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Autore: Jiuliet    18/12/2008    3 recensioni
Che ci fa Bo Duke ad Atlanta? La famiglia Duke: errori, malintesi e litigi, ma anche affetto, buone intenzioni e legami indissolubili. Il sommario, decisamente, non è il mio forte; la storia è migliore (almeno spero!!!) Read, enjoy and review!!!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bo Duke, Daisy Duke, Jesse Duke, Luke Duke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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9: La scelta.

"La vita è come un circuito, devi continuare a girare senza mai fermarti. Chiaro, puoi perdere il controllo e schiantarti, ma
se non affronti quella curva, non imparerai mai a superarla".
("Hazzard ")


                               Si può essere amici per sempre,
anche quando le vite ci cambiano,
ci separano e ci oppongono / Puoi alzare barriere, litigare con dio,
cambiare famiglia e città,
strappare anche foto e radici, ma tra amici
non c'è mai un addio. (Pooh – Amici per sempre)


Atlanta – Dicembre


Franck e Daisy si erano precipitati al locale immediatamente dopo aver ricevuto la telefonata di Luke.
Avevano lasciato Meg a casa, con Peter, preferendo non spaventare il bambino.

Trovarono Luke e Bo seduti ad uno dei tavoli.

“Io non so davvero come ringraziarvi…” disse Franck.
“Non deve ringraziarci. In fondo non è merito nostro ma suo e di Daisy che ci avete chiuso qui” rispose Luke con un sorriso sincero che gli illuminava il viso.
“Io…bhè….grazie comunque… -  ribadì Franck – dovrò passare la notte qui; non posso lasciarlo col vetro in quelle condizioni, quindi gradite un caffè?”
“No grazie. Io voglio solo tornare a casa. Ci vediamo Franck - rispose Bo, poi si rivolse ai cugini – Voi venite con me?”
“No, io resterò ad aiutare Franck, per ora. Poi voglio tornare da Meg e tranquillizzarla, non mi va che stia sola; casomai vi raggiungo più tardi” rispose Daisy.
Le era bastato un attimo e un’ occhiata per capire che i suoi cugini avevano ricominciato a parlarsi e le parole di Bo, involontariamente, l’avevano confermato, ma sapeva anche che ci sarebbe voluto del tempo ed intendeva approfittare di qualsiasi occasione per velocizzare la cosa.
I ragazzi annuirono, senza pensare neppure lontanamente di obbiettare: primo perché conoscevano la cugina e avevano imparato da tempo che nulla riusciva a farle cambiare idea, quando era determinata a fare qualcosa, secondo perché sentivano di aver lasciato il discorso in sospeso: c’erano ancora troppe cosa da chiarire, tra loro.


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Luke seguì Bo all’interno del minuscolo appartamento.
Com’era diverso dalla casa in cui erano cresciuti.
La fattoria non era certo un’abitazione signorile (anzi!), eppure era calda, spaziosa, luminosa e profumata.
Quella non sembrava nemmeno una casa, ma una scatola, tanto era piccola; e poi era disordinata con il letto sfatto e bottiglie sparse un po’ ovunque.
“C’è stato un tornado e sei stato investito dai rifiuti di uno negozio di liquori?” provò a scherzare Luke.
“Non sei divertente. Lo so che qui è terribile, ma non ho avuto tempo di mettere in ordine…Non aspettavo visite…” rispose Bo.
Luke deglutì. Voleva sapere cosa era successo, era terribilmente curioso, diamine per oltre vent’anni aveva saputo tutto ciò che riguardava suo cugino ed ora, improvvisamente, gli sembrava quasi di non conoscere il ragazzo che gli stava di fronte.
“Bene  – pensò – se voglio che le cose tornino come prima devo fare come ho sempre fatto!”
“Vuoi farmi credere che, in questi due mesi, quel letto non ha visto nessun’altro oltre te?”
Lo stava provocando, volutamente; era sempre stata una loro abitudine, quasi un gioco, scherzare sulle donne.
“Non credo che la cosa ti riguardi, sai..” ribatté Bo.
Non sembrava disposto a scherzare.
“OK, cugino, è chiaro che c’è qualcosa che non va. Non sei mai stato bravo a nascondere le cose. Di che si tratta?” chiese Luke, sedendosi su una sedia, stranamente libera.
“Già quella è la tua specialità. Bhè sai che c’è? Le cose cambiano e anche le persone. Io sono cambiato in questi mesi!” dichiarò Bo.
Sembrava pronto a ricominciare a litigare, come se la chiacchierata alla tavola calda e i loro chiarimenti non fossero mai esistiti.
Luke si ripropose di mantenere la calma e di comportarsi in maniera matura e responsabile.
“È quello che ho sempre fatto – considerò – niente di più. So come trattare Bo, devo solo ritrovare le vecchie abitudini!”
“Lo immagino. Non dev’essere stato facile. Ma sai una cosa è stato difficile per tutti…Si tratta solo di capire se vogliamo che le cose tornino com’erano o rimangano come sono” disse, semplicemente.
Bo tacque, per alcuni minuti, poi si sedette di fronte a lui, buttando per terra i giornali che occupavano la sedia.
“Io non lo so, Luke. Non so che fare” ammise.

Per una volta Bo, sempre così espansivo e disposto a comunicare, non riusciva a trovare le parole giuste.

Scappare da Hazzard non era stata un’idea geniale e tante , troppe volte aveva desiderato tornare indietro, ma non l’aveva fatto, per orgoglio, ma anche per paura di fare ancora del male alla propria famiglia e si era consolato con una donna, con una bottiglia o con entrambe.
Aveva perso il conto di quante “amiche” occasionali erano entrate nella sua vita e nel suo letto e ne erano uscite velocemente, senza riuscire a colmare il vuoto che si portava dentro.
Non avrebbe mai saputo dire quante sere aveva trascorso davanti alla televisione con una birra, due birre, tre birre, o quante volte avesse tentato di scacciare i suoi incubi con una bottiglia di liquore….
Eppure era riuscito a mantenersi a galla, a dare alla sua vita, se non un senso, una certa stabilità: aveva trovato un lavoro e si era allontanato dal vizio del bere con la stessa rapidità con cui aveva cominciato.
Aveva capito che accettare il lavoro sporco che Jackal Harrison gli aveva proposto non era stata una mossa intelligente, ma aveva paura di pensarci perché in fondo al cuore sapeva che l’avrebbe fatto di nuovo, per aiutare lo zio Jesse, se solo fosse stato sicuro di non farlo star male…
Sì: vivere da solo, camminare con le proprie gambe, senza avere nessuno, senza volere nessuno accanto era stato tremendo, specie per un tipo come Bo, abituato ad avere intorno una famiglia, diversa da quelle tradizionali, ma affettuosa e soprattutto estremamente unita.

“Cosa vuol dire che non sai che fare?” chiese Luke allibito.
“Ho bisogno di tempo. Per pensare. Mi hai sempre detto che non rifletto mai su ciò che faccio, bhè, dovresti essere fiero di te, perché ho imparato la lezione cugino. Stavolta ci penserò bene, prima di fare qualcosa!” dichiarò Bo.
Luke si alzò.
“A questo punto non ha più senso che io resti qui. Vado a prendere Daisy e me ne vado. Se vuoi tornare a casa…bhè…conosci la strada e sai che la porta è sempre aperta” disse.

Sentiva di dover rispettare la scelta del cugino, anche se gli faceva un male cane.

“Abbi cura di te” gli disse, prima di andar via, chiudendosi la porta alle spalle.


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“Così tu l’hai lasciato lì, da solo?!”
Il tono di Daisy era tutt’altro che amichevole.
“Cos’altro avrei dovuto fare secondo te? Prenderlo per un orecchio e portarlo via per forza? Nel caso non te ne fossi accorta nostro cugino non è più un bambino, anzi è maggiorenne e ha diritto di vivere la propria vita come vuole!” rispose Luke.
È un uomo! – ribatté Daisy – Ma davvero sei così ottuso Luke! Cavoli sei sempre stato il più sveglio ed ora proprio non ci arrivi, vero? Se Bo non vuole tornare  a casa è perché ha paura!”
“Paura? E di cosa mai dovrebbe aver paura?” domandò.
Non gli piaceva essere ripreso dalla cugina, ma proprio non capiva dove volesse andare a parare.
“Paura! Ah, scusa, gli uomini forti e virili non hanno mai paura; quella è un cosa riservata alle donne, non è vero? Specialmente gli uomini Duke….Bhè vi sbagliate e di grosso! – dichiarò lei decisa – e ti giuro che se Bo non tornerà a casa al più presto ti renderò la vita impossibile, fino a quando non verrai ad Atlanta a riprenderlo, chiaro? Sai che ne sono capace perché tu sarai anche un Duke, mio caro, ma sai cosa c’è di peggio di un Duke arrabbiato? Una Duke arrabbiata!”

Luke sbuffò, irritato, sapendo che Daisy non parlava a vanvera ed prima entrò nel Generale per raggiungere Hazzard nel più breve tempo possibile!



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Hazzard, 24 Dicembre.

Era già passata una settimana da quando Daisy e Luke l’avevano incontrato ad Atlanta e Bo non si era ancora fatto vivo.
Avevano deciso di non raccontare nulla allo zio che in quel periodo appariva davvero sereno, quasi felice, per evitargli ulteriori dispiaceri.

“Stasera a cena saremo solo noi tre, non sembrerà neppure un vero Natale…” borbottò Daisy, mentre apparecchiava svogliatamente la tavola.
“Smettila di lamentarti. Sappiamo che sta bene ed e abbiamo deciso che è giusto rispettare la sua scelta!” la rimproverò Luke, sebbene l’assenza di Bo fosse un enorme buco, non solo a tavola, ma dentro di lui.
“Tu hai deciso!” ribatté lei, visibilmente contrariata.
“Deciso cosa?” chiese lo zio Jesse, arrivato in quel momento in cucina.
“Nulla, zio” rispose Luke, lanciando un’occhiataccia alla cugina.
“Daisy, tesoro, aggiungi quattro posti, ho invitato qualche amico a cena -  disse lo zio, sorridendo ai nipoti -  anzi, vorrei che veniste di là a salutarli”
“Subito” risposero i due all’unisono.

In salotto troneggiava lo splendido albero di Natale che Jesse aveva addobbato con le decorazioni che appartenevano alla famiglia da sempre; qualcuna era sciupata, qualcun’altra incollata, ma a nessuno sarebbe mai venuto in mente di buttarle via, perché facevano parte delle loro tradizioni!
“Ho un regalo per voi, nipoti, anzi, per noi!” dichiarò lo zio.
Sul divano erano seduti i Jones: Franck, Meg ed il giovane Peter ed in piedi, accanto al camino, c’era Bo.
Lo zio Jesse scambiò uno sguardo d’intesa col nipote più giovane e sorrise, sornione, agli altri due: era chiaro che era fiero dello splendido scherzo che aveva organizzato.
Daisy corse verso Bo e si strinse forte a lui e se Luke li separò fu solo per abbracciare, a sua volta, il cugino.

“Sono tornato a casa” disse Bo e nessuno aggiunse nulla a quella semplice frase che diceva tutto.





Alza gli occhi
e guarda lassù,
è Natale non soffrire più.
(Bianco Natale)



_ The (happy) End -


Eccoci alla fine della storia.!
Lo so, l'happy end, probabilmente era un po' troppo scontato, ma che volete farci? Io adoro il lieto fine e poi siamo sotto Natale, non potevo mica terminare con una strage, no?!
Scherzi a parte, grazie sinceramente, a chi ha impiegato un po' del suo tempo per leggere questa fic e grazie alle mie care amiche - Lella, Marzia, i1976, Lu e Thia -  per le loro graditissime recensioni.









 




















  
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