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Autore: Heaven_Tonight    09/01/2015    14 recensioni
“Ikkunaprinsessa”. La Principessa alla Finestra.
C’era lei, Lou, in quel ritratto. C’era lei in ogni suo respiro, in ogni cellula o pensiero.
La sua anima, il suo cuore, le sue speranze mai esposte, il suo amore e la sua fiducia in esso in ogni piccola e accurata pennellata di colore vivido.
C’era lei come il suo caro Sig. Korhonen la vedeva.
Al di là della maschera inutile che si era costruita negli anni.
I capelli rossi e lunghi che diventavano un tutt’uno con il cielo stellato.
L’espressione del suo viso, mentre guardava la neve cadere attraverso la finestra, sognante, sorridente.
Lei fiduciosa e serena. Col vestito blu di Nur e la collana con il ciondolo che un tempo era stata di Maili.
Lui aveva mantenuto la sua promessa: le aveva fatto un ritratto, attingendo a ricordi lontani.
L’aveva ritratta anche senza di lei presente in carne e ossa. Meglio di quanto potesse immaginare.
Cogliendo la sua vera essenza.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo ventinove

" Quello che non abbiamo"



«Dov’è che dorme il bandolero? – le chiese Simone ridacchiando sotto i baffi – Gli aprirai le porte della tua alcova… e non solo quelle?»
«Dacci un taglio o ti picchio seriamente! – sibilò Lou fulminandolo con gli occhi – Sei disgustoso.»
«Oh, quanto la fai lunga… prima o poi dovrai togliere le ragnatele alla “Bella Addormentata”; tanto vale farlo con chi già è passato da quella porta, no?» – rincarò lui sbattendo le ciglia e sgranando gli occhioni.
«Dico sul serio. Finiscila.»
«Ti serve fare sesso: sei acida come un limone scaduto... Ops! Ma tu lo sei sempre stata.»
«Simone. Esci da questa stanza, per cortesia?»

Per tutta risposta lui si sedette sul bordo della vasca da bagno, accavallando le gambe e incrociandoci sopra le mani in maniera composta, con lentezza esagerata.
Lou alzò gli occhi al cielo esasperata e tornò a guardarsi allo specchio tentando invano di sistemarsi i capelli, ora corti e castano scuro.
Simone la guardava attentamente attraverso lo specchio, stringendo gli occhi grigi.

«Che c’è?» – sbottò lei dopo qualche minuto di silenzio pesante.
Simone che ciarlava e la rimbrottava era snervante, ma il Simone silenzioso che la fissava era inquietante.
«Tu abbassi la media di questo palazzo.»
Lou si girò fissandolo, perplessa.
Il più delle volte non capiva i discorsi complicati del suo migliore amico e dove volesse andare a parare.
«Sai che non ho la più pallida idea di cosa tu stia parlando, vero?»
«Sto dicendo che sei l’unica in questo palazzo che non fa sesso regolarmente da… quanto? Due anni? Insomma, è imbarazzante. E anche deprimente.»
«Sono tre anni e mezzo e me ne strafrego della tua media.»
«Tre anni e mezzo?! Oh, porca merda! – Simone si portò una mano al cuore – È ancora più grave!»
«Non tutti abbiamo la tua soddisfacente vita sessuale e il tuo appetito.»
«Sì, certo. Quattro anni fa non eri di questo avviso.»- disse noncurante fissandosi le unghie.
«Quattro anni fa ero diversa.»
«No, quattro anni fa eri normale.»
«Senti, la vuoi finire? - Lou sbattè violentemente il mascara sul ripiano facendo crollare la pila di creme e tubetti ben allineati – Mi hai stancata. La mia vita sessuale non ti riguarda. Anzi: la mia intera vita non è affar tuo! Smettila di impicciarti e farmi le ramanzine per ogni cosa che faccio o non faccio!»

Simone non batté ciglio e continuò a fissarsi intensamente le unghie perfette.
«La tua vita mi interessa. Se non ci penso io a te, se non mi preoccupo io di cosa ti rende più o meno felice, chi lo fa?»
vIo sto bene. Non devi preoccuparti per me.»- rispose Lou più dolcemente.
«Ti piace crederlo. Ti piace che noi ci crediamo. Entrambi sappiamo bene che non è così… Grace, fa qualcosa per favore. Qualsiasi cosa! Da quanto tempo non facciamo una follia? Da quanto non la fai tu?»
«L’ultima volta che ho fatto una follia ho combinato solo casini. No, grazie. Mi spiace essere una delusione per te, ma dovrai rassegnarti…»

«Andare a letto con uno che ti piace tu la chiami follia? Rilassarti per un paio d’ore con i tuoi amici, è stata follia? Lasciarti andare come un normale essere umano la chiami follia? Dio, sei patetica! Non sei morta, non sei in lutto, non sei una monaca, eppure ti comporti come tale!»
«Ho litigato con Nur per questa mia follia.»
«Capirai! La stronza piena di sé che ogni volta che un uomo preferisce te a lei, si inalbera! Bell’amica e bella stronza! Lo sapevano anche i muri che il bandolero avrebbe camminato sui carboni ardenti pur di averti.
Stavano insieme? Non mi pare!
Julian è sempre stato cotto di te e lei è una stupida egoista e immatura. Lui ti ha seguita qui, per la miseria! Lo sappiamo tutti che era una scusa la mostra che ci teneva tanto a vedere, andiamo!»
«Non è così e lo sai. Non è per Julian o perché sono stata a letto con lui: è perché ho… perché non ho combattuto per quello che volevo davvero, per aver combinato un casino dopo l’altro… Perché ho mollato la mia vita lì.»
«Cazzate. E ad ogni modo anche se non era contenta delle tue scelte, così come non lo è stato nessuno di noi, tranne il beneficiario, ossia il bandolero tonto, non aveva motivi per troncare i rapporti con te. Non giustificarla, perché non è classificabile! E a fare la martire ci pensi già da sola e sei anche piuttosto brava, senza il bisogno che lei calcasse la mano!»

Aveva cercato spiegazioni sul comportamento di Nur in quegli anni, dopo i vani tentativi di dialogo da parte sua, ma Simone aveva ragione.
Niente poteva spiegare il modo di fare di Nur.
E come ogni cosa che non riusciva a gestire o capire, alla fine lei si era arresa e aveva smesso di cercare di parlare con la sua amica.
«Dov’era la tua Nur quando tu eri disperata per Ville, per Mara e quello che stava succedendo qui? Quello che succedeva a te? Dov’era quando avevi bisogno di una vera amica che non fosse con te solo per fare shopping e parlare di uomini? Ho sempre pensato che fosse una donna estremamente egoista e presuntuosa, ma per il tuo bene me la facevo piacere. Alla fine si è dimostrata per quella che è davvero, quindi smettila di avere quella faccia piena di rimpianto: si è comportata di merda. Punto.»
«Santo cielo! Smettila di polemizzare su tutto oggi! Ma non hai niente di meglio da fare?» – esplose esasperata.
Simone increspò le labbra e rimase in silenzio, con le braccia incrociate sul petto.

«
Allora… farai sesso o no, con lo spagnolo?»
«’Fanculo.»



******




«Ricordi la prima volta siamo venuti qui?»
«Certo che lo ricordo, Julian…»

La luce del tramonto infiammava il cielo di Roma.
Era uno di quei rari momenti in cui amava quella città troppo calda, troppo caotica e rumorosa per lei.
Era il momento in cui sembrava che la città si fermasse per tirare un sospiro prima di rituffarsi nel caos della notte, con le sue luci dorate e gialle e in continuo movimento.
Stavano passeggiando uno accanto all’altra sul Ponte Fabricio e Julian guardava con un sorriso verso l’isola Tiberina.
Certo che lo ricordava bene.
Ricordava che quella sera era più triste del solito, che ogni minuto che passava lontana da Ville le mozzava il respiro.
Ricordava gli sforzi di Simone e Beppe di tenerla occupata, ricordava il senso d’impotenza verso la malattia di Mara.
Si chiedeva cosa stesse sbagliando perché ogni cosa nel suo mondo si fosse ribaltato e avesse preso una piega così dolorosa.
Si chiedeva perché il mondo intorno a lei e gli eventi turbinassero così velocemente da non riuscire a trovare un appiglio cui tenersi per non cadere giù.
Ricordava che Julian era arrivato a Roma proprio nel bel mezzo di tutto quel casino e che in qualche modo lei gli si era aggrappata. La sua innata allegria, il suo modo di farla sentire protetta, il solo fatto di esserci e non starle addosso con continue domande sulle scelte che aveva fatto, avevano fatto sì che fosse l’unico con cui si sentisse a suo agio e non giudicata. Quella famosa sera erano usciti tutti insieme, lei e Julian con Beppe e Simone e altri amici della coppia: per la prima volta dopo mesi lei sentiva quel peso sul cuore meno opprimente e si era lasciata trascinare dall’entusiasmo contagioso di Julian e dei pazzi amici di Simone. Julian le camminava di fianco, sorridendole in continuazione, ogni scusa buona per tenerle la mano o passarle un braccio intorno alle spalle.
E per qualche ora anche lei era stata bene: sentire il calore di un corpo maschile accanto a sé, il senso di protezione, quella sorta di complicità che si crea tra due persone che hanno condiviso qualcosa di bello, in un altro tempo e in un altro luogo e ritrovarlo lì, in un paese diverso.
Lou si sentiva più leggera e aveva dimenticato tutto ciò che si stava sgretolando dentro di lei.
Così con il passare dei minuti non si era più sentita in colpa nei confronti di Ville e il braccio di Julian intorno alle sue spalle non le era più sembrato fuori luogo.
E ridere non le faceva più dolere i muscoli del viso come quando si sforzava di mostrare agli altri che stava bene; quella sera le era venuto naturale, grazie anche ai numerosi shottini che Julian continuava a metterle sotto il naso.
Beppe, che era diventato il suo angelo custode la teneva d’occhio preoccupato, al contrario di Simone che gongolava perché per una volta, dopo mesi lei rideva e si divertiva.
Non le aveva mai chiesto nulla di Ville, ma sembrava intuire meglio di chiunque altro ciò che lei non diceva. E lei dal canto suo, percepiva una sintonia diversa da quella che aveva con chiunque altro.
In un certo senso erano simili e complementari più di quanto lo fosse con Simone.
La osservava con la fronte aggrottata, spiando il suo viso e gli shottini che continuava a buttare giù uno dopo l’altro, ma si era guardato bene dal fermarla o intervenire.
Anche quando tutti insieme si erano stesi sui ciottoli ancora caldi del sole appena tramontato sulla punta settentrionale dell’Isola Tiberina ad ascoltare musica dal vivo e godersi la vista del Tevere in fiamme e lei si era ritrovata con Julian seduto dietro di lei, incastrata tra le sue lunghe gambe mentre la stringeva a sé, con le mani intrecciate alle sue e il viso contro il suo collo, Beppe le aveva lanciato un lungo sguardo prima di tornare a prestare la sua attenzione a Simone che la esigeva per sé. La brezza, l’euforia da alcool e la voglia di sentirsi per un istante di nuovo viva e desiderata avevano avuto la meglio sul senso di colpa per i baci che Julian le stava dando alla base del collo.
Lou aveva chiuso gli occhi, alzando lo sguardo verso il cielo: troppo coperto dalla foschia e nascoste dalle luci della città non si vedeva una stella.

Ville è lontano anni luce da me, non ci sono soltanto 2.879 chilometri tra noi, c’è un abisso: non ho mai fatto parte del suo mondo fino in fondo, non come Amy…
E per quanto io possa sforzarmi di capire la sua vita, di stargli accanto, di condividere con lui qualcos’altro oltre ad una gatta viziata, non sarò mai parte del suo mondo, non lo capirò mai appieno e verrò sempre dopo la sua musica…”.

Ville che non sapeva di Mara, non sapeva che lei ogni giorno stringeva a sé la piccola Lily, fingendo che fosse sua, non sapeva che nonostante lui le avesse spiegato cosa fosse successo, il messaggio di Amy e la stessa che rispondeva al cellulare di Ville come se fosse normale, lei aveva il tarlo del dubbio che cresceva di giorno in giorno.

Un tarlo che scavava dentro e a fondo, lentamente ma inesorabile.
Ville non poteva starle accanto in quel momento: aveva la sua vita, la sua band, la sua musica e lei non era parte di quel mondo. E non era solo la presenza di Amy nella vita quotidiana di Ville a riempirla di dubbi: era il fatto che lì a Roma, lontana da tutto, lontana da lui, avesse preso coscienza che non sarebbe mai stata brava a stare accanto a Ville, come forse lui si aspettava.
Che l’illusione di un futuro con lui era svanito con il passare dei giorni.

Lì con la sua famiglia e i suoi amici, nella frenetica vita quotidiana di persone comuni, il pensiero di Ville si faceva sempre più flebile e lui sempre più lontano.
Non era fatta per dividere la persona amata con milioni di altre donne.
Sapeva di non poter reggere la pressione di essere sotto una lente d’ingrandimento.
Lei che schivava la vita mondana persino lì tra i suoi amici, che famosi non erano, figuriamoci con Ville.
E poi, quando si proiettava mentalmente nel mondo di Ville, un mondo che la terrorizzava, fatto di fan pazze di lui, che lo idolatravano quasi come un dio sceso in terra e si vedeva al suo fianco… sarebbe stato come abbinare un paio di scarpe di tela sotto un elegante abito di seta.
Poteva sembrare interessante e inusuale, ma non sarebbero mai stati fatti l’uno per l’altra, sarebbero sempre stati stonati visti insieme, da occhi esterni.
Ed era quello che pensava di loro due insieme: due mondi diversi che al di fuori di una casa minuscola in un quartiere di Helsinki, non avevano niente da condividere.
Niente.
Ville che si era sempre accompagnato a ragazze stupende, famose e a loro agio in qualsiasi contesto.
Ragazze come Nur.

Non lei… che si sentiva a disagio anche su un autobus.
Che cosa mai avrebbe potuto pretendere da lui?
Che corresse a tenerla stretta mentre lei vedeva Mara spegnersi di giorno in giorno?
Una parte di lei lo aveva sperato: lo immaginava scendere i tre scalini che portavano alla spiaggia e raggiungerla.
Oppure di trovarselo davanti nei luoghi e momenti più inaspettati, così come succedeva spesso quando era a Helsinki. Si dava della stupida da sola.
Ville non era un uomo del genere: era stata poco, così poco, tempo insieme a lui ma sapeva bene quali fossero i suoi limiti.
Era uno che non correva dietro a nessuno.
Figuriamoci a una banale ragazza neanche tanto speciale, qual era lei.

O pensava di vederlo giocare a fare da padre alla piccola Lilly, come lei faceva finta di esserne la madre?
Da quel poco che Ville aveva fatto intendere, non escludeva un giorno di avere figli.
E lei non avrebbe mai potuto dargliene.
Si era illusa di poter dire addio a Ville facendosi consolare da Julian, illudendosi di poter riprendere la sua vita dal punto in cui si era interrotta con lui.
Ci aveva provato, ma il giorno dopo svegliandosi con un mal di testa e una nausea post sbronza tremendi accanto a Julian ancora addormentato, si era sentita per la prima volta nella sua vita sporca e sleale.
Era schizzata fuori dal letto sfatto e si era fiondata sotto l’acqua cercando invano di lavare via i ricordi della notte passata.
Ancora intontita dalla sbornia, si era accasciata sul pavimento scivoloso della doccia nascondendo la testa fra le ginocchia.
Non erano soltanto i postumi dell’alcool a farle girare vorticosamente la testa e quel groppo che andava su e giù non era dovuto agli innumerevoli bicchieri che aveva ingurgitato la sera precedente.
La regola del chiodo schiaccia chiodo valeva solo per quelli come Nur e Simone.
Non per lei.
Lei era brava a recitare la parte del chiodo schiacciato, quello sì.
Le veniva benissimo.
Ed era proprio in quel modo che si sentiva: schiacciata, contorta e intrappolata nel muro di illusioni che si era costruita da sola.
L’acqua batteva violentemente sulla sua schiena e sulla testa, aumentando ancora di più il senso di nausea.

“Lavami via ogni cosa… via… via…”.
Per quanto sarebbe potuta rimanere sotto il getto dell’acqua, niente avrebbe lavato via i ricordi e ciò che aveva fatto in un momento di debolezza.
Avrebbe dovuto pagarne il prezzo per il futuro a venire.




******




«Non la dimenticherò mai…» – la voce di Julian tremò per un solo istante prima che si schiarisse la gola.
«Già, lo immagino.»
Lui la fissò ghignando.
«E non per quello cui stai pensando tu. Cioè anche per quello. Ma perché per qualche ora ho finto, mi sono illuso è meglio dire, che tu fossi mia. Ho visto come sarebbe potuto essere se ci fossimo conosciuti prima… prima di Ville.»
Lou si detestò con tutte le forze per aver trasalito al sentire il suo nome.
Anche Julian lo notò.
«Vedi? Anche ora, dopo quattro anni tu annaspi solo se qualcuno lo nomina.»
«Julian, ti prego…»
«No, devi farmi parlare adesso. Non l’ho mai fatto, non ti ho mai chiesto nulla perché non volevo sapere, perché egoisticamente l’unica cosa a cui pensavo quando Nur mi ha detto che tra te e lui era finita e che eri tornata qui in Italia, era raggiungerti e provare a giocare le mie carte.»
Sorrise amaramente, abbassando gli occhi sulla punta dei piedi.
«Era troppo presto. Ho sbagliato, mi sono approfittato della tua debolezza e ti chiedo scusa. Rimango pirata, mia Eva… non sono un principe. Non ho saputo essere corretto e ho provato a prendermi ciò che desideravo.
Ho peccato di presunzione sperando che tu smettessi di amare Ville improvvisamente, innamorandoti di me.»
«Non è stata colpa tua.»
«Cosa?» – Julian alzò di nuovo gli occhi scuri, piantandoglieli addosso.
Lou vide che era sinceramente rammaricato.
«Non ti sei approfittato di me. È stato il contrario, a dire la verità. Sono stata io ad usare te, quella sera. Volevo dimenticare tutto…. Dimenticare… lui. Ma non è servito.»
«Lo so. Non sei quel tipo di donna, per quanto io lo abbia desiderato. Ed è anche per questo che mi piaci così tanto.»
A quel punto fu Lou ad abbassare gli occhi, imbarazzata.
Non che Julian le dicesse qualcosa di nuovo, del resto. Glielo leggeva in faccia, eppure sentirglielo ribadire ancora una volta la fece sentire di nuovo sleale.
«Julian…» - iniziò a dire, quando lui la interruppe.
«Lo so, lo so… non è il momento. – sputò fuori ironicamente – Sei poco egoista o forse lo sei troppo per dirmi che non sarà mai il momento giusto. Per dirmi che non ci vuoi neanche provare a stare con me. Non ci sarà mai occasione migliore di questa, di questo momento, ora e adesso, per noi due, Lou!»
Lou continuava a scuotere la testa, tenendo gli occhi bassi.
«No cosa? – le chiese Julian, prendendole la mano – Guardami, per favore…»
“Non ora, non adesso.”.
«Non è questo… - Lou alzò gli occhi a guardarlo e quello che vide non le piaceva. Non voleva essere lei la causa di quella delusione mista a speranza. – Non è… che non sia il momento. Non sei tu…»
«Non sei tu, sono io! – la prese in giro lui – Andiamo Eva, non rifilarmi queste scuse, per carità. Non da te, non le accetto. Sarei più soddisfatto se mi dicessi che mi trovi repellente.»
«Finiscila, idiota… - Lou arrossì leggermente, guardandogli le labbra – vicine, troppo vicine! – Sei tutto fuorché repellente!»
“Accidenti a lui! E accidenti anche a me: è passato troppo tempo da quando un uomo mi faceva sentire in questo modo, stupida e con le gambe molli!”.
Più che vederlo, sentì il sorriso da pirata di Julian.
«Ma non basta. Credo di essere giunta alla resa dei conti: non sono brava nei rapporti a due.
Non riesco a dire o fare la cosa giusta al momento giusto, le scelte adatte, non riesco a gestire i miei sentimenti… combino sempre dei gran casini. Come con te.» - aggiunse d’un fiato.
«*Maldito cabezota!» – sbottò Julian.
«Come?»
«Significa che stai dicendo un sacco di cazzate, Eva… sei una delle poche persone di mia conoscenza ad essere capace di grandi sentimenti, anche se non sempre li dimostri. – sorrise di nuovo abbagliandola con il bianco dei denti perfetti, stringendo la presa sulle dita – E anche se combini casini o non fai le scelte giuste, sei adorabile.»
«Già.»
Cadde un silenzio imbarazzato per Lou, mentre Julian sembrava riflettere.
Intorno a loro la notte romana portava con sé l’aria densa d’umidità senza dare refrigerio.
Julian teneva ancora lo sguardo puntato sull’Isola Tiberina di fronte a loro, in apparenza rilassato, una delle mani nella tasca, mentre l’altra stringeva ancora quella di Lou, dondolando sui piedi.
«Sai… - riprese lui dopo un po’, tornando a guardarla – Ho sempre invidiato Ville non solo perché stava con te, perché ti stringeva ogni notte o perché si svegliava con te accanto il mattino successivo… non solo per questo, intendo.
L’ho sempre invidiato per come tu lo guardavi.
Per come cambiavi espressione ogni volta che lui era nella stessa stanza con te, come lo seguivi con lo sguardo o arrossivi se lui ti guardava in un certo modo.
Per la profonda complicità che aveva con te, come se ti conoscesse da sempre o sapesse esattamente cosa ti passasse per la testa…»

Lou premette forte la mano libera sulla superficie irregolare del muretto del ponte sotto di loro, fino a farsi male con le punte delle pietre aguzze.

Nessuno, a parte Simone, le aveva mai detto in che modo vedevano lei e Ville insieme.
E quella Lou di cui parlava Julian adesso non c’era più.
Non c’era più nessuno che la facesse sentire come Ville.
Si sentì all’improvviso come quel mattino dopo la sbronza di tre anni prima con Julian ancora nel mondo dei sogni accanto a lei.
La nausea le chiuse la bocca dello stomaco e la testa iniziò a pesarle, girando vorticosamente.
Non voleva pensare a quello che aveva perso, non voleva che qualcuno le ricordasse chi era, cosa aveva e lasciato scorrere via.
Il fatto che Julian nonostante tutto la considerasse “adorabile” era la ciliegina sulla torta dell’ipocrisia.
Lei non era adorabile. Affatto. Il malessere aumentò, togliendole il respiro.
Come se fosse ubriaca, ma non lo era.
Era lucidissima e quei quattro anni le pesavano sull’anima come un macigno.
Pensò a Ville, come non ci pensava da tanto, tanto tempo…
Come i primi giorni, alla prima volta che l’aveva baciata, a loro due abbracciati davanti a quella finestra, alle mani di Ville sulla sua nuca.
Le sembrò quasi di sentirle tra i capelli corti.
Non sentiva più i rumori della città intorno a loro, non sentiva più la voce di Julian accanto a lei.
Una nostalgia struggente per Ville, ma soprattutto per quella donna che Julian ricordava così innamorata, la sopraffece.


“Quante volte nella nostra vita possiamo amare con tutto il cuore?

Una? Due? Dieci?
Conta la quantità o la qualità?
Quanti anni dovranno passare perché io torni sobria di te, Ville?
Tu sei come una sbronza che non vuole mai passare.”.

******





"Angolo dell'autrice:
Perdonate i miei tempi di aggiornamento pari alle ere geologiche.
Sto cercando di portare avanti troppe cose insieme probabilmente, ma come ho detto a molte di voi che mi hanno scritto in privato, non ho intenzione di abbandonare questa storia, che è quasi giunta alla fine.
Questo capitolo era pronto da tempo immemore ma com'è nel mio stile l'ho modificato innumerevoli volte... :D
Sembra che più il tempo passi, più io diventi pignola all'inverosimile!
Prendetemi così come viene, insomma...
Ringrazio come sempre le mie due beta reader
Deilantha e eleassar e tutte le ragazze che continuano a seguirmi, nonostante tutto!

Lilith_s, angelica78vf, Cyanidesun, Lady Angel 2002, cla_mika, Izmargad, katvil, arwen85, DarkViolet92, apinacuriosaEchelon, LilyValo, AlexisRose, AngiK, angelinaPoe, saraligiorio1993, sleepingwithghost, youaremyheaventonight85 .

Vi abbraccio tutte una per una.

Buon anno! :)
*Heaven in versione ermetica e stringata*



Vi aspetto nel Gruppo Facebook dedicato alle discussioni e tutto ciò che ci passa per la testa, inclusi insulti e minacce varie, intervallati a momenti d'ammmore per Lou e Ville!

Siete le benvenute.

Alla prossima!
Baci baci,

*H_T*




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