Libri > Twilight
Ricorda la storia  |       
Autore: lalla124    03/03/2008    7 recensioni
Salve! Mi chiamo Laura e questa è la mia primissima fanfiction che pubblico (oh, che emozione!). Molto probabiilmente non sarà un granché, quindi sarei felice se mi faceste commenti e critiche per capire se è possibile continuare o se è meglio smettere. La storia inizia alla fine di Eclipse e non viene narrata da Bella ma da un personaggio di mia invenzione: una misteriosa ragazza appena trasferita a Forks... Grazie in anticipo! Ciaooooo!
Genere: Avventura, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film, Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L'inizio

Bhe, che dire? Buona Lettura!

 

Red Eyes

 

1) L’inizio

 

Dopo circa un’ora di viaggio cominciarono a comparire i primi alberi verdeggianti che anticipavano di un paio di chilometri il cartello di benvenuto di Forks. Forks……. sarebbe diventata la mia nuova abitazione…..ancora per una volta. Trasferirmi non mi dispiaceva, non avevo mai avuto il tempo necessario per affezionarmi a un edificio tanto da chiamarlo “casa”. Infatti il lavoro di mio padre aveva obbligato me e la mia famiglia a cambiare continuamente città. Los Angeles, Miami, San Francisco, New Port……..non mi ricordavo nemmeno in quante città avevamo vissuto.

Questa situazione aveva impedito sia a me che a mia sorella di avere degli amici e ciò ci aveva indotte a considerare i nostri genitori persone importantissime e indispensabili da cui ricevere quell’amore che non potevamo ottenere da nessun altro.

Questa volta però sarebbe stato tutto diverso. Il trasferimento a Forks sarebbe stato più duro di quanto si potesse immaginare per tutte e tre. La famiglia McAnderson non sarebbe più stata come prima, dal momento che uno dei suoi quattro membri era scomparso, mio padre, a causa di un incidente d’auto. Questo aveva indotto mia madre, una delle più note e importanti stiliste nel suo campo, a trasferirci ancora, ma questa volta per lasciare tutto alle spalle e per cercare di dimenticare.

“Wow Forks! Non credete che sia un posto stupendo? Con tutto questo verde! Lo sapete che a Forks si registra la più alta percentuale annuale di pioggia di tutta l’America? Il cielo sarà coperto per la maggior parte del giorno e questo elimina il tuo problema, Natasha!”

Il mio problema…… l’aveva usato come scusa per il trasferimento. Sapeva che anche se ero albina il sole non mi aveva mai dato problemi, né a Miami né a New Port. Dalla morte di mio padre, Lucas McAnderson, Lilian McAnderson, seduta alla mia sinistra, era diventata un’altra persona. Era stata lei che alla morte di papà aveva sostenuto me e mia sorella; ci continuava a ripetere che tutto si sarebbe sistemato. Non aveva mai pianto davanti a noi, neanche al funerale, a Sancisville, il paese dove mio padre era nato e dove ci era sembrato più giusto sotterrarlo. Mia madre era una donna forte, lo era sempre stata e aveva sempre cercato di dimostrarlo a tutti. Anche questa volta aveva cercato di farlo, ma non c’era riuscita, non con tutti almeno. Non era difficile sentirla piangere fino a notte inoltrata, mentre anch’io piangevo.

Non smetteva di sorridere, era sempre stato nella sua personalità, ma era un sorriso spento, vuoto, forzato. La sua vitalità e voglia di vivere erano scomparse e chissà se sarebbero mai tornate…..

Avevo avuto sempre un’intesa particolare con mamma, quella stessa intesa che mi aveva permesso di capire i suoi stati d’animo.

“Là dietro tutto bene, Kathy?”

Mia sorella, Katherine, sbuffò. Di certo, tra noi tre, quella che più era stata sconvolta dalla morte di papà era lei. Aveva un rapporto speciale con lui, un rapporto che neanche io avevo. Dalla morte di papà, una settimana fa, non aveva più parlato. Eravamo sempre state legate io e lei, sempre, e vederla in questo stato mi faceva stare ancora più male.

Mia madre la guardò con uno sguardo preoccupato, lo stesso con cui da una settimana si rivolgeva a lei, e ritornò a guardare la strada. In un’altra situazione avrebbe detto una delle sue solite ma efficaci battute e tutte tre avremmo cominciato a ridere come delle pazze; ma non questa volta. La sua sicurezza e la sua forza di volontà erano volate via come la rondine lascia il suo nido per sfuggire all’inverno.

Senza dire una parola appoggiai la testa sul finestrino freddo e chiusi gli occhi, aspettando l’arrivo alla nostra nuova abitazione dove, ne ero sicura, ci sarei rimasta per molto, molto tempo. Decisi quindi che era arrivato il momento di chiamare “casa” il luogo dove avrei vissuto qui, a Forks. Casa..... non suonava male……..mi ci sarei abituata.

 

Ed eccoci qua!” Mia madre era su di giri. In questo caso “su di giri” era una parola grossa, ma non potevo negare che era sempre stato nella sua personalità agitarsi per questo tipo di cose.

“È proprio carina” dissi. Non mentivo, la nostra nuova “casa” non era molto grande, ma vista da fuori aveva l’aria di essere accogliente. Le pareti erano dipinte di un ocra abbastanza chiaro messo in risalto dalle tegole rosse del tetto. D’altro canto, mia sorella non rispose, si limitò a guardarla e a mugugnare, come per dire -Sì, non è male, ma mi aspettavo di meglio-, ma la conoscevo abbastanza bene da capire che piaceva anche a lei.

Il camion della ditta di trasporti si fermò dietro la macchina di mia madre.

“Vado a parlare un attimo con il l’autista, voi intanto andate a vedere com’è da dentro”

Ok” Sia io sia mia sorella scendemmo dalla vecchia Volkswagen di mamma e percorremmo il vialetto. La casa era circondata da un grande giardino dove, ne ero sicura, mamma ci avrebbe presto fatto qualcosa. La casa si trovava un po’ fuori dal centro; mia madre mi aveva detto che l’unica casa più vicina a noi era quella del capo della polizia locale Swann.

Dentro la casa era più carina che da fuori; a destra era situato il salotto, mentre a sinistra la cucina, non troppo grande ma neanche troppo piccola. Davanti a noi vi era la scala che portava al primo piano, dove c’erano tre camere da letto e il bagno. Mancavano tutti i mobili e sembrava un po’ spoglia, ma mamma avrebbe fatto un ottimo lavoro, come sempre d’altronde.

“Ti piace?” chiesi a mia sorella.

Lei si limitò a scuotere il suoi boccoli color ambra, in risalto con i suoi occhi color nocciola.

Kathy?”

Lei mi guardò.

“Mi dai un abbraccio?” mi guardò in modo strano, ma solo per un secondo. Mi lanciò le braccia al collo e io fui costretta ad abbassarmi per poter ricambiare.

“Ti voglio tanto bene” le sussurrai e le diedi un bacio sulla guancia.

Mi staccai da lei e le presi le mani.

 “Mi fai una promessa?”

Lei mi guardò con sguardo impassibile.

“Mi prometti che ricomincerai a parlare?”

Ne avevo abbastanza, non sopportavo più di vederla in quello stato. Lei d’altro canto si incupì ancora di più.

“Non ha senso non parlare, lo sai benissimo anche tu, chiudersi a riccio non serve a niente. Papà non avrebbe mai voluto vederti così.

Lei staccò subito le mani dalle mie e mi guardò con rabbia, ma non se ne andò. Abbassò lo sguardo per qualche secondo, poi lo rialzò.

“Tu credi che adesso papà non sia contento di vedermi così?”

Finalmente sentivo dopo sette giorni la sua voce!

“No, credo che papà vorrebbe che tu sia felice. Credo che in questo momento lui stia soffrendo perché ti vede triste e anche io e la mamma stiamo soffrendo vedendoti così.”

I suoi occhi cominciarono a luccicare.

“Credo che tu abbia ragione…” la sua voce si era trasformata in un sussurro “non voglio più farvi soffrire….. ricomincerò a parlare….. “

Ero al settimo cielo!

“Brava piccola!” dissi dandole un bacio sulla fronte.

“…………ma ad una condizione!”

Nei suoi occhi c’era qualcosa di strano…malizia forse?

Cioè?” chiesi con voce un po’ preoccupata, ma felice di sentire la mia sorellina parlare di nuovo.

“Mi devi prestare la gonna bianca che mi piace tanto!” le sue labbra si incresparono in un sorriso sempre più grande.

Io la guardai sorpresa e senza parole, ma mi destai subito per rispondere: “Non ci penso nemmeno!” incrociai le braccia e mi voltai.

Tipregotipregotiprego!” stava incominciando a saltellare intorno a me come un piccolo canguro agitato.

Kathy! Quella gonna è troppo per una bambina di sette anni come te!”

Bhe, tu ne hai sedici! Non c’è tanta differenza tra di noi!”

Aveva sfoderato la sua arma segreta: gli occhi dolci. Ma per sua sfortuna io ero l’unica della famiglia che ne era immune. O quasi.

Noooo! Cosa vuoi che siano nove anni?” risposi con sarcasmo

“Per piacere!” ormai mi implorava in ginocchio.

Non seppi resistere: “Va bene!.....ti lascerò usare la maglietta rosa che adori, ok?”

SìSìSìSìSì! graziegraziegrazie!>>

Il mio canguro era tornato.

“Lo sai? 6 la sorellona più grande che ci sia!” disse con il sorriso sulle labbra.

Detto questo corse in giardino. Solo allora cominciai a sentire qualcosa di strano alla bocca; le labbra mi tiravano ed erano come se fossero atrofizzate. Era una sensazione già sentita, ma da tanto tempo mai provata. Solo dopo capì che quello era un sorriso.

 

 

 

 

Come vi sembra come primo capitolo? Non è molto, ma i prossimi cercherò di farli più lunghi.

Intanto COMMENTATE!COMMENTATE!COMMENTATE!

 

By Lalla124

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: lalla124