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Autore: _Lollipop_    16/05/2015    1 recensioni
Marzo. Un assassino sta devastando Berlino, uccidendo giovani donne brutalmente. Il detective Tom Kaulitz è deciso a fermarlo, eppure il killer è scaltro e sicuro di sé. Ma una ragazza speciale entrerà nella vita del detective, sconvolgendola, e il suo nemico non ha pietà per nessuno...
Una storia diversa dalle altre che tratta i temi principali della vita: amore e morte.
Genere: Drammatico, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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Capitolo 3:  Hero

 

Le lezioni erano terminate, era finalmente il momento della pausa pranzo. Amaya prese al guinzaglio la sua cagnolina e si diresse in centro, decisa a saltare le ore pomeridiane. Capitava spesso che portasse Belle in università, lasciandola alla compagna esperta cinofila che si esercitava con la cagnolina.

La giornata era piuttosto fresca, nonostante fosse mezzogiorno. La mora si chiuse nel lungo cappotto scuro e si avvolse la sciarpa blu attorno al collo, camminando sul marciapiede per raggiungere il parco amato da Belle. Aveva deciso di uscire prima e di fare una passeggiata con la sua cara cagnolina per sfogare il suo nervosismo. In mattinata, si era vista con Bart per un caffè prima che le lezioni ricominciassero. Da un paio di settimane aveva dubbi sulla loro relazione, ma cercava di andare avanti fingendo che tutto fosse a posto. Eppure, quella mattina, aveva capito che qualcosa si era spezzato tra loro. Le cose non funzionavano più così bene come un tempo e, per la prima volta in tre anni, aveva seriamente riflettuto sul chiudere definitivamente quella storia. Ricordava perfettamente come si era sentita dopo le parole che lui le aveva rivolto qualche ora prima: “se non vieni ci andrò con qualcun'altra”. Amaya grugnì al solo pensiero di quella esclamazione. Le sembrava assurdo aver litigato solo perché lei non voleva andare ad una stupida festa di universitari. Più ci pensava, più capiva quanto la loro relazione fosse agli sgoccioli. Belle abbaiò, scuotendola dai suoi pensieri. L’husky puntò con il tartufo il parco a qualche metro da loro e cominciò a tirare per raggiungerlo più velocemente, scodinzolando felice. Tentando di trattenere il cane, Amaya inciampò nel marciapiede, cadendo, e il guinzaglio le sfuggì di mano. Un verso di dolore le uscì dalle labbra. Ma non aveva tempo di preoccuparsi della botta. Spaventata all’idea che Belle potesse finire sotto una macchina, si rialzò di corsa ma di lei non c’era traccia.

-Belle!- urlò, cercando di richiamarla a sé. Mentre la preoccupazione le attanagliava lo stomaco, pensò di dirigersi al parco. La chiamò un’altra volta ma lei non arrivava. Proprio mentre cominciava a pensare al peggio, avvertì un abbaiare a lei molto famigliare. Si voltò e corse in quella direzione. La vide in lontananza e, a quel punto, tirò un sospiro di sollievo vedendo la sua cagnolina accucciata sull’erba. Poi, si accorse del ragazzo seduto accanto a lei che teneva stretto il guinzaglio. Corrugò la fronte, era sicura di conoscerlo.

-Credo che ti sia scappata- esclamò, tirandosi in piedi e porgendole il guinzaglio che teneva tra le mani. Aveva un dolce sorriso e le gote leggermente arrossate.

-Grazie. Lei è il poliziotto del caso di Julia…- lui sorrise, felice che si ricordasse.

-Chiamami Tom. E non darmi del lei- Amaya abbassò il viso timidamente, apparendo estremamente tenera agli occhi del ragazzo. Allungò la mano verso di lui, rendendo ufficiale la presentazione.

-Io sono…-

-Amaya- continuò lui, dopo averla interrotta. Le strinse la mano e il suo viso assunse un velo di imbarazzo, vedendo l’espressione sorpresa di lei; -Il cartellino sul grembiule da lavoro- continuò, ritirando la mano con un mezzo sorriso e grattandosi la nuca. Lei sorrise, gentile, trovandolo molto dolce.

-Ti presento Belle- esordì, dopo un breve silenzio, dando una pacca leggera sul muso della cagnolina intenta a rosicchiare la palla che la padrone le aveva lasciato.

-Ѐ davvero bellissima- si chinò all’altezza della cagnolina porgendole la mano, affinché l’annusasse. Belle allungò il naso verso la mano, l’annusò con noncuranza, dunque tornò a rosicchiare il suo giocattolo senza degnarlo di altre attenzioni.

-Già, bella quanto vanitosa- Tom ridacchiò e si rimise in piedi, senza forzare nuovamente il cane.

-Oggi, giornata libera, ispettore?- lui le lanciò un’occhiata ammonitrice e lei si corresse velocemente con un sorriso; -Volevo dire, Tom-

-In teoria, avrei la giornata libera… In pratica, sono andato in centrale per prendere dei documenti da studiare a casa- Amaya rise e Tom fu incantato dal suono di quella risata. Lei prese il guinzaglio di Belle e si diresse verso una panchina, facendo cenno a Tom di seguirla.

-Hai un nome particolare- sentenziò, con curiosità. Lei annuì ed entrambi si sedettero sulla panchina.

-Mia madre è antropologa. Ha studiato molte culture. Il mio è un nome giapponese, significa “Pioggia nella notte”- tolse il guinzaglio a Belle, lasciandola con la pettorina, e le lanciò la palla.

-In effetti, è un bellissimo nome con un bellissimo significato. Amaya…- Belle corse verso di loro masticando la pallina colorata. La ragazza la prese dalla bocca del cane e la lanciò di nuovo.

-No. Chiamami Amy-

-Va bene… Amy- sorrise. Belle tornò verso di loro. La mora le prese nuovamente la palla e, questa volta, la passò a Tom, intimandogli di provare. Lanciò la palla all’animale, che abbaiò contenta mentre la prendeva al volo.

-Fai qualcos’altro, oltre a lavorare alla tavola calda?- le domandò, curioso.

-Sì, studio Medicina Veterinaria. Sono al terzo anno. Ho ancora molto davanti a me- ridacchiò. Tom annuì, interessato.

-Sei una brava persona. Chi ama a tal punto gli animali, deve esserlo per forza- Amaya sorrise, abbassando lo sguardo, con una punta di imbarazzo. Aprì la bocca per rispondere, ma un urlo attirò la sua attenzione. I due ragazzi si voltarono verso l’altro lato della strada, nella direzione del suono. Altre urla si levarono. Amaya aggrottò la fronte, mentre Tom era già scattato in piedi. Una scura nube di fumo si allargò da un palazzo. Amaya affiancò Tom e, di fretta, rimise il guinzaglio a Belle.

-Devo vedere che succede- disse, poco prima di correre al di là della strada. Alcune persone erano radunate davanti all’entrata e parlavano animatamente tra loro. Altre uscirono di corsa dal palazzo. Due signori anziani corsero fuori, tossendo. Poi uscì un uomo con una donna in braccio che tossiva con forza. Tom gli si avvicinò, chiedendo se stavano bene. Sembravano scossi ma non feriti. La donna continuava a tossire, tentando di parlare.

-Mia figlia- tossì; -Vi prego, aiutatela, è ancora dentro. Al secondo piano- urlò tra la tosse e le lacrime. Tom si voltò verso Amaya, che nel frattempo l’aveva raggiunto.

-Chiama i pompieri- disse di fretta, subito dopo si lanciò all’ingresso.

L’ispettore si lanciò all’interno dell’edificio, coprendosi la bocca e il naso con un fazzoletto. Lanciò qualche colpo di tosse mentre correva sulle scale, diretto al secondo piano.

-Ehi!- urlò; -C’è qualcuno?- nessuna risposta, solo il crepitare del fuoco che inghiottiva tutto intorno a lui. Tossì di nuovo, con gli occhi offuscati dal fumo.

-Piccola, dove sei? Sono un poliziotto- riprovò. Una voce flebile giunse alle sue orecchie. Fu solo un sussurro. Tom si voltò dove proveniva la voce, ma il corridoio era lunghissimo e le stanze troppo numerose.

-Piccola, fai un rumore. Batti su qualcosa- udì un forte colpo di tosse, si preoccupò. Finalmente avvertì dei colpi. Cominciò a correre con la vista che non poteva più aiutarlo e l’ossigeno che cominciava a mancare. Doveva sbrigarsi.

-Continua a battere piccola, continua- urlò di nuovo. I colpi non smisero e lui cominciò a correre sentendo quel suono. Il rumore dei suoi colpi di tosse, si confondeva con quello del fuoco e dei colpi al muro. Le lacrime bagnavano la vista. Il fumo lo avvolgeva. Temeva di non farcela.

-Aiuto- fu un sussurro, ma bastò a Tom per cominciare a correre. Avvertì i colpi più vicini e finalmente si fermò davanti a una porta chiusa.

-Sono qui piccola, stai lontana dalla porta- prese un respirò e calciò la porta. Bastarono due colpi e questa cadde rovinosamente. La nube nera era sempre più alta. Tom sentiva mancare le forze. Doveva pensare in fretta, doveva salvare quella bambina. Si coprì gli occhi, cercando la piccola tra le macerie. Vide una chioma bionda, accanto al muro, coperta dall’intonaco del soffitto che era caduto. Corse da lei.

-La prego, mi aiuti- pianse.

-Sono qui, piccola. Ora usciamo- sussurrò, togliendole ciò che la copriva.

-La mia gamba- disse con una smorfia. Tom la scoprì e guardò l’arto: era rotto.

-Ok, tesoro come ti chiami?- domandò, cominciando a prenderla tra le braccia.

-Beatrice- mormorò tra le lacrime. Tom si sollevò, stringendola, ma le sue gambe cominciavano a cedere.

-Va bene, Beatrice. Ascoltami. Noi usciamo da qui, devi chiudere gli occhi e coprirti il viso con la mia maglietta. Va bene piccola?- la bimba annuì e fece come le aveva detto. Lui aveva paura. Si guardò in giro e lo sguardo cadde sulla finestra. Era l’unica soluzione. Corse alla finestra e la alzò. La folla sotto li guardava, urlando. I pompieri erano appena arrivati e stavano cercando di spegnere il fuoco.

-Ehi!- urlò; -La bambina! Prendete la bambina!- i pompieri corsero verso di lui con la scala. Caricò la piccola tra le braccia, intimandole di respirare ma lei era debole e faticava.

-Bea, stai sveglia! Resta sveglia, respira tesoro. Respira- le intimò, tenendola fuori. Gli agenti posizionarono la scala e uno di loro cominciò a salire. Finalmente, Tom si sentì più tranquillo e ignorò le lingue di fuoco che si alzavano dietro di lui. Porse la bambina all’uomo che gli domandava se stessero bene. Prima che Tom potesse rispondere, Beatrice si strinse al suo petto.

-Non lasciarmi, non lasciarmi- singhiozzò. Tom sorrise, osservandole il volto coperto di lacrime e fuliggine.

-Bea, devi andare con questo signore che ti porterà dalla tua mamma. Stai tranquilla, piccola. Sei salva- lei annuì, con gli occhi lucidi e il labbro inferiore di fuori.

-Grazie- sussurrò a voce così bassa che Tom non era certo l’avesse detto davvero. Lei sorrise leggermente, mentre l’uomo scendeva gli scalini, salutando con la sua manina da bimba di cinque anni. Quando raggiunsero terra, Tom salì sulla scala, scendendo a sua volta. I pompieri lo raggiunsero subito, posandogli una mascherina sulla bocca. Sorrise, mentre lo accompagnavano sul furgone dell’ambulanza per controllarlo: tutti erano salvi.

 

  
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