nello stesso punto di prima. Kisshu si stava sbottonando la divisa da cameriere.
    - Impaziente di rimanere solo? -
    - Oh, sì - uno scintillio passò negli occhi dorati dell’alieno. - così potrò finalmente portare a termine la mia perfida missione riguardo al vostro stupido covo segreto. -
Ryo si immobilizzò. Per un attimo aveva dimenticato il pericolo che costituiva un alieno nel caffè e, nonostante Kisshu per ora non avesse fatto null’altro che portare un po’ di scompiglio tra le fila delle Mewmew, non poteva certo illudersi che non avesse davvero un piano…
Tutt’ad un tratto l’idea di abbandonare il locale non sembrava per niente intelligente.
Però che stress, mica poteva rinunciare a qualche minuto di libertà per colpa di quello stupido essere!
    - Senti un po’, tu - Ryo si avvicinò a Kisshu, l’indice puntato di su lui e lo sguardo gelido. - Ti ho già detto che se fai un passo falso… -
    - … mi sculacci? - a quest’ennesima provocazione, Ryo gli afferrò un lembo della camicia e lo strattonò verso di sé, pronto a pestarlo come sognava di fare da giorni. Kisshu lo lasciò fare, divertito.
Ryo aprì bocca per sibilare una qualsiasi minaccia, ricoprirlo di insulti o qualunque cosa gli suggerisse il suo ego frustrato.
Poi uno scintillio attirò la sua attenzione.
Abbassò lo sguardo, scendendo sul collo pallido dell’alieno fino ad arrivare al torso fasciato dalle bende, e lì la vide.
Una pietra azzurra. No, pietra non era un termine esatto, perché era trasparente, proprio come un cristallo, ma brillava di luce propria, come una stella o qualcosa del genere.
Ok, Kisshu era un alieno. Per quel che ne sapeva, quello poteva essere un frammento di materiale extraterrestre a lui sconosciuto.
Però una strana sensazione si era impadronita di lui. Una sorta di ricordo sfuggente, un deja-vu… sgranò gli occhi.
Non può essere!
    - Il Cristallo… - alzò di scatto il viso verso quello di Kisshu, ma di lui già non c’era traccia.
Era solo, con una camicia in mano ed una morsa di terrore intorno al petto.

*

    - Mizuki? Hai visite... -
Rimase immobile, con gli occhi chiusi ed il respiro di chi è profondamente addormentato.
Sua madre sospirò.
    - Mi spiace, sei venuto in un momento sbagliato, i medici dicono che deve riposare. Puoi ripassare un altro giorno, ehm… ? -
    - Kisshu. -
    - Già, che sbadata! Hai un nome veramente particolare, vedrò di ricordarmelo. -
    - Nel mio paese è piuttosto comune. -
    - Sei straniero? -
Mizu soffocò un sorriso.
Se era straniero? Non era neppure di questo mondo…
    - Diciamo di sì… -
Questa volta non riuscì a non sorridere.
“Diciamo”? O sei straniero o non lo sei, punto e basta.
Poi il sorriso scemò, sostituito da una strana malinconia.
Prima avrebbe dato qualsiasi cosa per scappare da lui o da chiunque altro. Ora però, nel sentire la sua bella voce, il rumore dei suoi passi, persino il suo profumo così diverso da quello degli altri… be’, sì, era contenta di averlo vicino.
Ma allo stesso tempo non lo voleva.
La testa faceva così male…
    - Potrei rimanere lo stesso? Le scrivo due righe su un foglio e me ne vado. Giuro che sarò buonissimissimissimo e non la sveglierò. -
Cooome no.
    - D’accordo. Io intanto torno al ristorante. Ah, Kisshu - la signora Hasami si fermò, titubante. Cosa voleva sua madre da quello lì? - ti prego, stalle vicino. E’ molto scossa, siamo preoccupati. Sei suoi amico, no? -
Seh, figurarsi. Tanto amici da essere in guerra.
E poi non era così scossa come dicevano tutti… non era così debole!
    - Ma certo! - rispose Kisshu, e la sua voce grondava sincerità. - L’affidi nelle mie mani e le assicuro che tornerà ad essere la solita piromane rompiballe di prima! -
    - Eh? - ovviamente sua madre non poteva capire, così lasciò perdere. - Okay Kisshu, l’affido a te… - concluse poco convinta.
I passi della signora Hasami si allontanarono fino a diventare uno dei fievoli rumori confusi al piano di sotto e nella stanza tornò il silenzio, quello stesso silenzio che tanto odiava.
Solo che questa volta la mente era completamente vuota, in attesa.
Di cosa, non lo sapeva bene.
Forse dei passi di Kisshu all’interno della stanza, calmi e leggeri, del fruscio soffocato del fusuma che si chiudeva alle sue spalle, della sua voce bisbigliata, così bassa…
… così bella…
    - So che non stai dormendo. -
Chiuse gli occhi di scatto, arrossendo furiosamente. Il cuore aveva preso ad accelerare i battiti nel petto, ma Kisshu non poteva notare niente di tutto questo, perché era completamente coperta dal piumone del futon.
Non rispose.
D’un tratto si sentiva agitata… cos’era quella situazione strana, anomala?
    - Non mi inganni, quanto dormi russi come un orso in letargo! -
Cosa?
    - EHY! Non è affatto ve… -
Kisshu scoppiò a ridere, additandola.
    - Beccata! Sei una pessima attrice. -
Oh, Porca. Vacca. Che. Cretina.
Proprio come l’alieno aveva progettato, alla sua provocazione era balzata in piedi, senza nemmeno pensarci su, con tanto di coperte alla rinfusa tra sue braccia.
Stupida, stupida, stupida!
Improvvisamente si sentì sperduta, strappata con violenza dal calore protettivo del suo letto. Si sentì indifesa, senza muri che potessero proteggerla dal mondo.
Bastava così poco per farla sentire così?
Era davvero così debole?
    - No! - urlò in risposta alle domande dei suo cuore, e gettò il piumone addosso a Kisshu, che barcollò sotto il peso caldo di cotone e piume d’oca.
    - No cosa? -
Mizu lo ignorò e strinse a pugno le mani.
    - Che sei venuto a fare? -
    - Ma guarda questa! Io ti vengo a trovare e tu mi tratti così! -
    - Nessuno te lo ha chiesto! -
Kisshu appallottolò il piumone e lo gettò in un angolo, poi le lanciò un’occhiataccia.
    - Che carina, così gentile ed affabile! - la schernì lui. - Perché non vieni più al caffè? -
Mizu abbassò lo sguardo, a corto di parole.
    - Non è che non vengo più. Diciamo che mi sono presa un po’ di ferie… -
Lui sbuffò. Ovvio che non ci credeva nemmeno un po’.
    - Non mi guardare così. Sono molto stanca, ho avuto da fare e non sono dell’umore giusto per una chiacchierata. Quindi, gentilmente, se non hai nessun motivo valido per restare… -
    - Già, immagino tu sia molto impegnata - la ribeccò lui, e passò lo sguardo sul suo pigiama stropicciato ed i capelli sparati in aria, indomabili come al solito. Sentendo il suo sguardo dorato su di sé, Mizu arrossi di nuovo.
    - Ti prego, Kisshu, non sono dell’umore. Davvero. - la sua voce era ridotta ad un mormorio soffocato. Mizu si portò le mani alla testa, mentre tutto ricominciava a girare. - Vattene, per favore. -
    - Mizu… -
Era bello sentire il proprio nome mormorato da quella voce magnifica.
Però non lo voleva nessuno vicino, nessuno…
    - Per favore. -
    - Mizuki… - riprovò lui, ma lei strinse più forte le mani sulla testa.
    - NON CHIAMARMI CON QUEL NOME! - urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Vai via, accidenti!
Non lo capisci che voglio stare da sola?
    - … non ti capisco. -
Mizu si bloccò qualche istante, chiedendosi se fosse telepatico. Ma Kisshu era semplicemente confuso, e la guardava fisso per cercare di comprenderla almeno un po’, almeno qualcosa dei suoi tanti misteri.
Però non poteva dirgli tutto.
Non solo perché era un nemico (ma poi, quando mai lo aveva pensato così?) ma perché non ne aveva la forza.
Non aveva la forza per fare niente.
    - Ti accompagno alla porta. - fece qualche passo incerto verso l’uscita dalle stanza, ma Kisshu la afferrò forte il polso. Mizu si voltò di scatto: l’espressione dell’alieno era furibonda.
    - No, io rimango qui - esclamò deciso, stringendo con maggior forza il polso della ragazza. - Se c’è qualcuno di stanco, quello sono io. -
    - Kisshu, basta! -
    - MA BASTA TU! - urlò lui, e Mizu indietreggiò fino al muro, tremante. - Sei… sei strana, incomprensibile! Sei comparsa dal nulla e ora stai sparendo! Io…so di essere il cattivo della situazione e magari il tuo mistero fa parte dei tanti segretucci di voi angeli protettori della terra custodi… - ghignò emulando Ichigo, poi fece una pausa e la sua voce diventò più calma. - Vorrei sapere... che ti succede? -
La stretta intorno al polso si allentò, e la mano scese a sfiorare quella di Mizu. Lei l’allontanò con un brivido.
    - … cosa ti importa? - sbottò scontrosa, sebbene qualcosa dentro di lei le suggerisse di lasciarsi andare.
    - Non lo so. M’importa. - tagliò corto lui, con la stessa sincerità assoluta che aveva usato con sua madre, che aveva usato per dire che erano amici.
Aveva mentito?
Ora stava mentendo?
Timidamente, alzò lo sguardo verso il suo viso: era disteso, serio come non mai, e qualcosa nel suo sguardo sembrava voler capire con tutto se stesso.
Davvero posso credere che ti importa di me?
Le dita di Kisshu tornarono a cercare la sua mano. Lei lo lasciò fare.
    - Hai scelto una domanda di cui non conosco la risposta. - fece un sorriso amaro. - Come se per le altre fosse il contrario... -
    - Chi sei? - chiese lui. Mizu abbassò il viso.
    - Mizuki Hasami. Ho quindici anni, frequento la prima superiore e sono figlia unica di quei due tizi che hai visto poco prima. Sono sparita circa tre mesi fa nell’attacco alieno al Tokyo Dome, durante il concerto del mio gruppo preferito, ed ora come ora sono una dei pochi ritrovati dell’incidente. Il mio colore proferito è l’arancione, a quanto pare, perché in questa stanza TUTTO è arancione! - Kisshu la guardava mentre parlava, atona e a sprazzi quasi isterica, e le accarezzava il dorso della mano con il pollice. Ma lei continuava, insensibile al suo tocco e al suo sguardo. - … ufficialmente frequento il club di atletica, ma preferisco passare le giornate a zonzo per Tokyo a fare shopping, eccetera eccetera eccetera. Sei vuoi ti dico anche il tipo di sangue ed i miei hobby… - buttò là Mizu, con un sorriso che non aveva niente di allegro.
In realtà sentiva una gran voglia di piangere.
Chissà perché, poi.
    - Oh, avanti, non mentire… -
Guardò Kisshu con occhi sbarrati. Lui la fissava lievemente scocciato.
    - N-non è una bugia. -
    - Questa non sei tu. -
Gli occhi si inondarono di lacrime.
    - I-invece è così… - la voce cominciava a spezzarsi.
No, no, tutto meno che piangere davanti a lui!
    - Non sei felice di essere tra la tua famiglia? -
La voce di Ryo.
Non sei felice?
Una lacrima rotolò giù dal viso, e poi un’altra e un’altra ancora.
Singhiozzava come una bambina sotto lo sguardo confuso di Kisshu.
    - No! - ammise farfugliando, e si sentì più leggera, come se un peso si fosse stato levato dal petto. - Non è la m-mia famiglia… i-io non sono c-chi credono loro! -
Sentì le braccia di Kisshu abbracciare le sue spalle, con un tocco lento e titubante, ma lei si lasciò andare come una bambina.
Come se lui fosse stato la roccia nel bel mezzo della marea.
    - Calma… - Kisshu iniziò a bisbigliarle parole di conforto, e sebbene fossero un’accozzaglia di frasi senza capo né coda in qualche modo la calmarono un po’.
    - Io volevo dei legami, te lo giuro, ma loro… loro mi guardano come Mizuki e non si rendono conto che non sono la stessa persona… ma come posso farglielo capire? Come posso dirgli che Mizuki non c’è più? Oppure dovrei fingere di essere la stessa? Non lo so… cosa devo fare? -
Kisshu prese a cullarla, senza capire le sue parole, senza pensare ad altro che a quella piccola piromane che ora si stringeva a lui come se fosse l’ultima persona al mondo.
Amici, nemici… stupidaggini.
Era tanto sbagliato che in quel momento desiderasse solo consolarla?
Chiuse gli occhi ed affondò il viso nei suoi capelli disordinati.
    - Vieni con me. - le sussurrò.
L’attimo dopo, di loro rimase solo uno scintillio dorato.

*

Correvano tra la folla festante, unici volti tesi tra gli altri sorridenti.
La musica scandiva il tempo allegra e potente, eppure Retasu la sentiva appena: il cuore batteva così forte da annullare tutto il resto, tranne che la stretta della mano di Ryo sulla sua.
    - Dove pensi che sia andato? -
Urlavano per sovrastare la musica con la voce.
    - Non lo so! Non mi hai ancora detto quello che è successo! -
    - Non ho tempo per spiegarti… - fece sbrigativo, continuando a strattonarla per le strade di Tokyo affollate come non mai. - Se solo non ci fosse la festa! -
    - Tanto non sappiamo nemmeno dove cercarlo! -
Purtroppo Retasu aveva ragione. Si fermò ad un lato della strada e lasciò andare la mano della ragazza, per poi voltarsi verso di lei.
    - Kisshu… be’, ha un frammento di Cristallo Mew legato ad una collana. -
La ragazza lo guardò confusa.
    - Cos’è? Ha a che fare con l’acquacristallo? -
    - Sì. Non ve ne ho mai parlato perché credevo che ormai non esistesse più… - il biondo fece una pausa, distogliendo gli occhi da quelli blu di Retasu. Stava per raccontare una storia che avrebbe taciuto volentieri, ma era necessario. - Mio padre non era uno scienziato, ma un archeologo: diede origine al Progetto Mew dopo aver trovato il Cristallo in uno scavo in un’isoletta a largo del Pacifico. Allora l’effetto serra e l’inquinamento erano problemi ignorati dalla stragrande maggioranza delle persone, compreso mio padre, ma non ci è voluto uno scienziato per capire che quel cristallo era speciale: era in grado di rigenerare all’infinito ogni tipo di cellula, come l’acquacristallo che è un suo derivato potenziato del due percento. Però il Cristallo non era utilizzabile allo stato puro e funzionava solo in situazioni speciali, tra cui i Red Data Animal. -
    - Quindi è da qui che nascono le Mewmew… - si sorprese Retasu.
    - Già. I miei erano ricchi, sai. Crearono un laboratorio adibito allo studio del Cristallo e della Mew Tecnology. Volevano creare un essere in grado di purificare la Terra dall’inquinamento. -
Ryo smise di parlare, lo sguardo ceruleo puntato in un punto alla sua sinistra. Retasu non capiva: cosa c’entravano gli alieni in quel discorso?
    - Però… - fece per parlare, ma Ryo ricominciò come se non l’avesse nemmeno sentita.
    - Allora avevo cinque anni. Una strana entità attaccò il laboratorio col fine di appropriarsi del Cristallo: provarono a fuggire, a combattere, ma tutto bruciò in un enorme incendio. Morirono tutti ad eccezione di me e Keiichiiro, che a quel tempo era il mio maggiordomo personale. Degli appunti, degli esperimenti, del Cristallo e persino dell’entità non rimasero tracce… io e Kei portammo avanti il Progetto in gran segreto, per paura che quella cosa tornasse ad attaccarci. -
Retasu era senza parole. L’espressione di Ryo era impassibile, anche troppo per qualcuno con un passato del genere. Stava cercando di trattenersi e questa consapevolezza la fece penare.
Avrebbe voluto consolarlo, dirgli qualche bella parola, essergli d’aiuto… invece le uscì solo una stupida frase.
    - Le Mewmew in origine dovevano purificare il pianeta? -
    - Dovevate essere lo strumento di utilizzo del Cristallo. Ma come ti ho detto, dopo l’incendio tutto fu perso; portammo avanti il Progetto con lo scopo di creare degli esseri capaci di contrastare quella strana entità. -
Il pensiero arrivò folgorante come un fulmine nell’oscurità.
    - Alieni? Già allora? -
Lo sguardo di Ryo tornò a specchiarsi in quello blu della ragazza.
    - Retasu - cominciò, e nei suoi occhi così glaciale bruciava qualcosa di vivo, rabbioso come fuoco. - Quell’entità era Deep Blue. -
Rimase a bocca aperta.
Così quadrava tutto. Tutto.
Quadrava così perfettamente da risultare persino banale.
Che cosa voleva davvero Deep Blue dalla Terra?
Esistono centinaia di pianeti disabitati nella galassia…
Però c’era qualcosa che non tornava. Un piccolo, stupido particolare che non quadrava affatto.
    - Se Deep Blue vuole il Cristallo, significa che a suo tempo non se ne è impossessato; però Kisshu ne ha un frammento… -
    - … non capisco nemmeno io. - il biondo strinse i pugni, furibondo. - Ha nelle mani un oggetto che può cambiare le sorti di una guerra e lo usa come collanina! -
Retasu era pallida e tremante, ma si fece forza ed afferrò la mano di Ryo.
    - Allora dobbiamo trovarlo. -
E fu lei a trascinarlo nella mischia. Ma fecero solo pochi passi; poi la terra tremò violentemente ed un lampo accecante esplose nel cielo, chiaro come il sole del mattino.

*

Era una sensazione vertiginosa, come un giro sull’ottovolante.
Si sentiva leggera, trascinata da una corrente impalpabile. Per un tempo imprecisabile aveva continuato a girare, poi, senza preavviso, tutto il suo peso era tornato pesante come piombo, ed era caduta nel vuoto.
Aveva strizzato gli occhi, certa di finire spiaccicata al suolo, invece i suoi piedi toccarono semplicemente l’asfalto; le braccia di qualcuno stringevano le sue spalle, ed arrossì quando realizzò di chi fossero.
    - Kisshu! Cosa diavolo… -
    - Qui va bene. - disse lui, senza ascoltarla. Lasciò andare la stretta intorno al suo corpo e lei fece altrettanto, frettolosa. Distolse lo sguardo Kisshu e si guardò intorno, ancora scossa.
Luci, musica, bancarelle di dolciumi e giochi, passanti che li guardavano con tanto d’occhi. Una festa. Oh, santo cielo.
La festa.
    - Dimmi che non ci hai teletrasportato nel bel mezzo di Ikebukuro. -
    - Ok, se non vuoi non te lo dico. -
Quello… stupido!
    - Oh cielo, Kisshu! E’ la volta che Ryo ti squarta, lo fa, sì che lo fa… -
Kisshu sghignazzò.
    - Perché, te ne dispiacerebbe? -
Mizu non rispose e lo trascinò in un viale alberato poco affollato: c’erano poche possibilità che qualcuno li avesse visti, però era meglio non dare nell’occhio. E lei era in pigiama… accidenti!
Si passò una mano sulle guance, dove le lacrime si erano asciugate. Aveva smesso di piangere. Non si sentiva più scossa come prima, anzi, dentro di lei c’era una strana pace, la calma dopo la tempesta. Forse aveva bisogno solo di quello: piangere e sfogarsi. O forse era ancora scombussolata per il teletrasporto e non capiva bene cosa si agitava dentro di lei.
In ogni caso, non riusciva a guardare Kisshu in faccia. Asciugò quel che restava del pianto e rimase in silenzio, sfuggendo allo sguardo dell’alieno. Si sentiva in imbarazzo: sicuramente lui l’avrebbe presa in giro fino alla fine dei giorni…
    - Be’? Hai finito? - disse infatti il ragazzo, rompendo il silenzio. Lei rimase zitta e annuì impercettibilmente. Lui gettò un’occhiata allo spiazzo dove si erano fermati, buio e circondato dagli alberi, il posto ideale per le giovani coppiette che infatti sedevano qua e là, decisamente troppo impegnate per badare a loro. Si sedette su una delle tante panchine scarabocchiate e Mizu fece lo stesso. Rimasero in silenzio per un po’, il che era davvero strano considerato il livello solito di chiacchiere inutili di Kisshu, ma forse aveva paura che lei scoppiasse di nuovo a piangere.
Accidenti… arrossì di nuovo di vergogna.
    - Non so cosa mi sia preso prima - farfugliò pensando a qualche giustificazione, ma era difficile trovarne qualcuna vagamente credibile. Lanciò un’occhiata di striscio a Kisshu: guardava a terra, pensieroso. Che strano. - E’ che… sono successe tante cose, non so se posso… -
Lasciò sfumare la frase nell’incertezza più totale. Kisshu fece un breve sorriso, alzando lo sguardo.
    - Capito. E’ uno dei vostri segretucci di angeli protettori. -
    - Già. -
Di nuovo quel silenzio imbarazzante. E quelle coppiette, così fastidiose! Ovunque posava lo sguardo vedeva cose che la facevano bruciare dall’imbarazzo. E poi Kisshu era così vicino che poteva sentire il suo respiro sul braccio, il che non aiutava affatto.
    - Prima - disse all’improvviso lui, con un tono indecifrabile - hai detto di non essere felice di stare dalla tua famiglia. -
    - S-sì… -
Oddio. Poteva spiegare a Kisshu la sua situazione familiare? Non sapeva nemmeno da che parte cominciare.
Ma l’alieno aveva capito la questione segretezza.
    - Se non ti trovi bene con loro, torna al caffè… -
Mizu scosse la testa.
    - Non posso. Sono la mia… famiglia… in un certo senso. -
    - Però non ci vuoi stare, da loro. -
    - A volte bisogna fare dei sacrifici per un bene più grande. -
Kisshu si chiuse di nuovo nel suo strano silenzio. Mizu si voltò ad osservarlo: un’espressione così, sul quel viso pallido, non l’aveva mai vista. Era… boh, assorto, sembrava più grande, più adulto, in qualche modo più affascinante…
… ma che accidenti stava pensando?! E non era nemmeno la prima volta! Si passò la mano sulla fronte bollente: o aveva la febbre, o la sua mente era più confusa di quanto immaginasse.
    - Secondo me, la gente dovrebbe pensare solo a se stessa. -
Le parole di Kisshu arrivarono così improvvise e fredde da riscuoterla completamente da quei pensieri così sciocchi.
    - Perché dici così? -
    - Un bene più grande… che stupidaggine. Il sacrificio di un uomo potrebbe essere la salvezza di un popolo, ma per quanto? Prima o poi arriverà una nuova minaccia e nuovo sangue dovrà essere sparso, ed il sacrificio non sarà servito a nulla. E’ un ciclo eterno, il mondo: sempre le stesse persone, gli stessi sbagli, gli stessi ideali… sacrificarsi non serve a niente, niente, perché nulla cambierà. - si voltò. I suoi occhi ambrati erano seri, mortalmente convinti. - La vita è tutto ciò che possediamo. Davvero la vuoi sacrificare per “un bene più grande”? -
Mizu non sapeva che dire.
Un filo di vento freddo soffiò su di loro, immobili sulla panchina, lo sguardo specchiato in quello dell’altro. Kisshu era serio, Mizu nella solita confusione.
Di nuovo il mondo si era fermato, ma non era una brutta sensazione.
Per quanto sarebbe durato?
    - Scappa con me, Mizu. Tu non sei come Ichigo e le altre mewmew, non sei come Shirogane, non hai legami, non hai obblighi, sei libera. Vieni con me, fuggiamo da tutto questo… -
La sua voce era così bella, le sue parole così dolci.
Ma c’era qualcosa di sbagliato…
… no?
    - Per dove? -
Doveva resistere a quella tentazione, ma era difficile mentre la mano di lui andava a sfiorare i contorni del suo viso.
    - In un posto dove la nostra vita è l’unica cosa che conta… -
E Kisshu era così vicino che poteva vedere ogni singola gradazione dorata delle sue iridi, e qualche minuscola efelide sul naso, e le sue labbra sottili.
Amici, nemici… stupidaggini.
Era tanto sbagliato che in quel momento desiderasse solo baciarlo, e credere alle sue parole?
Sfiorò con le dita la pelle chiara del collo, lo avvicinò a sé e chiuse gli occhi. Il suono del cuore era così forte da farle male, ma era un dolore bellissimo.
Poi il mondo riprese la sua folle corsa in discesa.
    - MALEDETTO! -
Un urlo, una spinta violenta ed una luce accecante. Avvenne in una successione così rapida che per alcuni secondi non si rese nemmeno conto di essere a terra, sbalzata di qualche metro dalla panchina, che ora era un ammasso di legno in fiamme.
Ma la sua attenzione era da bel altra parte.
Due alieni, sopra gli alberi della radura, si fronteggiavano con i Sai incrociati ed il corpo teso nello sforzo di resistere alla furia dell’altro: Kisshu ed un’aliena dai lunghi capelli castani, che lo fissava con una smorfia di rabbia sul bel volto cadaverico.
    - E la volta che ti uccido sul serio, tu e la tua sgualdrina di turno! -

*

* Mizuki Hasami: nella prima stesura il cognome era Hasagiyama, però è più bello questo (che nota inutile .___.).

Ta-daaa! Eccomi col solito ritardo! Il discorso "ogni due settimane" non va bene per niente. Io non vado bene per niente .__.
E' che non ero dell'umore adatto. FdM parla di legami e tristi passati, quindi devo essere di buon umore mentre scrivo. Sembra un paradosso xD
No, ok, la verità è che ho iniziato a giocare ad un gioco di ruolo su Naruto XD il che è vergognoso considerata la mia età, ma io amo le cose stupide xDDD
Ho fatto un po' di disegni! Purtroppo il mio scanner non va sul nuovo pc, però ho trovato lo schizzo di MewMeggy. E' vecchissimo e colorato male, ma è tanto puccioso! Comunque ho pronto il character design di Mizu con tanto di spoiler (quindi, se riesco, lo pubblicherò più avanti ;P) ed uno schizzo di Christine e Ryez. Si tratta solo di far collaborare lo scanner, seh =_=

E ora, le recensioni! (non aspettavate altro, lo so xD)
Caomei: ti ringrazio ^^ questo conferma la mia ipotesi secondo cui le persona adorano i personaggi contorti... se è così avrò un futuro come fumettista xD comunque hai ragione, a volte i termini troppo studiati rendono pesante ed innaturale lo scritto, infatti la bravura sta nell'usarli in modo adeguato, cosa su cui sto lavorando. Sul discorso Kisshu, in effetti è proprio così! Non posso parlare a nome delle altre fanwriters, ma io dipingo Kisshu come l'avrei dipinto se fossi stata Mia Ikumi, ovvero uno che fa il simpatico per sdrammatizzare la situazione. Penso capirai più avanti la sua psicologia, quando si parlerà del suo passato. Purtroppo la Ikumi dà spazio solo ad Ichigo, che secondo me è il personaggio più banale e semplice di tutti =_= fortuna che esistono le ff...
Valery_Ivanov: davvero sei curiosa di scoprire di Pai, Christine e Ryez? ç_ç Così mi commuoooviii! *scoppia in lacrime* In effetti è una storia che merita, solo... non so se riuscirò a renderla in pieno con le scene dei vari passati. Durante la prima stesura avevo pensato di dedicarci una ff a parte, ma... troppo complicato u_u farò bastare i ricordi di Chris e Pai. Comunque è il classico triangolo amoroso...
Danya91: Danyyyyyyyyy!!! ç______________ç *piange di nuovo per la commozione* Oddio, che colpo quando ho visto la tua recensione! Adesso mi dovrò impegnare ancora di più u_u è vero, Kisshu è un po' strano, me l'ha fatto notare anche Caomei... sarò mica andata OOC? °_° Vabbeh, mi piace così e non lo cambio, al massimo metterò l'avvertimento, maledetta Ikumi è_é Ryez è adorabile! Christine... è una ragazza molto concreta, ha sofferto tanto nella vita (così mi fai passare per emo! ndChris_contrariata) e Mizu è... psicopatica °_° hai visto i primi accenni di pazzia in questo chap... ma la meglio è Shana, vedrai, uhuhuh... >=D

Bon, al prossimo capitolo (che spero di postare al più presto, ma non contateci ç_ç)
Smackete a tutti *-*
  
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