Il figlio di Peter Pan
Act 1 - Lost boy
2| Solo
Sebastian
«All children, except one, grow up.»
― J.M. Barrie, Peter Pan
“Mamma?”
Sebastian spinse da parte l’origami di
carta a cui stava lavorando e toccò il polso di Annie, per attirare la sua attenzione.
“Tu lo conosci Peter Pan?”
Qualcosa nello sguardo della donna
incominciò lentamente a mutare: l’aria assente lasciò il posto a un’espressione
sorpresa. Annie rivolse poi al figlio un sorriso luminoso e anche Sebastian
sorrise, di riflesso: la mamma se ne era
andata per un attimo, ma era riuscito a farla tornare da lui.
“Sì, è il protagonista di una favola”
spiegò la donna, accarezzandogli i capelli. Una punta di tenerezza le velò il
volto. “Tuo padre adorava quella storia,
me l’ha raccontata tante volte.”
“E di che cosa parla?” domandò un
incuriosito Sebastian, sedendosi sul divano di fianco alla madre. Annie gli
prese una mano e la strinse fra le sue, sorridendo malinconica.
Scostò un ciuffo di capelli
dalla fronte di Finnick e tornò a disperdere lo sguardo nel mare. Il ragazzo
aveva la testa appoggiata sul suo grembo e gli occhi socchiusi.
“C’era un ragazzino…”
mormorò a quel punto il giovane Odair, serrando del
tutto le palpebre. “…Killian. È stato il primo
tributo a cui abbia mai fatto da mentore; avevo quindici anni, all’epoca. Lui
ne aveva solo tredici e a guardarlo non ne dimostrava più di undici o dodici.
Era così spaventato…”
Si interruppe per
sospirare. Annie riprese ad accarezzargli i capelli, soffermandosi di tanto in
tanto a sfiorargli il volto.
“…Un bimbo sperduto”
concluse Finnick, aprendo del tutto gli occhi e voltandosi verso il mare. “È morto il terzo giorno di Giochi.”
Annie si mordicchiò un
labbro, sforzandosi di controllare il bisogno di portarsi le mani sulle
orecchie: il peso che gravava nel petto di Finnick faceva troppo rumore. Si
sentì improvvisamente triste, al pensiero di non sapere come consolarlo. Cercò
di rassicurarlo, mormorandogli che non era colpa sua e che un giorno, il mare,
avrebbe lavato via un po’ di quel dolore che si era impigliato nel petto di
entrambi. Quei sussurri che si scambiavano ogni tanto erano come ninna nanne e
avevano il potere di cullarli, come il vento culla le onde. Per questo Annie
continuò a mormorare a lungo – la sua voce un soffio lieve – fino a quando le
palpebre di Finnick non tornarono a chiudersi.
“Raccontami di lui”
sussurrò infine Annie, continuando ad accarezzargli il volto. “Raccontami di
questo bimbo sperduto.”
“Gli piacevano le favole”
rispose il ragazzo, stropicciandosi insonnolito un occhio. “L’ultima sera,
prima che iniziassero i Giochi, mi ha raccontato la sua preferita: parlava di
un ragazzino che non voleva crescere, un certo Peter Pan. Un tipetto un po’
presuntuoso, che viveva in un’isola in mezzo al mare e combatteva contro i
pirati. Era il capo-banda di un gruppo di orfanelli con nulla da perdere,
proprio come lui. Killian una volta mi ha detto che
glielo ricordavo, questo Peter…”
“Parla di un bambino che non voleva
crescere” rivelò infine Annie, sorridendo al figlio. “Viveva in un’isola
magica, popolata da fare e sirene, ma anche pirati. Lì, all’Isola Che Non C’è,
nessuno diventava mai grande. E si poteva volare…” aggiunse, con un guizzo di
vivacità nello sguardo. “…sarebbe bello
volare, no?”
Sebastian annuì, prima di aggrottare le
sopracciglia.
“Come si fa a volare?”
La madre gli rivolse un sorrisetto
enigmatico.
“Basta avere un pensiero felice…”
mormorò poi, abbassando teatralmente il tono di voce. “…un po’ di polvere di
fata e… Hop!” esclamò, allungandosi verso il bambino per fargli il solletico.
Sebastian sobbalzò, colto di sorpresa, ma poi sorrise, rannicchiandosi per
sfuggire al suo attacco.
“Si spicca un salto e si vola!”
concluse Annie, facendo scorrere il polpastrello sulla punta del naso del
figlio. Il ragazzino sorrise di nuovo, distogliendo timidamente lo sguardo. Sua
madre era bellissima quando scherzava con lui, ma quei moti di allegria la
sorprendevano di rado e Sebastian non era ancora riuscito ad abituarcisi. Gli
piacevano, però. Lo facevano sentire piccolo, come un qualsiasi bambino di sei
anni. E in quel momento, mentre sua
madre lo stringeva a sé per fargli le coccole, non poté fare a meno di pensare
che anche a lui sarebbe piaciuto non crescere mai.
Sarebbe stato bello, si disse, essere
come Peter Pan.
“Secondo te è lì che sta papà?” chiese
improvvisamente, sollevando la testa per incontrare lo sguardo della madre.
“All’Isola Che Non C’è?”
Il sorriso di Annie si fece d’un tratto
più malinconico, ma la vivacità nel suo sguardo resistette.
“Secondo me sì, Finn”
rispose, accarezzando i capelli del bambino. “E la notte vola fino alle nostre
finestre, per vegliare su di noi mentre dormiamo.”
Sebastian aggrottò impensierito le
sopracciglia: una punta di delusione incominciò a punzecchiargli fastidiosa lo
stomaco.
“No, non è vero” mormorò infine,
distogliendo lo sguardo. “Lui quello non lo fa” aggiunse in tono di voce secco,
continuando a fissare l’origami di carta a forma di stella abbandonato sul
tavolo.
Se suo padre avesse davvero vegliato su
di lui dalla finestra, le notti precedenti, l’avrebbe visto mentre sgattaiolava
via. L’avrebbe rincorso per impedirgli di vagabondare tutto solo e mezzo
svestito in giro per la baia, perché così facendo avrebbe potuto prendere e
freddo e ammalarsi. Ma non l’aveva fatto,
e nemmeno sua madre.
Nessuno lo faceva mai.
Sebastian deglutì e chinò il capo verso
il basso, sentendo gli occhi pungere e inumidirsi. Inspirò con forza e tornò a
voltarsi verso Annie, ma la donna sembrava assorta in qualche pensiero tutto
suo; qualcosa nella risposta secca di Sebastian aveva rubato la vivacità che
l’aveva colta fino a poco prima. Il bambino sospirò di nuovo: la mamma se n’era
andata un’altra volta.
“Gli assomigliava davvero, Finn” mormorò a quel punto la donna, sorridendo lievemente.
“A Peter Pan. Il suo sorriso era come quello di un bambino. E aveva degli occhi
tanto allegri, occhi verdi…” aggiunse, tornando a rivolgere la sua attenzione
al ragazzino. Si rabbuiò di colpo, quando notò le lacrime che Sebastian si
stava sforzando di trattenere. Gli occhi
lucidi del figlio la riportarono a lui con la forza di uno strattone.
Annie strinse il bambino a sé,
appoggiando il mento sui suoi capelli.
“Va tutto bene, tesoro” gli mormorò
all’orecchio, cullandolo con i suoi sussurri, come un tempo Finnick aveva fatto
con lei; e lei con lui. “Va tutto bene.”
Sebastian tirò su con il naso,
affondando il volto nella maglia della madre.
“Non mi piace la storia di Peter Pan”
mormorò in un soffio, senza farsi sentire da Annie. Non gli stava molto
simpatico, quel ragazzino che non diventava mai grande: poteva restare piccolo
per tutto il tempo che voleva e vivere mille avventure per conto suo, mentre
gli altri erano costretti a crescere.
Peter Pan sarebbe rimasto un bambino
per sempre. Lui, invece, si sentiva già grande, e non era giusto. Non era
giusto proprio per niente.
Per un attimo gli tornò in mente la ragazzina
dai capelli chiari che aveva incontrato la sera prima alla baia. Lyla l’aveva
detto, che lui non assomigliava a Peter.
Io non sono il figlio di Peter Pan, pensò,
strofinandosi un occhio umido di lacrime con il pugno. Annie incominciò a
canticchiare una nenia a mezza voce, cercando di addormentarlo. Lentamente il
ragazzino si tranquillizzò, ma quel pensiero continuò a ronzargli fastidioso
per la testa, fino a quando la stanchezza non lo convinse a chiudere gli occhi.
Sono solo Sebastian. Sebastian e basta.
Note finali.
Ed ecco qui il secondo capitolo,
ambientato ancora durante l’infanzia di Sebastian. Ci tenevo che fosse Annie a
raccontare a Sebastian di Peter Pan, perché, così facendo, ho potuto inserire
quel piccolo flashback che mi ha aiutata a raccontare un po’ del rapporto fra
Finnick e questa favola. E a introdurre un po’ meglio Killian,
che verrà menzionato ancora nei prossimi capitoli. Killian
era il fratello di Adrian, il guardiano del faro. Per quanto riguarda Annie,
spero di essere riuscita a renderla abbastanza bene >.< Come avevo accennato
nelle note di ‘Sebastian ascolta con gli occhi’, ho sempre pensato che la morte
di Finnick abbia inciso molto sulla stabilità mentale della donna e ha questi
momenti di allontanamento dalla realtà in cui si lascia sommergere un po’ dai
ricordi del passato. E Sebastian ne risente molto.
Con questo capitolo si conclude il primo atto, quello
introduttivo, e la parte dedicata al Sebastian bambino. Nel secondo atto saranno passati più o meno
dieci anni e tornerà a fare comparsa Lyla. La storia è quasi interamente
ambientata alla baia, fatta eccezione per questo capitolo su Annie e l’ultimo
capitolo prima dell’epilogo. E niente, spero che continui a piacervi <.<
Un abbraccio e a presto!
Laura