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Autore: Backyard Bottomslash    02/01/2014    5 recensioni
Percorsi di vita che si intrecciano sulle rotaie di una metropolitana.
Dal testo: "Quinn Fabray aveva scelto di dedicare la sua intera vita al lavoro.
Non aveva avuto figli, non si era sposata, non aveva mai provato l'amore.
Una sorte piuttosto triste e paradossale per chi l'amore lo scriveva."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Quinn Fabray, Rachel Berry | Coppie: Quinn/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A penny for your thoughts
Capitolo 2



Rachel Berry era sempre riuscita in tutto.

La sua vita, seppur ancora relativamente breve, era stata un susseguirsi di successi.

A 16 anni aveva incontrato quello che allora considerava l'amore della sua vita. A 20 era riuscita a vincere lo showcase invernale che la NYADA organizzava annualmente. A 26, dopo aver ottenuto il massimo dei voti all'esame finale, aveva conquistato il suo primo ruolo off Broadway. A 28, dopo un'ennesima meravigliosa esibizione, il suo nome era stato menzionato sul New York Times.

L'articolo affermava che prima di morire, chiunque avrebbe dovuto assistere ad una esibizione di Rachel Berry.

Quella mattina, la mattina dell'articolo, Rachel aveva avuto l'impressione che persino il sole le stesse sorridendo.

Più tardi avrebbe imparato che anche il sole era in grado di ghignare, maligno.

Più tardi avrebbe imparato che, esattamente come con le sue mani aveva costruito il suo futuro, con esse avrebbe potuto distruggerlo.

A 32 anni, quelle mani avevano stretto la penna che segnava la fine della sua storia d'amore.

Si dissero che lo facevano perché ormai troppo incompatibili.

A Rachel venne il dubbio che lo fossero sempre stati.

Semplicemente se avesse continuato a stare accanto a suo marito avrebbe finito per odiarlo.

Traslocare significò cambiare vita.

Svegliarsi in un letto troppo grande per una sola persona la faceva sentire triste, chiamare Kurt, la sera, prima di andare a dormire, la faceva sentire patetica.

Impiegò qualche settimana per comprendere che ci vuole coraggio a tornare ad essere soli dopo 16 anni. Iniziò a chiamare sempre meno Kurt e a parlare sempre più con se stessa. Scoprì che la solitudine, dopo così tanto tempo, non poteva spaventare più di quanto non potesse emozionare.

Ringraziare mentalmente Finn fu automatico.

Alzare la cornetta e lasciarsi andare a parole mai pronunciate fu ponderato.

E capì che aveva fatto bene quella mattina a firmare quei documenti.

Quella mattina aveva deciso che Rachel Berry non avrebbe mai odiato.


****


Odiava dover dare spiegazioni.

Soprattutto dal momento che non aveva mai avuto una grande attitudine per le bugie. Probabilmente il suo inconscio ancora credeva alla storia del naso che si allunga.

Per quale motivo le persone avessero tanto paura di dire la verità non era mai riuscita a comprenderlo.

Avrebbe voluto semplicemente dire che no, quando aveva 11 anni ed era nella classe del professor Gibson, il cane non aveva mangiato i suoi compiti. Avrebbe voluto chiamarlo ora e confessargli che, a dirla tutta, lei un cane non l'aveva neanche mai avuto.

Avrebbe voluto non dover mentire quando aveva chiesto una giornata libera, ma, quando erano giunte le domande e la richiesta di spiegazioni, si era resa conto di non potersela cavare se non con una giustificazione standard.

E così i suoi papà le avevano fatto una sorpresa ed avevano fatto un salto a New York. Gli stessi papà che in quel momento si trovavano probabilmente alla riunione settimanale del club di letteratura a Lima, in Ohio.

Non riuscì a mantenere un sorriso trionfante quando, il giorno dopo, si svegliò presto.

Non lo trattenne neanche quando salì su una metro a caso.

Perché il viaggio è immensamente più bello quando non c'è una destinazione.

Avrebbe lasciato scegliere al caso anche quella e, semmai non avesse trovato la sua fermata, semmai la sua fermata non fosse neanche esistita, avrebbe continuato a godersi il viaggio.

Quel giorno, per lei e solo per lei, il tempo si sarebbe fermato e le avrebbe permesso di lanciare una rapida occhiata alla vita degli altri.

E per la prima volta essere invisibile non sembrava una prospettiva tanto orribile.

Al contrario allettante.

Mise piede su quella metro e si rese conto di non aver mai realmente viaggiato prima.

Perché non avere una meta non significava non avere un obbiettivo.

Perché la sua meta poteva essere qualunque luogo e qualunque persona, ma fu quella donna dai capelli biondi e l'aria di chi ha bisogno di comprare una nuova sveglia perché quella vecchia non fa più il suo dovere.

«Un penny per i suoi pensieri.»





Note:
Ecco a voi il secondo capitolo!
Non ho molto da dirvi se non che spero abbiate colto tutte le analogie con il capitolo precedente e tutte le contraddizioni presenti in questo.
Un grande grazie a chi ha recensito o aggiunto questa storia tra le preferite/seguite/da ricordare. Siete meravigliosi.
Vi ricordo che questo fine settimana io e ManuKaikan pubblicheremo il nuovo capitolo di "Do you remember the time?" e vi lascio i miei account: Facebook, Twitter, Ask.
A presto!

- BB

   
 
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