I am Home.
<<
Beth!!! >> la chiamò Rick, raggiungendola nel
cortile. La
ragazza si piegò su se stessa, cercando di recuperare fiato,
stanca
dalla corsa che aveva appena fatto, mentre i suoi compagni la
accerchiavano.
<<
Ehy, che succede? >> chiese Glenn, seguito dagli altri.
Nel
sentire le sue urla era stata inevitabile la preoccupazione in tutti
i presenti.
<<
Ocean. >> ripetè Beth tra un sospiro e un
altro << Se
n'è andata... >>
<<
Sì, lo sappiamo. Ho trovato le sue cose. >>
disse Rick.
<<
No!! >> lo interruppe Beth, deglutendo e alla fine
confessò
tutto d'un fiato << E' stata morsa. >>
Daryl,
nelle retrovie, si irrigidì e voltò
immediatamente lo sguardo verso
la bionda.
<<
Io l'ho vista! Stava scappando e ho provato a fermarla. Ha un morso
sul braccio. E' per quello che sta andando via. >>
continuò a
spiegare Beth, approfittando della piena attenzione che aveva da
parte di tutti.
<<
Te l'ha detto lei? >> intervenne Carol <<
...Che stava
andando via per quel motivo. >> si spiegò.
Beth
negò, ma diede le sue motivazioni << Stava
piangendo. >>
<<
La pistola! >> intervenne Rick, illuminandosi
<< Manca la
pistola! Vuole...farlo da sola. >>
<<
Non voleva che la piangessimo. >> mugolò
Carol, portandosi una
mano alla bocca, istintivo gesto di tristezza e preoccupazione.
Daryl
si avvicinò spedito a Beth e le chiese << Da
che parte è
andata? >>
La
ragazza indicò una direzione alle sue spalle
<< Di là, ma si
è inoltrata nel bosco, potrebbe essere ovunque ora.
>>
Ma
Daryl era già corso via, non ascoltando il resto della
frase.
Nessuno cercò di fermarlo.
Sapevano
che doveva farlo.
L'impronta
degli stivali di Alice era ben visibile e marcata: aveva corso.
Arrivò in un punto in cui, invece, erano più
radunate: si era
fermata, forse a prendere fiato. Poi aveva ripreso a correre.
Scostò
un cespuglio del sottobosco, passò oltre e si
fermò.
La
ragazza giaceva ai piedi di un albero, raggomitolata in se stessa, la
testa nascosta tra le ginocchia e una pistola stretta in una mano.
Piangeva così forte che Daryl potè sentirla anche
da dove si
trovava, a qualche metro di distanza. Le spalle le si scuotevano a
ogni sospiro.
Fece
un passo verso di lei e il rumore delle foglie sotto i suoi piedi
annunciarono la sua presenza.
Alice
alzò la testa e lo guardò: aveva il viso
ricoperto di sporcizia, e
più tentava di asciugarsi le lacrime con le mani sporche di
terra,
più peggiorava la situazione. Daryl ne rimase scosso per un
istante:
era la prima volta che vedeva il suo viso così deturpato dal
dolore.
L'aveva già vista piangere, ma mai come quella volta.
Riuscì a
percepire sulla propria pelle la paura e la disperazione.
Intrappolata in un vicolo cieco, le mancava il fiato. La sua corsa si
era arrestata lì, davanti ai suoi occhi c'era solo la morte,
affamata e sghignazzante nella consapevolezza del suo potere. Della
sua vittoria.
<<
Non ce la faccio. >> mormorò tra i singhiozzi,
con una voce
così sottile che a malapena era stata udibile. Quella fredda
e dura
corazza che l'aveva portata lì fuori era stata abbandonata
chissà
dove, lasciando scoperto il suo strato più interno: quello
più
debole e fragile. Era come stare davanti a una bambina che ha appena
perso i genitori.
Daryl
strinse la sua balestra tra le mani prima di lasciarla cadere a terra
<< Sei una stupida! >> le disse
percorrendo, con una
velocità strabiliante, quei pochi passi che li separavano.
Le si
inginocchiò accanto e Ocean allargò le braccia,
stringendolo non
appena fu a portata di mano.
<<
Mi dispiace. >> gli sussurrò all'orecchio,
costernata <<
Io... io non volevo che voi mi vedeste morire! Non volevo che
perdeste qualcun altro. >> balbettò
<< Io non volevo che
tu perdessi qualcun altro. Non volevo farti del
male. >>
<<
Non fa niente. >> cercò di zittirla lui,
ripetendo più volte
la frase per riuscire veramente a convincerla a star zitta e non
aggiungere altro. Non gli interessavano più le motivazioni.
Non
gli interessava più niente.
<<
No, fermo! La sveglierai! >> una
dolce e sottile voce,
delicata come una carezza, la fece sorridere.
La
conosceva.
<<
Ha la febbre alta. >> aggiunse.
<<
Passerà. >> lo
rassicurò un'altra voce, maschile,
altrettanto dolce e delicata, ma sicuramente più adulta. Si
sentiva
così leggera. Il calore del sole contrastava con un fresco
venticello.
Era
bello lì.
Non
sentiva più dolore.
<<
Dormigliona. >> ora la seconda voce
era così vicina al
suo orecchio. Un delicato sussurro, un leggero bacio << La
mamma ha preparato l'arrosto. Alice! >> Aprì
gli occhi.
Conosceva quel viso.
<<
Manu. >> sorrise. Era bello rivederlo.
Anche lui
sorrideva, dietro ai suoi occhiali.
<<
Andrea è molto preoccupato per te. Vieni, Alice.
Tua madre ti sta
aspettando. >> aveva lo sguardo più
dolce del mondo. Mai
l'aveva visto così. Le porse una mano, ma lei non
l'afferrò. Un
timore nel cuore le impedì di farlo. Quella non era la sua
stanza. E
lei...lei stava morendo. Sentiva la fatica che faceva il suo cuore
per battere e l'ossigeno non riusciva più a darle l'energia
necessaria.
<<
Vieni, zia Alice! >> la
incoraggiò un piccolo bambino
dai capelli scuri, scompigliati, inginocchiato ai piedi del suo
letto. << Andiamo a casa, Alice. Finalmente
possiamo farlo.
>> disse Manuele.
Si
puntellò sui gomiti e cercò di sollevarsi a
sedere.
<<
Non sforzarti troppo. Sei ferita. >>
Un'altra morbida
voce, femminile questa volta, provenne dalla sua destra, e la
costrinse a voltarsi. Era come guardarsi allo specchio: lo aveva
detto più volte, ma non l'avrebbe fatto in quel momento. Ora
erano
così diverse.
<<
Chiara. >> mugulò, non
riuscendo a trattenere le
lacrime. Era così bella con i leggeri capelli che le
ricadevano
sulle spalle, perfettamente pettinati e un filo di trucco sul viso.
Al contrario suo, invece, che più passava il tempo e
più somigliava
ai morti.
<<
Potrò rivedervi. >> disse
Alice, asciugandosi il viso
col dorso della mano tremante. Era passato più di un anno,
era così
bello averli di nuovo accanto a sè, anche se...non erano
reali.
<<
Con chi stai parlando? >> chiese Daryl, comparso
all'improvviso
alla porta della sua stanza. Aveva il viso chino e gli occhi stanchi.
Sapeva qual era la risposta, ma probabilmente non voleva sentirla,
non l'avrebbe ascoltata. Era solo stato un modo per riprendersela, in
quegli ultimi istanti, per impedirle di seguire i suoi fantasmi.
Molly era stretta a lui, la testa poggiata sulla spalla. Era ancora
scossa dai singhiozzi, benché sembrava stesse dormendo.
Alice
sorrise, non sentendolo neanche un compito troppo gravoso.
<<
Nessuno. Sognavo. >> confessò riuscendo
finalmente a mettersi
seduta. Allungò le braccia in avanti, verso loro
<< Portala
qua. >> disse.
Daryl
si avvicinò e le passò delicatamente la bambina,
aiutandola per
farla stendere sul letto accanto a lei. Alice le spostò una
ciocca
di capelli dalla fronte e approfittò per accarezzare il suo
viso.
Quel piccolo viso che fin troppe volte, purtroppo, aveva visto
piangere. Proprio come stava facendo in quel momento.
<<
Non me lo perdonerà mai. >>
constatò, continuando ad
osservare la bimba stesa accanto a sè. Un colpo di tosse
improvviso
la scosse e si costrinse a voltarsi velocemente, dall'altra parte,
piegata fuori dal letto.
Daryl
scattò in avanti e si chinò su di lei, aiutandola
a sorreggersi,
mentre la tosse non sembrava volersi fermare. Era bollente al tocco e
ricoperta di sudore.
<<
Sto bene! >> si sbrigò a dire lei, sperando di
tranquillizzare
il ragazzo vicino a sè. Si pulì la bocca con la
mano ancora
tremante e la osservò: c'era del sangue.
Sospirò
e si accasciò sul letto.
<<
Hai parlato con Rick? >> chiese lei, respirando a fatica,
allargando il petto esageratamente. Daryl la guardò a lungo,
sforzandosi di non far trasparire i sentimenti e le angosce, ma non
riuscendoci pienamente. Poi annuì.
<<
Non voglio che sia tu a farlo. >> continuò lei
<< Non
voglio darti anche questo fardello e dolore. >>
<<
Lo è già. >>
Alice
si voltò di colpo, ad osservarlo, colpita da quella sua
affermazione. Lesse decisione nei suoi occhi, lesse dolore, lesse
rabbia, soprattutto rabbia. La rabbia di non essere riuscito a
proteggerla, la rabbia di aver perso così tanto in
così poco tempo.
Erano gli occhi di un uomo che stava crollando.
E
se ne rammaricò.
Il
silenzio perdurò a lungo, incapaci di dirsi qualcosa che non
racchiudesse un addio che a tutti i costi non volevano pronunciare.
Era
così inverosimile.
Si
erano appena trovati, nel buio, tra i morsi della morte, si erano
appena trovati e ora qualcosa di più forte li stava
separando
bruscamente. Un avvertimento: non c'è spazio per
la felicità,
qui. Non più.
Poi
Daryl sospirò e si avvicinò a lei, chinandosi e
infilandole un
braccio dietro la schiena e l'altro sotto le gambe.
<<
Andiamo. >> disse sollevandola di peso, senza darle tempo
di
capire che stesse succedendo.
La
strinse a sè, sorreggendola delicatamente, come un tesoro da
custodire, un cucciolo ferito a cui si teme di far del male. E Alice
si adagiò tra le sue braccia, rilassandosi, sentendo di non
avere
niente da temere.
Percorse
silenzioso e lento la prigione, sotto gli occhi discreti dei suoi
compagni, che si affacciavano ma che cercavano di concedere loro la
privacy che meritavano. Avevano già dato il loro addio,
avevano già
pianto la loro incombente perdita, sicuramente lo avrebbero fatto a
lungo, ma ora, quella sera, l'ultima, toccava a loro. Il loro ultimo,
infinito, indicibile e pressante addio.
La
loro ultima sigaretta silenziosa al chiaro di luna.
Il
mantello non sembrava abbastanza, il freddo quella sera era quasi
insopportabile, ma lo smanicato di Daryl suggeriva che lei era
l'unica a sentire su di sè quel problema. Colpa della sua
febbre
troppo alta. Strinse i denti, sforzandosi di non tremare, non voleva
dare al suo compagno ulteriori preoccupazioni.
Daryl
bloccò la sigaretta tra le labbra e utilizzò il
braccio libero per
cingere le spalle della ragazza, seduta accanto a sè,
poggiata al
muro. Alice si fece scivolare, fino a poggiare la testa sulle sue
gambe. Era troppo debole anche per restar seduta. Il fiato pesante
non smetteva di farle muovere spropositatamente le spalle. Non era
mai abbastanza. Sentiva quasi il desiderio di aprirsi il petto, per
riuscire a catturare ancora più ossigeno. Daryl le
posò la mano sul
braccio, accarezzandola impercettibilmente e osservandola silenzioso.
Aveva tante cose da dire, tante stupide e sciocche cose, ma non le
avrebbe dette. Non le avrebbe mai dette.
Alice
allungò una mano, facendosela correre sul braccio, fino a
incontrare
quella del ragazzo. La afferrò delicata e se la
portò vicino al
viso, osservandola e accarezzandola con la punta delle dita. Quella
mano su cui, così a lungo, aveva contato. Di cui si era
fidata
ciecamente, anche quando si era avventurata nella sua parte
più
profonda. Non ne aveva mai avuto paura. L'unica mano al mondo che
veramente non temeva. La rigirò, trattandola come fosse una
sua
proprietà, con sicurezza e delicatezza, e se la
portò alle labbra,
baciandone la punta delle dita. Anche da quella posizione
riuscì a
sentire il fiato di Daryl tremare improvvisamente, e le gambe, su cui
era poggiata, irrigidirsi. Poteva tacere le sue emozioni, ma non le
sensazioni. E quelle spesso erano più esplicative di
qualsiasi
parola. Lo sentì mentre faceva un lungo tiro dalla sua
sigaretta,
nascondendo in quel gesto un sospiro affranto.
<<
Ehy D. >> richiamò la sua attenzione
<< Voglio che mi
prometti una cosa. >> attese una risposta, che non
arrivò. Ma
sapeva che la stava ascoltando, così proseguì
<< Resta vivo.
Qualsiasi cosa accada. Tu hai la sindrome dell'eroe, ricordatelo. Tu
salvi le persone. Promettimi che resterai qui. Il mondo ha bisogno di
un super Dixon. >> sorrise. Daryl non le rispose, anzi
sbuffò,
ritenendo probabilmente la frase sciocca, ma ne avrebbe fatto tesoro.
Quella promessa l'avrebbe mantenuta, ad ogni costo.
Alice
si cacciò una mano dentro il mantello, raggiungendo la sua
cintura e
ne estrasse, serrato tra essa e il suo corpo, un piccolo oggetto. Lo
strinse tra le dita prima di raggiungere nuovamente la mano di Daryl,
davanti a sè. Lo posò sul suo palmo e ne strinse
le dita intorno.
Daryl abbassò improvvisamente gli occhi e lentamente
tirò via la
mano, riaprendola per osservarne il contenuto.
<<
Che cos'è? >> chiese, facendo ciondolare un
pupazzetto in
pezza davanti al suo naso. Era grande quanto il suo pollice,
minuscolo, ma ben dettagliato. Portava dei jeans, sporchi e
strappati, una camicia nera e un altrettanto minuscolo gillet in
pelle con delle ali bianche disegnate dietro la schiena. Dei fili
marroncini erano attaccati al centro della testa e cadevano sugli
occhi: due puntini neri in filo anch'essi. Infine uno stuzzicadenti
spezzato era attaccato dietro la schiena, a simulare una balestra.
Alice
sorrise << Volevo dartelo a Natale. Ma credo che, a
questo
punto, non ci arriverò. A dire il vero volevo dartelo quello
appena
passato, ma sono riuscita a trovare le cose che mi servivano, e a
finirlo, solo l'altro ieri. >> si voltò,
sforzandosi, fino a
volgere lo sguardo al viso del suo compagno: era indecifrabile, come
al solito.
<<
Ti somiglia! >> sorrise divertita lei.
<<
E' una stronzata. >> commentò lui, voltandosi
dall'altro lato.
Ma, nonostante il commento facesse pensare a un rifiuto del dono,
discreto e naturale, se lo infilò invece in tasca.
Alice
non smise di sorridere, nonostante il commento poco carino rivolto al
suo regalo, e lentamente chiuse gli occhi, in cerca di riposo. Daryl
la guardò, allarmato, ma si rilassò quando vide
che respirava
ancora.
<<
A casa mia l'albero lo facevamo l'otto di dicembre. Ogni anno con
puntualità. La mamma comprava le decorazioni, sistemava
l'albero
nell'angolo della sala, quello vicino alla finestra, poi lasciava
sole me e mia sorella con uno scatolone pieno di palline e festoni.
>> una risatina la scosse appena << I primi
anni era
veramente brutto! Eravamo troppo piccole e incapaci, sembrava
l'albero di Frankenstein. Ricordo che una volta io volevo farlo
azzurro, lei invece rosa. Litigammo e alla fine ci dividemmo le zone
di nostra competenza. Mezzo albero era completamente blu, l'altro
rosa. >> rise ancora, ma avendo gli occhi chiusi, non
potè
notare il sorriso divertito dipinto sul viso di Daryl.
Riuscì però
a sentire lo stesso il suo sghignazzo trattenuto. E ne fu felice.
<<
Il giorno di Natale mangiavamo di tutto. Mia mamma e mia nonna
litigavano in cucina come me e mia sorella di fronte all'albero. E si
finiva col preparare ben due cenoni della vigilia e ben due pranzi di
Natale. Non riuscivamo mai a finire tutto, perciò, piuttosto
che
buttarlo via, ce ne andavamo in giro per tutto il pomeriggio, in
centro città, a portare quello che era avanzato ai
senzatetto. Così
anche per loro era Natale. Era un'idea di mia nonna, lei era molto
religiosa , credeva nel bene, nell'amore verso il prossimo e tutte
quelle cose lì. >> sospirò,
rilassandosi e si strinse più a
lui, nascondendo il viso nella sua camicia, cercando calore e
conforto.
<<
A volte mi chiedo cosa sarebbe successo se tra quei senzatetto io
avessi trovato anche un bambino con gli occhi azzurri, sottili, i
capelli chiari, diradati, e dall'aria scorbutica, accompagnato da un
fratello violento, stronzo e rompipalle. >>
<<
Non ero un senzatetto. >> disse lui, con voce bassa e
dura.
<<
Lo so, ma son sicura che lo stesso ti avrei trovato per strada a
Natale, magari intento a rubare qualche caramella nei negozi.
>>
Daryl si irrigidì, spense la sua sigaretta, ma ne accese
subito
un'altra. Certo non era un argomento che affrontava volentieri,
soprattutto in quel momento. Ma lasciò che proseguisse le
sue
fantasticherie.
<<
Ti avrei portato ogni giorno qualcosa, avrei provato a far amicizia
con te. Penso mi saresti stato simpatico. Chissà, magari
sarei
riuscita a donare anche a te un po' del mio Natale. >>
poi
sospirò, improvvisamente malinconica << Sarei
voluta arrivare
prima. >> confessò.
Un
sorriso divertito esplose sul suo volto << Sarebbe stato
divertente. >> delle immagini stavano prendendo il posto
della
realtà. In un altro momento sarebbero stati solo pensieri,
ma in
quelle condizioni erano invece così vivide da sembrare
ricordi. E in
quei ricordi immaginari c'era un bambino scorbutico e imbronciato, al
bordo della strada, intento a torturare una lucertola con un bastone.
E una bambina dai lunghi capelli scuri, inginocchiata accanto a lui,
ad osservarlo, contrariata, ma almeno vicina. Magari gli avrebbe
allungato qualche dono: un pezzo di focaccia, una fetta di torta o un
semplice giocattolo. E lui l'avrebbe ignorata, minacciandola, per
farsi lasciare in pace. Lei non l'avrebbe fatto. Avrebbe continuato a
cercarlo, avrebbe continuato a stargli vicino anche quando faceva
qualcosa di orribile, solo per potergli regalare un sorriso in mezzo
a tutti quei ricordi bui e dolorosi. Una scintilla da portarsi dietro
per sempre.
Sì,
sarebbe andata così.
<<
Lei non voleva farci soffrire. Preferiva portarsi dietro l'odio della
gente, piuttosto che la loro sofferenza. Per questo a volte ci
regalava il peggio di sè.
Lei
diceva sempre di essere forte, e io non ci ho mai creduto.
Ma
sbagliavo.
Sbagliavo
perchè non capivo di che tipo di forza parlasse. Cadeva
sempre,
combinava guai, riusciva a uccidere uno zombie, ma altri due avevano
tempo di prenderla alle spalle. Doveva essere seguita e accudita: una
bambina che ancora non capiva la differenza tra bene e male. Non
rifletteva, agiva d'istinto, forse mossa anche da una certa dose di
convinzione che la sua morte non sarebbe stata importante.
La
sua forza non era niente di tutto questo.
La
sua forza si trovava nei passi che faceva e nelle spalle che sempre
teneva ben dritte, nonostante i pesi che si portava dietro. Era sola
e probabilmente ha continuato a sentire di esserlo, ma nonostante
tutto era qui, per proteggerci, pronta a tuffarsi nel pericolo. Non
piangeva per le sue ferite, anche quando servivano dei punti, ma
piangeva se uno di noi si tagliava con la carta. Teneva in
sè le
cose brutte, le raccoglieva sparse per la prigione, ogni singola
ombra, ogni singolo fantasma, lo prendeva e lo stringeva a
sè,
liberandocene se riusciva e donando a noi sempre e solo il suo
meglio.
Lei
aveva paura. Più di tutti noi. Era terrorizzata da ogni
cosa,
perfino da se stessa, tanto da fuggirne. E quella era la sua unica
debolezza...quella stessa paura che l'ha uccisa. La paura di non
riuscire a impedire che altre lacrime sgorgassero.
E'
morta nel tentativo di salvare noi dal Governatore e nel tentativo di
salvare Merle da se stesso.
E'
morta per noi.
Per
tutti noi.
La
sua paura, la sua debolezza è diventata la sua forza e con
quella
lei ha lottato.
Io voglio ricordarla così. >>
Così
recitò Rick, di fronte a quella tomba, sistemata di fianco
alla
croce in legno col collarino appeso.
Il
loro ultimo saluto.
Si
dedicarono del tempo, in silenzio, pensierosi, ma coraggiosi.
Avrebbero guardato al futuro, anche se sulle loro spalle avrebbe
gravato sempre più il fardello del passato.
Carol
si allontanò, non appena ritenuto finito il suo momento. Non
appena
si sentì pronta a lasciarla andare. Andò sopra la
torretta, al
posto di guardia e quando aprì la porta trovò chi
stava cercando:
seduto a terra, con la schiena poggiata al muro c'era Daryl. Come la
sera prima, ma quella volta era solo.
<<
Si sentiva la tua mancanza. >> disse lei. Daryl non
rispose.
Aveva qualcosa tra le mani con cui gicherellava insistentemente,
senza distogliere lo sguardo.
<<
Tu più di tutti saresti dovuto essere là.
>>
<<
L'ho già salutata. >> disse lui con voce roca.
Carol sospirò
e si andò a sedere lì vicino.
<<
Ho ancora la sensazione di non conoscerla davvero, come il primo
giorno. >> sorrise lei, malinconica.
<<
Nessuno di noi la conosceva davvero. >>
<<
Tu sì. >> sorrise ancora lei. Daryl
esitò, ancora preso a
giocherellare con quello che aveva tra le mani, poi ammise
<<
No. Nemmeno io. >>
Carol
restò in silenzio ancora un po'; infine disse con tristezza
<<
Si è portata via così tanto. Era strana...eppure
metteva il
sorriso. Quando stavi con lei sembrava che niente ci fosse
lì fuori:
niente zombie, niente morti. Ci faceva sentire a casa. >>
Daryl
guardò l'amica sottecchi, silenzioso, poi si
allungò alla sua
sinistra, afferrando la balestra lì poggiata. Tramite un
cordoncino
legò, vicino all'impugnatura, l'oggetto che aveva in mano:
un
ridicolo pupazzetto fatto di stracci che somigliava a lui.
Si
fermò un attimo, sospirando pensieroso, poi ammise
<< E' stato
Merle. >>
Carol
lo guardò non capendo.
<<
Lei l'ha seguito. >> spiegò lui, terminando il
suo lavoro e
osservando il pupazzetto ciondolare al vento << Sapeva
che
stava andando dal Governatore ed è andata con lui. Voleva
aiutarlo
ed evitare che si ammazzasse. >> fece una pausa e poi
concluse
<< Merle l'ha morsa. >>
<<
Non è stato tuo fratello a ucciderla. E' stato il
Governatore. >>
disse repentina Carol. Ma la sua frase parve cadere nel vuoto.
<<
Mi ha detto che si sarebbe dovuta aspettare che sarebbe stato un
Dixon a rovinarla. C'erano tutti i precedenti. >> sorrise
divertito e malinconico allo stesso tempo. Carol gli fece compagnia,
anche lei divertita da una tale affermazione, tipica di Alice. Daryl
le aveva stravolto la vita, dal primo istante, quando lui le aveva
puntato la balestra alla testa e lei aveva cercato di fratturargli un
piede con la sua spada. Da allora tutto era cambiato. Prima l'odio,
l'antipatia, i litigi, il considerarsi a vicenda degli idioti. E poi
la complicità, l'amicizia, le notti condivise, le mani
sempre
strette. Ogni giorno litigavano, peggio di marito e moglie, due teste
calde, così diversi eppure così uguali. Ma poi la
sera tornavano a
guardar le stelle insieme.
Gli
aveva detto quella frase poco prima di tirar l'ultimo respiro. Non
aveva nessuna intenzione di andarsene tra lacrime e rimpianti.
Cercava sempre di sdrammatizzare, come aveva fatto più volte
per
nascondere la dura verità.
<<
Sei una stupida. >> aveva detto lui, divertito dalla sua
battuta, anche se non aveva la minima voglia di ridere.
Lei
aveva sorriso.
<<
Sono una stupida innamorata. >>
E
tutto era finito.
Ma
questo lo tenne per sè.
<< E' a casa, ora. >>
Scrisse
una favola...e volò via.
[Ilaria
Porceddu – Vola via]
N.D.A.
Io-non-c'entro-niente-ciao!!!
* fugge via per evitare il linciaggio *
Ebbene
sì...se ve lo state chiedendo: è davvero la fine.
Beh, prima o poi
andava finita, no? XP Non l'avrei portata avanti per sempre. Sono
stata troppo cattiva? Vi assicuro, però, che con molta
probabilità
sto piangendo più io di chiunque altro. E' stato come
lasciare un
figlio ormai abbastanza cresciuto per vivere da solo. Mi sento una
madre abbandonata T__T e mi sono odiata per quello che ho fatto ad
Ocean, ma, purtroppo, era così che doveva andare. E' stata
con me
per 8 mesi (un parto!!! xD) è dura dirle addio.
Ma,
coraggiosamente, lo farò u.u
Passando
a voi: vi ringrazio infinitamente! Probabilmente non sarei arrivata
fin qui senza il vostro sostegno (manco avessi vinto l'Oscar -.-).
Ringrazio tutte voi che hanno recensito questi 33 capitoli (gli anni
di Cristo *W* sarà un caso? *sbuca Adam Kadmon urlando "gli
illuminatiiiiiiiiiiiiiii"*), grazie a chi ha messo la storia tra
le preferite/seguite/ricordate e grazie anche ai lettori silenziosi
che mi hanno donato una media di 150 visualizzazioni a capitolo.
Tanti kiss per voi.
Spero
di non avervi distrutto troppo psicologicamente e spero di non avere
il vostro odio ora xD
Beh,
dai...così Daryl non sarà poi preso da Ocean e
potrà più avanti
concentrarsi su Beth, come da serie tv. Così non ho
scombussolato
niente: l'avevo detto che volevo restare fedelissima.
"E
Molly?" * urla una voce dalla platea *
SILENZIO! U.U ho tutto
sotto controllo.
Come
potrete notare, non ho ancora segnato "conclusa" la storia
(benchè, vi assicuro, questa è davvero la fine).
Questo perchè
aggiungerò un epilogo e forse ancora un altro mini
capitoletto di
conclusione (una specie di "scena dopo i titoli di coda"
xDD) quindiiiii...state seduti, non abbandonate la sala (a meno che
non ve ne freghi nulla), perchè avrò ancora una
cosa da dirvi.
Tornando
alla storia...la strada di Ocean termina qui, ma ho adorato * pffff!
Questa si adora da sola * l'idea di fare in modo che i suoi segni
rimanessero nel tempo. A partire dal "capello lungo che a lei
piace così perchè è più
macho" alla richiesta di non morire,
di continuare a essere l'eroe. Come se fosse stata lei a stimolarlo a
proseguire, nonostante tutto, portandolo anche a raccattare gente in
giro, salvare vite ecc ecc.
Volevo
farvelo notare perchè forse son cose che non si notano, sono
"nascoste", ma siccome ci tengo le sbandiero in giro u.u
Ok...direi
basta.
Vi
ringrazio ancora.
Siete
stati fondamentali per la riuscita (o non riuscita, a seconda dei
punti di vista) di questa storia.
Bene,
ora sono pronta ad essere offesa pesantemente xD
Byeeeeeeeeeeeeeee
Ray.
Ps. Per chi fosse troppo innamorato di me per lasciarmi (eheh) posso comunicarvi che sono ancora all'opera. Se avete ancora voglia di rovinarvi la vita, fate un giro sulla mia pagina xD Al momento, attiva ho un'Originale Romantica ambientata a Hollywood...per chi ha voglia di un po' di love love.
Pps. Ora posso dirvelo: spoiler celati incompresi xD La canzone all'inizio del prologo già vi annunciava la fine della mia storia u.u Nessuna domanda sul "I will disappear" finale? Tiè u.u
ppps.
(sto esagerando? xD) chiedo scusa se ci ho messo tantissimo ad
aggiornare, ma capitemi T__T non riuscivo a dirle addio.
Temporeggiavo e trovavo ogni scusa per dire "no, non è
ancora
pronta!"
Beh....basta....ciaooooo
xP