Anime & Manga > Capitan Harlock
Segui la storia  |       
Autore: lovespace    13/02/2015    12 recensioni
- Dopo un duro combattimento Harlock si ritrova a dover portare sull’Arcadia un ufficiale medico. Una donna alla quale si sente misteriosamente legato. Perchè? Tra colpi di scena ed avventure il tempo svelerà la sua verità. - Come le onde del mare nel loro immutabile fluttuare a volte rendono ciò che hanno sottratto alla terra, in egual maniera le onde del destino, nel loro divenire dal passato al presente, talora restituiscono quello che un tempo ci hanno portato via. –
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Come le onde del mare nel loro immutabile fluttuare a volte rendono ciò che hanno sottratto alla Terra, in egual maniera le onde del destino nel loro divenire dal passato al presente, talora restituiscono quello che un tempo ci hanno portato via.

 

 

 

22

 

 

LA DECISIONE

 

 

Durante le medicazioni, i membri dell’equipaggio le chiesero tutti di Harlock ma Helèn poté dire poco.

In serata stanca, passando accanto alla mensa, riconobbe il biondo caschetto di Kei. Si accasciò sulla panca di fronte alla sua amica che affettuosamente le versò del caffè.

“Siete stati da Harlock?” le chiese. Kei fece cenno lentamente di sì con il capo, era stanca e preoccupata.

“Per ora io e Yattaran ci divideremo in plancia e ci manterremo lontani dalle rotte più trafficate, poi… non so”.

“Chi erano i mercenari che hanno assaltato la nave portandovi via?” chiese Helèn non riuscendo a mascherare l’angoscia.

 “Il ‘Branco’ si fanno chiamare quei porci, ma sono solo delle iene, un gruppo eterogeneo di farabutti. Venderebbero le loro madri per nulla”. Rispose Kei sprezzante.

“Come sono andate le cose?” l’incalzò Helèn.

“Dopo un giorno circa di viaggio, ci hanno consegnati ufficiosamente alla Gaia Flett che deve averli pagati molto bene per questo lavoretto sporco”. Helèn preferì non raccontarle quello che avevano fatto ad Harlock, la sua amica era già sin troppo angustiata.

“Come vi hanno tenuti durante la detenzione su Tokarga?”

“Bene, pure troppo, bastardi… ma solo perché dovevano venderci a caro prezzo, eravamo merce preziosa. In questo modo ci avrebbero dispersi per l’Universo sbarazzandosi di noi in modo ‘pulito’ senza i clamori di un’esecuzione pubblica”. Disse amaramente sarcastica, poi di colpo “Tu lo guarirai vero Helèn ?”

“Non lo so Kei, davvero… non lo so”. Rispose scuotendo le testa, continuando a guardare il nero liquido senza fondo della sua tazza.

“Ho paura Helèn, io gli voglio bene. Tu non lo conosci. Harlock non può vivere da cieco, lo capisci?” la voce e i trasparenti occhi della donna tradivano un’angoscia profonda mista a paura. “Sono su questa nave da quando ero una ragazzina, non l’ho mai visto così”.

“Sì… lo so Kei, gli voglio bene anche io, troppo”. Strinse forte la mano dell’amica guardandola dritta nelle iridi azzurre. Si alzò ed uscì diretta da Harlock.

Bussò ed entrò.

Lui se ne stava con la testa reclinata sulla sua grande sedia. “Come ti senti?” Chiese Helèn avvicinandosi e scrutando da vicino la benda sugli occhi “Fa male?”

“Sì”

Gli versò un anti dolorifico nel bicchiere con dell’acqua aiutandolo a bere, scostò un ciuffo di capelli mettendogli una mano sulla fronte per verificarne la temperatura. Se fosse sopraggiunta la febbre, sintomo di un’infezione, le cose si sarebbero complicate non poco. Lui le prese la mano baciandone il palmo. Ma lei la sottrasse allontanandosi.

 “Che c’è?” chiese stupito lui.

Helèn non sapeva da che parte cominciare, voleva correre da lui e riempirlo di baci e poi di pugni, per essersi distratto, e per sapere perché non le avesse raccontato nulla su come realmente erano andate le cose con i mercenari. Teneva le mani serrate guardandolo, cercando con tutta se stessa di ricacciare indietro le lacrime. Non poteva vederlo così. Ridotto all’oscurità. Le lacrime uscirono da sole incrinandole la voce.

“Per… perché non mi hai detto che tu ti eri consegnato ai mercenari in cambio della mia libertà? Perché?”

Harlock attese un attimo, poi spostando la testa nella sua direzione disse: “A che sarebbe servito?”

“Perché lo hai fatto? Ti hanno massacrato, ti… ti hanno quasi ucciso!”

“Ma non sono morto”.

“Finiscila dannazione!” Helèn tremava. Non riusciva in nessun modo ad accettare quella cruda verità. “Come è accaduto?” insisté.

 “Cosa?”.

 “Come hanno fatto a colpirti l’occhio? Tu sai bene che è il tuo punto debole. Io ti ho osservato quando combatti, tendi sempre quasi naturalmente a ripararti la parte sinistra del viso. Come hanno fatto?”

Harlock non rispose.

“Te lo dico io, eri distratto! Guardavi me. Me e le mie dannate ferite!” Helèn iper ventilava. “Perché? Perché mi proteggi sempre? Perché?” chiese disperata.

“Helèn andrà tutto bene” fece lui per tranquillizzarla.

 “Rispondi!” gridò lei.

“Non lo so. Davvero. Tu perché lo fai?” chiese calmo lui.

“Perché ti amo!”rispose lei di getto rendendosi subito conto di quello che aveva appena detto.

 Le lacrime ormai correvano libere lungo le sue gote. “Sì ti amo”. Ripeté a voce bassa quasi a se stessa. “Ti amo come non ho mai amato nessuno. Di un amore folle e disperato, che mi fa paura, che dilaga dentro me, che mi fa male qui” disse colpendosi al centro del petto. “E’ come se ti avessi sempre amato, di un amore che si nutre di se stesso e di te, che non mi lascia tregua. Perché è un amore impossibile. Non sarebbe mai dovuto succedere. Mai!”

Harlock si alzò cercando di raggiungerla ma urtò uno dei piedi della scrivania, tutto ciò che vi era sopra si rovesciò e lui perse per un istante l’equilibrio. Helèn corse ad aiutarlo, lui la tirò a sé stringendola forte cercando di vederla oltre le bende. “Mi dispiace non averli osservati mentre lo dicevi”.

“Co… cosa?”

“I tuoi occhi”. Le sussurrò.

“Tu non capisci, non vedi come sei ridotto?”

“Sei l’ultima cosa che ho visto, va bene così”.

“No, no, non va bene così”. Helèn non riusciva a fermare le lacrime. Lui si chinò a baciarla “ripetilo” le sussurrò.

 Helèn deglutì, poi sfiorandogli la benda con le dita “Mi spiace, non sarebbe mai dovuto succedere, mai”.

“Io invece ne sono contento” disse lui seguendo col viso come un’immagine lontana. “Ho sempre perso quelli a cui volevo bene, per una volta è a me che è andata male”.

 In quelle parole pronunciate con inconcepibile leggerezza Helèn avvertì una realtà cruda e pesante. Una verità che suppurava un dolore dal quale lui cercava disperatamente un’assoluzione. Era come se fosse disposto a tutto per liberarsene, in qualunque modo ed a qualunque prezzo. Finalmente comprese. Comprese il perché di quel suo atteggiamento quasi indifferente nei confronti di quello che gli era accaduto e che tanto la irritava. Era convinto che con la cecità avrebbe finalmente pagato. Avrebbe finalmente saldato il suo debito. Ma per cosa? Di cosa si reputava colpevole per pensare ad una pena tanto cara? Posò la fronte al suo petto, sentiva il suo cuore battere veloce.

“Non è come dici tu. Ed io… io non posso amarti”. Così dicendo fuggì via.

Helèn trascorse la notte a visionare dal computer testi medici ed interventi, a riguardare le lastre in suo possesso ma la risposta era sempre la stessa. Intervento. Un intervento che lei non avrebbe mai potuto fare o almeno non da sola. Per un intervento di quella natura ci voleva un luminare del campo, una persona fidata. In ballo c’era la vista di Harlock non poteva sbagliare o comportarsi con leggerezza. Non poteva portarlo in un centro medico qualunque di un pianeta qualsiasi lo avrebbero riconosciuto, arrestato. Trascorse la notte a pensare ad una soluzione. Alla fine credette di averla trovata, era la meno rischiosa. Spense il PC che le riportò riflessa sul visore scuro la sua immagine stanca e provata. Si guardò a lungo, poi si massaggiò le stanche pupille. Tornò da Harlock.

Meeme l’accolse “Ha avuto una notte agitata, credo provi dolore” disse costernata.“Ti ha cercata continuamente”.

 Helèn si avvicinò al grande letto, fu contenta che lui non potesse vederla, era a pezzi. “Come stai?” chiese dandogli la solita medicina. Lui prese il bicchiere che lei gli porgeva non permettendo però che lei lo lasciasse. Le strinse forte le mani guardandola in volto. Helèn chinò lo sguardo come se attraverso le bende lui potesse realmente vederla.

 “Harlock” lo supplicò. Lui le lasciò le mani. Quindi sedette sul letto accanto a lui. “Ascoltami. Mi sono fatta un’idea precisa di quello che hai e di ciò che bisogna fare, più tardi faremo una tac di conferma ma ne sono piuttosto sicura”.

Harlock ascoltava in silenzio. “Il corpo estraneo entrando nell’occhio ha lesionato la cornea, l’iride ed il cristallino, la ferita è circondata dall’emorragia io credo che qualunque cosa sia si trovi nel vitreo o sulla retina, vada asportato chirurgicamente e presto, il tempo non depone a nostro favore”.

 “Bene. Lo farai tu!”

“No Harlock, io non posso o quantomeno non da sola, è un delicatissimo intervento di micro chirurgia, neanche il più piccolo errore può esser commesso durante la rimozione o resterai… cieco, ho bisogno dell’aiuto di un luminare del campo”.

 Harlock la fece parlare. “Con l’aiuto di Yattaran contatterò un mio professore universitario su Marte il professor Nakashima, sarebbe meraviglioso averlo qui ma, immagino non sarebbe prudente. Gli chiederò un consulto e di assistermi durante l’intervento in videoconferenza”.

 “No!” la secca risposta di Harlock la colpì come uno schiaffo. Era convinta d’aver trovato la soluzione migliore.

“Per… perché?”

“E’ troppo pericoloso, un contatto così lungo verrebbe rintracciato scoprendoci e poi chi è questo Nakashima? Uno dei tanti asserviti che venerano Gaia? I miei uomini sono appena tornati sulla loro nave dopo una lunga detenzione non li rimetterò ancora una volta in pericolo. E tu non ti rendi conto che così facendo ti riveleresti? Lo farai tu”.

 “No, non posso. Non diventerai cieco per colpa mia”. Rispose Helèn alzandosi di scatto. “Perché non lo capisci? Non l’ho mai fatto, ho solo assistito ad interventi del genere”. Era stanca per la notte insonne, per quello che comunque avrebbe dovuto affrontare, per quello che aveva detto ad Harlock e soprattutto aveva tanta, tanta paura per lui.

 “Mi spiace, il mio bene viene dopo quello degli altri”. Fece grave lui.

“Ma possibile che tu non capisca? TU sei il bene degli altri! Sei il capitano di questa nave, e sei un simbolo per milioni di terrestri. Possibile che tu non lo sappia. Non sai quante rivolte ci hanno mandato a sedare ribellioni nate nel tuo nome, tu sei più di una leggenda, sei un simbolo”.

Crollò in ginocchio accanto al letto. Gli prese una mano portandosela al viso “Ti prego, ti prego, dimmi di sì. Non mi importa niente di me, a me importa solo di te. Una volta iniziata l’operazione non so cosa troverò e dovrò comunque andare avanti, ma da sola non posso farcela. Non posso. Lui mi deve un favore non ci tradirà. Te lo giuro. Non ti ho mai chiesto nulla da quando sono qui, fallo per quello che c’è stato tra noi, acconsenti, ti prego”.

Harlock inspirò profondamente, attese un lungo momento. “E va bene”.

Lentamente la donna si calmò tornando padrona di sé. “Vado a parlare con Yattaran dopo torno”. Così dicendo uscì.

Harlock si portò alle labbra le dita bagnate delle sue lacrime, restò fermo a pensare alle parole che aveva pronunciato: ‘quello che c’è stato tra noi’ aveva usato il passato.

Come Helèn immaginava Yattaran fu felice di poterle essere utile, disse che per evitare che la lunga connessione fosse scoperta, avrebbe creato delle interferenze cambiando continuamente canale, certo il resto dipendeva da questo professor Nakashima. Si mise subito a lavoro per contattarlo.

Helèn era davvero a pezzi, Harlock le mancava da morire, per quanto facesse dei respiri profondi le mancava l’aria. Tornò in infermeria.

Avvisò Meeme e preparò il necessario per la Tac.

Come sempre accadeva, quando lui entrò nell’infermeria, lei che era di spalle, ne percepì l’aura forte, voltandosi di scatto. Portava dei vestiti comodi, pantaloni ed un pullover color antracite con cerniera al collo. Vedere la fascia bianca intorno agli occhi le strinse il cuore. “Controlliamo la benda” disse facendolo sedere.

Helèn si avvicinò, si chinò in avanti per togliere la fasciatura,  lui voltandosi, le sfiorò senza volere le labbra. Helèn si ritrasse di colpo. Lui se ne accorse. “Non vedo, non ho la lebbra”. Disse duro.

 Helèn non rispose, si concentrò esclusivamente sul quello che doveva fare. Fu molto professionale. Ed alla fine quello che pensava venne confermato dall’esame.

“Yattaran a breve mi chiamerà per il primo contatto con il professore, se tutto va come spero, già domani potrei operarti, poi ci sarà un la degenza post operatoria. Chiamo Meeme così ti accompagna in camera tua”.

“Non puoi accompagni tu?”. Helèn acconsentì, prendendolo per un braccio. Ma anche solo stargli accanto le faceva male. Il suo odore le inondava le narici, il suo tepore si trasferiva dal suo corpo a quello di lei. La sua forza mascolina la stordiva. Giunti nella stanza lo fece sedere alla sedia della scrivania. “Vado a cercare Meeme perché resti con te”.

Lui fece per versarsi da bere ma il vino finì in parte sulla scrivania in parte per terra. Con un urlo di stizza scaraventò lontano il bicchiere che si infranse. Helèn corse a pulire. “Vattene! che fai ancora qui?” le urlò.

“Ti… ti prego non rendere le cose più difficili”.

“Perché diavolo mi tratti così? Mi eviti, ho acconsentito che quel tuo professore ti aiuti durante l’intervento, ma continui a startene in quella dannata infermeria”.

“Ti prego non agitarti, ti sale la pressione arteriosa”.

 “Al diavolo la mia pressione” e con un gesto scaraventò via volontariamente tutto quello che era sulla scrivania. Helèn lo raggiunse fermandolo, cercando di calmarlo.

“Lo faccio per te. Non lo capisci?” disse con voce malferma.

“Per me?” tuonò quasi lui.

“Da quando sono su questa nave ti ho reso più debole, la mia presenza non ti fa bene. E’ colpa mia se ti sei arreso ai quei mercenari senza scrupoli, ed è sempre colpa mia se ora sei in questa situazione. Mi manchi da morire ma credo sia più giusto così. Perdonami”.

“Non sei tu che fai le mie scelte. La vita che conduco è così. Spietata, disumana. Tu non c’entri. Anzi, tu mi hai aiutato ad affrontare con spirito nuovo gli ultimi accadimenti, una prova dopo l’altra. Ma se è questo che vuoi…” così dicendo cercò di raggiungere la grande vetrata. Una mano avanti a sé, lentamente, giunto la posò sul vetro ghiacciato. Poi vi poggiò la fronte. Il suo Universo gli mancava. Helèn provò una gran pena, gli si avvicinò e gli strinse una mano.

Si schiarì la voce. “Stiamo attraversando una nebulosa molto bella, dai colori che vanno dall’amaranto al giallo. Al centro ci sono dei corpi luminescenti, sembrano diamanti, i suoi bordi sono frastagliati, d’oro e… ho paura. Ho solo tanta paura per te” disse guardandolo.

 “Io no”. Rispose lui.

 Lo abbracciò forte guardandolo in volto. “Tu… tu non hai paura di nulla”.

“Non è vero. C’è una cosa che mi fa paura”.

 “Cosa?” chiese allibita Helèn.

“Ho paura di perdere le persone a cui voglio bene. E’ per questo che…” non terminò la frase. Helèn la terminò nella sua testa ‘non ami’. Abbassò lo sguardo.

Quella notte la donna dormì lì. Harlock era già stato privato della vista non poteva di colpo privarlo anche del suo amore, ora aveva bisogno di lei. “Stringimi” gli chiese, mentre un senso di perdita senza confini le stava pervadendo l’anima. Perché tutto era così ingiusto?

Per quanto avesse lottato con se stessa, il suo posto in quel momento era accanto a lui.

 

L’indomani era al computer di Yattaran con una cuffietta all’orecchio ed un microfono. “Pronto professor Nakashima?”

“Si? Chi parla?”una voce gentile e matura le rispose dall’alta parte.

 La donna sorrise riconoscendola “Professore sono Helèn, Helèn Sterèn”.

 “Helèn? Ma… sei davvero tu?” rispose l’uomo perplesso.

“Professore ha sempre quei sigari nascosti nel libro di ambliopia* della sua biblioteca?”

 “Ragazza, allora sei davvero tu. Ma, ma io credevo che…” Disse con tono meravigliato.

 “Mi ascolti professore, non posso rispondere alle sue domande è una lunga storia ed io ho bisogno del suo aiuto”.

 Helèn spiegò per grandi linee cosa era accaduto al suo paziente ed il motivo per cui non poteva rivolgersi ai canali ufficiali. Parlò della sua idea di farsi aiutare durante l’intervento con l’ausilio di una telecamera e riportò l’esito dei suoi esami omettendo accuratamente di chi si trattasse.

L’uomo, per un lungo momento tacque, comprese che accettare, se fosse stato scoperto, avrebbe comportato dei rischi soprattutto per lui.

“So cosa sta pensando professore, ma io non ho alternative, la prego” la voce di Helèn era accorata.

L’uomo allora chiese “E’ qualcuno vicino al tuo cuore come Tadashi?”

“Sì” rispose Helèn senza esitare “Io l’amo, darei la mia vita per lui ed è importante che nessuno lo sappia mai professore”.

“Dopo quello che hai fatto per mio figlio Takumi non posso dirti di no. Sai, mia moglie è morta pochi mesi fa”.

“Non lo sapevo”. Helèn chinò il capo al ricordo di quella donna rotondetta dal sorriso solare che portava limonata fresca per tutti durante le lezioni private del professore.

“Ora ho solo mio figlio e non sarebbe accanto a me se non fosse stato per te, io non dimentico Helèn”.

L’uomo accettò e tutto fu fissato per il giorno dopo. Helèn si alzò guardando Yattaran, lui le sorrise sornione. Lei comprese che non avrebbe fatto parola con nessuno di quello che aveva udito durante quella telefonata, quindi si diresse stancamente negli appartamenti di Harlock.

Lo trovò seduto sul grande letto, la schiena poggiata sui cuscini, lui si voltò di scatto sentendola entrare. “Allora? Come è andata Helèn?”

“Bene, ma come fai sempre a sapere che sono io?”. Lui sorrise, non rispose.

Helèn gli si sedette accanto dall’altra parte del letto, prendendogli una mano e gli raccontò della telefonata, di chi era il professore, di come si fosse trovata a salvare durante un attacco, la vita del figlio anch’egli ufficiale medico della Gaia Fleet. Poi poggiò la testa sul suo cuscino, i suoi capelli le solleticavano dolcemente il viso, il suo odore la coccolò dolcemente e tutta la tensione e la stanchezza fino ad allora accumulate ebbero la meglio. Si addormentò così.

Quando si svegliò era poggiata sulla sua spalla, lui era rimasto lì. Immobile. “Scusami, perché non mi hai svegliata? Chissà che noia, che hai fatto tutto il tempo?”

 “Avevi bisogno di dormire. Ho trascorso il tempo ripensando a te mentre danzavi, con gli occhi della mente ti vedo ancora. Poi adoro ascoltare il suono del tuo respiro regolare, fai un sacco di suoni buffi”.

“Suoni buffi? Che suoni buffi?” chiese Helèn

“Del tipo ‘pppsss o ‘broth-broth’ ”

Helèn sgranò gli occhi “Ma… ma non è vero!” disse dandogli dei pugnetti sul petto.

Lui si voltò di scatto fingendo un’atroce dolore all’occhio. Helèn gridò spaventata “Oddio, che hai? Fammi vedere”.

Così facendo si sbilanciò verso di lui che ne approfittò per bloccarla saldamente per le braccia baciandola. Lei non reagì rispose al bacio dolcemente, sorrise “Sei un bugiardo planetario, ed un bravo attore”.

Risero scaricando un po’ della tensione accumulata. Lui immobile sembrava guardarla. “Sembra anche a te, d’aver vissuto già una situazione come questa?”

“Si” rispose lui sapendo bene di cosa parlava. Quello strano senso di già fatto, di già vissuto.

“Forse ci siamo incontrati nei sogni Helèn”.

Restarono così abbracciati, godendo del reciproco sentire in attesa che arrivasse il giorno dopo.

 

 

 

NOTE

Testo di Ambliopia: L'ambliopia, in oftalmologia è un'alterazione della visione dello spazio che viene a manifestarsi inizialmente durante i primi anni di vita.

Capitolo dedicato ad Angelfire.

Sempre grazie alla MIA B-Beta.

E grazie sempre a coloro che leggono e commentano.

Mi scuso con tutti per il ritardo nel postaggio causato da malanni di stagione e da questa vita in corsa alla quale, a volte, è davvero difficile star dietro. Una nuova improvvisa attività mi ha assorbita completamente. Forse anche i prossimi postaggi slitteranno, ne chiedo scusa sin da subito,spero comprenderete grazie a tutti sempre :-*

 

  
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Capitan Harlock / Vai alla pagina dell'autore: lovespace