Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: Stephanie86    26/12/2014    5 recensioni
[Post!4x11 | Elsanna | Incest | Crossover]
Elsa ed Anna sono tornate a casa. Le loro vite sembrano essere tornate alla normalità.
Ma c'è qualcosa, fra loro. Le sorelle lo sanno e anche se fanno di tutto per ignorare quei sentimenti, essi emergono e le spingono verso una linea di confine che due sorelle non dovrebbero mai superare.
E cosa accade quando il sovrano delle fate, Oberon, si presenta al matrimonio di Anna, accompagnato dal suo dispettoso folletto, Puck? Le cose possono solo farsi più complicate.
Nuove avventure attendono Elsa ed Anna.
_______________________________
Stavano l’una di fronte all’altra, adesso. Il fiato di Elsa le agitava leggermente una ciocca di capelli.
- Non permetterò più a nessuno di separarci. E non andrai più in nessun luogo in cui io non possa raggiungerti – continuò Elsa.
- Questo suona tanto come un 'finché morte non ci separi' – disse, quasi senza riflettere.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

2

 

 

 
“Ma ora sei divisa, sei spaccata in due,
Carne della sua carne, ma cuore del mio cuore;
E profonda per l’una è la radice amara,
E dolce per l’altro il fiore eterno”

[Algernon C. Swinburne, Il Trionfo del Tempo]

 

 

 
Sì, il matrimonio andò davvero bene.

Vi furono una serie di interessanti miracoli.

Prima di tutto Anna riuscì a camminare fino all’altare, lungo il corridoio centrale della sala del trono gremita di invitati, fino a Kristoff che l’aspettava, senza inciampare né dare l’impressione di essere troppo goffa. E riuscì a dire tutto ciò che doveva dire senza dimenticarsi niente.

Anche Sven si comportò bene. Avanzò, impettito e fiero, di fianco ad Elsa, lanciando qualche occhiata alla gente che fissava la scena, a volte attonita, a volte incuriosita o perplessa. Di sicuro nessuno di loro aveva mai visto una renna accompagnare una regina, il giorno del matrimonio di sua sorella. Una renna che, tra l’altro, era amica dello sposo.

Il secondo miracolo fu che, durante il ricevimento, il vestito da sposa rimase immacolato. Incredibile. Anna era convinta che ci avrebbe rovesciato sopra qualcosa. Invece non accadde. Ed Elsa si era persino ricordata di servire soprattutto bevande chiare, anche se c’erano dolci al cioccolato in gran quantità e che avrebbero potuto causare danni inimmaginabili.

Era tutto come doveva essere. E dopo ciò che avevano passato ancora se ne stupiva. Prima il diario della madre che Elsa aveva trovato in soffitta, poi il suo viaggio a Misthaven che aveva portato ad un rinvio delle nozze, poi tutta la faccenda di Ingrid, Elsa intrappolata in quell’urna, Storybrooke, la maledizione... per non parlare di quando, tornate ad Arendelle, erano state costrette a vedersela con Hans e con i suoi dodici fratelli, che avevano occupato il trono. Era stato un vero spasso guardare l’espressione di Hans, quando aveva posato gli occhi su Elsa.

“Tu?! Non è possibile! L’urna... come hai fatto ad uscirne?”

“Pensavi di esserti liberato di me?”

“No, forse si riferisce anche a me, visto che mi ha chiusa in un baule. Ma certo che lo pensava. È un idiota, quindi non poteva che pensarlo. E scommetto che non conosce nemmeno la differenza fra un’urna ed un baule. Ma davvero intendevo sposarti? Se ci penso mi vengono i brividi. Te l’avevo detto che Elsa te l’avrebbe fatta pagare...”

Aveva detto un mucchio di altre cose.

E ovviamente era stato uno spasso anche avere la meglio su di lui.

Sì, era tutto perfetto.

Anche se...

Si sporcò la punta del naso e Kristoff le diede un bacio per tirarle via lo sbuffo di cioccolato.

- Sbaglio o il vestito è ancora bianco? – le disse Kristoff, mentre Anna si portava alle labbra un’altra cucchiaiata di gelato.

- Oh, sì! Ma la giornata non è ancora finita e c’è così tanto da mangiare. Sento che questa volta scoppierò. Oppure starò male. Oppure starò male e poi scoppierò. Hai visto Elsa?

- No. È da un po’ che non la vedo. Sarà stata risucchiata da tutta questa gente. Chi ha invitato così tante persone? Tua sorella?

- Credo di sì. Io di sicuro non l’ho fatto. Elsa non mi ha lasciato fare niente.

- Tipico delle regine. Vogliono avere la situazione in pugno. In questo caso il matrimonio in pugno.

Anna sbirciò in mezzo alla folla per cercare la sorella e non la vide.

 

***

 

Elsa appoggiò le mani alla ringhiera della terrazza, osservando le luci di Arendelle sparse sotto di lei. Dall’interno venivano il chiacchiericcio rumoroso degli invitati, le risate, il tintinnio di piatti e bicchieri e il suono della musica.

Anche lei pensava che il matrimonio fosse davvero riuscito.

“Non posso andare all’altare se non sei felice come lo sono io”.

“Anna, io sono... molto felice”.

E lo era.

Felice per sua sorella, per quel matrimonio. Felice che tutto si fosse concluso per il meglio.

Eppure c’era anche qualcos’altro.

Qualcosa che non era tristezza, ma le andava vicino. Qualcosa che l’aveva portata ad allontanarsi un attimo da tutta quella confusione. Qualcosa che premeva, ma non usciva. Come...

- Anna si stava appunto chiedendo dove fossi finita... – La voce di Kristoff la colse alla sprovvista.

- Ero solo... uscita a prendere una boccata d’aria.

Kristoff si avvicinò, mettendosi vicino a lei. – Devo farti i complimenti per l’organizzazione. Non c’è niente che non vada in questo matrimonio.

- Pensavi che ci sarebbe stato?

- No. Sei la regina. E anche se hai un cuore tenero, la tua prepotenza riesce a fare miracoli.

- Anche i sarti fanno miracoli. Non l’avrei mai detto, ma stai molto bene.

Kristoff si lisciò pieghe inesistenti sulla giacca scura con i bottoni dorati. – Sono felice di averti sorpreso. E vogliamo parlare di Sven?

- Di Sven che sfila vicino a me oppure di Sven con un abito da cerimonia?

- Entrambe le cose. Ma la prima è la più divertente.

Elsa sollevò un sopracciglio, lanciandogli un’occhiata.

- In senso positivo, intendo – si corresse lui, in fretta.

- Certo.

- E hai preso il bouquet al volo! Vuol dire che presto organizzerai il tuo, di matrimonio?

- Non penso che succederà tanto presto.

- E perché no? Ci sarà pur qualche principe prepotente e dal cuore tenero disposto a sfidare la sorte e a portarti all’altare.

- Sfidare la sorte?

- Sfidare la sorte. O sfidare la prepotenza. Non sarà difficile. C’è così tanta gente a questa festa. A proposito, da dove sono sbucati tutti?

- Li ho invitati. Sono amici di famiglia... anche se alcuni non li vedo da un po’.

- Oh! Trent’anni sono sicuramente parecchi. Solo che noi li portiamo... molto bene. Ma vogliamo tornare al punto di partenza?

- Quale sarebbe?

- Perché hai lasciato la festa? – Kristoff si sporse leggermente verso Elsa.

- Te l’ho detto. Avevo bisogno di una boccata d’aria.

- Chissà perché, credo che ci sia qualcos’altro. Non sei molto brava a nascondere le cose.

- Vedo che ricominci ad essere impertinente, uomo delle renne.

- E io vedo che voi, Maestà, state evitando l’argomento. Forse non volete raccontare così vi preoccupa all’uomo delle renne?

No, pensò Elsa. Non posso. Non questo.

Non avrebbe mai potuto raccontarlo a nessuno. Non avrebbe mai potuto parlare apertamente di ciò che sentiva senza causare sgomento. Non avrebbe potuto parlarne nemmeno con un’amica come Emma, se fosse stata lì. O forse, se gliene avesse parlato, l’avrebbe sconvolta per sempre.

Non avrebbe mai potuto parlare di quanto fosse stato bello baciare Anna nei giardini di Arendelle. Di quanto fosse stato bello stringerla a sé e respirare il suo fiato. Di quanto fosse stato assurdamente bello. Di quanto avesse desiderato poter trovare la forza di distogliere lo sguardo da lei che raggiungeva Kristoff all’altare. Di come si fosse sentita cedere le ginocchia quando l’aveva vista con il vestito bianco che era appartenuto a Gerda.

“Non è successo niente. Cioè... sì, qualcosa è successo, ma non era niente di male. E di sicuro non sono arrabbiata con te. Come potrei? È stato... bello”.

- Non c’è niente che mi preoccupa. Sta tranquillo. Torna dentro. Anna starà cercando anche a te, a questo punto. Arrivo tra un attimo.

Kristoff non insistette, le posò una mano sulla spalla come per rassicurarla e la lasciò sulla terrazza.

 

***

 

Più tardi Anna notò uno strano individuo occupato a parlare con sua sorella.

Era molto alto, vestito di verde, calzava un paio di lucidi stivali di cuoio, aveva i lineamenti del viso un po’ affilati e le orecchie lievemente a punta. I lunghi capelli scuri gli ricadevano sulle spalle. Non avrebbe saputo dire se fosse attraente o meno, sapeva solo che era strano. Non per via delle orecchie. E che i suoi occhi azzurri avevano qualcosa di magnetico e di... innaturale. Qualcosa di non umano. Qualcosa di malizioso, anche.

Beh, certo, non è umano. Se lo fosse non avrebbe le orecchie a punta.

Aveva anche la carnagione chiarissima e la pelle sembrava sottile come carta.

Vicino a lui c’era una creatura minuta, con il mento aguzzo, un cappello calcato sul capo e... e aveva anche lui le orecchie a punta, più lunghe rispetto a quelle del suo compare. Spuntavano in mezzo a ciuffi castani e scompigliati.

Aspetta, che? Non posso crederci.

- Oh, ecco la sposa – disse l’individuo, porgendo la mano piena di anelli ad Anna, che la prese, perplessa. Lui le sfiorò il dorso con le labbra. – Sono lieto di conoscervi. Il mio nome è Oberon.

- Oberon, il sovrano delle fate? – domandò Kristoff.

L’uomo sorrise, compiaciuto. – Re degli elfi, prima di tutto. Ma sì. Colto sul fatto.

- Elsa, abbiamo invitato il sovrano delle fate?

Elsa aprì la bocca per rispondere, ma Oberon la precedette. Non sembrava per niente irritato dal tono di Anna. Anzi, era più che altro divertito. - Siete davvero incantevole, Anna. Mi ricordate molto vostra madre.

Kristoff roteò gli occhi.

Sven, che ruminava poco distante, sbuffò.

- Aspettate... che? Voi conoscevate mia madre?

- Oh, sì. Ho assistito alla sua incoronazione e anche al suo matrimonio. Conoscevo anche le sue sorelle, a dire il vero. Beh, conoscevo la sorella minore. La maggiore non la si vedeva in giro tanto spesso. Per questo mi sono permesso di presentarmi. Erano anni che non presenziavo ad un matrimonio. Mi piacciono i matrimoni, sapete? E questo è così... perfetto. Come chi l’ha organizzato, del resto. – Si voltò di nuovo verso Elsa. Il folletto accanto a lui borbottava qualcosa di incomprensibile e ogni tanto allungava una mano per sgraffignare cibo dai piatti. – Mia cara regina... quello che si dice su di voi è vero: ve l’hanno mai detto che l’appellativo Vostra Maestà è troppo poco? Dovrebbero chiamarvi Vostro Splendore. O Vostra Magnificenza.

Anna lo guardò di sottecchi. Era un borioso. Non lo sopportava. Il semplice fatto che guardasse Elsa in un certo modo e che le stesse un po’ troppo vicino era già di per sé sufficiente a renderglielo antipatico.

- Credo che stiate esagerando – rispose Elsa, nel frattempo, allontanandosi di un passo dall’elfo che troneggiava accanto a lei. – Dove avete lasciato vostra moglie?

- Titania avrebbe tanto voluto essere presente, ma ha preferito occuparsi di una noiosa riunione con altre fate. E mi ha rifilato questo dannato folletto, solo perché non vuole che gli rovini la seduta, combinando qualche pasticcio. Cosa in cui Puck è molto bravo, non è vero?

- Sì, mio signore. Come volete voi – rispose Puck, sgranocchiando delle noccioline. Aveva occhi grandi, verde bosco, nei quali scintillava l’astuzia.

- Ancora mi chiedo perché mi sono lasciato convincere. E smettila di mangiare, ingordo!

- Titania... è proprio una fata, vero? – chiese Anna, incuriosita sua malgrado.

- Sì, lo è, mia cara.

- Credevo che le fate non si innamorassero.

- Non lo fanno, infatti. E nemmeno mentono, principessa. Non che non esistano le eccezioni...

- E lei è un’eccezione?

- No. Non direi.

- Perché vi ha sposato, allora?

- Essere sposati non significa amare follemente il proprio o la propria consorte. Oh, non fraintendetemi... provo affetto per Titania. Quando non mi fa uscire dai gangheri. E credo che lei ne provi per me.

Anna lo fissò, con la fronte aggrottata.

- C’è altro che desiderate sapere? – chiese Oberon.

- Perché non gli raccontate di quando Titania si è invaghita del somaro? – disse Puck. La sua voce era stridula. Anna sobbalzò nel sentirla.

- Invaghita di un somaro? – Kristoff cominciava a chiedersi, a sua volta, che cosa stesse succedendo. Era stato catapultato in mezzo a due individui assurdi, sbucati dal nulla.

- É una storia interessante – disse Oberon. – Avete tempo?

- Avete appena detto che le fate non si innamorano – replicò Anna.

- Infatti Puck ha detto invaghita. Non innamorata. Quella parte lasciatela alla fata rosa. Come si chiamava, a proposito?

- Nova, mio signore – rispose Puck.

- Già, Nova. Mia moglie si è invaghita di un somaro e Nova di un nano. Non so cosa sia peggio.

- Il somaro, mio signore.

- Non esserne tanto sicuro, Puck. Ma consideriamo anche il fatto che, nel caso di Titania, si trattava di un incantesimo...

- E poi era colpa vostra. È stata una vostra idea.

- Era solo uno scherzo.

Anna non riusciva a raccapezzarsi. – Quindi voi avete fatto invaghire vostra moglie di un somaro? E come?

- Succo del fiore vermiglio di Cupido. Dovreste provarlo. È molto efficace. Basta spremerlo sugli occhi di una persona addormentata e quella s’innamora del primo che vede, al risveglio.

- É orribile.

- No, mia dolce Anna, è stato divertente.

- E Titania ha visto un... somaro?

- In realtà ha visto Nick Bottom, un tessitore. Un comune essere umano, al quale Puck ha dato una testa d’asino, perché è un folletto maligno. Mi sbaglio?

Non ci furono repliche da parte del folletto.

Anche perché Puck era sparito.

 

***

 

Puck si era infilato sotto una delle tavolate senza farsi vedere dal suo signore, Oberon. Tutto il cibo e le chiacchiere l’avevano stufato. Aveva voglia di divertirsi un po’ e aveva approfittato di un momento di distrazione del re degli elfi per defilarsi.

“Non combinare guai, al matrimonio, dannato folletto”, aveva raccomandato la sua signora, Titania.

Ma era più forte di lui. C’erano delle... pulsioni proibite in quella sala. Le percepiva. A lui piacevano le pulsioni proibite, ma non gli piaceva per niente il fatto che non venissero espresse come meritavano.

Le due sorelle, per esempio.

La regina di Arendelle e la principessa che si era sposata con quell’essere umano cresciuto dai troll... aveva scordato il nome del marito. Pazienza. Aveva scordato anche il nome della renna. Comunque... tra le due sorelle c’erano delle... pulsioni interessanti. Vibrazioni. C’era una tensione inusuale, molto inusuale proprio perché avevano lo stesso sangue. Ma a Puck non dava fastidio. Lui proprio non vedeva la fonte del problema.

Spaccate in due. Sono spaccate in due.

Eccola, la fonte del problema.

Si infilò una mano nella tasca della giubba e ne estrasse una fiala, che brillava di una vaga luce verdognola.

Non succo del fiore vermiglio di Cupido. Qualcosa di meglio.

Svitò il tappo e si apprestò a fare quello che doveva.

 

***

 

Alcuni invitati avevano già iniziato a lasciare il palazzo.

Di Puck nessuna traccia, nonostante Oberon si fosse impegnato a cercarlo insieme a due guardie che Elsa aveva messo a sua disposizione.

- Quando possiamo cacciarlo? – domandò Anna alla sorella.

- Il folletto o Oberon?

- Tutti e due. Ma prima Oberon.

Elsa sospirò. - Non posso permettermi di cacciarlo, Anna. È il sovrano delle fate.

- Beh, il sovrano delle fate è... irritante. E pieno di sé. E non è nemmeno stato invitato. Ed è irritante.

- L’hai già detto, irritante.

- E Puck si è mangiato tutte le palline di cioccolato.

Elsa sorrise, intenerita. Era anche per questo che adorava sua sorella. Perché a volte sembrava una bambina. Una bambina che potevi rendere felice con poco.

- Te ne faccio portare delle altre, se vuoi.

- No, Elsa... è meglio di no. Scoppierò.

- É una sorpresa che non sia ancora accaduto.

Anna afferrò il bicchiere pieno di limonata e se lo portò alla labbra, bevendone qualche sorso. – Cos’è questa roba?

- Limonata?

- Ha uno strano sapore, per essere solo limonata.

 

***

 

- Dove ti eri cacciato, folletto dei miei stivali?! – esclamò Oberon, quando Puck sbucò dal nulla per mettersi di nuovo al suo fianco.

- Scusatemi, mio signore.

- Ti ho fatto una domanda.

- Ho mangiato molto, mio signore. Tutto delizioso. Tutto! – Si sistemò meglio il berretto sulla testa e intrecciò le dita delle mani. – Ma stava per scapparmi un gigantesco rutto, quindi mi sono nascosto. Non è educato. Siamo in presenza di una regina.

- Bugiardo! So benissimo che non ti sei nascosto solo per questo. Cos’hai fatto? Dimmelo subito! – Gli occhi azzurri di Oberon lampeggiavano d’ira. Lo prese per un orecchio e glielo torse.

- Oh! Mio signore, il mio povero orecchio!

- Non avrai più un orecchio se non mi dici che cos’hai combinato!

 

***

 

Anna si sentiva terribilmente accaldata, per questo si allontanò dal salone per uscire all’aperto. Alcune ciocche di capelli rossi erano sfuggite all’acconciatura. Si fece aria con entrambe le mani. Guardandosi intorno, si rese conto che i colori del giardino sembravano più brillanti. Che il bianco del suo stesso abito sembrava ancora più bianco. Il sole stava tramontando e il suo arancione era particolarmente intenso.

Anna inspirò profondamente.

“Mia cara regina... quello che si dice su di voi è vero: ve l’hanno mai detto che l’appellativo Vostra Maestà è troppo poco? Dovrebbero chiamarvi Vostro Splendore. O Vostra Magnificenza”.

Quanto lo detestava. Erano bastate poche parole. Anna l’aveva già inquadrato. Che razza d’uomo era... anzi, che razza d’elfo, nel suo caso... colui che si portava un folletto ad un matrimonio e permetteva che la moglie si invaghisse di un poveretto trasformato in un somaro? Aveva voglia di tornare dentro e cantargliele.

Sì, ecco. Sarebbe rientrata e gliene avrebbe dette quattro. Poco importava che fosse il sovrano delle fate!

Lui era il sovrano delle fate, ma lei era Anna di Arendelle e quello era il suo matrimonio!

Si girò di scatto per tornare su suoi passi e finì addosso ad Elsa.

- Anna...

- Ah, sei... sei tu.

Persino Elsa sembrava accaldata. Un effetto strano e bellissimo. Il lieve rossore sugli zigomi, gli occhi nei quali le sembrava di specchiarsi perfettamente, i capelli argentei nella penombra. La curva della bocca le appariva pura e perfetta. Era come guardare un dipinto.

- Stavo... stavo per rientrare, sai... volevo... – iniziò Anna. Ma si rese subito conto di essersi scordata il motivo per cui voleva rientrare. Si era scordata di Oberon, del folletto, degli invitati. Di tutto. Non voleva affatto rientrare.

Voleva restare lì, con Elsa china su di lei, dolorosamente vicina.

Anna rimase immobile per un istante, poi si liberò dei guanti bianchi, gettandoli via, le allacciò le braccia intorno alle spalle e premette il viso contro il suo collo. Chiuse gli occhi, per escludere il mondo con le sue sfumature troppo accese, per escludere la luce al di là delle finestre, lo scintillio del cielo, il chiacchiericcio distante. Respirò l’odore di Elsa, sentendo il battito del suo cuore contro il proprio.

- Anna. – ripeté lei.

Alzò gli occhi sui suoi, adagio, sperando di non trovarvi un rifiuto.

E avrebbe dovuto trovarlo, il rifiuto. Sarebbe stato meglio. Sarebbe stato giusto.

Non lo trovò. Lo sguardo di Elsa era fisso nel suo ed era uno sguardo chiaro, trasparente come vetro, pieno di desiderio. La regina di Arendelle sollevò una mano e cominciò a toglierle le forcine dai capelli, lasciando che le ciocche ricadessero sulle spalle scoperte.

È una follia, si disse Anna, senza sapere che Elsa aveva pensato la stessa cosa quando l’aveva baciata per la prima volta, nei giardini, non molto lontano da dove si trovavano in quel momento.

Ma a lei piacevano le follie. Le piaceva quella follia.

Elsa accostò la guancia alla sua. Il respiro contro il suo orecchio la fece rabbrividire. – Anna... sei così bella. Sei assolutamente perfetta.

Anna cercò di parlare, ma emise soltanto un gemito.

- Volevo farlo quando ti ho vista in abito da sposa... e anche dopo. Non sono più riuscita a smettere di guardarti... – Le parole uscivano dalla bocca di Elsa senza alcun freno. Se faceva una pausa tra una frase e l’altra era solo perché aveva il respiro corto, affannato. – Ma lo sai già, vero?

- So... che?

Elsa la baciò. L’aveva già baciata, ma sempre con molta attenzione, in modo incerto, prudente, come se temesse di farle del male.

Questo bacio era diverso. Era più profondo, più frenetico. Ad Anna bruciavano le labbra e le bruciava anche il sangue nelle vene. Il piacere era intenso ed era anche struggente, una sensazione spaventosamente pressante che dilagava e la sommergeva.

 

***

 

Oberon diede a Puck un bel calcio nel sedere, colpendolo proprio con la punta dello stivale. – Imbecille! Cosa ti è saltato in mente? Non riesci a renderti conto di quello che hai fatto, vero?!

- Mio signore, siate magnanimo – implorò Puck, rialzandosi in piedi e incassando la testa nelle spalle. – Volevo solo aiutare.

- Aiutare? Nessuno te l’ha chiesto!

- Ma non ce n’era bisogno, mio signore. Non avete visto anche voi...

- Ho visto molto chiaramente, Puck! E ti avevo raccomandato di non combinare pasticci!

- Posso... posso porvi rimedio, se il mio signore lo desidera.

- Certo che lo desidero! Ma ci penso io a porvi rimedio. Sei capace di complicare ancora di più le cose. E non sia mai che qualcuno si accorga di quello che sta succedendo. Maledetta Titania! Mi sentirà, te lo assicuro.

- Che cosa sta succedendo?

Oberon si voltò, con i grandi occhi azzurri dilatati. – Ah, salve, Christopher.

- Veramente il mio nome è Kristoff – lo corresse lui.

- Certo, naturalmente.

- Mi è sembrato di capire che avete dei problemi.

- No, è tutto a posto. Questo maledetto essere mi era sfuggito e ha rischiato di combinare un guaio. Ma non vi preoccupate. L’ho riacciuffato.

- Vedo.

Ci fu silenzio. Poco più in là la renna di nome Sven ciondolava, con l’aria assonnata.

- Se state cercando vostra moglie, credo che... sia di sopra – disse Oberon.

Puck osservò Kristoff, sbirciando da dietro la schiena del re.

- Di sopra?

- L’ho vista salire le scale. Starà ancora cercando Puck insieme alla regina. Ho chiesto loro di aiutarmi. Vi prego, informatele che è tutto sotto controllo e che me ne sto andando. Non ho intenzione di permettere a questo folletto di... combinare qualche pasticcio ben più serio. Titania me la pagherà, oh se me la pagherà! È stata un’idea sua.

Kristoff non vedeva l’ora che se ne andasse, in effetti. – Bene, allora...

- Ah! Non disturbatevi ad accompagnarmi, Krusoff. Conosco la strada.

- Non intendevo affatto accompagnarvi. – Evitò di correggerlo di nuovo. Aveva l’impressione che il sovrano delle fate avesse capito benissimo il suo nome, ma lo sbagliasse di proposito.  

 

***

 

- Aspetta... che? Cos’è successo? Cos’ho fatto ai capelli? Lo sapevo che avrei dovuto farmi le trecce. E dove ho messo i guanti? Perché non ho più i guanti? – Anna parlava a raffica. Aveva la testa leggera, come se avesse bevuto troppo.

Elsa scosse il capo. Si chiese immediatamente per quale motivo fosse in giardino, sdraiata sul prato vicino a sua sorella, la cui acconciatura si era disfatta. Ora i capelli ricadevano liberi sulle spalle. Inoltre il vestito da sposa non era più così immacolato.

- Che cosa ci facciamo qui fuori? – chiese la regina di Arendelle, frastornata. Aveva avuto l’impressione di udire uno scampanio nelle orecchie prima di rendersi conto di non essere più in salone. L’ultima cosa che ricordava era Anna che le diceva che il folletto di Oberon si era mangiato tutte le palline di cioccolato. Dopo... il vuoto. Un buco nero.

- Oh, signore mie... è colpa di Puck e sono davvero rammaricato – Oberon porse la mano ad Elsa per aiutarla ad alzarsi e fece lo stesso con Anna. Sorrideva, mettendo in mostra denti lucenti e perfetti. – Avete bevuto quella limonata, vero? Questo essere ci ha messo dentro un po’ di polvere elfica. Una di quelle polveri che... vi fa fare cose che altrimenti non fareste di certo. Tipo... tipo danzare. Stavate danzando al chiaro di luna.

- Danzando? – Elsa si sforzò di scacciare la confusione. Si portò le dita alle labbra. Non seppe nemmeno dire perché lo fece. Le toccò e basta. – Anna, stai bene?

- Credo... credo di sì. Ho trovato i guanti. Davvero stavamo ballando?

- Sì, sì – rispose Oberon, in fretta e annuendo vigorosamente. Persino Puck annuiva, stringendo il suo berretto fra le mani. – Stavate danzando ed era un bellissimo spettacolo, ma non avrei mai voluto che qualcuno vi vedesse... così.

Anche Anna si portò le dita alle labbra dopo essersi rimessa i guanti. Notandola, Elsa si chiese se Oberon stesse dicendo loro la verità o se stesse tralasciando qualcosa di proposito.

Ma cosa?

I pensieri che le attraversarono la mente veloci come lampi la riempirono di sgomento. Spalancò gli occhi, fissando quelli azzurri del sovrano delle fate. Fiocchi bianchi comparvero intorno a lei.

- Tutto bene – rispose Oberon. – Sarà meglio che io... me ne vada. E alla svelta. Vi ringrazio per l’ospitalità, Vostro Splendore. È stato un matrimonio... con i fiocchi. Le fate non avrebbero saputo fare di meglio. Lo dirò a Titania. E con te, stupido folletto, facciamo i conti dopo. – Rifilò un altro calcio nel sedere a Puck, costringendolo a mettersi in moto.

- Pensavo che avessimo già fatto i conti, mio signore.

- Ti sbagli di grosso. Non abbiamo neppure incominciato. Cammina!

Quando non ci fu più alcuna traccia di Oberon, Anna guardò Elsa, che fece sparire i fiocchi con un gesto seccato della mano.

- Wow... beh... fortuna che nessuno ci ha viste... ballare. Penso che sarebbe stato davvero imbarazzante. Avevo capito subito che quel... come si chiama... Oberon avrebbe portato solo guai. Lui e il suo folletto. Voglio dire, non che abbia qualcosa contro i folletti. Figurati, perché dovrei? Sono solo folletti... – Il tono di Anna non era per niente convinto. L’ultima cosa che ricordava era se stessa intenta a bere un bicchiere di limonata e a dire ad Elsa che quella bevanda aveva un sapore strano. – Tu... ricordi qualcosa?

Elsa frugò nella sua mente, ma fu inutile. Non c’era niente.

Osservò Anna; aveva gli occhi scintillanti, le guance arrossate, i capelli disordinati, quasi qualcuno vi avesse infilato le mani. Si passava la lingua sulle labbra, come se, su di esse, fosse rimasto qualcosa... la traccia di un sapore. Un...

“Cos’è questa roba?”.

“Limonata?”.

“Ha uno strano sapore, per essere solo limonata”.

- Elsa? Stai bene?

Non ne era sicura.

- Sì...

- Forse dovremmo...

- Rientrare... certo.

- Mai più elfi e folletti alle feste, ti prego. Mai più elfi e folletti ai matrimoni. Anzi, che ne dici di: mai più elfi e folletti ad Arendelle?

“Ma lo sai già, vero?”.

“So... che?”.

Elsa si chiese da dove venisse quello stralcio di conversazione. Dal buco nero, forse. Dal vuoto che si era creato nella sua mente a causa della polvere elfica. Cos’altro c’era in quel vuoto? Cos’aveva fatto? Cos’avevano fatto? Forse si stava preoccupando inutilmente e Oberon aveva detto la verità? Non sembrava... sconvolto. Sembrava rammaricato e, al tempo stesso, divertito, anche se aveva preso a calci il suo folletto.

Si girò verso la sorella e le tese la mano. Anna gliela strinse.

- Sì, mai più elfi e folletti ad Arendelle. D’accordo.

 

***

 

 

Angolo autrice:

 

La citazione all’inizio del capitolo è presente anche in Shadowhunters: Il principe di Cassandra Clare, così come il riferimento alla polvere magica che scioglie le inibizioni è ispirato ad un episodio del romanzo. In quel caso si trattava di polvere stregonesca e non di polvere elfica.

Oberon e Puck, così come anche Titania, sono personaggi di Sogno di una Notte di Mezza Estate di Shakespeare. Nel capitolo ci sono diversi riferimenti all’opera originale (per esempio, il succo del fiore di Cupido che ha fatto invaghire Titania di Nick Bottom, trasformato in un somaro da Puck).

 
E niente. Spero che la storia vi piaccia e che continuerete a seguirla.


   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Stephanie86