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Autore: Blue Fruit    10/10/2013    6 recensioni
"Papà, perchè dovrei andarci?"
"E' solo per tuo bene Kurt, ma non ti costringerò a farlo"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XXI
Epilogo

Buona sera a tutti! :)
Lo so: per questo epilogo vi ho fatto aspettare tantissimo, scusatemi tanto. La scuola mi ha travolta e quindi non ho avuto molto tempo per scrivere.
Questo è l'ultimo capitolo di questa ff e quindi ci ho messo davvero l'anima, spero possa piacervi :)
Ringrazio chi ha recensito quello precedente: Charlot e Belle98. Grazie infinite ragazze ;D
Buona lettura :)





La sveglia squillò, puntuale e ridondante come tutte le altre normali e ordinarie mattine, pronta a svegliare chiunque dal suo sonno.
Kurt però non volle darle ascolto.
Cercò di alzare il viso dal cuscino, ma fu subito colto da un forte giramento di testa: una degna conseguenza della notte agitata appena trascorsa.
Protese tutto il corpo verso il comodino per riuscire a spegnere quell’arnese e, una volta riuscitoci, si rigirò dall’altra parte sperando di poter riprendere sonno.
Al diavolo tutto e tutti: quel giorno sarebbe rimasto a letto fino a tardi e avrebbe saltato l’ennesimo e inutile giorno di scuola.
Si sentiva senza forze, irritato, svogliato e per niente incline al contatto sociale.
Dopo 10 minuti Finn cominciò a bussare alla sua porta, alimentando ancora di più il suo malessere:
“Fratellino muoviti, faremo tardi!”
“Non verrò a scuola oggi, non mi sento molto bene.”
Finn esitò in silenzio per qualche secondo.
“Hai aperto la busta?” Chiese speranzoso il quarterback.
“Lasciami in pace, Finn!” Rispose Kurt, affogando la faccia nel cuscino.
“Va bene… Ci vediamo dopo. Riposati.” Tagliò corto il ragazzone, con voce amareggiata.
“Mmmh.” Mugugnò in risposta il ragazzo.
Kurt decise che non avrebbe messo il naso fuori da quel letto per tutto il giorno, sicuro più che mai a lasciare che il mondo facesse il suo corso senza di lui, certo così di poter togliergli la possibilità di farlo ancora soffrire.
‘Per oggi io non esisto.’ Pensò tra se e se.



“Una lettera? E lui l’ha letta?” Chiese Matt, con fare speranzoso.
“Non credo proprio.” Tagliò corto Sebastian, bevendo un sorso di caffè.
Quella mattina il Lima Bean era tranquillo e silenzioso. Ormai tutti gli studenti erano a scuola e gli adulti al lavoro, restavano solo gli universitari, i perditempo e qualche scrittore improvvisato.
“E allora Blaine dovrà inventarsi qualcos’altro, non possiamo aspettare in eterno.” Rispose Mark.
“Calma, calma. Non si può mettere fretta ai sentimenti.” Rispose saggio Seb.
“Ma se tu te ne scopi uno diverso a sera, cosa ne potrai mai sapere di sentimenti?!” Ribatté Mark, alzando un sopracciglio.
“E tu da quant’è che non esci con una ragazza?” Rispose prontamente l’altro, sogghignando.
“Ok ok, ora basta.” Matt posò una mano sulla spalla di entrambi, nel tentativo di calmarli.
Sebastian e Mark si sopportavano e spesso si trovavano sulla stessa lunghezza d’onda, ma proprio perché così simili finivano sovente per perdersi in qualche accesa discussione.
“Tu cosa suggeriresti di fare?” Chiese allora Mark, speranzoso di trovare l’altro impreparato.
“Di dare un’ennesima spintarella ad Hummel. I suoi amici sono riusciti a convincerlo a prendere quella dannata lettera, giusto?
Bè, non gliela faremo aprire.” Rispose prontamente Seb, godendosi la faccia scocciata di Mark.
“Mi sembra un buon piano. Tu che ne dici?” Chiese Matt.
“Possiamo provarci.” Si limitò a rispondere l’amico, deciso a non dare alcun tipo di soddisfazione a Sebastian.
“Con noi verrà anche Mary. Qualcosa in contrario?” Disse il francesino.
“No, potrebbe essere d’aiuto.” Rispose Matt, piacevolmente sorpreso per l’idea.
“Bene allora, andiamo a prenderla.” Disse Seb, alzandosi e lasciando i soldi del conto sul tavolo.
“Io non ho ancora finito!” Si lamentò Mark, deciso a non dargliela vinta.
“E allora portati dietro quello schifoso caffè e muovi il culo!” Urlò in risposa Seb, beccandosi un’occhiataccia dal resto della clientela e dal personale.
“Cos’è, non avete mai sentito una parolaccia?” Ghignò lui in risposta, beandosi dei volti basiti di tutti i presenti.
Matt, dopo essere arrossito in modo decisamente vistoso, si scusò con tutti e trascinò le due teste calde fuori dal locale.
“Siete due idioti.” Disse, sedendosi nel lato del guidatore.




Blaine si svegliò molto preso, ansioso e speranzoso come non mai.
Anche durante il sonno il suo cellulare era rimasto acceso e custodito addirittura sotto al cuscino, nella remota speranza di poter ricevere un qualsiasi segno di vita da parte di Kurt.
Non aveva ancora finito di aprire per bene gli occhi e di mettere a fuoco la sua stanza che già le sue mani erano corse ad afferrare il telefono.
Com’era prevedibile nella notte appena trascorsa non aveva ricevuto proprio nulla da parte di Kurt.
Blaine si lasciò cadere molle sul materasso, sfregandosi gli occhi con una mano.
Stava facendo di tutto in questi giorni per conservare quel fragile rimasuglio di ottimismo che tutti stavano cercando di infondergli, ma in casi come questi era davvero difficile non lasciarsi semplicemente andare, smettere di lottare e cominciare a scappare via dall’imminente dolore il più in fretta possibile.
Ci aveva messo l’anima nello scrivere quella lettera, e si era realmente illuso che potesse funzionare.
Si diede dello stupido, dell’illuso e del debole, viste le lacrime calde che stavano minacciando di scendere dai suoi occhi.
Inspirò a fondo e deglutì, quello non era certo il momento migliore per farsi prendere dallo sconforto.
Si impose di alzarsi e di ricominciare a lottare tutto da capo e con una nuova strategia. Prima o poi qualcosa avrebbe funzionato.
“Blaine, questa mattina avremo le prove del tuo abito.” Disse sua madre, affacciandosi dalla porta.
“Ah, è vero.” Rispose lui, cercando di sembrare il più naturale possibile.
“Verrò anche io, e ti starò vicino. Vedrai che presto o tardi questa pagliacciata finirà.” Sorrise Fannie, speranzosa di vedere suo figlio fare lo stesso.
“Lo spero.” Si limitò a rispondere lui in tono duro e un po’ rauco.





“Sebastian, cos’hai in mente di fare?” Chiese Mary, una volta salita in macchina.
“Pensa di piombare in casa di Kurt e di costringerlo ad aprire quella lettera.” Rispose in modo burbero Mark.
“Oggi sei più rompi palle del solito, lo sai?” Gli disse Seb, fulminandolo con lo sguardo.
“In realtà avevo pensato che ci saremmo potuti presentare in modo amichevole e raccontargli cosa stiamo facendo per aiutare Blaine, così magari gli faremo venire voglia di aprire quella dannata busta.” Spiegò serio Seb.
“Mmmh, la buona vecchia terapia d’urto… Potrebbe funzionare.” Meditò Mary.
“C’è solo un problema.” Aggiunse la giovane.
“Quale?” Chiese Matt.
“A quest’ora Kurt sarà di certo a scuola.”
I tre ragazzi del gruppo si guardarono in silenzio per qualche lungo istante, meditando sulla bellissima prova d’intelligenza da loro appena offerta.
“Ecco a cosa serviva una donna nel gruppo…” Borbottò fra sé Mark.



I quattro si recarono in fretta e furia verso il Mckilnley e, dopo essersi inventati una palla colossale sulla presunta parentela e la grandissima somiglianza di Mary (la buona vecchia zia Mary) con Kurt ricevette la fantastica notizia che sì, suo nipote frequentava con un buonissimo rendimento quella scuola e che no, quel giorno non si era presentato alle lezioni.
“Sesto senso femminile, eh?” La punzecchiò Mark, ridendo con gli altri tre uomini della situazione.
Mary si limitò a guardarli male dallo specchietto retrovisore. Aveva deciso di offrirsi nel guidare per cercare di riparare alla piccola perdita di tempo che avevano avuto.




Matt suonò il campanello di casa Hummel-Hudson, ma misero davanti alla porta Mary, che era già una faccia conosciuta all’interno della famiglia.
Appena Burt si trovò davanti il volto della giovane il suo viso fece una smorfia tra il meravigliato e il diffidente.
“Salve Burt, sono qui per Kurt.” Disse lei, senza tanti giri di parole.
“Tu sai cosa sta succedendo a mio figlio? C’entri qualcosa, per caso? Perché io non riesco più a capirci nulla! Non ha detto una parola sul perché sta soffrendo, ma intanto se ne resta lì in camera sua a fare l’eremita.
Non sono stupido, Mary.” Disse tutto d’un fiato l’uomo, senza ricambiare il saluto.
“Non l’ho mai detto, Burt.” Ribatté prontamente la Dottoressa.
“E allora perché io non vengo messo al corrente di niente?” Disse, squadrando in modo sospettoso i tre ragazzi.
“Ha ragione signor Hummel, siamo stati dei maleducati. Io sono Matt, questo e Sebastian e lui e Mark.
Se ci potesse regalare qualche minuto del suo tempo saremmo molto felici di poterle raccontare tutto.” La voce di Matt era rassicurante e gentile, ma anche molto ferma.
Burt incrociò le braccia al petto:
“Ti sto ascoltando.”




Kurt era caduto in uno stato di dormiveglia, aveva il volto completamente affondato nel cuscino e le coperte lo stavano coprendo fin sopra la testa.
Non sentì il rumore di una macchina frettolosa accostare proprio nel suo vialetto, come non percepì il rumore della porta o la voce di suo padre mista ad altre.
In realtà non sentì neanche Burt salire di fretta le scale e aprire la porta di camera sua, perso com’era a starsene ben lontano dall’intera realtà.
Si destò da quello stato soporoso solo quando il signor Hummel ebbe ripetuto il suo nome ormai per la quarta volta.
“Kurt!” Disse con voce potente Burt.
“Mmmh?” Rispose lui in modo flebile, senza alcuna intenzione di cambiare posizione.
“Apri quella dannatissima busta e poni fine a tutta questa storia!”
All’udire quelle parole Kurt si ritrovò il cuore in gola, sbarrò gli occhi e si rizzò in ginocchio sul letto con lo sguardo fisso e terrorizzato verso suo padre.
“So che hai paura di soffrire ancora, ma lo sai benissimo anche tu che Blaine piuttosto che darti false speranze e ferirti per l’ennesima volta preferirebbe sparire dalla tua vita in modo silenzioso.
Se sta smuovendo tutta Lima per farti leggere uno stupido pezzo di carta probabilmente sarà qualcosa di importante, non credi?”
Kurt lo fissò con la bocca spalancata e il volto spaurito per dei secondi che gli parvero infiniti.
“Qui sotto ci sono Mary, Matt e Mark. Ti stanno aspettando.” Aggiunse suo padre, con tono più calmo e molto persuasivo.
“Per portarmi dove?” Chiese con filo di voce Kurt.
“Da Blaine, che domande!
Kurt ti prego, apri quella busta. Fallo per te, per Blaine e per tutte le persone coinvolte in questa storia.”
Burt lo guardò fisso negli occhi:
“Ti do 10 minuti.” E detto questo uscì dalla camera del figlio.
Kurt si tirò su da quel nido di coperte e corse alla scrivania per prendere in mano la famosa lettera.
La strinse con forza, tanto da riuscire a stropicciarla.
La guardò intensamente e poi si avvicinò alla finestra, spiando cosa stesse succedendo davanti alla sua porta.
Riconobbe i capelli neri di Mary e i volti di Matt e Mark, ma non riuscì ad identificare il quarto membro.
La Rent riuscì a scorgerlo e gli sorrise in modo sincero, facendogli segno di scendere.
Mark provò a saltare sulle spalle di Matt per arrivare un po’ più in alto, con il solo risultato di far cadere entrambi e far ridere di gusto il ragazzo sconosciuto, che si piegò in due dalle risate e prese in giro i due malcapitati.
‘Deve essere di certo amico di Blaine.’ Pensò, avvertendo quella ormai famosa scarica di dolore.
Diede un altro veloce sguardo alla finestra e vide che Mary intenta ad agitare un foglio scarabocchiato sul momento, con l’intento di poter attirare la sua attenzione:
“Non sei da solo.” Recitava il pezzo di carta.
Mark lo prese dalle mani di Mary e lo girò, mostrando un secondo messaggio:
“Muoviti!”




Blaine aveva appena ricevuto l’ordine di stare fermo e in posa per la quarta volta di seguito, ma proprio non riusciva a stare tranquillo con tutti quegli aghi puntanti sull’intero abito.
“Ecco cosa succede a fare le prove del vestito all’ultimo momento, signor Anderson.” Lo ammonì l’anziana sarta, senza preoccuparsi di apparire sgarbata o poco professionale.
“Non si affanni troppo, signora.” Rispose gentile Blaine.
“Scusi?” Chiese la donna, alzando un sopracciglio.
“Niente, continui pure.” Rispose, sospirando.
Per ora né Mary né Sebastian si erano fatti vivi, purtroppo.
Blaine pensò che fosse perché non volessero sentire i suoi piagnistei dovuti al fatto che Kurt non si fosse fatto ancora vivo.
“Perseverare.” Disse il moro ad alta voce, come a convincersi dell’impossibile.
La sarta lo guardò intensamente per qualche istante, ed infine posò tutti gli aghi e prese una sedia, indicandone a Blaine un’altra.
“Come si chiama?” Chiese, una volta sedutasi.
“Alessia.” Rispose per abitudine il riccio.
“Oh, non essere sciocco!” Rispose risoluta la donna.
Blaine rise leggermente, e poi si sedette.
“Non è una storia a lieto fine.” L’avvertì il giovane ad occhi bassi.
“Non ancora.” Rispose lei.




Kurt era seduto nel sedile posteriore dell’auto protetto dall’abbraccio di Mary, mentre sull’altro lato c’era Matt.
Mark era intento a guidare in un modo non proprio consono e lì vicino c’era Sebastian, pronto a spronarlo ad andare più veloce.
“La lettera?” Chiese Mary.
“Non l’ho letta.” Rispose secco Kurt, con gli occhi persi nel vuoto.
“Cosa?!” Si lasciarono sfuggire gli altri.
“Silenzio.” Li ammonì Mary.
“Perché non hai voluto leggerla? Blaine ci ha messo tutto il suo cuore lì dentro.” Continuò lei, in tono tranquillo.
“Voglio che quelle cose me le dica a voce. Mi pare che siano sorte abbastanza incomprensioni per l’assenza di dialogo tra me e lui. Sono stufo di mezze verità, intermediari e cose non vere.” Rispose Kurt, con una rabbia che nessuno dei presenti aveva mai sentito nella sua voce.
“Ho baciato Blaine.” Disse Sebastian, dopo degli interminabili secondi di silenzio.
“SEB!” Urlò Matt.
Kurt boccheggiò in risposta, spalancando gli occhi e fissandoli sul volto di Sebastian girato nella sua direzione.
“Sì sai, per constatare che fosse realmente gay. Non è stato affatto male.” Continuò imperterrito.
“Tu cosa?! Ma come ti sei permesso?” Ringhiò Kurt in risposta.
Il ragazzo non si era mai sentito tanto furioso in vita sua, era come se avessero violato qualcosa di sacro e intoccabile, qualcosa che gli apparteneva in modo assoluto.
Nessuno avrebbe dovuto permettersi di toccare il suo Blaine, tanto meno per uno stupido esperimento!
Era così furioso che avrebbe potuto tirare un pugno sul naso di quel bastardo che ora gli stava praticamente ridendo in faccia.
E lo avrebbe fatto, se solo Sebastian non avesse continuato il suo discorso:
“Sai qual è stata la prima cosa che mi ha detto dopo quel bacio?”
“No.”
“Che lui aveva un ragazzo. E, vista la tua reazione, penso che anche tu lo stia considerando ancora il tuo.” Rispose Seb con uno sguardo ora serio e penetrante.
“Capisci costa sto cercando di dirti, Kurt?”
“Sì…” Rispose il giovane, abbassando gli occhi per evitare di ricominciare a piangere.
Mary lo strinse più forte e gli lasciò un tenero bacio tra i capelli.
“Ma sì, mandiamo a puttane l’ultimo briciolo di professionalità, Dottoressa.” L’ ammonì giocosamente Mark.
“Prima di tutto l’umanità, poi il lavoro.” Rispose seria Mary, sentendo Kurt rilassarsi tra le sue braccia.
“Siamo arrivati, forza ragazzo!” Gli disse Sebastian, aprendogli la portiera.




Blaine e Fannie erano riusciti a sfuggire ai preparativi per qualche minuto rifugiandosi in giardino, ma purtroppo Richard, Alessia e Carl stavano per unirsi loro.
Madre e figlio mugugnarono all’unisono il loro dissenso.
“Basta, veramente! Ai miei tempi non la si faceva tanto lunga per un matrimonio.” Disse Fannie.
Blaine non diede segno di averla sentita.
“Tesoro?!” Lo chiamò lei.
“Mamma, penso di stare male.”
“Cosa?!”
“H-ho le allucinazioni. S-sono ad un punto di non ritorno molto probabilmente.” Disse Blaine, con gli occhi puntanti verso l’entrata secondaria.
Fannie si girò da quella parte:
“Cosa vedi?” Chiese la madre, sorridendo.
“L’amore della mia vita che si avvicina.”
La donna si lasciò andare ad una risata.
“E’ esattamente quello che sta accadendo, niente allucinazioni.” Diede un bacio al figlio.
“Il mio cuore sta per scoppiare.” Disse il riccio, deglutendo.
“Andrà tutto bene.”



Kurt non riusciva a guardare davanti a sé. Aveva ormai scorto la figura di Blaine già da un po’, ma proprio non si sentiva in grado di posare gli occhi su di lui.
Faceva male e dava felicità nello stesso momento, a patto che ciò fosse stato realmente possibile.
Dovette essergli a pochi centimetri di distanza per trovare finalmente il coraggio di guardarlo non proprio negli occhi, ma almeno in faccia.
“Ciao.” Disse Blaine, con un sorriso caldo e pieno. I suoi occhi erano cerchiati da occhiaie e visibilmente stanchi. Anche lui doveva aver pianto tanto in questi ultimi tempi.
Kurt non rispose.
Non sapeva cosa dire.
“Cosa ci fai tu qui?!” Tuonò la voce di Richard, facendo cadere nel panico Kurt.
Blaine gli si parò davanti, come per proteggerlo.
“Cosa gli hai raccontato, papà?” Chiese il giovane.
Richard si guardò intorno e riconobbe tutti:
I due compagni di stanza, la Dottoressa e Sebastian.
“Solo la cosa giusta, figliolo. Mi eri sembrato troppo ubbidiente in questi giorni, ma speravo veramente che ciò fosse dovuto ad una crescita. Peccato, sei la solita delusione.”
Lo disse con troppa sufficienza e con troppa ovvietà, fece malissimo.
Blaine tentennò, sentendosi per l’ennesima volta sbagliato agli occhi del padre.
“E tu, da che parte stai?” Chiese Richard a Fannie.
“Dalla parte dei sentimenti di nostro figlio.” Rispose lei, mettendosi vicina a Blaine.
“Non ci sto capendo nulla.” Si lamentò Carl.
A quel punto si sentì un forte e doloroso singhiozzo, uno di quelli che sembrano essere stati repressi per così tanto tempo che quando finalmente trovano il modo di uscire feriscono anche le persone intorno al malcapitato.
Tutti e due gli schieramenti si girarono meccanicamente verso la fonte di quel suono:
Era Alessia.
“Tesoro…” Disse Carl.
Ale si lasciò scappare un altro forte singhiozzo, facendo preoccupare tutti.
“Blaine è gay.” Disse tutto d’un fiato, prima di scoppiare a piangere sul serio.
Tentò di trattenersi per continuare, ma fu estremamente difficile porre un freno a quelle lacrime.
“L’ho sempre sospettato, fin dall’inizio della nostra relazione.
Però tu non sembravi mai essertene reso conto, e speravo che sarebbe stato così per sempre, che fosse solo un’impressione sbagliata.”
Pianse ancora un po’ e poi riprese:
“Ho continuato a far finta di niente perché ero realmente innamorata di te. Sei sempre stato l’unico ragazzo al mondo a non trattarmi come un oggetto e a riuscire a farmi stare bene, senza pretendere mai nulla in cambio.
Pensavo che non te ne saresti mai accorto, che non sarebbe mai stato un problema.
La verità è che non… Non ce l’ho ancora fatta a lasciarti andare Blaine, sei il mio primo amore.”
Nessuno parlò per un po’, tutti i presenti erano troppo scossi per riuscire a formulare anche solo una semplice frase.
“Dai, abbracciami.” Disse finalmente Blaine, lasciando che Alessia piangesse sulla sua spalla.
“Non importa, davvero.” Cercò di rassicurarla.
Lei pianse più forte.
“Sei bella, intelligente e dolce. Prima o poi troverai un ragazzo alla tua altezza.”
Alessia pianse decisamente più forte.
“Devo chiederti di lasciarmi andare però ora, è importante. Io amo Kurt, riesci a capirlo?”
“Mi stai lasciando?” Chiese lei, smettendo di piangere.
“Sì, ti sto lasciando definitivamente. Tra noi è finita, ma ti voglio ancora bene.”
“Anche io…” Rispose Ale, stringendosi a lui.
“E?” Chiese lui, deciso a chiudere il discorso.
“Ed è finita, certo che è finita.” Rispose lei in un sospiro.
Sciolsero l’abbraccio e Carl la strinse subito in altro. L’uomo al momento non sembrava essere arrabbiato, ma solo tanto tanto in ansia per i sentimenti di sua figlia.
“Adesso annulliamo tutto e ci facciamo un bel viaggio, che dici piccola?” Le chiese Carl con fare dolce.
“Stai scherzando, vero?!” Righiò Richard.
“E cosa vuoi che faccia, eh? Non puoi costringere qualcuno ad amare qualcun altro, non so se te ne sei accorto.” Ribatté lui in tono ironico.
“Ma è già tutto organizzato!”
“Annullerò l’intero matrimonio all’istante, non c’è problema. Io ora ho intenzione di prendermi cura di mia figlia, e penso che anche tu dovresti passare un po’ di tempo a capire il tuo, Richard. Vai a rinfrescarti un po’ le idee, ci sarà un momento per parlare di affari più avanti.” E detto questo Carl fece un cenno a Blaine, per poi andarsene con Alessia tra le braccia.
“Papà, io sono gay e amo Kurt. Voglio laurearmi in psicologia e non voglio lavorare con te. Questo è quello che sono, riesci ad accettarlo?” Chiese Blaine, con una punta di bisogno nella voce.
Richard era sempre suo padre, nonostante tutto. La reazione di Carl al dolore della figlia aveva innescato in Blaine la speranza e il desiderio di poter recuperare il rapporto con il padre.
“Ci vediamo a casa.”
Disse a Fannie, per poi girare le spalle e andarsene in silenzio.
Blaine cercò di trattenere le lacrime passandosi una mano sul volto.
“Sono qui con te.” Gli disse Kurt, abbracciandolo. Il ragazzo non poteva sopportare la vista del suo Blaine piangere.
“Ti amo.” Rispose il moro, di getto.
Kurt si irrigidì e perse un battito, sentendosi avvampare.
“Io…” Si bloccò per qualche istante, incapace di continuare.
“Anche io ti amo.” Rispose infine, rimanendo senza fiato e completamente indifeso.
“Per un secondo ho avuto paura che non ricambiassi.” Gli disse Blaine in modo serio.
“In quel secondo ho pensato ad una cosa.”
“A cosa?”
“Al fatto che lascerei la NYADA pur di poter stare con te e questo mi ha spaventato, ma purtroppo per niente meravigliato. Lascerei i miei progetti perché credo in noi Blaine, e ti amo con tutto me stesso.” Disse Kurt, piangendo davanti all’evidenza dei fatti.
Non avrebbe più potuto vivere senza il suo Blaine, non dopo quell’esperienza.
“No, non lascerai la NYADA. Sarà più semplice, promesso.”
Kurt scosse il capo, sapendo che niente sarebbe più stato come prima.
“Blaine?”
“Sì?” Chiese curioso il moro.
“Usa ancora quel fottuto aggettivo e giuro che ti prendo a schiaffi!”
Blaine scoppiò a ridere di cuore e si asciugò le lacrime che gli avevano rigato il volto poco prima.
Cominciò a baciare Kurt in modo appassionato e bisognoso, felice di sentirlo fremere sotto il suo tocco e ricambiare ogni singolo gesto.
“Ok ok, credo di aver visto abbastanza per oggi.” Disse Mark.
“Anche io!” Rispose Seb ridendo, e insieme cominciarono ad allontanarsi.
“Io porto Mary a fare un giro…” Disse imbarazzato Matt.
“Eh?!” Chiese la Dottoressa, presa in contropiede.
“Per festeggiare, non per altro!” Si affrettò a specificare il ragazzo, completamente in imbarazzo.
“E’ arrossito!” Bisbigliò Mark al francesino.
“Neanche avesse 15 anni, patetico!” Disse in risposta lui.
“Signora, ci farebbe l’immenso piacere di aggregarsi a noi?” Chiese Seb a Fannie, porgendole il suo braccio.
“Oh, ma certo.” Rispose la donna, lusingata da quel trattamento. “Tempo 10 minuti e anche Mary si stuferà di lui. Dai, andiamo.” Disse Mark, prima di lasciare con gli altri Kurt e Blaine da soli, alle prese con i loro baci.
“Non abbiamo mai fatto l’amore sull’ erba…” Disse in modo malizioso Blaine, continuando a baciarlo.
“Se è per questo neanche in letto!” Ribattè Kurt, facendolo ridere.
Si presero per mano e cominciarono a camminare verso il portone di uscita della grande Villa, godendo uno della presenza dell’altro.
“Andiamo in un posto tranquillo? Penso che ci sia bisogno di chiarire e discutere di un po’ di cose.”
“Di molte cose, a dire il vero.” Ribattè Kurt, guardandolo serio.
“Non credi che possa finire bene questa storia.” E quella di Blaine non fu una domanda, ma un’esclamazione.
“Non sono più sicuro di niente…” Kurt si morse il labbro.
“Ma ti piace tenermi per mano, e baciarmi.” Gli fece l’occhiolino Blaine.
“Già, è proprio questo il problema.”





Blaine, per una volta, aveva avuto ragione.
Non sul fatto che sarebbe stato semplice, ovviamente non lo fu per niente, ma per quanto riguardava i sentimenti il giovane ci aveva visto giusto.
Il ragazzo dagli occhi del cielo e il moro dagli occhi indefiniti erano stati creati per completarsi e stare sempre uno vicino all’altro.
Kurt e Blaine si amavamo, in modo semplice e naturale.
Il più piccolo aveva fatto di tutto per persuadere il ricciolo a lasciar perdere, a cambiare idea e a continuare la sua solita vita, ma Blaine aveva ormai preso la sua decisione.
Kurt si diplomò in modo brillante e vinse le Nazionali con il Glee Club del Mckinley, cosa che non fece altro che riempire il suo curriculum.
I due passarono l’estate ad amarsi e a divertirsi nella casa a Santa Monica, senza limiti di tempo o persone a cui dover rendere conto.
A settembre la loro vita cambiò completamente, e all’inizio non fu affatto facile.
I nuovi orari, la moltiplicazione degli impegni e le tante cose nuove da fare e da scoprire resero il tutto molto difficile.
Quando però ottobre con la sua arietta pungente e il sole scostante cominciò a far mutare l’infinito verde del Central Park in una moltitudine di sfumature dorate, arancioni e rosse entrambi capirono di essere ormai irrimediabilmente innamorati di New York.
Kurt cominciò la NYADA un po’ in sordina, travolto dalle infinite e stancanti mille ore di prove e lezioni, ma la sua grinta e la sua determinazione lo portarono ad essere, già dal terzo anno, uno degli studenti più promettenti di tutta la scuola.
Spesso era tornato a casa nervoso, arrabbiato per una parte non ricevuta o semplicemente stanco di tutto, ma fortunatamente in quel piccolo appartamento aveva sempre trovato le braccia di Blaine pronte ad accoglierlo e a consolarlo.
Spesso Kurt si era chiesto come Blaine avesse potuto sopportarlo in quel periodo, ma non aveva mai saputo darsi una risposta.
Blaine si era iscritto invece alla facoltà di psicologia della New York University, dove finalmente la sua grande passione per quel settore diede i suoi frutti:
Non ci mise molto a trovare qualcuno interessato al suo tirocinio, e ci mise ancora meno ad essere assunto.
Quando Kurt cominciò a ricevere le sue prime parti importanti nelle produzioni teatrali Newyorkesi e Blaine a lavorare nello studio di uno stimato psicoterapeuta decisero di cambiare casa, lasciando il minuscolo appartamento e acquistandone uno più grande.
Uno che potesse accogliere una famiglia di almeno quattro persone.
Dopo un paio di anni dallo spontaneo e bellissimo “sì” i coniugi Hummel-Anderson avviarono le pratiche per l’adozione.
Per diverso tempo avevano avuto la possibilità di fare da baby-sitter ad alcuni figli dei loro amici per sentirsi più sicuri e pronti, sognando già di poter avere una famiglia tutta loro.
Il più grande di questi ex bambini, Scott, era ormai nel pieno dell’adolescenza e ancora aveva un bellissimo rapporto con Kurt e Blaine.
Quando aveva bisogno di un aiuto o si sentiva soffocare dai problemi il ragazzo andava a rifugiarsi a casa loro, sapendo che lì avrebbe trovato una bella chiacchierata leggera e a ritmo di musica con Blaine, una memorabile sgridata da parte di Kurt da cui di certo avrebbe imparato qualcosa e una tazza di caffè latte, spesso accompagnata da qualche adorabile cupcake.
Ad un certo punto quei piccoli dolcetti cominciarono ad assumere delle forme piccole e un po’ più imperfette, ma in compenso acquistarono molto in colore e fantasia per le decorazioni.
Annie era la più piccola della famiglia e aveva 5 anni, ma Blaine era già fermamente convinto che la peste si fosse già presa una cotta colossale per Scott. Gli rivolgeva sempre un sorriso enorme e si arrabbiava tantissimo se il ragazzo non mangiava il cupcake da lei amorevolmente preparato.
“E’ precoce…” Si lamentò un giorno Blaine, completamente geloso.
Kurt rise leggero e lo baciò teneramente.
“E’ una ragazza e per giunta intelligente, sarà sempre un passo avanti a tutti.”

L’ultima volta che Blaine aveva usato l’aggettivo ‘semplice’ era finito a dormire sul divano.
Dopo poco però Kurt aveva cominciato a sentire delle risate provenire dal salotto, e incuriosito era andato a controllare.
Davanti a lui Blaine stava ridendo e giocando con i bambini, esattamente come se fosse uno di loro.
‘E’ davvero un ottimo padre.’ Aveva pensato Kurt in molti casi come quello, sentendo il cuore stringersi per la tanta tenerezza.
Gabriel, il maschietto di 7 anni, stava lottando con tutte le sue forze per resistere al solletico del padre e stava cercando di proteggersi sotto la coperta che nonna Carole aveva pazientemente cucito.
“Siete belli come una giornata di primavera.” Blaine lo diceva sempre ai suoi bambini perché voleva che si sentissero amati e speciali, cosa che a lui purtroppo era mancata.
I piccoli avevano trasformato la ‘punizione’ di Blaine in un bellissimo pigiama party, a cui alla fine si era unito anche Kurt.


“BIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIP!”
“Questa è la segreteria telefonica di casa Hummel-Anderson.” Recitavano all’unisono le voci di Blaine e Kurt.
“Lasciate un messaggio dopo la musichetta!” Dissero due voci infantili e cariche di entusiasmo.
In sottofondo si potevano sentire le risate trattenute dei genitori:
“Sì, dopo la musichetta.” Aggiunsero, tentando di rimanere seri.
“BIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIP!”
“B-Blaine? Sono… Bè, sono tuo padre. La mamma l’altro giorno ha per sbaglio lasciato una foto di lei con i tuoi bambini in salotto e… Sono veramente belli Blaine, complimenti. Richiamami appena puoi.
Sono… Resto sempre tuo padre, Blaine.”

Richard non si faceva sentire da anni, ormai.
Non era stato presente al momento del matrimonio, come neanche a nessun altro evento importante della vita di suo figlio da quel famoso giorno alla Villa.
“Non gli devi nulla Blaine, ma non c’è niente di male a concedere una seconda occasione.” Gli aveva detto Kurt, abbracciandolo da dietro.
“Ti ricordi cosa ti ha fatto, cosa ci ha fatto?” Gli chiese il marito, pieno di rabbia e ricordi.
“Sì.” Sospirò Kurt.
“Ma forse sta solo cercando di rimediare.”


“Pronto?” Chiese Richard, curioso di conoscere chi si celasse dietro quel numero sconosciuto.
Blaine per un secondo esitò, tentato dalla possibilità di non dire niente e riattaccare.
La voce di suo padre gli sembrò più grave, vecchia.
Sua madre in questi anni c’era sempre stata e non era invecchiata molto, il tempo era probabilmente stata più clemente con lei.
Non era riuscita a lasciare Richard perché diceva di amarlo ancora e di non poterlo abbandonare.
L’amore è una cosa strana e sfugge ad ogni regola di giustizia: anche chi non lo merita lo riceve.
Blaine pensò che fosse una semplice debolezza, ma non disse nulla e la accolse volentieri nella sua vita con Kurt.
“Ciao.” Si limitò a dire, gelido.
“B- Blaine?” Chiese l’uomo, incredulo.
“Sì papà, sono io. Che cosa vuoi?” Chiese in modo quasi seccato.
“Non dovresti trattarmi così.” Richard sembrò realmente ferito.
“Non avresti dovuto trattarmi così.” Ribatté il riccio.
“Accettare una cosa simile è… Complicato, figliolo.”
“Non è solo per il fatto che non hai accettato il mio essere gay, papà. Ce l’ho con te perché mi avresti fatto vivere una vita senza Kurt, e al solo pensiero mi sento morire dentro.
Sarei finito in uno di quei matrimoni senza amore e avrei provato apatia nei confronti dei figli che sarebbero arrivati. Magari mi sarei buttato nel bere, ma sai qual è la cosa peggiore?
Che anche nel mio momento più basso non ti avrei incolpato, avrei solo pensato di essere un buono a nulla, di non essere alla tua altezza e di non aver fatto altro che fallire per una vita intera.
Ti sembra giusto, eh?!”
“Mi dispiace, io…” Richard aveva la voce incrinata.
“Dovrai chiedere scusa a Kurt.” Lo bloccò Blaine.
“Come?”
“Dovrai scusarti con Kurt per tutto ciò che gli hai fatto passare, e dovrai accettare il nostro essere gay.”
“Ma certo, non c’è problema.” Rispose Richard, con una certa riluttanza nella voce.
“E non potrai vedere subito i bambini, scordatelo.” Aggiunse Blaine in tono serio.
“Perché!?” L’uomo stava iniziando ad agitarsi.
“Perché non mi fido di te e non voglio che tu possa avere una brutta influenza su di loro, sono speciali e preziosi. Sono i miei figli, Richard: voglio solo il meglio per loro.
Queste sono le condizioni.” Concluse Blaine.
Ci fu un lungo silenzio, seguito da sospiro pensante.
“Va bene.” Rispose infine l’uomo.
“Hai fatto la scelta giusta.” Blaine abbozzò un tono più amichevole.



L’amore non è una cosa semplice, ma è la cosa più grande che ti possa capitare nella vita.
Può portarti a cambiare vita, crescere, migliorarti e a confrontarti con te stesso.
Fa male, fa così male che a volte preferiresti morire e scordarti di tutto e tutti, ma è così forte che nonostante il dolore ti tiene in vita e ti rimette in sesto.
Dopotutto, se non soffrissimo non potremmo sentire quanto siamo vivi e irrimediabilmente umani.
L’amore vero è così potente che fa del bene anche a chi ha la fortuna di poter essere vicino alle due persone che lo stanno vivendo.
Per questo vi ho raccontato questa storia:
Vorrei poter farvi sentire quella forza, quell’amore, quella passione e quella felicità che Kurt e Blaine riuscivano a produrre anche solo stando vicini.
Spero quindi di avervi fatto del bene, dopotutto.

 


Ed eccoci qui, all'ultimo angolo della scrittrice di Therapy.
Già mi manca scrivere di questa storia, è stata la mia prima long su questo sito e le sono molto affezionata.
Per non parlare di voi, cari lettori silenti e non che l'avete seguita per tutto questo tempo. Non so davvero come ringraziarvi, senza di voi probabilmente non l'avrei mai conclusa.
Un grazie speciale va a tutti quelli che l'hanno commentata. Siete sempre stati gentili e disponibili, mi avete dato dei consigli preziosi. E' anche grazie a voi se questa storia è cresciuta e migliorata. Lo so che potrò suonare melensa, ma ogni volta che finivo di leggere i vostri commenti mi ripetevo: "Ho i recensori migliori del mondo, sono tenerissimi!"
Sì, sono un'idiota xD Però lo penso davvero ragazzi, grazie infinite <3

E niente, sto per mettermi a lacrimare davanti allo schermo di un pc, ma che vi devo dire? E' stato bellissimo farvi compagnia in questi mesi :)

Ringrazio tanto la mia beta elly2998, che in tutto questo è stata una di quelle che si è sorbita tutte le mie paranoie e i miei problemi esistenziali. Grazieee! :D
Vorrei lasciarvi ancora un'ultima canzone:

https://www.youtube.com/watch?v=3RfxAcMFlSI

Si chiama appunto Therapy e mi ha ispirato e accompagnato in questi capitoli, ma non ho mai trovato la scena adatta per inserirla nel mezzo della storia. Peso sia perchè non è una canzone di un momento, ma è quella di tutta la FF.
Ve la regalo, spero che possa piacere anche a voi :)

Sto lavorando ad altre ff e ho un bel po' di idee, vi lascio la mia pagina di Facebook nel caso vi interessi rimanere aggiornati, parlare di Glee o di qualsiasi altra cosa:)

https://www.facebook.com/BlueFruitEfp?ref=hl

Twitter: https://twitter.com/Mcc_Blue

Buona puntata a tutti, la 5x03 non sarà affatto facile da vedere... Siamo una famiglia, stiamo vicini.
Alla prossima gente, è stato un piacere scrivere per voi <3


 
   
 
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