Film > Le 5 Leggende
Segui la storia  |       
Autore: Lirah    27/10/2013    3 recensioni
Storia momentaneamente sospesa
Salvare la vita di una bambina per Jack fu una cosa naturale in quella notte di Natale. Quello che non sa però è che Il suo gesto, il salvataggio di Quella Piccola, cambierà per sempre un destino che era già stato scritto.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jack Frost, Nuovo personaggio, Pitch, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 2


Mosca , la città più bella di sempre per colui che del freddo e del gelo è il padrone. Jack Frost come al suo solito si divertiva a creare scompiglio nella città con folate gelide che portavano la gente a stringersi ancora di più nei cappotti. Non amava molto il caos e lo smog delle città così imponenti, ma portare un po’ di allegria ai bambini e aizzarli in innocenti e simpatiche battaglie a palla di neve era la cosa che più preferiva. Quei visi tondi , con sorrisi sdentati e nasi rossi come pomodori per via del freddo, guance più rosee e il fiatone che disegnava nuvolette intorno a loro erano in grado di rallegrargli anche le giornate più buie.
Si divertiva così, a passare il tempo seduto da qualche parte, osservarli e sorridere.  In quelle occasioni, nei viaggi in zone tanto fredde, non portava mai con se la piccola Dente da Latte. Troppo freddo per una creaturina così piccola e abituata alle calde e umide brezze che soffiavano sul palazzo di Dentolina. Quest’ultima si era offerta molte volte di cucire un piccolo vestitino per la sua fatina, in modo che potesse seguirlo, ma in fondo Dente da Latte serviva più a lei. La piccola era una fatina dei denti, aveva dei bambini a cui prendere dentini e dare soldi. Jack era il guardiano del gioco, ma sapeva anche che cosa significava dover lavorare. In fondo però quel lavoro era una cosa così leggera per lui. I bambini erano i suoi guardiani perché credevano in lui, e il minimo che potesse fare era proteggerli da ogni male.
Ad un tratto una palla di neve volò un po’ più su e gli occhi del guardino vennero catturati da una strana gamma di colori. I palazzi però coprivano la visuale e , aiutato da un momento di distrazione dei piccoli, volò via , arrivando a posarsi sulla punta più alta della Cattedrale di San Basilio.
Come aveva sospettato. Il cielo era attraversato dall’aurora boreale. Gli umani non potevano vederla, non quella almeno. North aveva nuovamente premuto l’interruttore, i piccoli erano in pericolo.
Senza pensarci due volte Jack chiamò a raccolta il vento, suo compagno e sostegno nel volo, dando l’ordine di portarlo al Polo Nord.
 
Arrivò in meno di un’ora , e quando atterrò sulla scrivania poco distante dal pannello di controllo del Globo, vide Calmoniglio intento a litigare con North. Come loro solito stavano discutendo sul fatto che il Natale fosse più importante di Pasqua  e viceversa. Si sedette svogliatamente, battè a terra il bastone , appoggiando poi la guancia ad esso. Gli animi si placarono quasi subito: sapevano che quando sentivano una leggera brezza gelida e quei tre battiti era arrivato lui.
Tutti si voltarono verso Jack, Dentolina smise di continuare a parlare del suo lavoro, Sandy lo salutò con un enorme sorriso e Dente da Latte si fiondò sulla sua spalla tutta felice. Quella piccolina ormai era diventata una sorta di fatina di compagnia, una piccola amica con cui condividere alcuni momenti della giornata. I bambini l’amavano, e spesso gli chiedevano se fosse il famoso Peter Pan dei cartoni animati.
Jack rideva e rispondeva loro di no. Peter Pan era un altro racconto, ma non aveva mai scoperto se le storie su di lui fossero vere o false.
-Allora North, come mai hai azionato l’aurora? Che succede?-
Una strana atmosfera piombò improvvisamente su tutta la stanza, e il sorriso che c’era sul volto dello spirito degli ghiaccio sparì immediatamente.  
Ne era passato di tempo dall’ultima volta in cui aveva visto la calma e la sicurezza sparire dal volto di Babbo Natale: Pitch era forse tornato?
North si avvicinò al tavolo, mentre Jack si postava e  anche gli altri Guardiani si radunavano intorno a lui. Lo spirito del ghiaccio si era sempre chiesto del perché quel tavolo fosse stato messo li, sempre privo di qualsiasi oggetto. La risposta arrivò nel momento in cui Babbo Natale appoggiò la mano sulla sua superficie, che si illuminò immediatamente, dando vita ad un fascio di luce dorata che si radunò nel creare delle sagome.
Il primo ad indietreggiare fu Sandy. Aveva intuito che cosa stesse succedendo e il fatto che proprio lui avesse perso la sua positività, per Jack era un campanello d’allarme.
Pian piano, in tutti gli occhi dei Guardiani, iniziò a materializzarsi una paura che mai il ragazzo si sarebbe aspettato di vedere.
-Che succede? Cosa sono quelle facce?-
-Tu non sai molte cose. Noi Guardiani abbiamo affrontato molti pericolo anni addietro. Questi sono nemici più pericolosi, e sono tornati-
-Ma chi sono?-
-Eris, dea della discordia, Hate il demone dell’odio, Pitch signore della Paura , che tu conosci. Loro sono servi di un potere molto grande-
Il dito di North si spostò sull’ultima figura, alle spalle delle altre, ma molto più imponente. Sebbene quello che vedesse fossero solamente ologrammi privi di volti, c’era qualcosa in quel contorno che lo catturò immediatamente. Una sensazione di gelo che mai aveva provato prima. Lui, il signore del freddo, aveva sentito un brivido percorrergli le vene.
-Death, la morte. Il suo potere è paragonabile a quello di Manny. Se Uomo sulla Luna sceglie noi Guardiani, Death sceglie anime per distruggere mondo.-
-Stesso processo?-
-Si. Quando un anima speciale muore , può avere due sorti: o cade nell’abbraccio di Manny o fra mani di Death-
-E’ la solita storia dello scontro fra bene e male-
Dentolina si avvicinò, poggiando una mano sulla spalla di Jack. Aveva sentito un tono di leggerezza nelle parole dell’amico e , questa volta, il suo intervento era arrivato per portarlo sulla strada giusta.
-Non è una cosa da prendere alla leggera Jack. Questi … Seguaci, erano scomparsi anni addietro. Il loro ritorno può significare solo una cosa: sono venuti a cercare il quarto membro del loro gruppo.-
-Il quarto?-
-Si dice che sia un’anima molto potente. Viaggia di Secolo in secolo, si rincarna , cresce all’interno di un essere umano. Il suo potere è più forte di quello dei tre Seguaci , ma più debole di quello di Death. Da quanto sappiamo il vero male dell’anima è bloccato dalla forma umana.-
-Allora il problema non sussiste. Se è bloccato che/-
-Come al solito pensi poco e parli a sproposito!-
Intervenne Calmoniglio, appoggiato ad una colonna con le zampe incociate. La voce più grave del solito.
-Non parlo a sproposito. Se il potere è bloccato dalla forma umana, non può essere risvegliata! E’ logica, non parlare a sproposito-
-Se quest’umano muore, Death avrà il diritto di reclamarne il potere, risveglierà quell’anima.-
-Cosa pensate di fare allora?-
-Dobbiamo trovare l’umano che custodisce l’anima. Dovremmo proteggerlo-
Jack guardò North con stupore. Con tutte le persone che esistevano al mondo, come avrebbero fatto a trovare l’anima in questione?
-Death la può riconoscere. Dovremo fare attenzione. Tenere occhi sempre bene aperti-
 
La sveglia risuonò forte e , uscendo dal piumone con fare annoiato, Kayley la spense  rimanendo con il braccio a mezz’aria. Le due settimane di vacanza invernale erano passate in fretta e l’anno scolastico stava per ricominciare proprio quel giorno. Dal suo arrivo erano trascorsi diciassette giorni, aveva sentito di rado la madre e non ci aveva ancora fatto pace. Lo zio si era dimostrato più comprensivo e gentile di quest’ultima e non l’aveva obbligata ad andare al lavoro con lui. “Non ho bisogno di aiuto per ora” le aveva detto. Gestiva un piccolo asilo e Kayley proprio non se la sentiva di andare ad occuparsi di quei piccoli nanerottoli. Non li disprezzava e non le davano fastidio, ma non era proprio brava ad occuparsene. Non sapeva da che parte prenderli, come capirli. Immaginarsi mentre faceva delle strane vocine per farli divertire le faceva venire i brividi.
Ad un tratto sentii il pomello della porta cigolare e , un attimo dopo, l’oscurità della stanza venne interrotta da un fascio di luce che batteva proprio sulla finestra dalle tapparelle abbassate.
-Signorina, sveglia! È ora di alzarsi, o arriverai in ritardo-
Mugugnò, voltandosi dall’altra parte e tirando ancora più in su le coperte. Non aveva voglia di alzarsi, non voleva iniziare a frequentare quella scuola, piena di sconosciuti, nuovi insegnanti. Sapeva quale sarebbe stata la routine di quel giorno: correre alla ricerca dell’istituto, entrarvi cercando di ignorare gli sguardi incuriositi degli alunni, trovare la segreteria, farsi dare i documenti necessari e rigirare per la scuola alla ricerca della sua aula. Avrebbe dovuto fare doppia fatica per trovare degli amici, ammesso che riuscisse a farsene.
-Kayley non obbligarmi ad entrare-
-Si , si … Ora mi alzo. Arrivo!-
-Bene, ti aspetto giù-
La porta si richiuse e l’oscurità ritornò ad avvolgerla. Zio Jamie aveva un buon modo di svegliarla. Da che ne aveva ricordo faceva sempre così: socchiudeva la porta e con voce gentile intimava lei e Derek di alzarsi. Quando era morta sua moglie, per un po’ di tempo, aveva smesso di farlo, quando lei aveva cinque anni e il cugino nove, ma il suo buon umore era tornato presto. O per lo meno si era obbligato a ritrovarlo.
Sua madre invece, Sophie, aveva l’uso di irrompere nella stanza, spalancare la finestra e fissarla dall’alto in basso con le braccia incrociate, fino a che non era costretta ad alzarsi e vestirsi. Una sottospecie di comandante dell’esercito personale.
Kayley si alzò, ma proprio quando si mise seduta, un forte mal di testa la colse all’improvviso. Era da un po’ di giorni che continuava ad avere fortissime emicranie. Duravano per dieci, venti minuti al massimo ed erano accompagnate da uno strano ronzio alle orecchie.
Quella mattina però era più cupo, lento, come se le orecchie fossero chiuse e qualcuno le stesse parlando li vicino. Scosse la testa e tenendo una mano fra i capelli si alzò. Come al solito anche l’equilibrio veniva a mancarle. Sentiva le gambe pesanti, stanche. Il cuore le batteva a mille e a volte le sembrava che perdesse un colpo. Giorni prima era corsa subito dal medico, vedendo che la cosa era frequente, ma tutti gli esami le davano lo stesso responso: sana come un pesce. Alla fine era giunta alla conclusione che quello fosse solamente il frutto del nervosismo e della tensione dovuta a tutta quella situazione.
Spalancò la finestra, tirando su le tapparelle e lasciando entrare l’aria fredda della mattina. Si avvolse in un abbraccio mentre si sporgeva e guardava ai piedi dell’albero privo di foglie. Non sapeva esattamente il perché, ma dal giorno in cui aveva visto quel ragazzo, aveva sempre dato una sbirciata. Ogni volta che usciva e poi tornava in camera, quel gesto si ripeteva. Certo, non si aspettava di vederlo, ma qualcosa la spingeva a farlo. Forse era un modo per accertarsi che quel tipo albino volante fosse solamente frutto di un allucinazione dovuta alla stanchezza.
Si allontanò e si cambiò in fretta, per evitare che lo zio la richiamasse all’ordine. Indossò dei jeans pesanti, una maglietta a maniche corte bianca con una stampa con delle farfalle sulla spalla destra, e una felpa nera pesante. Chiuse la cerniera e aprì l’anta dell’armadio.
Quando il cugino era partito per il collage e lei aveva passato le vacanze di Natale dallo zio, gli aveva chiesto il permesso di attaccarvi uno specchio, in modo tale da potersi vedere una volta vestita e per pettinarsi direttamente in camera. Doveva dire che la cosa era davvero comoda.
Guardò i capelli mossi che le cadevano scompigliati sulle spalle , per arrivarle quasi sotto i seni e arricciarsi sulle punte. Non si mise a cercare una spazzola, conscia di non averla messa da nessuna parte, e si pettino passando le dita fra i capelli. A volte le labbra volgevano verso il basso mentre cercava di sciogliere i nodi, ma alla fine riuscì a darvi una parvenza d’ ordine.
Prese l’elastico nero dal comodino e lo mise al polso, come se fosse un braccialetto, prese la cartella, l’mp3 vecchio di secoli e lo mise dentro le tasche dei pantaloni.
Scese le scale saltando dei gradini e quando arrivò in cucina vide lo zio intento a leggere il giornale, con una tazza di caffè fumante fra le mani.
-Buongiorno!-
-Giorno-
Gli rispose, appoggiando lo zaino a terra e sedendosi. Brioches fatte in casa e  una tazza di latte e  una di thè erano appoggiate una accanto all’altra.
-Latte o thè stamattina-
-Thè-
Ormai Jamie aveva capito che tentare di indovinare la colazione della nipote era impossibile, e così le preparava sempre le due opzioni. L’unica cosa certa era che andava pazza per le brioches al cioccolato, le divorava senza fiatare.
-Sei nervosa?-
-Poco-
-Ti ho preparato una semplice mappa per arrivare alla scuola, la trovi sul mobile in entrata. Stasera tornerò tardi, probabilmente dopo cena e così ti ho preparato qualcosa. Trovi tutto in frigo-
Kayley mugugnò di nuovo, con la bocca piena di pasta sfoglia e crema al cioccolato. Per un attimo si era sentita una bambina quando Jamie le aveva parlato della cena pronta. Avrebbe voluto dirgli che non serviva, che sapeva cucinare, ma lo sguardo dello zio era così soddisfatto che non potè fare altro che annuire e abbassare lo sguardo.
Gli occhi balzavano spesso all’orologio, nella speranza che succedesse qualcosa che le permettesse di restare a casa. Le speranze però svanirono ben preso e nel giro di mezz’oretta si era ritrovata a camminare per le strade di Burgess.
Si era messa le cuffie, aveva tirato su il cappuccio e continuava a fissare lo scarabocchio-mappa fatto da Jamie. Non ci capiva molto, doveva ammetterlo, ma prima o poi sarebbe arrivata, in fondo la cittadina non era poi così grande.
 
Il miracolo avvenne e Kayley arrivò a scuola giusta in tempo per sentire la campanella suonare l’inizio delle lezioni. Il caos generale degli studenti che cercavano di raggiungere di corsa la loro classe fece si che nessuno le prestasse particolare attenzione e così, mantenendosi ai lati del corridoio, raggiunse la segreteria.  Vi entrò tirando un gran respiro di sollievo e sistemando lo zaino in spalla si avvicinò al bancone.
Dietro di esso, con tanto di occhiali rossi fuoco e capelli bianchi perla cotonati, c’era una vecchietta, tutta intenta a strizzare gli occhi nel tentativo di leggere qualcosa annotato su di un foglio. Indossava un maglione a righe orizzontali decisamente orrendo e , non appena  la ragazza posò le mani sul tavolo alzò il viso. Le labbra dello stesso colore degli occhiali si mossero a formare un sorriso.
-Dimmi pure cara-
-Salve, sono Kayley Brooks, la/-
-Oh! La nuova alunna! Benvenuta! Allora, eccoti qui l’orario, il libretto e una mappa completa della scuola. Tuo zio è un uomo molto gentile, non appena ha saputo della tua iscrizione è venuto subito a sistemare tutto insieme a tua madre. Sono venuti tutti e due in questa scuola lo sai? Dovresti essere felice di poter seguire le loro orme. Me li ricordo come se fosse ieri, erano così gentili, bei ragazzi, volenterosi e pieni di entusiasmo-
Pian piano, mentre la donna continuava a parlare più per se stessa che per Kayley, la ragazza indietreggiò e scappò fuori dalla stanza.  Quella vecchietta era davvero una sottospecie di mitragliatore spara parole. Parlava così in fretta che quasi non era riuscita a capirla, l’aveva quasi stordita.
Kayley prese la cartina della scuola, e dopo aver visto la prima lezione della giornata si avviò a testa bassa, sentendo i suoi passi echeggiare per il corridoio.
Poi, tutto successe in un attimo: dei passi svelti , il rumore di suole che strisciano per terra, poi uno scontro improvviso.
I fogli volarono per aria, gli occhi iniziarono a diventare lucidi a causa della violenta botta al naso e la voce di qualcuno che imprecava, dicendole di stare attenta a dove andava.
Le ci volle qualche istante prima di poter fare mente locale, e quando si alzò per dirne quattro a quel maleducato, rimase bloccata.
Il ragazzo che le si parava davanti era identico al ragazzo albino che aveva visto settimane prima, e che le era rimasto impresso nella mente come se lo conoscesse da anni. I tratti del viso erano uguali, anche se la pelle era decisamente più rosata. I capelli erano marroni, come gli occhi, che però erano leggermente macchiati da sfumature rosse. Forse la sua idea che quello strano tipo albino fosse un ragazzo del luogo travestito era vero.
-Ehi, ci sei? Questi sono tuoi-
Tornò alla realtà , e guardando verso il basso, vide una mano che le porgeva i fogli, malamente raccolti, di quello che sarebbe stato il suo programma della giornata. Scosse la testa e li prese, portandoli al petto.
-Sei quella nuova, la nipote di Bennet, vero?-
-Come … come fai a conoscere mio zio?-
-Qui tutti lo conoscono. Da piccolo sono andato al suo asilo. Qui a Burgess lo conoscono tutti. In che  aula stai andando?-
-Aula di scienze. Sai dov’è?-
Continuava a squadrarlo, cercando di passare inosservata e , soprattutto, tentando di capire se veramente le sue supposizioni fossero vere. L’unica cosa che era da spiegare era come avesse fatto a volarle in camera. Eppure lui non aveva accennato di conoscerla, o di averla incontrata. Forse quello era solo uno scherzo, ma a che scopo entrare in casa delle persone altrui?
-Sali le scale, la terza porta a destra. Bhe … ci vediamo Kayley-
Alzò la mano, sistemò la sciarpa nera, mise in spalla la cartella e si allontanò a grandi passi. Kayley si girò di scatto.
-Aspetta!-
Il ragazzo si fermò proprio all’angolo, guardandola con un grosso punto di domanda disegnato sul viso. Sembrava davvero di fretta.
-Come fai a sapere il mio nome?-
Un sorriso comparve sul suo volto e per un attimo il cuore della ragazza perse, inspiegabilmente un colpo. Senza rendersene conto aveva persino smesso di respirare. Eppure, la prima volta che l’aveva visto, non le sembrava di aver avuto la stessa reazione. Oppure lui semplicemente non le aveva sorriso in quel modo.
-C’è scritto sulle carte d’iscrizione. Raccogliendole ho dato una sbirciata. Ciao-
Questa volta se ne andò, svoltando l’angolo e uscendo dalla scuola. Kayley rimase ferma per qualche istante, pensando a quanto fosse stata stupida quella sua domande e , soprattutto, quella reazione emotiva.
Un estraneo le entrava in casa il giorno del suo arrivo, poi le andava addosso facendola cadere come un sacco di patate a scuola, e lei si metteva a fare sentimentalismi come una di quelle ragazzine da telefilm?
Sbuffò isterica, passandosi una mano fra i capelli e raggiungendo a grandi passi l’aula.
 
Le lezioni passarono in fretta, le sue previsioni nel non farsi amici risultarono vere, e all’ultima ora si ritrovò a camminare a testa bassa in mezzo ad una marea incontrollata di ragazzi bramosi di correre a casa. Non era mai stata molto brava nel farsi degli amici, e in fondo un po’ si aspetta quel suo essere sola. Si era guardata in giro, aveva già individuato i gruppetti della scuola, e nessuno le aveva dato voglia di avvicinarsi e parlare. Ma forse era solo una brutta impressione dovuta al suo “essere costretta” a stare li.
A Burgess tutto era diverso: i ragazzi erano fissati con la moda, con il loro voler essere in come i cittadini delle grandi metropoli, quel loro conoscersi tutti. C’era da aspettarselo, tenendo conto che , probabilmente, tutti i ragazzi in quella scuola si conoscevano dall’asilo.
Uscita dall’edificio, l’impatto con il freddo la costrinse a stringersi nel giubbotto.
Verso metà mattina aveva iniziato a nevicare, e da quel momento non aveva più smesso. L’inverno inoltrato inoltre aveva accorciato le giornate e ormai il tramonto tingeva di rosso il cielo, o per lo meno quelle poche porzioni che non erano coperte dalle nuvole. Camminando per le vie e fermandosi a guardare i passanti, si accorgeva di essere l’unica a soffrire così tanto il freddo.
Ogni tanto, quando si fermava ad osservare le vetrine, dei piccoli rivoli di brina si formavano sulle estremità più alte delle finestre e  più di una volta il vento le portava alle caviglie pagine di giornali. La cosa, ad un certo punto, l’aveva persino irritata.
Quando ormai era arrivata davanti a casa, qualcosa attirò la sua attenzione: vide qualcuno entrare nella foresta dei pini poco distante da lei. Riconobbe di sfuggita il cappotto color militare del ragazzo con cui aveva parlato quella mattina a scuola.
Quella poteva essere un ottima occasione per parlargli, non doveva essere un caso l’averlo trovato così vicino a casa sua. Forse poteva domandargli delle spiegazioni.
Si avviò verso la piccola stradina di ciottoli e fango che portava alla foresta e solo al limitare degli alberi si fermò guardandosi indietro.
Ormai si era fatto quasi buio, e l’idea di entrare in quel posto tutta sola la spaventava. Non sapeva esattamente il perché, ma c’era qualcosa in quel posto che le metteva sempre una grande inquietudine.
Prese un bel respiro ed entrò stringendosi nel giubbotto e mettendo le mani nelle tasche.
Continuò a camminare, ascoltando il rumore del vento che scuoteva le fronde degli alberi, il suono delle sue scarpe che pestavano il sottile strato di neve che si era creato a terra.
I suoi occhi intanto continuavano a cercare, mentre cominciava a chiedersi dove poteva essere sparito quel maledetto ragazzo. Aveva affrettato il passo per raggiungerlo, possibile che fosse andato così avanti?
Ad un tratto, il piccolo sentiero venne interrotto da alcuni cespugli. Lo zio Jamie le aveva detto che , un tempo, quella strada portava ad un lago caratteristico di Burgess e così, con attenzione, si fece avanti, spostando i rami e cercando di passarvi in mezzo.
Come aveva immaginato, davanti ai suoi occhi, si aprì una piccola oasi ghiacciata. Gli alberi si diradavano , lasciando il posto ad una piccola riva che delimitava una laghetto, costeggiato da una parete di roccia.
La superficie dell’acqua era completamente ghiacciata e il riflesso della luna si specchiava su di essa, creando dei bellissimi effetti di luce.
Doveva aver camminato davvero tanto se la luna aveva raggiunto quella posizione in cielo.
-Dove sarà andato. Che sia tornato indietro?-
Fece per voltarsi, per tornare sui suoi passi, ma improvvisamente un suono cupo, come un ronzio, iniziò a risuonarle nella testa. Per un attimo sentì le ginocchia cederle, e si sedette a terra, portando il palmo della mano alla fronte. Quello non era certo il momento migliore per farsi venire un affanno.
Questa volta però quello strano suono era più forte, intenso, come se quel sussurro diventasse più nitido ogni secondo che passava.
Poi , di colpo, un suono di passi veloci, e il classico tonfo di qualcuno che cade in acqua. Alzò gli occhi e il ghiaccio, poco distante da lei, si era rotto.
Possibile che quel ragazzo fosse caduto in acqua. Si alzò di fretta, raggiungendo il punto e sporgendosi, per riuscire a vedere se ci fosse qualcuno in acqua, ma il riflesso della luna impediva di vedere il fondo, che le sembrava comunque così scuro.
Ad un tratto una mano fuoriuscì dall’acqua, afferrandole saldamente la caviglia e trascinandola dentro. L’acqua ghiacciata le circondò il corpo come mille lame affilate e non riuscì nemmeno ad urlare. Un panico improvviso le pervase mente e corpo mentre sentiva delle braccia avvolgerla. Tutto quello che riusciva a vedere però era solo buio.

__________________________________________________________________________________________________

Salve a tutti! Eccomi qui con il continuo di questa storia. Mi scuso tanto per il ritardo nel post ma purtroppo ho avuto problemi e non sono riuscita a scrivere praticamente nulla in questi ultimi  mesi e ci tenevo nello scrivere questo capitolo. Il pensiero era perennemente sul come e quanto continuare questa storia. Kayley è un personaggio che mi piace molto (per la prima volta mi piace un mio personaggio) e sono proprio curiosa di vederla affrontare le varie sfide che la mia mente sclerotica la perterà ad affrontare.
Ringrazzio tutti quelli che hanno letto e/o commentato questa storia. Spero vivamente di riuscire a pubblicare il prossimo capitolo già domani sera, oppure il 29 visto che il 31 di questo mese dovrò partire per una piccola vacanza con le amiche in Toscana.
Per quanto riguarda il capitolo, bhè, a quanto pare la nostra ragazza ha trovato qualcuno che assomiglia al nostro caro Jack .... e sopratutto direi che sarebbe meglio se si tenesse lontana da quel lago. Se volete scoprire che fine farà, vi aspetto nel prossimo capitolo.
Un grazie a tutti!!! Alla prossima.
Lirah
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Le 5 Leggende / Vai alla pagina dell'autore: Lirah