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Autore: GirlWithChakram    15/01/2015    4 recensioni
Raccolta di OS legate alla fanfiction "Your Spanish Lullaby", che vedrà il ritorno di Brittany, Santana e la loro variegata compagnia, in diversi Missing moments, alle prese con le avventure non raccontate nell'opera originale.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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THE ECHO OF YOUR SPANISH LULLABY
 
Avvertimento: si consiglia di aver letto prima la fanfiction a cui questa raccolta fa riferimento. QUI il link diretto al primo capitolo.
Ulteriore avvertimento: Questo capitolo potrebbe contenere spoiler della sesta stagione, quindi, se non siete aggiornati, aspettate ancora un po' a leggerlo... Anche se lo spoiler non è vero e proprio, almeno nel testo, la vera parte a rischio sono le note finali. Insomma, fate vobis.

 
The Untitled Santana Lopez Project
 
In vita mia mi ero occupata di organizzare tante cose: un milione di scherzi ai danni dei miei fastidiosi cuginetti messicani, altrettanti tiri mancini agli avversari del Morgenstern nei più svariati sport e decine di piani a prova di bomba atti ad ottenere quello che volevo. In ogni caso, avevo sempre calcolato attentamente le mie mosse e seguito tabelle mentali per far quadrare la tempistica, senza però rinunciare alla buona dose di fantasia che mi caratterizzava.
Quando Noah mi confidò che avrebbe fatto la proposta a Quinn la sera del Ringraziamento, le mie rotelle iniziarono subito ad ingranare: il matrimonio sarebbe stato probabilmente ad inizio estate, questo mi dava modo di “dirottare” la luna di miele dei Quick verso la Spagna. Tutto calzava a pennello. Accompagnandoli, avremmo ricreato la magica estate e io avrei avuto modo di mettere in atto il più spettacolare progetto di sempre.
«Ah, Lopez, non ti smentisci mai» mi disse Puck, dopo che gli ebbi accennato il mio piano «Ogni scusa è buona per metterti in mostra.»
«Ehi, lo faccio per la mia signora» replicai «Solo il meglio per Britt.»
«Per lei» mi fece eco lui «E per il tuo ego.»
«Puede ser…» sussurrai «Mi aiuterai lo stesso?»
«A mettere in piedi la proposta di matrimonio perfetta? Perché no? D’altronde sarà solo grazie a me che tutto filerà liscio.»
«Da quando mi hai ospitato a casa tua e mi hai dato una mano a riconquistare l’amore della mia vita, la bellezza di sei anni fa, ti sei un po’ ringalluzzito. Ricorda chi tra noi due è la vera mente geniale» commentai, pavoneggiandomi.
«Ma non farmi ridere, Dora l’Esploratrice mancata, dov’è il vero genio? Riesci a vederlo?» mi canzonò indicandosi «Oh, sono qui! Adesso puoi proseguire verso il Monte Modestia seguendo il Sentiero dell’Umiltà. Li vedi? Sono indicati sulla mappa nel tuo zainetto!»
«Basta, voi due» ci richiamò Blaine, porgendoci due bottiglie gelate di birra «Avrete tutto il tempo di battibeccare dopo la partita.»
Ci eravamo riuniti nella dimora Anderson-Hummel, dove, oltre i padroni di casa, me e Puck, c’erano Sam e Finn. Kurt era intento a trovare l’ultimo numero di Vogue che avrebbe sfogliato durante il gioco, mentre noi altri saremmo stati presi a sbraitare e ad insultare il giocatore imbranato di turno.
Prima che iniziasse il match, Noah condivise con tutti la notizia che lui e Quinn erano tornati a frequentarsi ormai da qualche mese e aveva già pronto nel cassetto dei calzini il più bell’anello che era riuscito a trovare. I Klaine e Hudson fecero un paio di battute sulla vita coniugale, mentre Evans metteva il muso, lamentandosi di essere l’unico eternamente single.
«Come la prenderesti, Trouty, se ti dicessi che, durante la luna di miele dello Spazzolone, chiederò la mano della mia meravigliosa fidanzata?» scagliai la bomba.
L’enorme bocca di Sam si aprì e si chiuse senza emettere suoni.
«Come hai detto?» chiese Kurt, certo di aver capito male.
«Lady Hummel, le tue orecchie fatate hanno sentito benissimo: Puck non è l’unico a voler fare il grande passo.»
Il silenzio fu rotto da un’assordante musichetta. Ci voltammo tutti verso la gigantesca tv e strabuzzammo gli occhi: non stava per iniziare l’attesissimo scontro tra i Dayton Dragons, squadra per cui facevo il tifo, e i Columbus Clippers, ma un insulso reality show con i soliti adolescenti sboccati e le loro relazioni promiscue.
«Per tutti gli dei, presenti e passati, che sta succedendo!?» sbottò Anderson, lanciandosi sul telecomando «Kurt, cos’hai combinato?»
«Io!?» esclamò il marito «Come ti viene in mente che possa aver trafficato con il tuo prezioso televisore? Non mi lasci mai neppure avvicinare a quel coso!»
«Proprio perché potresti fare danni irreparabili» gli rispose Blaine, cercando di sistemare il problema.
«Ehi, Pretty Pony» lo chiamai «Non dovresti prendertela con il mio amico Hummel, perché qui l’unico ad aver fatto casino sei tu.»
«Come?»
«La partita è domani» spiegai, mostrando al gruppo l’articolo di giornale su cui mi era caduto l’occhio «Noi tutti ci siamo fidati del tuo buonsenso e guarda che hai combinato!»
«Non è solo colpa mia» tentò di difendersi «Anche voi pensavate fosse oggi.»
Borbottammo ognuno qualche frase senza senso, per toglierci dall’imbarazzo di esserci appena rivelati un gruppo di idioti, poi tornammo a concentrarci sul televisore.
«Allora che si fa?» domandò Noah.
«Potremmo tornare a parlare di questa febbre matrimoniale che sembra avervi investito» propose Sam, indicando me e l’ebreo.
«Oppure» intervenne Kurt «Potremmo guardare cosa danno di bello invece del football.» Detto ciò, si impossessò del telecomando e, tenendolo stretto tra le mani come se si trattasse dell’Unico Anello, iniziò a fare zapping.
«Noia. Noia. Noia.» mormorava saltando da un canale all’altro.
«Prova ad andare avanti ancora di un paio di numeri» riprese la parola Trouty Mouth «Dovrebbe esserci la replica della mia ultima puntata.»
La sigla di “On the waves of love” ci colpì i timpani con violenza. Lo show, a parer mio, era alquanto stupido: raccontava la storia di un gruppo di ragazzini, con la passione per il surf, che praticamente facevano a turno ad andare a letto tra di loro o con le diverse comparse. Il nostro amico impersonava il fratello maggiore di uno dei protagonisti ed era spesso sul set perché il pubblico femminile sembrava apprezzarlo particolarmente.
«Adesso vi spiego…» iniziò il biondo, per poi farci il riassunto dei precedenti quaranta episodi, di cui, in tutta onestà, non mi interessava gran che.
Alla fine esplosi: «Basta, Sam! Questa storia è ridicola! Non c’è una vera trama, un filo conduttore, solo tanti giovanotti in bermuda e signorine in bikini che si alternano per sorridere alla telecamera.»
«Ehi, non sono io a dirigere lo show!» mi rispose a tono «E comunque, la storia potrà anche non piacerti, ma almeno qualcuno si è messo d’impegno e l’ha scritta. Se ti fa tanto schifo, perché non ti cimenti con una serie televisiva di tua invenzione, eh?»
Quella era una sfida e, lui lo sapeva, se c’era una cosa a cui non potevo resistere erano quel genere di provocazioni.
«Compagnia» annunciai «So che cosa faremo oggi.»
Spensi lo schermo tv e ordinai a Blaine di recuperare fogli e biro per il brainstorming. Avrei buttato giù l’idea per uno show televisivo, ne andava del mio onore, inoltre, se fossi riuscita a trovare qualche idea davvero originale, avrei ribadito la mia supremazia su Puckerman in fatto di genialità.
Tutti e sei ci mettemmo il più comodi possibile sui divani disponibili e iniziammo a buttare giù la base di quello che avevo nominato, dato che il tutto sarebbe stato a nome mio, come: “Untitled Santana Lopez Project”.
«Ho già in mente tre parole che renderebbero epica qualsiasi trama: alieni-robot-zombie» esordì trionfante Noah «Nulla potrebbe eguagliare una simile combinazione.»
«Perché invece non ci dedichiamo ad una bella soap? Come “Beautiful”, ma senza le resurrezioni» propose Hummel.
«Io eviterei le sitcom a sfondo nerd» si intromise Finn «So che ce ne sono tantissime e il sentirvi fare continuamente citazioni a quello o quell’altro film o libro ogni tanto mi scombussola.»
«Va bene, Perticone» concordai, cancellando due terzi di quello che avevo appena finito di scrivere «Niente che faccia riferimento alle mie più grandi passioni…»
«Perché non prendiamo spunto da ciò che ci è familiare?» suggerì Anderson, che, dovetti ricordare a me stessa, seppur a tempo perso, faceva lo scrittore «Potremmo partire dalla semplicità, dalla quotidianità, da un sogno, magari da un ricordo.»
Mi si accese una lampadina ed ebbi un’epifania.
 
Era domenica. Una calda, afosa, soffocante domenica di Agosto a Lima. Britt ed io eravamo uscite per cercare refrigerio all’ombra degli alberi del parco. Mi aveva scarrozzato in moto, facendomi fare lo slalom tra le autovetture e per poco non ci avevo rimesso un arto, ma eravamo poi giunte sane e salve al piccolo polmone verde della città.
«Ho voglia di qualcosa di fresco» mi disse.
«Bene, compratelo» risposi sogghignando «Il chiosco non è molto lontano.»
«Non ho con me il portafogli» mentì «Su, non sarà certo un ghiacciolo a mandare in rosso il tuo conto in banca.»
«Puoi sempre ribalzare a bordo di quella trappola mortale a due ruote e andare a recuperare il tuo denaro guadagnato con l’onesto lavoro, lasciando in pace i miei risparmi» replicai ostinata, ma trattenendo a fatica le risa per le smorfie che la bionda stava facendo pur di convincermi a comprarle la merenda. Come se avesse veramente bisogno di impegnarsi per ottenere quello che voleva.
«A quest’ora non posso chiamare di punto in bianco la mia amante Rosita Chiquita Juanita Chihuahua e chiederle di riportarmi il portafogli che ho dimenticato a casa sua dopo la nostra ultima notte di passione, non sarebbe galante.»
«Rosetta Ciancita Comesichiama potrebbe fare la cortesia di restituire quanto di tua proprietà, anche perché ti servirà tutto il contante di cui disponi, ora che vivi sulla strada» conclusi con una risata.
«Non farmi questo! Nel mio cartone  a doppio strato rinforzato non riuscirò a fare posto per tutti i miei libri!» piagnucolò.
«L’appartamento è mio» le ricordai «O meglio, di mamma e papà… E benché non ci vivrò per sempre, non voglio condividerlo con chi si porta a letto la prima che incontra.»
«Oh, ma non è stata la prima» continuò «Ne ho avute molte altre, lei è solo quella del momento.»
La fissai negli occhi e cercai di assumere un’espressione di somma disapprovazione, ma, invece, scoppiai a ridere e Brittany con me.
Non feci in tempo a pensare qualcosa di sagace per riprendere la conversazione, che trovai le labbra della bionda incollate sulle mie.
«Stai cercando di farti perdonare le scappatelle?» sussurrai.
«Sai che non ne ho bisogno» mi rispose strizzando l’occhio «Non c’è nessun’altra, sei l’unica latin lover degna di questo nome nella mia vita… Però questo» proseguì, concedendomi un altro bacio «È per essere riammessa a casa. Mentre questo è per scroccare la merenda» concluse riappropriandosi della mia bocca.
Mi godetti appieno quella scarica inaspettata di passione, poi, mano della mano, ci dirigemmo verso il baracchino dei gelati.
«Decido io per tutte e due?» domandai alla mia compagna.
«Sorprendimi.»
Le chiesi di allontanarsi un momento e osservai la varietà di gusti che mi si parava davanti, ma nulla sembrava convincermi, poi notai qualcosa che era sfuggito ad un mio primo sguardo.
Tornai dal Britt tenendo in mano due enormi bicchieri. «Menta, la tua preferita» dissi, lasciando che si avventasse sulla granita.
«È uguale a quella che abbiamo preso sul Monte Igueldo durante l’originale Bella Notte!» esclamò raggiante «Devi assaggiarla!»
Rubai un assaggio e concordai con quanto detto dalla bionda.
«Tu che cosa hai preso?» chiese, mentre facevo scrocchiare i cristalli di ghiaccio sotto i denti.
«Indovina» la stuzzicai, tendendo il viso verso di lei.
Passò lentamente la lingua sulle mie labbra. Mi aspettavo che a quel punto saremmo ritornate a pomiciare come liceali in piena tempesta ormonale, ma, improvvisamente, Brittany si staccò da me. «Limone…» commentò a mezza voce.
«Sì… Limone. Sai che a me piace, cosa c’è di strano?»
«Non è quello» mi disse «È solo che questo sapore mi ha riportato alla mente tante cose…»
«Forza!» la incalzai «Racconta!»
Ci accomodammo su una panchina e la lasciai parlare. Mi aveva rivelato che, quando andava al McKinley il Glee non era ben visto, ma fino ad allora aveva taciuto le granitate in faccia che lei e gli altri membri avevano ricevuto.
«Di solito erano i giocatori di football a prenderci di mira, nonostante Puck e Finn facessero parte dei Titans. Le granite che più andavano di moda erano quelle ai frutti di bosco o al mirtillo, ma una volta ogni tanto capitava qualche gusto inaspettato, per esempio: ne ho ricevute un paio al vago sentore di fragola» mi spiegò «Ma sono stata l’unica in tutta la storia della scuola ad essere colpita con una granita al limone. Non so per quale ragione mi capitò proprio quel gusto, ma posso dirti che mi ricordo benissimo quella cascata di ghiaccio piombarmi in faccia. È stato come ricevere lo schiaffo di un iceberg.»
«Allora lascia che adesso la tua latina caliente scacci via questi brutti glaciali ricordi» mormorai, prima di posarle un bacio delicato sul collo.
«Ti saresti presa anche tu il tuo buon numero di slushies se avessi frequentato il liceo con me» osservò «Tutti voi del Morgenstern sareste stati presi di mira. Probabilmente avreste fatto parte del Glee. Ci hai mai pensato, San? Cosa sarebbe successo se fossimo andate a scuola insieme? Ci saremmo innamorate comunque? Magari non saremmo state due inguaribili nerd! Pensa! Noi due, senza Harry Potter o Signore degli Anelli! Sarebbe un incubo!»
«Calmati» cercai di riportarla alla realtà «Frena la tua mostruosa fantasia per un istante. Mi sto perdendo…»
«Oh!» gridò, saltandomi in braccio «Non ci sarebbe stata nessuna ninnananna spagnola!»
Scossi la testa, rassegnata.
«Ma dai, in un universo parallelo tutto questo potrebbe essere vero! Non posso credere che tu non ci abbia mai pensato, con quella mente brillante che ti ritrovi.»
«Forse mi è capitato di ragionarci su, un paio di volte» ammisi «Ma dato che viviamo in questa realtà perfetta, che senso ha pensarne una diversa?»
 
«Ho trovato» annunciai «Il mio show parlerà di un gruppo di emarginati al liceo che verranno uniti e indissolubilmente legati dalla musica, un po’ come è stato per noi con il karaoke in Spagna. L’idea me l’ha suggerita Britt: le peripezie dei componenti di un Glee Club, magari quello del McKinley.»
I miei amici mi fissarono, poco convinti, ma volevano sentire altro.
«Rachel e Finn sarebbero la coppia inseparabile, con dapprima un rapporto difficile per via di qualche arpia… Potrei inserirmi io, magari giusto per aggiungere un po’ di pepe, ma ci vedo meglio Quinn… Che nel frattempo potrebbe essere rimasta incinta del nostro baldo Puck! Sì! Funziona! Prendi appunti, Blaine!»
«San, sei sicura di avere la testa a posto? Hai uno sguardo strano» commentò Sam.
«Per la tua mancanza di fede, Trouty, verrai inserito solo nella seconda stagione… Kurt, tu faresti sicuramente parte del nucleo originario, insieme a qualche altro sfigato cosmico… Hm, Anderson… Ovviamente finiresti per incontrare il tuo adorato maritino, ma il tuo personaggio assumerebbe una posizione di rilievo solo nella seconda, magari terza stagione…»
Andai avanti a borbottare, scribacchiando sul mio foglio. Blaine si avvicinò e iniziò a cambiare qua e là qualche appunto, facendomi notare eventuali imprecisioni ed aiutandomi a riempire i vuoti.
«Naturalmente ci saremmo anche Brittany ed io e potremmo essere… Sì, cheerleaders, insieme alla Fabray! Ci chiamerebbero la Unholy Trinity, senza dubbio…»
Passarono ore, durante le quali, scolando le diverse birre preparate per la partita, iniziammo tutti e sei a progettare i colpi di scena più assurdi, inserendo come personaggi vecchi amici e conoscenti che non sentivamo dai tempi della scuola.
«Il direttore del club dovrebbe essere per forza Mr Schue!» intervenne Hudson, quando iniziammo a domandarci quali adulti dovessero avere un ruolo di spicco.
La situazione degenerò sempre più con il nostro diventare brilli.
Erano le due e mezza di notte quando ci staccammo, a fatica, dal frutto del nostro lavoro. Avevo la testa pesante e mi sentivo destabilizzata. Ci eravamo nutriti di alcol e delle patatine che Sam aveva portato come snack per la partita, non eravamo, dunque, carichi di energia.
Fui costretta a chiedere a Kurt di telefonare a Britt per non rischiare di farle capire quanto non fossi in me. La mia bionda venne a recuperarmi in moto e dovetti dare fondo a tutte le mie forze per non cascare per terra durante il tragitto verso casa. Sottobraccio tenevo ben protetto l’ “Untitled Santana Lopez Project”.
«Vi siete dati proprio ai bagordi, eh?» ridacchiò Brittany, aiutandomi a salire le scale fino all’appartamento «Cosa avete combinato? La partita non era domani?»
Non ero in grado di spiegarle tutta la storia, così mi limitai ad allungarle i fogli, biascicandole di leggerli.
Lei li osservò con calma, ridacchiando ogni tanto. «Mi piace essere la bionda un po’ tonta che ancora crede in Babbo Natale. Come ti è venuto in mente?»
«È un’idea di Blaine» articolai con estrema difficoltà «Spero vada bene…»
«Sì, certo! Lo adoro! Ma… Io e te alla fine saremo una coppia anche in questa versione?»
«Certo» risposi «Le anime gemelle devono stare insieme in tutti gli universi… Saremmo sposate anche lì.»
«Sannie» mi ricordò, con una nota dolce nella voce «Noi non siamo sposate, non c’è neppure stata la proposta.»
«Non ancora…» bisbigliai, abbandonandomi tra le sue braccia, vinta dal sonno «Non ancora…»
 
Mi ripresi che ero nel letto, mezza avvolta dalle coperte. Strabuzzai gli occhi e mi tirai su. Accanto a me, Brittany dormiva placidamente, con le mani strette attorno ad un paio di fogli.
«Tesoro…» mormorai «Che cosa è successo?» domandai, notando il resto del mio progetto sparpagliato sul pavimento.
La Pierce mi ignorò, continuando a riposare.
Gettai un occhio all’orologio che tenevo sul comodino, scoprendo che erano già le sei del mattino. Io dovevo pur sempre andare a lavorare entro le nove e dovevo ancora fronteggiare i postumi della bevuta.
«Britt» ritentai «Che hai combinato con il mio show?»
Non ricevendo risposta, le schiusi leggermente le dita e sfilai le preziose pagine dalla sua presa. Non erano state scritte da me.
«Ah, ti sei data allo show business anche tu?» commentai «Vediamo come te la sei cavata…»
Scorsi velocemente i fogli, sembravano una scena già scritta, pronta per essere girata.
Mi spuntò il sorriso sulle labbra. Brittany, davanti a tutti gli altri personaggi radunati nella sala prove del Glee, chiedeva la mano di Santana.
«Eh, no, non è così che dovrebbe andare» dissi, cercando freneticamente una penna nel cassetto del mio comò «Molto meglio così:» continuai scribacchiando «“Brittany S. Pierce, mi vuoi sposare?”»
La bella addormentata al mio fianco sembrò non udire quelle parole, ma le sue dita si allungarono verso di me e subito lasciai che si intrecciassero con le mie.
Guardai la mano di Britt, così delicata, pallida, fragile, sembrava quasi spoglia. All’improvviso mi sembrò che fosse incompleta senza un anello.
Alle sette uscii di casa, dopo aver raccolto e nascosto tutte le pagine del “Project”, e guidai per la città, arrivando al parco in cui feci una breve passeggiata.
«Devo farlo» mi dissi «Non posso perdere tempo.»
Arrivai in ufficio in orario, ma subito dissi al mio stagista che mi sarei dovuta assentare per un po’ e non gli lasciai modo ribattere, fiondandomi fuori dalla porta prima che potesse dissentire.
Non fu difficile trovare una gioielleria, ma fu tutt’altro che facile trovare l’anello giusto: ero incerta sulla misura, sul materiale, sulle eventuali pietre da aggiungere. Alla fine optai per un semplice cerchio in oro bianco con un brillante. L’esasperato commesso del negozio fu raggiante nel vedermi uscire dopo avergli lasciato un assegno con una cifra colossale.
Non riuscii ad aspettare. Tornai a casa, trovandola vuota. Sapevo che Britt sarebbe stata fuori per alcune commissioni, ma non era lei che stavo cercando.
Recuperai l’ “Untitled Santana Lopez Project”, utilizzandolo per nascondere la scatolina scarlatta che avevo appena acquistato.
«Giuro, se mi dice di no spedisco questa roba a qualche network, magari alla Fox, e ci faccio i miliardi. Così rimpiangerà di aver rifiutato la produttrice del più grande successo televisivo di tutti i tempi.»
Come frase, suonò piuttosto ridicola alle mie orecchie. Per quanto potessi essere acida, intrattabile, presuntuosa e, alle volte, davvero insopportabile, Brittany avrebbe sempre visto il meglio di me, perché lei mi rendeva migliore.
Non sapevo se sarei riuscita ad aspettare fino al 10 Luglio, nella lontana, magica, terra spagnola per farle la fatidica domanda, ma ormai avevo cominciato a rimuginare su quell’idea e non potevo tornare indietro.
«Vorrà dire che sarò paziente» mormorai tra me e me, dando un’ultima sistemata alle pagine del mio prezioso “Project” «Tanto noi lo sappiamo, mio alter ego di un altro universo, quelle bionde mozzafiato sono le nostre anime gemelle e il nostro unico destino possibile.»


NdA: Con le grandi, gloriose, magnifiche notizie portate dal promo di settimana scorsa (che in realtà ha solo confermato quanto già sapevo, ma è stato bello avere almeno una certezza nella vita) ecco che la mia mente decide di partorire questa "Gleenception", se così possiamo chiamarla. In tutta onestà avevo altre idee per ulteriori OS da aggiungere al corredo di "Your Spanish Lullaby", ma ho deciso di dedicarmi a questa presa dall'euforia del momento. Se state leggendo qui e siete tra coloro che sono ancora all'oscuro di tutto... Non so che dirvi, complimenti per il coraggio e spero di non avervi spoilerato troppo. Ora mi ritiro nuovamente in trepidante attesa per l'episodio di domani. Alla prossima e ricordate gente: "Brittana is on, bitches!"
   
 
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