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Autore: ElderKurenai    27/12/2008    11 recensioni
Alba city non era solo famosa per essere l'unica città dell'unico paese neutrale di quel mondo costantemente in guerra.
Era famosa soprattutto per le multinazionali che vi ci dimoravano e lavoravano- sotto lauto pagamento si intende- per le grandi super potenze in guerra.
La guerra- che a lui aveva giovato non poco portandogli nelle casse parecchio danaro grazie ad investimenti coraggiosi- aveva assunto connotati così grotteschi che ora sul campo di battaglia ci si buttava solo gli esperimenti umani che si facevano in tali laboratori. [...]
E poi però... C'erano quelle come lei.
C'erano gli errori di laboratorio. Creature che non sapevi collocare se tra le fiere o tra le belve a causa del loro forte meticciato.
Il governo aveva bandito creature simili.
Onde evitare polemiche varie e presunti maltrattamenti su tali creature- come se gli esperimenti non lo fossero già- il governo aveva predisposto il loro abbattimento nel caso dalle vasche di coltura saltasse fuori una di quelle “cose”.
Ma è facile aggirare certi divieti... (Fanfiction scritta da Kurenai88 ed ElderClaud!)
[KakuzuIno(?), ShikamaruTemari(?), NarutoSakura(?)] Altre coppie da definire si accettano consigli!
Genere: Generale, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo scritto da ElderClaud!
Le recensioni saranno date da Kurenai88


Cap3: Alba di Sangue




La peculiarità di ogni cosa, risiede nelle abitudini singolari che possiede.


Alba city non era semplicemente la capitale del Paese della Pioggia solo perchè spesso e volentieri in quel luogo pioveva.
Lì la pioggia veniva a comando.
Ed era questa la parte più interessante di tutta la faccenda.
Ogni fine settimana il cielo sempre e comunque ricoperto di nubi si condensava sempre di più fino a diventare praticamente una massa nera e inquietante, illuminata a tratti da fulmini rabbiosi e saette scintillanti, e scaricava sulla città ettolitri ed ettolitri d'acqua come a proteggerla da altri agenti esterni.
La stranezza di questo fenomeno tuttavia, riguardava in gran parte anche la foresta pluviale che la circondava.
Alcuni sostenevano che essendo una metropoli costruita su una elevata altitudine era una cosa assai normale, come era sempre normale l'alba rossa di sangue che si stagliava all'orizzonte dei monti - di quel colore a causa della perenne foschia che circondava la foresta - ma alcuni sostenevano che quella pioggia venisse proprio quando qualcuno la voleva.
Quando qualcuno era impegnato magari in questioni importanti oppure semplicemente voleva lanciare costantemente un monito a tutte le nazioni di quel mondo.

In molti puntavano il dito contro il governatore Pain.
Puntavano il dito contro la torre più alta e sofisticata di quella città - quella che stava al centro della ragnatela intricata di strade e palazzi, di corsie sopraelevate e giardini all'avanguardia - e si innalzava alta e imponente su tutto questo.
Una struttura strana. Di cemento e metallo argentato. I cui volti di pietra dei Kami conosciuti fuoriuscivano da quell'intrigo di tubature come a cercare uno spiraglio d'aria alla loro potenza ormai morta e dimenticata.
Si sosteneva, tra le malelingue e gli sguardi ammirati, che Pain avesse creato il suo palazzo – o meglio il suo tempio – proprio su un mausoleo che era presente lì fin dai tempi in cui l'antico Eden copriva tutto il mondo intero...

Bei tempi quelli.

Ma l'egoismo porta sempre tutto allo sfacelo più assoluto, e ora l'unico suo regno fertile era quello che proteggeva con una pioggia tanto onirica quanto reale.
Tutto il mondo sembrava essere in guerra e lui nutriva quel mondo dando loro armi e mezzi per la sua disfatta alle porte.
Dall'alto dell'ultimo piano del suo palazzo egli osservava.
Il dio supremo osservava dalle grandi vetrate del suo immenso ufficio circolare, quel suo impero chiamato Alba city sottratto con la forza anni fa ad un governo che lo stava riducendo alla miseria più nera.
Quella nera scrivania di marmo dove ora era appoggiato con la schiena intento a sorseggiare il proprio liquore ambrato, non era sempre stata sua.
Le volte a crociera di pietra presenti sopra la sua testa non avevano visto sempre lui camminare per il tempio superiore ora trasformato nel suo ufficio personale.
Se un tempo quello era un luogo sacro dove i sacerdoti compivano sacrifici in nome degli dei antichi, ora era suo e se l'era preso con la forza bruta.
Pain non conosceva pietà e il suo cuore era come l'acciaio.
Il suo unico interesse era di avere il potere sul proprio mondo e di vederlo fiorire al massimo. Egli voleva che il proprio popolo fosse felice e che lo venerasse come il proprio salvatore.
E benché ciò potesse sembrare una contraddizione con il proprio essere, era tutto perfettamente nella logica del suo pensiero.
Sorseggiò ancora con assoluta calma e devozione, l'alcolico d'annata nel raffinato calice di cristallo. I suoi misteriosi occhi d'argento erano incentrati unicamente nell'osservare il panorama appannato fuori dalle finestre a muro che circondavano praticamente la grande sala. L'acqua non cessava di scendere dal cielo nuvoloso distorcendo così l'immagine della città che dominava.
Era fiero di quel panorama distorto. Ed era fiero delle mille leggende che lo circondavano.
Tra le quali, quella che lui controllasse la pioggia tramite i suoi occhi misteriosi. Ma su quella leggenda non si sarebbe mai pronunciato, anche se un pizzico di verità c'era...

“Governatore Pain, ci sarebbe qui il capo della polizia che desidera vedervi”

La voce metallica del citofono tuttavia, lo riportò momentaneamente alla realtà da quel suo sogno di gloria.
Distolse quindi lo sguardo dal cielo scuro - ormai prossimo all'alba - pieno di pinnacoli dalle scarlatte luci bianche e rosse e si concentrò verso il portone di metallo e pietra intarsiata posto all'ingresso dell'ufficio.
“Fallo entrare” disse poi laconico alla segretaria sempre al citofono della scrivania.
Asuma Sarutobi lui lo conosceva fin troppo bene.
Era il capo della polizia di Alba city, ed era sotto il controllo del gran consiglio che mal vedeva le gesta di Pain.
Quell'ammasso di vecchie cariatidi presente al senato infatti, in principio si era opposto con fermezza alla sua decisione di dare il via al progetto “Silla” e a quello di “Cariddi”.
Era immorale che si facessero esperimenti di tale genere su persone ed animali, ma quando poi i soldi iniziarono ad entrare nelle casse statali molti di loro, si zittirono e smisero di protestare.
Tuttavia tra di loro il malcontento regnava, e sembravano aver quasi fatto apposta ad aver preso con loro quel tradizionalista di Asuma.
Asuma...
Ma era convinto che ci fossero anche faccende personali che lo spingevano a portarsi quasi contro di lui.
Quando poi finalmente le porte si aprirono piano con un cupo suono, da esse fece capolino un uomo sulla quarantina avvolto da un impermeabile color cachi.
Bagnato sulle spalle e sulle braccia a causa della pioggia che non accennava a smettere, ma il suo possessore non ne sembrava turbato, dato che si stava fumando una sigaretta fresca di accensione.
“I miei saluti a voi... Governatore Pain”
Fece poi il nuovo arrivato mentre si avvicinava lentamente verso il giovane signore.
“Asuma... Qual buon vento ti porta nella mia umile dimora?”
Non vi era ne gioia né derisione nel tono del grande capo. Solo un freddo saluto fatto con sguardo imperscrutabile e fermo. E questo il nuovo arrivato lo sapeva alla perfezione.
Difatti, il poliziotto si limitò ad aggrottare le sopracciglia folte e ad estrarre una cartellina dall'impermeabile bagnato.
Nonostante l'acquazzone l'oggetto era perfettamente integro e il cartone rosso era perfetto come nuovo.
Il governatore guardò quasi di sottecchi quell'oggetto essere posato quasi in maniera brusca sulla lucida superficie della scrivania. Poteva solo immaginare di che si trattava.
“Ancora quei fanatici Asuma...?!”
Cartellina rossa significava solo guai alle sue decisioni irremovibili.
L'uomo alla vista di quello sguardo non ancora mutato si indispettì non poco. Ma non lo dette comunque a vedere, anche se non gli era mai andato a genio Pain - mai - non era tipo da contraddire in nessun modo soprattutto se avevi avuto a che fare con lui in passato.
Anche se la tentazione di strappargli tutti quei percing alle orecchie e al naso - tre file di perline nere su entrambi i lati del naso perfetto - era a dir poco immensa.
E guarda caso, Pain sospettava che in quegli occhi scuri si covasse un certo sublime risentimento.
“A quanto pare abbiamo una talpa in uno dei laboratori che avete dato in concessione ad uno dei vostri clienti governatore... Altrimenti non si spiegherebbero tutte queste incursioni di ambientalisti e altre faccende simili...”
La questione degli ambientalisti era problematica, ma quello delle talpe che non sopprimevano le chimere prima del loro parto effettivo era cosa ancor più gravosa.
Di quelle cose ne nascevano parecchie, e lui aveva garantito ai suoi due clienti che pretendevano fiere e belve – ovvero il Paese della Roccia e l'alleato Paese del Vento – la massima qualità del prodotto e quindi una percentuale minima di errori.
Per dare un freno a tali polemiche lui aveva dato la possibilità a chi lo desiderava di adottare una chimera prima che esca dalla sua vasca di coltura, ma la fregatura stava che nessun civile poteva entrare nei laboratori, e i ricercatori erano pagati anche per sopprimere quelle cose.
Si lasciò comunque scappare un sospiro un po' esasperato, ma oltre a quello non fece altro. Se non di allungare il calice di liquore verso l'uomo che aveva di fronte in chiaro segno di offrirgliene un po'.
“No grazie signore. Ma non bevo mai quando sono di servizio!” Puntualizzò il poliziotto. Che bene o male non gli dispiaceva far visita al giovane signore.
Giusto per vedere se riusciva un po' ad irritarlo o a sfidarlo, anche se ciò rimaneva un segreto intimo.
Di risposta Pain non fece altro se non accennare un “sì” con la testa. Poi, dopo le solite frasi di rito come la provvidenziale: “Appena sistemate alcune faccende ci darò una occhiata” da parte del governatore e un: “Confido in una vostra risposta anche da parte del senato” da parte di Asuma, i due si congedarono.
Non vi era più nulla da dire, e intanto dei riflessi rossastri stavano facendo capolino all'orizzonte tingendo le nubi di rosso.
Era ormai mattina e l'alba rosso sangue tingeva di scarlatto l'impermeabile del poliziotto che ora aveva dato le spalle al proprio superiore e si avviava all'uscita.
Come sempre.
Come ogni giorno da quando aveva deciso di lavorare per quelli del consiglio.
Solo che quando si lasciava scappare certi pensieri alle volte, aveva come l'impressione che Pain glielo leggesse in faccia.

“Ah... Asuma?!”
E come volevasi dimostrare, anche questa volta aveva lasciato intravedere troppo risentimento verso quel rivale bastardo.
Non si voltò neppure, se non voltando in maniera quasi impercettibile il capo verso di lui. E alle sue spalle il dio rimaneva impassibile verso il suo suddito.
“Non avercela con me se alla fine Kurenai ha scelto il sottoscritto a te...”
Esattamente.
Era questo ciò che più irritava il poliziotto di Pain. Il fatto che dopo una vita spesa a cercare di corteggiare una donna, arriva uno dal nulla e te la porta via.
Non glielo avrebbe mai perdonato, e il fatto che fosse il governatore e quindi il suo capo quasi non gliene importava un fico secco.
E non importava neppure a Pain che, una volta dette quelle parole, si voltò a guardare l'alba della sua città mentre la pioggia lentamente cessava di venire. Il tutto accompagnato dal liquore che lentamente aveva riniziato a sorseggiare.
Bevendolo calmo e gustandolo appieno come le sensazioni che provava l'altro intento ad andarsene. Culminando nel piacere più assoluto nell'atto in cui il portone si richiuse con un cupo rumore.

- - - - - - - - - - - - - - - - -

Correva a più non posso, e aveva quasi il sentore che i suoi passi rimbombassero come in un eco in alta montagna in quel terreno melmoso.

Non che li sentisse realmente a dire il vero. Il casco anti sommossa che indossava, attutiva quasi in maniera inquietante tutti i rumori che quella foresta morta produceva.
Alle sue orecchie poi, giungevano solo le scariche elettrostatiche delle cuffie rotte.
PorcaputtanaPorcaputtanaPorcaputtana!!
E anche la vista gli si annebbiava di contino, dato che avendo il fiato corto per come correva per la foresta - arrancando a causa della armatura che indossava – l'ossigeno che espirava si condensava in vapore sulla visiera in plexiglas del casco.
Puro lavoro di routine si era trasformato in un conflitto a fuoco degno quasi dei vecchi film di guerra che Choji amava tanto guardare a casa propria.
Solo che qui era ai confini del proprio paese - il Paese del Fuoco - ed era lontano da ogni tipo di comodità esistente.

Una radice maligna esposta alle intemperie ma non hai suoi occhi, fece poi inciampare il malcapitato che percorreva a fatica quel sentiero viscido e scuro.
“Ooh! Merda!”
Parole di rimprovero gli uscirono quasi sibilate nell'atto di cadere impotente sul sentiero che seguiva.
Cadde come un tronco morto e la caduta smosse parecchie gocce di nero fango che si andarono ad infrangere verso il grande albero possessore di quella radice.
“Merda!!” Disse ancora, questa volta a denti stretti per reprimere il nervosismo e la paura crescente.
Cercò di puntellarsi sui gomiti ma gli risultava quasi difficile data l'armatura anti sommossa che indossava. La sua unica fortuna era di avere il fucile mitragliatore ancora stretto tra le mani.
Ma perchè si erta arruolato nell'esercito?
Ah già... Per i soldi! Era così che si finanziava gli studi! Ma più sta cazzo di guerra imperversava, più le possibilità di tornare a casa si facevano minime.
E lui era stato mandato ai confini del mondo solo per proteggere una miniera di rame che confina con quei coglioni del Paese del Vento!
“Così non va Choji...” borbottò infine dopo che tali pensieri lo avevano per un nanosecondo attraversato.
All'interno di quel maledetto casco avvertiva solo il suo respiro ansante e i battiti del cuore che gli arrivavano sino alle orecchie. Era un rumore così insistente quello del proprio cuore che galoppava, che copriva quasi quello del respiro e il sibilo della ricetrasmittente rotta.
Doveva sbrigarsi a raggiungere il punto di raccolta. Lui era delle retrovie, e dopo che i gruppi speciali avevano piazzato le mine e le torrette dovevano coprire la fuga ai reparti esperti.
In una parola? Pedine sacrificabili.
Ed essendo lui di stazza “robusta”, la fuga gli era difficile. Ma comunque doveva farcela! Anche se era rimasto notevolmente indietro rispetto al gruppo.
E il brutto era che le cuffie non funzionavano merda!
“Ahh... Che giornata!”
disse una volta in piedi e barcollante. Sporco di fango ma con il fucile ben saldo nelle mani. Per rialzarsi aveva fatto leva sul calcio del fucile, e ora era ben visibile un pataccone di terra che aderiva a quel metallo letale quasi con sfida.
Patacca che lui tolse con un gesto seccato della mano prima di riprendere a correre a più non posso. Lui al momento sperava che non se ne fossero andati senza di lui, che non lo avessero lasciato lì da solo a proteggere quel posto!

E a furia di pensare, non si accorse immediatamente del primo rumore.
Caldo e attutito.
Ma lo sentì poi dopo, appena ripresa la marcia disperata. Quasi insospettito dal primo rumore infatti, aveva smesso di ansimare per il fiato corto e aveva rizzato le orecchie attento.
Isolando tutto in quella foresta.
Isolando i suoi passi che si facevano ora più lenti in quel sentiero melmoso, e isolando sempre di più il ronzio alle orecchie e il respiro affannoso.
Sentendo solo un silenzio così attutito da fare paura.
Poi lo sentì, e questa volta non si sbagliò.
Un ringhio. Un ringhio che sembrava un gorgoglio che veniva da dentro la gola.
A metà strada tra un rumore umano e quello animale. Sembrava provenire da tutte le parti...
Possibile che?!
Inghiottì saliva a secco e si portò il fucile ad altezza d'uomo, se doveva ingaggiare un combattimento con un nemico doveva essere pronto a tutto!

Ancora una volta quindi, cercò di analizzare la situazione e di osservare tutto di quel paesaggio oscuro.
Nulla di anomalo se non quel ringhio che ancora una volta gli fece sentire un tuffo al cuore sempre più doloroso. Sempre più vicino.
Come se ora fosse proprio alle sue spalle...

“CAZZO!!”

Avvertì lo spostamento d'aria quasi in tempo, un'ombra nera e quasi invisibile volò sopra la sua testa ad una velocità folle.
Chinò la testa di colpo avvertendo il pericolo che gli si era parato di fronte, e fece quindi in tempo ad evitare una artigliata seguita poi da un ruggito che pareva quello di un puma.
Il casco tuttavia, venne asportato come se fosse stata una foglia morta dalla sua testa, la violenza del colpo fece sbattere la visiera contro il naso senza però romperlo o altro.
I lunghi capelli castani quindi, si liberarono nell'atmosfera componendo la criniera al loro padrone.
Panico.
Paura primordiale.
Rabbia.
La prima scarica di proiettili la indirizzò praticamente ad un albero ove era passata quella cosa.
Scheggiando la corteccia e facendone volare via i pezzi.
Il piombo dei proiettili sembrava letteralmente bruciare quella pianta da tanto che erano incandescenti.
“Merda” sibilò il soldato, per poi essere ancora una volta distratto da quel sibilo irritante.
Nel silenzio posteriori a quelle mitragliate, quel ringhio si era fatto risentire facendogli gelare la schiena.

Era alla sua destra, ora riusciva a vedere quella cosa.
Nera.
Pelosa.
Grande.
Dagli occhi gialli e selvaggi.
Digrignò i denti fin quasi a spezzarseli il giovane Akimichi, e ruotando il torso di scatto puntò il proprio fucile verso il bersaglio in vista.
Scaricando un'altra pioggia di proiettili.
Il calcio del fucile ebbe un rinculo così potente da provocargli un livido sicuro all'interno del braccio destro.
Il piombo rovente si gettò contro l'ennesimo tronco all'urlo rabbioso del suo possessore.
Ma mancando ancora la creatura che con un agile salto raggiunse i grossi rami superiori facendo leva solo sulle “zampe” posteriori.
Lasciando sul fango nero un solco evidente.

Il soldato rimase spiazzato, con il fiato corto e il cuore in gola non gli pareva vero di essere in assoluta difficoltà. Era come giocare al gatto e al topo e lui era chiaramente il topo!
Quella creatura lì, che ora se ne stava appollaiata a fare le fusa e a muovere piano la lunga e affusolata coda sembrava prenderlo per il culo.
Era una belva, non una fiera.
E non riusciva a capire se catalogare quella creatura antropomorfa tra gli esseri intelligenti come gli umani oppure tra le semplici bestie.
Persino i lineamenti di quello che doveva essere un “volto” erano strani. Con gli occhi decisamente più grandi di quelli di un comune umano.
Schiudeva piano le palpebre lasciandogli quindi vedere le iridi color agata in un evidente atteggiamento rilassato.

Vaffanculo!
Choji odiava essere preso in giro in quel modo! Era peggio di quando gli davano del ciccione!
Deglutì nuovamente saliva e prese coraggio. Smettendo di tremare e osservando serio quella dannata creatura.
Forse era grazie a quelle fusa che si era calmato, ma era chiaro che doveva rimanere con i nervi saldi se non voleva fare una brutta fine.
Era in netto svantaggio.
La radio era rotta.
Era rimasto indietro e dubitava fortemente che il caposquadra si ricordasse pure il suo nome!
In una parola?! Era fottuto.
Ma se doveva morire, sarebbe morto da soldato, cercando di proteggere la preziosa miniera di rame dalle grinfie di quelli del Paese del Vento.
Ancora un sospiro, forse l'ultimo della sua breve esistenza. Prese la mira.
Anche se osservava la creatura all'interno del mirino rosso, quei suoi occhi rimanevano gialli e prepotenti alla sua vista. Era come il tiro al bersaglio, ma doveva rimanere prudente.
Era la prima belva della sua vita d'arme. E forse era pure l'ultima.
“Calma Choji” sussurrò lui, e finalmente si decise a premere il grilletto.

*Click*

Un suono vuoto e inquietante gli rimbombò nelle orecchie.
Un suono che vorresti mai sentire ma che invece ti ritrovi a sentire come la luce del sole in una calda giornata d'estate.
Riprovò ancora, e questa volta lo fece a ripetizione.
E sempre si ritrovò a sentire a ripetizione quel suono blasfemo. Il suono di un caricatore ormai vuoto.
“Merda! MERDA! Non ora!”
E quindi ancora una volta, gli istinti primordiali che era riuscito ad assopire tornarono prepotenti in lui.
Paura.
Rabbia.
Panico.
Voglia di essere lontano da lì.
Voglia di uccidere per non farsi uccidere.
Quella fottuta bestia lo sapeva... Lo sapeva che aveva finito i colpi del caricatore! Li aveva contati tutti mentre erano intenti a giocare!
Non era affatto stupida come creatura, e questa ne era la dimostrazione.

Ora toccò alla creatura reagire, e spalancando quegli occhi alieni guardò quasi divertita il povero soldatino inerme.
Niente fucile, niente arma con cui uccidere! Il gatto aveva disarmato il topo e ora che era stanco era giunto il momento di mangiarselo. E la belva sapeva che i suoi rispettabili padroni avrebbero apprezzato.
Scattò in avanti con gli artigli ben protesi verso il ciccione.
Il ruggito che uscì dalle sue fauci ricordava quello di un giaguaro e di un essere umano nella “oh” finale.
Era tutto come al rallentatore, persino i rumori erano attutiti.
La creatura gridava di un grido spaventoso, incurante dei rami sottili come fruste che gli sferzavano il viso senza tregua.
Essi si spezzavano sul suo corpo senza provocargli dolore alcuno.
E quello sciocco umano, come per imitarlo, gridò anche lui portandosi la mano alla cintura del petto ed estrarne il pugnale da caccia dalla sua fondina verticale.
E puntandolo come una spada verso il nemico invincibile. Il fucile inutilizzabile era stato buttato a terra quasi con irritazione.

“Choji! A terra!”

Poi una voce improvvisa, irruppe in quella scena a rallentatore come un fulmine a ciel sereno.
Una voce di donna che fece spalancare gli occhi ad entrambi gli sfidanti, ma che era ovvio che ormai era troppo tardi per prendere contromisure.
Akimichi conosceva alla perfezione la voce di donna che aveva urlato in quel preciso istante, il gatto mannaro invece no. E ne pagò le care conseguenze.
Con uno scatto il giovane soldato si riparò a terra schiacciando quasi il volto nel fango, mentre un boato e una folata di aria calda gli investì la schiena e il nemico che gli stava balzando addosso.
Solo un urlo, di dolore assoluto, e poi il nulla.
Solo il rumore di carne bruciata.
E appena rialzò lo sguardo verso quello che era una belva – ora letteralmente sventrata da un colpo di lanciagranate e con le viscere bruciate – distrutta dalla furia del suo folle caposquadra.

“C-caposquadra Anko...” balbettò lui, mettendosi in piedi a fatica a causa della pesante armatura.
La donna dinnanzi a lui sorrise quasi spavalda mentre si portava il pesante lanciagranate in spalla come se fosse stato fatto di carta.
Aveva pure lei una armatura antisommossa ma era rotta in più punti da colpi di proiettile e artigliate. Una fascia di garza sporca di sangue le copriva la fronte ma non i capelli ribelli.
Trattenuti a stento da un fermacapelli.
“Credevi davvero che ti avrei lasciato qui Choji?! A divertirti con una belva tutto da solo?!”
Se per alcuni Anko Miratashi poteva sembrare una folle assetata di sangue e maniaca... Credeteci! È davvero così!
Ma tuttavia possedeva un senso parecchio distorto di “amicizia” verso i suoi soldati e sottoposti, e per questo era una tra i migliori soldati di tutto il Paese del Fuoco.
Anche se era una donna inquietante, Choji non poté fare a meno di ringraziarla mentalmente.
“Avanti Akimichi! Torniamo alla nave. Ho appena dato l'ordine di un bombardamento a tappeto su tutta la zona! Non vorrai diventare una palla di lardo allo spiedo vero?!”
no certo che no. E anche se la battuta finale lo avrebbe fatto innervosire parecchio in una situazione differente, annuì deciso alla donna e si decise a seguirla.
Se non potevano avere loro quella miniera di rame, non l'avrebbe avuta nessun altro!

“Bene! Andiamo Akimichi, si va ad Alba city per rifornimenti!”




Bene! Ecco il terzo capitolo ad opera mia! Sorpresi? Confusi?
Beh, qualcosa è stato spiegato no? La trama prende forma, ma ancora non si sa bene il perchè questo mondo sia in guerra! A breve lo saprete! Ad ogni modo ci stiamo organizzando per le coppie!
Non sappiamo bene come organizzarci, dato che abbiamo notato che anche coppie che non ci piacciono particolarmente si trovano in questa trama piuttosto bene!
Però abbiamo bisogno di una vostra opinione! Perchè sennò la smettiamo subito e pure la sottoscritta smette con le sue storie!
E ora lascio la parola a Kurenai88!

Eccomi qui con le risposte alle recensioni del capitolo precedente ^O^

Rinalamisteriosa - In realtà anche Shiho dovrebbe ammazzarli solo che lei vede la loro vita diversamente XDD In ogni caso grazie ^O^
Lady_KuroiNeko - Grazie per aver recensito entrambi i capitoli! Ha fatto molto piacere sia a me che a Elder ^O^
Ecco TwT solo due...

Ringraziamo:
1 - DarkRose86
2 - ery twohands
3 - inuziku_rukiaXP
4 - kymyit
5 - Lady_KuroiNeko
6 - michy25
7 - Ricklee
8 - Shizuki
9 - SkyEventide
10 - Targul
11 - uchiha_girl

Che hanno messo la fic tra i preferiti - sono ben 11 ma perchè non recensite?!
Alla prossima!

  
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