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Autore: Checie    12/10/2008    0 recensioni
Elettra è annoiata dalla vita, Livio ha una ragazza con cui non riesce a vivere. La ama troppo, o troppo poco, chi lo sa. Elettra entra nella vita di Livio in sordina, ma è come un piccolo miracolo, anche se lui non lo sa. Livio accetterà di amare, o lascerà andare Elettra, così come lascia andare tutto il resto???
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Occhiblu8 Livio apre gli occhi di scatto. Ha fatto un brutto sogno, un sogno in cui cercava di afferrare un capello dorato troppo sottile perfino per essere visto. Non sa bene perché quel sogno ha inquietato, comunque non si sente bene. Non a posto. Ancora più incasinato del solito, se possibile. Si alza, va a sciacquarsi il viso e scende in sala. Suo padre sta fissando con insistenza un punto imprecisato della parete, a metà fra una brutta riproduzione di un Mirò e il diploma di sua madre alla scuola per estetiste. Si torce le mani febbrilmente, mentre il resto del corpo è irrealmente immobile, congelato in una posizione apparentemente normalissima. No, non è fuori di testa, non è pazzo, ne altro. È solo tormentato dal senso di colpa, una colpa che non hai mai confessato e che Livio non riesce ad immaginare. Una colpa abbastanza forte da impedirgli di dormire la notte e costringerlo al tremore, solo parziale. Non è la prima volta che lo vede così, anzi. È una tacita abitudine. Livio non chiede, suo padre non risponde. Tutto sommato la cosa funziona.
-Livio?-
-Dimmi papà-
-Come stai?-
-In che senso?-
-Ti senti bene?-
-Non lo so papà, ma che razza di domanda è?-
-Mi interessa la risposta-
-Beh sto bene-
-Non ci credo-
-…-
-Si vede che c’è qualcosa che ti tormenta, Livio. Si vede da lontano, si vede in tutto-
-Papà…-
-Io ti vedo Livio. Anche se non sembra, ti guardo. E non sono d’accordo con quello che fai, ti stai perdendo-
-Forse a me va bene così-
Suo padre nemmeno risponde, si limita a ricominciare a fissare il muro, ma stavolta non trema più. Pensa a suo figlio, quel suo figlio così ombroso, così nascosto, così indecifrabile e solo, così simile a lui. Spera che non diventerà mai padre, se gli somiglia davvero così tanto non ne sarà capace. Che palle. Gli dispiace per Livio, non lo vorrebbe così, ma in fondo, visto da dove proviene,non si sarebbe aspettato nient’altro. Proprio niente di diverso.

-Numa secondo te sto male?-
-Beh, oddio ‘sti pantaloni fanno un po’ cagare, però vabbé…la maglia non è proprio tanto brutta-
-Intendevo psicologicamente-
-Da quando in qua tu hai una psiche?-
-Lascia stare-
-Ma che ti sei incazzato?-
-No, Numa, no. Sul serio-

Da quando in qua tu hai una psiche? A questo punto anche Livio comincia a chiederselo. Ha un’interiorità, una sfera emotiva che vada oltre ai quattro sentimenti standard del resto delle persone? Insomma, il suo cervello va da qualche parte? Non riesce a darsi una risposta…non ci riesce proprio. Pensa. Pensa pensa. Pensapensapensapensapensa. Chi può saperlo? Ah, giusto. Lei.
-Ciao. Sono Livio-
Lungo silenzio
-Livio- cinque lettere assaporate una ad una, come un torta magnifica che non sapevi fosse lì per te, come un libro ritrovato che non ricordavi fosse così bello.
-Sì…cioè…secondo te sto male?-
-Non saprei, è tanto che non ti vedo-
-Ma come mi trovavi di solito?-
-Criptico-
-Quindi per te io soffro…-
-Credo di sì, ma non deve essere poi così tremendo se nemmeno te ne accorgi-
-Magari sono assuefatto-
-Magari-
Lungo, estenuante silenzio. Entrambi respirano lentamente, contenendo l’emozione
-Senti, perché mi hai chiamata così, dal niente?-
-Non lo so, Elettra-

La sua voce non era sempre stata così musicale. Le sue parole non erano mai state così misurate. Non era possibile che fosse ancora lui, ancora Livio - chioma di grano - occhi blu verdi. Le persone non cambiano voce in sei mesi. Sei mesi. Così tanto tempo senza di lui. Così tanto tempo a dirsi che l’aveva dimenticato. Scema, illusa e stupida. Se potesse si fionderebbe fuori dalla porta a rincorrere il suo sogno, quello abbandonato su una terrazza un paio di stagioni prima. Va in camera e rovista fra gli abiti, con impazienza. Alla fine trova il suo vestito azzurrino, quello della festa. Quanto tempo sprecato per cercare di essere più bella. E quel bacio così puro, davanti al cancello della scuola. E il suo sorriso alla fermata della metro. E tutto il resto. E Claudia? Dov’è lei ora? Elettra si accascia sul letto. Dio, quanto lo vorrebbe lì con lei. In un momento decide che se lo andrà a prendere, chissenefrega di dov’è e di cosa vuole. Ha abbastanza volontà per due. Compone in un attimo il suo numero di telefono e si fa spiegare dove abita. Salta sul primo tram e si precipita sotto casa sua. Appena allunga il dito per suonare il campanello, la porta si apre e ne esce un ragazzo che Elettra non può dimenticare di avere amato. È proprio lui, invecchiato come solo un diciottenne con troppi sentimenti e troppe poche parole può essere, forse un po’ più trasandato. Ancora più bello di quello che si ricordava. Ma capisce cosa intendeva quando le aveva chiesto se secondo lei lui stava male. È vero che non va tutto bene. C’è un’ombra poco rassicurante nei suoi occhi. Si fissano e si rifissano, senza smettere un secondo, annegando l’uno nell’altra, ripescandosi, poi perdendosi di nuovo, ritrovandosi per l’ennesima volta. Non una sillaba, non un movimento. Zero. C’è una tale tensione tale fra loro che potrebbe incenerire chiunque si trovasse a passare tra loro. Poi Elettra cede e lo abbraccia con tutta la forza di cui è capace, tutta quella che ha in corpo e anche dell’altra che non sa dove ha trovato. Lui non la respinge e ricambia con trasporto. Scoppia a piangere incontrollabilmente. Si sgonfia e scoppia e singhiozza come i bimbi piccoli, come i deboli e i vili. Senza ritegno. Elettra crede di non poterlo amare più di così, nemmeno se sapesse di essere ricambiata. Semplicemente il suo sentimento va oltre lei.
Così lo bacia.
Lui non la manda via.
Continuano.
Lei dovrebbe andare.
Continuano.
Fuori fa un freddo cane.
Continuano.
I loro genitori non sanno che sono lì.
Continuano.
Forse lui non la ama.
Continuano.
Forse non si possono amare più di così.
Continuano.







MIO SPAZIO:
scusate la brevità, ma allungarlo mi sembrava come appesantirlo…spero che ve lo godiate lo stesso!!!!
  
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