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Autore: BellatrixWolf    10/10/2013    1 recensioni
Un'altra fic su Regina e su Henry.
La storia si svolge nel Maine, a Storybrooke, come nel telefilm. Henry odia Regina e la considera la regina cattiva delle sue favole. Proprio come nel telefilm. Ma a differenza di esso, qui Regina non è la Evil Queen. E se tutta la Maledizione fosse davvero nella testa di Henry? Se Storybrooke fosse una normale cittadina americana? Il periodo è antecedente al primo episodio di OUAT.
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Più di un anno fa, ho pubblicato il terzo capitolo, promettendo a breve un epilogo. Il mio "a breve" è durato un anno. Mi spiace... avevo il capitolo lì, quasi completo, e non sapevo come finire, e mi dicevo "domani" "domani" "domani" ed è passato un anno... Tra l'altro, è un finale aperto (e questo l'avevo deciso dall'inizio, non è per pigrizia, lo giuro). Non uccidetemi! Altrimenti le altre fic chi le finisce? <3
Enjoy.


Avevano passato buona parte della sera a discutere. Dopo i primi aspri diverbi, i toni si erano fatti più leggeri: era nota ad entrambe l'inutilità di un litigio.
Dopo che le due donne si furono calmate quel poco che bastava per portare avanti una conversazione civile, Regina invitò Emma in salotto. La fece sedere sul divano, offrendole un bicchiere di sidro di mele.
"Miss Swan, ho cresciuto Henry per dieci anni, ho curato ogni male, ho asciugato ogni lacrima. Lo amo come se fosse il mio figlio naturale." Dopo essersi versata un bicchiere con tre cubetti di ghiaccio, si sedette sul divano in pelle, direttamente di fronte ad Emma, guardandola negli occhi con decisione.
Lei si sentì a disagio sotto a quello sguardo, non trovando sul momento alcun modo per risponderle.
Regina mantenne il contatto per qualche istante, poi abbassò lo sguardo sul bicchiere, facendo ruotare i cubetti di ghiaccio con un lento movimento del polso. "Sono.. sola." Non poteva continuare il discorso guardandola ancora in quegli occhi cristallini. "Henry è tutto ciò che ho. E come avrà notato, non sono particolarmente amata in città." Nel dirlo si sentì infinitamente vulnerabile. Sentendo il bisogno di riprendere il contorllo alzò nuovamente lo sguardo, fissandolo in quello di Emma. "Non lascerò che nessuno me lo porti via." concluse decisa, bevendo poi un sorso di sidro.
La bionda la imitò e si portò il bicchiere alle labbra, continuando a guardarla.
"Mi ha chiamata. Ha scelto me." rispose semplicemente, posando il bicchiere sulla coscia e leccandosi le labbra. "Ero sola anche io. Lo sono sempre stata. Poi è arrivato lui. Siamo sulla stessa barca, Regina." Un punto per Emma.
Era diventato un gioco di sguardi, un combattimento tra gli scuri e profondi occhi castani di Regina e quelli chiari, cristallini, azzurro-verdolini di Emma, mentre una lenta consapevolezza si faceva strada nelle loro menti: nessuna delle due l'avrebbe abbandonato senza combattere.
"Crede davvero di poter venire qui, dopo dieci anni, dopo averlo dato in adozione chiusa, dopo averlo abbandonato, e pretendere di rientrare nella sua vita, di portarlo via come nulla fosse?" Un punto per Regina.
Emma sentì un pugno nello stomaco. Sbatté il bicchiere sul tavolo e guardò con odio la donna che aveva davanti. "L'ho fatto per il suo bene, per dare un futuro a mio figlio. Una speranza." Ringhiò.
"Legalmente è /mio/ figlio." Con calma glaciale e sprezzante lentezza, prese un sorso di sidro e posò a sua volta il bicchiere, accavallando le gambe e stringendosi il ginocchio. "Ora, non vorrei dover passare per vie legali, solo per non mettere Henry di mezzo. Ma non mi obblighi, Ms Swan." Era tornata la fredda, stronza Regina d'inizio serata.
Emma era stanca, le girava vagamente la testa e in quella stanza, dannazione, era caldo e l'aria era pesante.
"Non vuole passare per le vie legali, Madam Mayor?" disse allora con furia, sottolineando con sarcasmo l'appellativo onorifico, pungente come una vespa. "Allora facciamo qualcosa di furbo: chiediamo al diretto interessato."
Era un'idea che aleggiava dall'inizio del discorso, ma Regina si era tenuta ben lontana dal proporlo. Temeva che Henry l'avrebbe abbandonata, scegliendo ancora una volta la biondina. Tuttavia, non poté declinare.
"E sia. Domani, Miss Swan, la aspetto alle cinque al mio ufficio. Chiederemo ad Henry cosa vuole, /chi/ vuole."
Ad Emma non sfuggì la nota di terrore nella voce della donna. Era certa che Henry avrebbe scelto la propria madre naturale, anche perché la considerava un'eroina, la Salvatrice. Per un attimo provò pena per Regina. Poi rinsavì.
"Bene." rispose secca. Si alzò e si diresse alla porta, seguita da Regina. "Domani alle cinque." Ripetè, poi uscì e tornò a casa di Mary Margaret.
- - - - - - - -
Appena la bionda fu andata e Regina si fu chiusa la porta alle spalle, la mora crollò. Posò assente il bicchiere vuoto, tremando, travolta da un fiume di consapevolezza. Henry l'avrebbe abbandonata. Avrebbe perso tutto. Henry non l'avrebbe mai scelta, la odiava, sarebbe andato con Emma e Regina non poteva farci più niente.
Le sue gambe non ressero e lei cadde sul divano, lo sguardo fisso nel nulla, le spalle abbandonate; in lei non c'era più la regina che era sempre sembrata, ma solamente una donna distrutta. Aveva perso. Emma Swan le aveva velocemente portato via ogni cosa, da quella semplice parvenza di amore, Graham, al suo amato figlio, Henry. Ma la cosa peggiore era che entrambi l'avevano scelto: avevano scelto di lasciarla.
Regina sentiva gli occhi bruciare, ma in un impeto di orgoglio ricacciò indietro le lacrime, rifiutandosi di perdere così miseramente. Doveva esserci un modo, doveva. Non poteva perderlo così, non poteva. Prese un profondo respiro, spezzato dal pianto, e strinse i pugni fino a piantarsi le unghie nella carne. No, avrebbe lottato. Ma... cosa avrebbe potuto fare? Ormai era tutto deciso, non poteva tirarsi indietro, tutto ciò che le restava era un'amara attesa ed una flebile speranza.
Prese un secondo respiro, più regolare, e voltò la testa. Il suo sguardo si perse oltre alla finestra, i lampi in lontananza che illuminavano a tratti il profilo della cittadina. Ed ogni flash era un ricordo, dolce, bellissimo, doloroso.

Pioveva, ed il vento soffiava forte. Sembrava quasi che il mondo sapesse del tumulto nel cuore di Regina, dell'ansia che provava. Entro breve, non sarebbe più stata sola, ma sarebbe diventata madre. Avrebbe avuto tra le braccia un bambino da amare, da crescere, che l'avrebbe chiamata "mamma". Così lei era seduta ed aspettava, sembrava passata un'eternità; era vestita di tutto punto, come la donna in carriera che era, e seduta sul divano attendeva, guardando di tanto in tanto fuori dalla finestra. Dopo quelle che sembrarono ore, una macchina si fermò nel vialetto. Aveva smesso di piovere. Dalla macchina scese una donna che portava tra le braccia un fagottino di coperte. Ancora prima che la donna potesse suonare alla porta, Regina l'aveva già aperta. La donna le sorrise, le porse il fagottino, le fece i complimenti. Lei, con un groppo in gola, prese quella piccola vita addormentata tra le braccia, con tutta l'attenzione dovuta ad un tesoro prezioso e fragile.
"La madre non ha voluto dargli un nome, dovrà farlo lei."
Regina alzò lo sguardo, gli occhi lucidi rilucevano, e sapeva già come voleva chiamarlo. "Si chiama Henry." Disse in un sussurro. Mai aveva provato tanta felicità. "Il mio piccolo Henry."


Non poteva essere tutto finito. Non poteva essere la fine, quei dieci anni non potevano non avere alcun valore per lui. Tutte le tempeste affrontate assieme... non potevano aver perso qualsiasi valore. Forse c'era ancora speranza, forse lui non l'avrebbe abbandonata. Regina chiuse gli occhi, una lacrima le rigò il volto, ed il suo cuore le batté dolorosamente nel petto. Poteva solo aspettare.
  
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