Palpitazione.
La
mano di Ocean tremò sul grilletto, l'idea di farli tutti
fuori la
stuzzicava. Inoltre voleva dare una lezione a quell'idiota di
Martinez.
Serrò
la mascella. Milton chiuse gli occhi, spaventato e cominciò
a
borbottare tra sè e sè, forse a pregare.
Poi
mollò improvvisamente la presa. Sempre tenendo lo sguardo
fisso sul
ragazzo, alzò la pistola, allontanandola dalla tempia di
Milton, il
quale tirò un sospiro di sollievo, e fece un passo indietro.
Aveva
ancora tutti i muscoli tesi quando disse << Tieni a freno
la
lingua e io terrò a freno la pistola. >> e
tornò a sedersi
sul cofano. Anche Hershel e Daryl abbassarono l'arma, seguiti subito
dallo stesso Martinez, e ognuno tornò al proprio posto.
Daryl
si avvicinò alla macchina su cui era seduta Ocean e si
poggiò al
cofano, vicino a lei. Tirò fuori dalla tasca delle
sigarette, gliene
porse una e un'altra la tenne per sè. Un gesto di
solidarietà,
forse un modo per ringraziarla, sicuramente per tranquillizzarla.
Erano tutti su di giri, ma lei più degli altri, e Daryl
questo lo
sentiva e lo capiva.
La
sigaretta era quasi arrivata al termine quando Andrea uscì
di nuovo
dal casolare, sospirando nervosa, e si andò a sedere su una
panchina, lontana da tutti. La trattativa dentro stava tirando per le
lunghe e probabilmente non andava bene, vista l'espressione della
bionda.
Il
tempo passava lentamente e più volte Ocean aveva alzato la
testa per
controllare la posizione del sole, ma sembrava non muoversi.
Non
si sentiva niente in quel piccolo campetto che si era andato
formando, se non i passi nervosi di Daryl, che non smetteva di fare
avanti e indietro, e gli sbuffi annoiati di tutti gli altri.
Milton,
dopo un po', si fece coraggiosamente avanti con un ridicolo tentativo
di socializzazione << Possiamo approfittare del tempo che
dobbiamo passare insieme per parlare anche noi della questione.
>>
Ma
Martinez l'ammonì subito << Il capo ha detto
di aspettare in
silenzio. >>
<<
Intendi il Governatore! >> lo corresse Daryl,
sottolineando il
distacco tra la parola "capo" e la persona che era chiusa
dentro con Rick. Lui non era capo di nessuno, soprattutto loro.
<<
E' un bene che parlino, soprattutto dopo quello che è
successo. >>
disse ancora Milton. Ocean lo guardò sottecchi e non
potè che
chiedersi da dove fosse sbucato quell'idiota, ancora così
legato
alla burocrazia e ai valori di un mondo che ormai era marcio. Le
ricordava tanto il compagno secchione che era sempre stato preso di
mira nella sua classe al liceo.
<<
Risolveranno. >> continuò lui <<
Nessuno vuole un'altra
battaglia. >>
<<
Non la chiamerei "battaglia". >> intervenne ancora
Daryl, infastidito.
<<
La chiamerei battaglia. >> disse risoluto Milton
<< e
l'ho fatto. L'ho raccontata. >> disse, alzando un
quadernetto e
mostrandolo a tutti orgoglioso.
Ocean
ridacchiò e intervenne ancora << Ci scrivi
anche il nome dei
tuoi fidanzatini, lì dentro? >> poi si
lasciò cadere
sull'auto, stendendosi in modo che il sole potesse scaldarle il viso.
Si portò entrambe le mani dietro la nuca e rimase ancora in
ascolto
delle cazzate che avevano da sparare.
Ovviamente
Milton non rispose alla provocazione, ma rispose al <<
Perchè?
>> di Daryl.
<<
Qualcuno deve descrivere quello che abbiamo passato. Sarà
parte
della nostra storia. >>
Ocean
si sollevò su un gomito, puntando gli occhi sull'uomo,
alzando un
sopracciglio e chiedendo sconcertata << Cosa?!
>>
Storia?
Quale storia? Non c'era più vita e non ce ne sarebbe stata,
chi
avrebbe letto la "storia"?
Ma
Hershel forse non sembrava dello stesso parere perchè disse,
dopo
qualche secondo di riflessione, << Ha senso quello che
dici. >>
Milton
fece un sorriso, soddisfatto di aver trovato qualcuno con cui
condividere i suoi pensieri, sentendosi finalmente capito e
sostenuto. Si avvicinò al vecchio, cominciando a raccontare
<<
Ho raccolto decine di interviste che... >> ma fu
interrotto da
dei versi gutturali provenienti da un punto alle loro spalle: alcuni
zombie si stavano avvicinando.
Ocean
saltò di nuovo giù dall'auto e sfoderò
la spada che portava in
vita. Daryl fu il primo a partire, seguito anche da Martinez e
Andrea. Passarono oltre un cancello in lamina e seguirono i versi
fino a dietro due cisterne. Un paio di zombie stavano andando loro
incontro, solo due, niente di cui preoccuparsi.
Daryl
si fermò e guardò provocatorio Martinez
<< Dopo di te. >>
disse con un gesto plateale del braccio.
<<
Ma scherzi? >> rispose con la stessa provocazione l'altro
<<
Dopo di te. >>
Andrea
e Ocean, dietro di loro, li guardarono a bocca aperta, incredule.
Erano uomini: finchè non si fossero presi a cazzotti non
sarebbero
stati soddisfatti. Sospirarono insieme, alzando gli occhi al cielo, e
passando in mezzo ai due, spintonandoli appena per riuscire a
passare, si lanciarono sui vaganti. Andrea ne abbattè uno
dopo
averlo schiacciato contro la cisterna e avergli infilzato il cranio
con il suo coltellino. Ocean, invece, con un colpo obliquo dal basso
tagliò a metà la testa del secondo. Entrambi gli
zombie caddero a
terra e le due ragazze tornarono sui loro passi. Ocean
lanciò uno
sguardo divertito a Daryl, quando gli passò davanti per
tornare alle
auto, sguardo a cui lui rispose. Permisero per qualche secondo ai
loro occhi di incrociarsi, cercando e ritrovando sempre la loro
confortevole complicità.
Il
modo di fare da duro del ragazzo era da stupidi, e proprio per questo
la divertiva.
<<
Femminuccia. >> lo canzonò Martinez, prima di
avvicinarsi a un
terzo che stava arrivando proprio in quel momento, e, con un colpo
della sua mazza da baseball, gli fece saltare la testa. Si
voltò
ammiccante verso Daryl, provocandolo ancora, il quale poi
alzò la
balestra e abbattè un quarto vagante, proprio poco
più avanti. E
dopo di nuovo Martinez, e così via, in una gara a chi ce
l'aveva più
grosso.
Andrea
alzò gli occhi al cielo, prima di seguire la ragazza, e
tornare
anche lei alle auto.
Hershel
e Milton intanto avevano intrapreso una lunga chiacchierata e i due
sembavano essersi trovati.
La
bionda si sedette nuovamente sulla panchina, sorreggendosi il viso
con le mani e sbuffò, aspettando. Ocean si fermò
un istante a
guardarla, pensierosa, poi decise di avvicinarsi.
<<
Mi dispiace per quello che è successo alla prigione.
>>
cominciò << Non volevo attaccarti in quel
modo. Ma...perchè
stai con lui? >> chiese, proprio non capendo.
<<
Ci sono delle persone a Woodbury, sono innocenti. Philip le protegge.
>> sorrise Andrea, cercando di farlo sembrare palusibile.
<<
Certo. >> annuì Ocean poco convinta, prima di
aggiungere <<
Sai che Philip mi ha quasi uccisa? Un colpo di mazza da baseball
alla testa. Non voleva che Merle tornasse da suo fratello e sapeva
che io potevo portarcelo. >>
Andrea
la guardò spalancando gli occhi, incredula alle sue
orecchie, e
Ocean continuò << Già. Sono svenuta
poi, non so cosa sia
successo, so solo che quando mi sono risvegliata ero a casa. Credo
che i ragazzi siano arrivati in tempo per salvarmi. >>
<<
Non è possibile, io non.... >> poi si
fermò, colta da un
pensiero << ...tu cosa ci facevi lì?
>>
A
Ocean scappò un risolino e d'istinto alzò lo
sguardo, puntandolo
davanti a sè. Riuscì a vedere la sagoma di Daryl
dietro il cancello
in lamina, stava offrendo una sigaretta a Martinez.
<<
E' una lunga storia. >> disse semplicemente, prima di
alzarsi e
avviarsi un'altra volta alla sua auto << Vado a prendere
il
sole. >> aggiunse, e risalendo sul cofano si stese
nuovamente.
Daryl
offrì una sigaretta a Martinez: infondo era un tipo tosto,
meritava
il suo rispetto. Anche se dalla parte di due fazioni opposte, erano
tutti nella stessa barca.
<<
No. >> disse lui << Le preferisco al
mentolo. >>
<<
Coglione. >> bisbigliò Daryl, accendendosi la
sua << Sei
un militare? >> chiese poi, curioso, giusto per
intraprendere
un dialogo qualunque. Aveva combattuto bene e sembrava saperci fare,
per questo aveva pensato al militare.
<<
No. E' che odio quei cosi...dopo quello che hanno fatto a mia moglie.
>> ammise Martinez, giocherellando con la sua mazza
insanguinata.
<<
Mi dispiace. >> disse repentino Daryl. A chiunque
capitasse,
era sempre una brutta faccenda.
Ne
seguì un piccolo silenzio, che permise ad entrambi di
starsene in
pace con se stessi. Poi Martinez alzò gli occhi, li
puntò sull'auto
dove era stesa Ocean e accennò un sorriso <<
E' la tua
ragazza? >> chiese, indicandola con un gesto della testa.
Daryl
si voltò a guardare in quella direzione e fissò
Ocean per qualche
secondo. Poi abbassò di nuovo la testa e guardò
di sottecchi
Martinez al suo fianco. Fece un tiro dalla sua sigaretta, accennando
un sorriso che proprio non riuscì a trattenere e ammise
<< Una
specie. >>
<<
E' carina. >> sorrise ammiccante Martinez.
<<
E' in gamba. >> disse Daryl, quasi fosse una correzione a
quanto aveva detto il primo, il quale annuì <<
Sì, è vero.
>> e poi aggiunse sospirando << Ha ucciso
due dei nostri.
>>
<<
Lo so. >> rispose il primo, duro e fermo, già
pronto a
scattare in sua difesa se solo si fosse azzardato a dir qualcosa di
sbagliato.
<<
Erano brave persone. >> continuò Martinez.
<<
Aveva le sue buone ragioni. >> continuò a sua
volta Daryl,
imperterrito. Ognuno fermo sulle sue convinzioni.
E
la risposta migliore fu proprio quella che seguì: il
silenzio.
Le
porte si spalancarono all'improvviso con un gran baccano. Ocean si
alzò di colpo, destandosi improvvisamente da quello che si
era
trasformato in un sonnellino e puntò gli occhi sui due
appena
usciti. Il Governatore passò per primo e inizialmente parve
non
notare la ragazza stesa sull'auto, ma il suo occhio buono colse
qualcosa. La voce della ragazza, che lo chiamava bassa e quasi
solenne nel suo falso saluto, fu l'invito definitivo a voltarsi e
controllare quale volto portasse quella figura nera alla sua
sinistra. La sopresa che nacque sul suo viso fu quasi impercettibile,
ma Ocean, attenta osservatrice, riuscì a coglierla. Credeva
di
averla uccisa. Era questa la verità: aveva pensato che quel
colpo di
mazza l'avesse finita e invece era ancora in piedi, viva, proprio
davanti ai suoi occhi, come se niente fosse successo.
Il
Governatore accennò un fugace sorriso di sfida, poi si
allontanò ed
entrò nella propria auto radunando i suoi uomini. Ocean
scese da
quel cofano e osservò Rick mentre camminava in quella
direzione:
aveva una faccia strana. Chissà cosa si erano detti i due in
quelle
ore che erano rimasti rinchiusi nel casolare. Si fece da parte,
permettendogli di entrare nella vettura e si andò a
sistemare sui
sedili posteriori, dove si stese disordinatamente, intesa a
riprendere il suo sonnellino, anche se i pensieri ora erano troppo
rumorosi per concederle ristoro.
Pensieri
che facevano invece invidia al silenzio tormentato che li
accompagnò
per tutto il viaggio di ritorno.
Tornarono
alla prigione e quando scesero tutti gli altri si radunarono
lì
intorno, curiosi di sapere cosa fosse successo, curiosità
che
aumentò nell'osservare i volti assorti dei loro compagni
appena
tornati.
Rick
si guardò attorno, notò gli sguardi dei suoi
compagni, si assicurò
che i cancelli fossero ben chiusi e si avviò verso la
prigione
richiamando gli altri.
Una
volta dentro, accerchiato da tutti, uno più curioso e
preoccupato
dell'altro, fece un sospiro e cominciò a parlare
<< Allora, ho
incontrato quel Governatore. Abbiamo chiacchierato un bel po'.
>>
<<
Solo voi due? >> chiese Merle.
Rick
annuì << Sì, solo noi due.
>> e la cosa parve non
piacergli: sospirò e allontanandosi disse <<
Dovevamo
andarcene quando potevamo. >>
<<
Lui vuole la prigione. >> continuò Rick,
mettendo da parte
l'inconveniente Merle << Ci vuole cacciare...
Uccidere.... Ci
vuole uccidere per quello che abbiamo fatto a Woodbury.
>> fece
una pausa, permettendo a tutti di avere tempo di metabolizzare quanto
detto, poi annunciò << Entreremo in guerra.
>> e con
questo si allontanò, lasciandosi alle spalle tanti cuori
terrorizzati.
L'aria
quella sera era più fredda del solito e costrinse Ocean a
uscire con
addosso il suo caldo e pesante mantello. Salì in cima alla
solita
torre di guardia, sola e isolata, con l'unica intenzione di immergere
i propri pensieri in quelle stelle, che quella sera sembravano
più
luminose che mai. Il fiato che usciva dalle sue labbra facevano
strani disegni in sbuffi di vapore e lei li osservò
incuriosita.
In
realtà, tutto ciò di cui realmente aveva bisogno
era poter staccare
la spina.
Quella
giornata, piena di tensione e che si era conclusa con una delle
notizie peggiori, l'aveva scossa abbastanza. Si dimostrava forte,
cercava di rassicurare chi aveva paura e puntava la pistola con
disinvoltura contro il nemico, ma in realtà aveva una paura
folle.
Poggiò
i gomiti sulla ringhiera e si portò entrambe le mani alle
labbra,
incrociando tra loro le dita e ci soffiò sopra, cercando
calore e
ristoro. Un freddo venticello le fece svolazzare alcuni ciuffi della
frangia e questo la convinse a portarsi il cappuccio sopra la testa.
Sospirò ancora e si piegò in avanti, poggiando
pigramente il mento
sulle braccia ora stese sulla ringhiera.
Era
una notte così triste.
La
porta alle sue spalle si aprì e lei sentì di non
aver bisogno di
voltarsi per controllare chi fosse.
Era
il loro solito appuntamento notturno, quello dove fumavano, ogni
tanto parlavano, ma la maggior parte del tempo lo passavano vicino
l'uno all'altra, bisognosi solo di sentire calore umano a confortare
i loro tristi e impauriti animi.
<<
Fa freddo stasera. >> constatò Daryl,
avvicinandosi alla
ringhiera e offrendo la solita sigaretta alla sua compagna.
<<
Già. >> rispose lei semplicemente, facendo il
primo tiro e
restando poi in silenzio, a osservare la carta che lentamente
bruciava e il fumo che da essa si sprigionava.
<<
Che situazione del cazzo. >> sospirò lui prima
di fare un tiro
dalla sua. Ocean annuì, e ancora non disse niente. Non aveva
niente
da dire: aveva solo tanta paura. Non c'era niente da commentare.
Daryl la guardò di sottecchi, cogliendo di sfuggita i suoi
occhi,
nascosti dal cappuccio, e la testa china che fissava la sigaretta
stretta tra le sue dita.
<<
Hai paura? >> chiese poi.
Ocean
si voltò di scatto, sorpresa, e chiese di rimando
<< Tu no? >>
Daryl
abbassò gli occhi prima di annuire e ammettere con tono
basso <<
Sì, anche io ho paura. >>
La
ragazza si sentì vicina a lui in quel momento più
che mai.
Raramente lui parlava di sè e di ciò che provava,
lasciava tutto ai
suoi occhi e all'interpretazione che gli altri ne facevano. Sentirlo
ammettere di avere paura rendeva tutto più reale,
terrorizzava, ma
lo metteva al suo stesso livello e non la faceva sentire una sciocca
intimorita dalle ombre.
Si
staccò dalla ringhiera su cui era poggiata e senza indugio
gli
circondò il busto con le braccia, posò il viso
sulla sua spalla e
si strinse a lui. Ne aveva bisogno. Aveva bisogno di sentirlo legato
a sè, di sentire la robustezza del suo corpo a infonderle
sicurezza,
il suo calore, le sue braccia a rammentarle che non era sola.
<<
Noi siamo forti. >> bisbigliò lei,
più per se stessa che per
il suo compagno. Daryl sospirò nel sentirla dire quelle cose
e la
strinse a sè, mormorando al suo orecchio << E'
tutto ok. >>
Lei
si sorprese a tremare. Nella sua mente il sorriso sghembo del
Governatore non se ne voleva andare.
<<
Ho paura, Daryl. >> mugolò, stringendo la sua
giacca tra le
dita.
<<
Guardami. >> la invitò severo, sollevandole il
mento,
costringendola ad alzare il viso << Non ci
riuscirà. Te l'ho
promesso. >> continuò a osservare i suoi occhi
spaventati e
insistè ancora, scuotendola appena << Hai
capito? >>.
Avevano
tutti paura, ma lui avrebbe fatto il possibile per impedire che il
Governatore avesse avuto la meglio, anche a costo della sua stessa
vita.
Ocean
sorrise appena, adorava vederlo così per lei, le piaceva
vedere
quando la corazza Dixon crollava e ultimamente succedeva spesso.
Annuì e rispose con serenità <<
Sì, ho capito. >>
<<
Bene. >> sorrise anche lui accarezzandole di nuovo il
viso:
aveva sempre i capelli davanti agli occhi, qualche ciocca non stava
mai dove doveva e a lui piaceva avere la scusa di liberarle il volto
per poterla toccare.
<<
Sei stata forte, oggi. >> disse poi, sorridendo ancora,
allentando la tensione, ma tenendola lo stesso stretta a sè.
Non
voleva liberarsene. << Quando hai puntato la pistola alla
testa
di quel coglione. >>
Ocean
rise: era stata una reazione istintiva, solo a posteriori la trovava
stupida, tanto da risultare quasi divertente.
<<
Pensavo tu avresti puntato la balestra a me. >>
confessò lei.
<<
Perchè avrei dovuto? >> chiese lui
sghignazzando.
<<
Niente cose stupide, Ocean! >> ripetè ancora
lei, cercando di
scimmiottare la sua voce.
Daryl
rise, divertito da quella ridicola imitazione, e rispose repentino
<<
Tu sei stupida! Chiederti non fare cose stupide è stupido.
>>
Ocean
sbattè gli occhi un paio di volte: non aveva più
voglia di ridere,
ma solo di ucciderlo.
<<
Come scusa? >> chiese acida, pronta a sfoderare tutto il
suo
repertorio di offese e insulti. Come si permetteva a darle della
stupida? E poi aveva cominciato lui quell'idiota discussione sterile
con Martinez, lei era solo intervenuta a sua difesa, se c'era uno
stupido era lui. Daryl ridacchiò e non rispose. Ocean
gonfiò il
petto e si preparò a sputar fuori a mitragliatrice tutte le
parole
poco carine che aveva per la testa, ma tutto morì
lì quando lui si
abbassò fino a trovare ancora una volta le sue labbra. Fu
una
sorpresa ed un emozione, come la prima volta, ma venne tutto
più
naturale e non sembrava più strano o spaventoso.
Le
cose sarebbero andate come dovevano.
E
anche se, dentro sè, cresceva sempre più la
consapevolezza che ora
sarebbe stato tutto più difficile, la lasciava
lì, a crogiolarsi in
se stessa, mentre lei cogliela l'attimo presente e ne faceva tesoro.
Aveva paura, paura che se un giorno tutto fosse finito, se mai un
giorno fosse ricominciato il supplizio della solitudine,
probabilmente non avrebbe retto come era riuscita la prima volta e si
sarebbe ammazzata quanto prima. Ma non faceva niente. Non faceva
niente perchè lei avrebbe fatto l'impossibile per impedirlo,
per
impedire che tutto le venisse strappato di nuovo di mano, per
impedire che lui le venisse strappato di mano.
Ormai
si appartenevano l'un l'altra e mai più sarebbe stato
diversamente.
Daryl
le afferrò il viso con entrambe le mani e fece completamente
sua
quella bocca, prendendola quasi con prepotenza e rabbia. E
probabilmente era così: c'era rabbia in tutto quello, la
rabbia di
non poter vivere certe esperienze da normali, ma dover sempre restare
col timore che da un momento all'altro tutto sarebbe potuto cadere
nell'oblio.
La
spinse contro il muro, come aveva già fatto la prima volta e
premette il suo corpo contro quello della ragazza.
Ocean
si sentì completamente sopraffatta, Daryl la stava
"prendendo"
in senso letterale. Sentì la prepotenza del suo desiderio di
averla,
non per una sera, non per qualche tempo ma sempre. Averla, come si
sarebbe potuto desiderare di avere una bella casa, una macchina, o un
cucciolo. Qualcosa di cui poter dire "è roba mia, mi
appartiene". Lo sentì nel suo far di lei quello che
desiderava:
l'accarezzava, la stringeva, premeva il bacino contro il suo, le
baciava il collo e poi tornava alle labbra. Tutto troppo velocemente
per poterle dar modo anche solo di prendere fiato.
Il
fuoco la divorava dentro, il fiato le mancava, la testa girava, ma
non voleva che finisse.
<<
Se adesso entra Glenn, lo uccido. >> mormorò
lui sulle sue
labbra, facendola ridere, ma non concedendo alla sua ilarità
troppo
tempo, tornando subito sulle sue labbra, chiudendogliele, facendole
sue.
Ocean
allungò una mano alla sua sinistra, procedendo a tentoni, in
cerca
di una maniglia che non voleva farsi trovare. Si spostò
leggermente
in quella direzione, portandosi dietro un irrefrenabile Daryl, che
non sembrava volerla lasciar andare neanche per un istante.
Finalmente
la trovò e aprì la porta di quello che era
probabilmente un
ripostiglio. Scivolarono dentro, nel buio totale di una stanza che
era grande quanto un bagno pubblico e si chiusero la porta alle
spalle, lasciando fuori quel silenzioso e tenebroso mondo.
Finchè
a est non sorse il sole.
La
leggera luce del mattino filtrava da una piccolissima finestrella,
sopra le loro teste. Ma non sembrò disturbare. Ocean era
già
sveglia da un pezzo, anzi, probabilmente il suo non poteva nemmeno
essere considerato sonno, dato che aveva chiuso occhio solo per
qualche minuto. Ancora nuda, stesa a terra, non smetteva di osservare
il delicato peso che giaceva su di lei, con la testa poggiata al suo
petto, profondamente addormentato, al contrario suo. Era crollato
immediatamente, così com'era, e tuttora non dava cenno di
svegliarsi: era stravolto e probabilmente il senso di relax dopo il
rapporto gli aveva dato il colpo di grazia. Entrambi avvolti nel
mantello di Ocean, unica fonte di calore, non sembravano preoccuparsi
di ciò che stava accadendo fuori. Si erano ritagliati un
meraviglioso angolino solo per se stessi.
Il
respiro di Daryl si fece più silenzioso e meno profondo,
segno che
probabilmente stava cominciando a destarsi. Ocean sorrise addolcita e
gli scostò i capelli, ormai troppo lunghi, dal viso. Lui si
mosse
lentamente in un sospiro, stringendosi di più all'esile
corpo sotto
al suo, ma ancora non aprì gli occhi. Era sveglio, ma
rilassato e
ancora troppo legato a quel dolce momento per lasciarlo andare. Era
come un bambino che faceva finta di dormire, nella speranza di essere
preso in braccio dal padre.
<<
Hai russato. >> gli comunicò Ocean in un
sussurro, scherzosa,
continuando ad accarezzargli amorevolmente i capelli.
<<
Erano gli zombie. >> mormorò lui pigramente,
con la voce
ancora troppo fiacca e roca, faticosa da usare. Ocean rise divertita
e lo lasciò nel suo rilassato silenzio. Aveva ancora il
respiro
pesante, nonostante ormai fosse sveglio.
Lo
trovava dolce, ed era la prima volta che faceva certi pensieri su di
lui. Credeva di conoscerlo, credeva di sapere che tipo di persona
era, e invece continuava a sorprenderla. Aveva così tanto
dentro di
lui che mai mostrava, solo ora se ne rendeva conto e si chiese quanto
ancora avesse da scoprire.
<<
Ti stanno crescendo un sacco. >> sussurrò
ancora, osservando i
suoi capelli. Quando l'aveva conosciuto erano molto più
corti, poi
aveva cominciato a fregarsene e ora quasi arrivavano a coprirgli gli
occhi.
<<
Me li farò tagliare da Carol. >> rispose
ancora lui, sempre
nella stessa posizione, con la stessa voce pigra e gli occhi chiusi.
<<
A me piacciono così. >> sorrise Ocean
<< Ti fanno più
macho. >> lo canzonò un po', ridendo lei
stessadella sua
affermazione, ma dicendo il vero. Lo preferiva con i capelli un po'
più lunghi. Questa volta Daryl aprì gli occhi e
si sollevò
lentamente, con un sospiro rilassato, raggiungendo nuovamente le sue
labbra, facendole ancora una volta sue, separandosene poco dopo, con
lentezza, quasi fosse stato un terribile sforzo. Rimase qualche
secondo a fissarla negli occhi, senza lasciar trapelare niente,
tranquillo, ma assorto in chissà quali pensieri. Poi si
sollevò,
alzandosi e allontanandosi da lei con un rassegnato quanto
preoccupato << Cazzo. >> mormorato tra
sè e sè.
Ocean
si allamò e chiese << Cosa? Che
c'è? >>
<<
Niente. >> rispose con tranquillità lui nel
momento in cui
prese a rivestirsi, volgendole le spalle.
<<
No, non è niente. Non si dice "cazzo" per niente.
>>
insistè lui, agitata. Cosa gli era passato per la testa?
Erano stati
così bene fino a pochi minuti prima.
<<
Sono libero di dire "cazzo" quando voglio. >> disse
lui, ridendo sotto i baffi.
<<
Non quando ti svegli nudo vicino a una ragazza! >>
brontolò
lei, alzandosi e vestendosi a sua volta. Daryl scoppiò a
ridere e le
si avvicinò, non permettendole di completare il suo lavoro:
la cinse
per i fianchi, tirandosela contro, e la guardò in viso con
un ghigno
<< E' di questo che hai paura? >> chiese.
Ocean
arrossì e si mostrò infastidita: si sentiva
sciocca.
<<
No... >> si affrettò a rispondere, neanche lei
pienamente
convinta << ...Forse... non lo so. >> e
fece fuggire via
gli occhi. Daryl la stava facendo sentire stupida, ma era veramente
intimorita all'idea di essere stata solo uno "stupido errore".
Lei era stata bene, perchè distruggere tutto?
<<
Tu credi io sia quel tipo di persona? >> chiese lui quasi
offeso, cercando i suoi occhi.
Ocean
gli consentì di raggiungerli e lo guardò un po'
provocatorio,
squadrandolo prima di rispondere << Non dovrei?
>>
Daryl
accennò un sorriso divertito << Sono uno
stronzo, eh? >>
e Ocean annuì convinta << Sì, lo
sei. >>
<<
E tu sei fastidiosa, capricciosa e irritante. >>
confessò lui.
<<
Che bella coppia che siamo! >> scoppiò a
ridere lei, ma ancora
una volta fu ammotilita da un improvviso bacio.
<<
Sono uno stronzo innamorato. >> bisbigliò
sulle sue labbra,
non appena l'ebbe lasciata libera, e senza aggiungere altro, con una
normalità ancora più disarmante delle parole
appena confessate,
uscì dal ripostiglio comunicando << Vado dagli
altri. Ci
staranno cercando. Sbrigati a rivestirti, prima che ti trovi
qualcuno. >>
Ocean
non ebbe coraggio di muoversi per i 10 minuti successivi,
completamente confusa e chiedendosi in continuazione se avesse capito
bene.
<<
Ocean. >> la salutò Hershel, vedendola
arrivare dentro il
blocco C << Tutto bene? >> chiese. Era
difficile non
notare il suo sguardo sperso e l'irrequietezza dei suoi movimenti.
Ocean
alzò gli occhi e lo guardò, ma
continuò a muoversi verso una
direzione ignota, una qualsiasi << Sì.
>> cercò di
sorridere << Dove sono gli altri? >> chiese
vedendo come
fosse tutto stranamente deserto.
<<
Carol è con Judith, Beth e Molly, dentro le celle, Rick in
giro,
Daryl sta cercando suo fratello, Michonne e Glenn sono fuori a
sistemare i cancelli e Maggie fa la guardia. >>
<<
Ok. >> disse distrattamente, e Hershel si chiese se
avesse
veramente ascoltato << Vado a fare un giro. Devo a Molly
un
paio di pantaloni e un libro. >>
<<
Vai sola? >> chiese l'anziano, preoccupato.
<<
Sì. >> disse ancora lei << Io ho
bisogno.... >> si
interruppe, pensando tra sè e sè, e concluse solo
successivamente
la frase con un balbettante << Io vado sola.
>> e si
allontanò, andando a prendere le sue armi, che si
sistemò subito
addosso.
<<
Sicura di stare bene? >> chiese ancora Hershel,
avvicinandosi a
lei e notando come le mani le tremassero nel tentativo di agganciarsi
in vita la spada.
<<
Sì. Sì, sto bene. >> sorrise
ancora, poco convincente. In
quel momento la cintura scivolò dalla sua mano, slacciandosi
per
quel poco che era agganciata, e l'arma cadde a terra con un rumoroso
tonfo. Ocean sospirò affranta, prima di abbassarsi a
raccoglierla,
rendendosi conto di quanto risultasse stupida in quel momento.
<<
Ho dormito poco. Sai...il Governatore... >> si
giustificò, e
probabilmente sembrò credibile. Hershel annuì e
le sorrise
comprensivo << Se hai bisogno di parlare con qualcuno...
>>
<<
Lo so. >> sorrise ancora lei, alzandosi e riuscendo a
finire di
sistemarsi le sue cose addosso << Posso contare su di te.
Lo
so, ti ringrazio. >>
Si
affacciò al blocco delle celle e chiamò Max, che
non tardò a farsi
vedere, scodinzolante come sempre e contento di poter passare del
tempo con la sua padroncina.
<<
Andiamo a fare un giro. >> comunicò al cane,
ma anche a Carol
che era sbucata in quel momento, sentendo la sua voce <<
Resteremo nei paraggi. Torneremo per l'ora di pranzo. >>
<<
Ocean. >> la richiamò ancora Hershel,
preoccupato e
sicuramente intenerito nel vederla così confusa e agitata
<<
E' già ora di pranzo. >>
Ocean
trattenne il fiato: si sentiva un'idiota. Accennò un sorriso
sdrammatizzato, ma le uscì pessimo. Scosse la testa, sempre
più
confusa: voleva allontanarsi di lì quanto prima. Stava
andando in
tilt.
<<
Torniamo presto. >> disse sempliemente allontanandosi con
gran
velocità, seguita da Max che dovette trotterellare per
riuscire a
starle dietro. Corse fuori, dove come al solito, in giro per il
cortile a brucare quel poco d'erba che riusciva, dato che il cortile
esterno era stato preso d'assedio, c'era Peggy. Ocean la
sellò e in
pochi minuti era già in corsa verso chissà quale
meta, solo per il
gusto di prendersi un po' di tempo per sè, sola con i suoi
animali.
Come ai vecchi tempi, quando l'unica preoccupazione era riuscire a
mangiare un boccone e scappare prima di diventare loro stessi un
boccone.
Il
sole aveva percorso un bel tratto sopra la sua testa,e lei, seduta
sotto un albero, intenta a mangiare uno yogurt scaduto, trovato in un
vecchio frigo abbandonato, rimase lì ad osservarlo a lungo.
Max
riposava al suo fianco, dopo aver corso per un po' nel tentativo di
starle dietro. Avevano setacciato un paio di case in un villaggio
lì
vicino e Ocean era riuscita a trovare dei pantaloni per Molly e un
libro. Li aveva infilati nella sua borsa e poi si era fermata per
pensare. Peggy brucava l'erba lì vicino. Tutto sembrava
tranquillo,
tranne il suo cuore. Non riusciva a togliersi dalla testa quello che
Daryl le aveva detto.
Non
poteva dire sul serio.
Probabilmente
aveva capito male.
<<
Insomma... non può essere veramente... >> non
riuscì a dire
"innamorato", e si voltò verso Max, al suo fianco, attento
ascoltatore << Siamo stati insieme solo una notte!
>> poi
si fermò a riflettere << Anche se a dir il
vero ci conosciamo
da un anno. Quindi...non è poi così assurda.
>> si portò
alla bocca un'altra cucchiata di yogurt e assunse un'espressione
disgustata << Questo yogurt fa schifo. >>
ammise.
<<
Tu che ne pensi? >> chiese al cane, sperando in
chissà quale
risposta.
<<
Io non so che dire. E così strano...insomma.. è
Daryl! Non il
principe azzurro a cavallo! >> chissà quale
connessione nella
sua mente la portava a contrapporre Daryl a qualsiasi cosa fosse
amore, forse il suo modo di fare, anche se più volte aveva
dimostrato di avere cuore e sensibilità. Non era un
extraterrestre,
non c'era niente di strano, ma non riusciva proprio a vedercelo.
Alla
fine, affranta e sopraffatta da tutti i suoi pensieri ammise
<<
Abbiam fatto una cazzata. >>
Un
verso gutturale la costrinse ad alzare la testa dal suo yogurt, e
vide arrivare uno zombie nella sua direzione.
<<
E tu che vuoi? Lo yogurt è acido, non te lo consiglio.
>>
disse rivolgendosi a lui. Giocherellò col cucchiaino ancora
un po',
prima di decidere di posarlo, quando ormai lo zombie era a pochi
passi da lei. Rapidamente si alzò, sfoderò la
spada e lo uccise. Lo
lasciò cadere a terra, osservandolo per un po', poi decisa
annunciò
<< Torniamo a casa. >>
Non
aveva risolto niente, era ancora confusa e su di giri, non stava
capendo quello che stava succedendo, si sentiva una Alice sperduta
nel Paese delle Meraviglie. Ma di una cosa era certa: non voleva
stargli lontano. Qualsiasi cosa fosse successa, tra di loro, o a
loro, per mano degli zombie, del Governatore o di loro
stessi...qualsiasi cosa.... lei sarebbe restata lì. Con la
sua
famiglia.
Solo
questo sapeva, e a ciò si sarebbe aggrappata follemente.
NDA
Ari-ciao
:P
Allora, comincio subito con i ringraziamenti. Ringrazio chi ha
messo la storia tra le seguite, ricordate e le preferite (siete
tantissimi *____* tanto love <3 ), e ringrazio chi si prende la
briga di recensirmi. Grazie del vostro tempo e delle belle parole che
mi dedicate.
Il
titolo del capitolo, Palpitazione....beh...palpitazione,
batticuore....c'è da spiegarlo? XD 'nzomma è
intuibile, no? Con
tutto quello che è successo.
Volevo comunque comunicarvi che
questa serie di cap. ""tranquilli"" per ora
finiscono qui. Nel prossimo ci sarà un po' d'azione *rumore
di spade
e spari in sottofondo* e credo che rientrerà nella
classifica dei
miei capitoli preferiti :3 eheheheheheh
Vi
do una piccola anticipazione, così, tanto per mettervi
angoscia
ahahahaha (tanto son già scritti i prossimi, devo solo
rileggerli,
quindi arrivano presto.)
"<< E
così l'hai lasciata
andare, eh? >> chiese lei, mettendo un piede sul
parabrezza e
cominciando a rovistare tra la sporcizia presente in giro, in cerca
di una sigaretta.
Merle
intuì i suoi desideri e gliene offrì una delle
sue. Silenzioso,
come se non fosse successo niente, come se intorno a loro non
stessero radunandosi decine di zombie.
<<
Che intenzioni hai? >> chiese lui buttando giù
un lungo sorso
di wisky, trovato in chissà quale angolo segreto di quel
mondo
abbandonato. Ocean fece entrare Max nella vettura, che andò
a
posizionarsi sui sedili posteriori, e si affrettò a chiudere
finestrini e portiere.
<<
Non lascerò a te tutto il merito di aver ucciso il
Governatore. >>"
Baaaammm!!
Chissà che succederà (io lo so già *si
sente onnipotente* mhuahhaaha).
Vi mando un saluto.
A prestooooooooooooo :*
Ray.