Rieccomi, dopo tanto tempo, con un nuovo capitolo della mia fic ambientata nel mondo del pattinaggio!
Lo so, l'aggiornamento procede in maniera lentissima, ma vi assicuro che faccio del mio meglio! Abbiate fiducia, prima o poi arriveremo alla fine!
Prima di lasciarvi alla storia, permettemi di ringraziare di cuore Lady_me, Kaoru e Akiko che hanno recensito tanto generosamente lil capitoletto precedente! Un grazie particolare va proprio a quest'ultima per le indicazioni e i suggerimenti, tanto più preziose per chi, come me, il mondo del ghiaccio lo vive da spettatrice! GRAZIE!
A tutti i lettori rivolgo, ancora una volta, la preghiera di perdonare i miei errori... Che volete farci, non sono Carolina! ;D
E ora basta con le ciance, buona lettura!
Ah, come sempre, se mi lascerete un commentino mi farete un enorme piacere!
M.
Nove
Rivincita
Una
volta che ebbe ritrovato la fiducia in se stessa, quella giornata di
prove non
le apparve più così disastrosa e con essa anche
il suo umore migliorò
sensibilmente.
Emma
aveva deciso di provarci e non stava più nella pelle. Con
l’adrenalina a due
mila si era avviata al Palazzetto, per il secondo turno di practices. Al fianco di un Tobias
rinfrancato dal recente lauto
pasto, raggiunse la pista pronta a darsi da fare, per dimostrare che,
sebbene
non detenesse alcun titolo, era stata capace di conseguire elevati
progressi
nell’ultimo periodo, grazie ai quali meritava di partecipare
a quella celebre
manifestazione nella stessa misura di tutte le altre pattinatrici
più blasonate
di lei.
«Sei
pronta a fare sul serio?» le domandò Tobias,
estraendo dalla borsa i suoi
pattini.
Emma
annuì senza parlare, ben sapendo che qualsiasi parola
sarebbe stata superflua.
«Cerca
di non dare spettacolo» aggiunse serio il suo allenatore.
«Per quello c’è il Gala».
Tanto
per non mettermi pressione,
pensò la ragazza
entrando in pista.
Quell’ovale
ghiacciato era una meraviglia: le lame erano libere di scivolare a loro
piacimento ed acquistare velocità non le era mai sembrato
così facile. La
superficie era stata levigata perfettamente ed era talmente trasparente
che ci
si poteva quasi specchiare.
Emma
saggiò la consistenza del ghiaccio con qualche salto di
riscaldamento, facendo
attenzione a non mostrare troppo. Tobias era stato molto chiaro in
proposito:
durante le prove era preferibile non esibire i propri esercizi
migliori, né
mettere in scena l’intera coreografia.
Naturalmente
questi consigli non valevano se eri un campione: uno come
Sei-punto-zero poteva
permettersi di rimanere seduto a gambe incrociate in mezzo alla pista
per tutta
la durata dell’allenamento, o altrimenti di sfoggiare un
quadruplo axel
perfettamente atterrato. Uno come lui non aveva certamente bisogno del
fattore
sorpresa, che invece era tutto ciò di cui disponeva una come
lei.
Intenta
com’era a ripassare mentalmente la coreografia, immaginando
di eseguirla entro
i confini di quella pista, il cui diametro era nettamente
più ampio di quella
di casa sua, quasi non si era accorta
dell’identità delle sue compagne di
allenamento. Ad Emma bastò gettare una rapida occhiata
attraverso l’anello ghiacciato
per rendersi conto che qualcosa era cambiato rispetto agli allenamenti
della
mattina: tutte le atlete che stavano provando i loro esercizi in quello
stesso
momento avevano gli occhi a mandorla.
Ferma
in centro alla pista, Emma potè ammirare l’ottimo
triplo toeloop della Kim,
coreana di nascita, poi naturalizzata americana per un mix da medaglia
d’oro.
Accanto alla balaustra a colloquio con la propria allenatrice
c’era la Inoue,
idolo di casa e podio assicurato. Impegnata nella sequenza di passi
circolare
si riusciva appena ad intravedere la minuscola Lín,
pechinese d.o.c. e campionessa
del mondo in carica.
Emma
si sentì tremare le gambe e si avvicinò perplessa
a Tobias che stava fissando
la piccola campionessa con uno sguardo da far invidia a Madame Curie.
«Eccezionale
bilanciamento, espressività drammatica, gambe
d’acciaio» disse tra i denti,
senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso. «Peccato»
lo sentì sospirare poco dopo.
Non
appena Tobias ebbe riportato la propria attenzione sulla sua atleta,
Emma gli rivolse
uno sguardo preoccupato.
«Sì,
me ne sono accorto subito» la anticipò, intuendo
quanto l’avesse spiazzata
essere stata accorpata al gruppo delle migliori.
«Ti
hanno messa tra i Giganti» continuò, «ma
non credo sia indicativo».
Grazie,
cafone!
«Tieni
gli occhi sulle tue lame e andrà tutto bene!» le
disse, posandole una mano sulla spalla in un gesto amichevole che la
colse
completamente di sorpresa.
«Che
ti succede, Tobias?» domandò subito Emma, con un
sorrisetto ironico.
L’allenatore
sembrò riscuotersi subito, perché la
ricacciò immediatamente in pista, tuonando un poco
lusinghiero «Riporta il tuo
pachidermico didietro sul ghiaccio!».
Eseguendo
l’ordine strillatole da Tobias, Emma non potè
tuttavia trattenersi dall’azzardare uno sguardo alle sue
compagne, rimpiangendo
all’istante di essere caduta in una simile tentazione. Per un
attimo andarsi a
sedere sulle gradinate e rinunciare alla gara le sembrò la
cosa più sensata da
farsi, perché davvero ciò che si stava esibendo
sul ghiaccio in quel momento
era quanto di meglio si potesse trovare sul pianeta.
Manca
solo la
Baruskaya e avremmo fatto l’en plein,
si ritrovò a pensare l’italiana,
percorrendo rapidamente un giro di pista ed eseguendo un triplo flip
nell’angolo lontano dai fotografi.
Fingendo
di non notare l’espressione accigliata di
Tobias, che non condivideva tanto impegno durante i turni di practices,
Emma
spostò lo sguardo sugli spalti e per poco non le prese un
colpo: accomodata nel
primo anello sedeva la nazionale russa. Al
completo.
Andreij
Urbonas
Tatiana
Vasilyeva.
Alekseji
Sokolov.
Alekseji
Petrov.
Masha
Liukina
Elena
Baruskaya.
E,
naturalmente, Sei-punto-zero.
Tutti
bellissimi nella loro uniforme bianca e rossa nuova
fiammante, tutti inavvicinabili con quel cipiglio polare sulla faccia,
tutti inguaribilmente
annoiati. La Baruskaya ad un certo puntò appoggiò
pigramente la testa sulla
spalla di Sei-punto-zero e chiuse addirittura gli occhi, perdendosi in
questo
modo la vista di migliaia di sguardi femminili che si posavano
indignati su di
lei.
«She...
bitch!
How ... dare... ?!» si infuriò subito la cinesina,
passando velocemente sotto
alla postazione russa. «I’m number one! He is mine!».
Già,
peccato che
l’amore non sia un fatto di numeri...
si ritrovò a pensare Emma, rinunciando
però all’idea di provare a spiegare la propria
teoria alla sua compagna di
allenamento.
Quando
però la biondina super titolata allungò un
braccio
per passarlo attorno alle spalle del campione seduto accanto a lei, pur
sentendosi immensamente stupida, non poté impedire al
proprio volto di
contrarsi in una evidente espressione incollerita.
«Now I’m gonna kick her ass!!!»
sentì
giurare l’americana, che interruppe la sua trottola per
tentare di incenerire
con lo sguardo l’atleta russa.
«Are
they going out?» si informò invece la giapponese,
più contenuta nella propria reazione di disappunto.
«No
idea» replicò Emma, incrociando il suo sguardo. «Perhaps, they’re only
friends!».
«She... bitch!».
La
piccola campionessa del paese dei dragoni si era unita
a loro, solo per rinnovare a voce decisamente troppo alta il proprio
inappellabile giudizio.
La
giapponese si ritrovò ad annuire, prima ancora di
rendersi conto di essere stata imperdonabilmente scortese.
«I
didn’t mean...» provò a difendersi, ma
poi si allontanò
rossa in faccia, senza concludere la frase.
Rimproverandosi
per aver lasciato girovagare i propri
pensieri a briglia sciolta, impicciandosi in faccende che non la
riguardavano,
Emma si sforzò di riprendere pieno possesso della propria
concentrazione, ma i
suoi tentativi furono annientati da un poderoso abbraccio che le
circondò la
vita, mentre due labbra impertinenti le scoccavano un bacio ardente
alla base
della nuca, approfittando della scollatura della sua tenuta da
allenamento.
«Ciaò bellezza!»
L’inequivocabile
accento transalpino da cui furono
pronunciate quelle due semplici parole la mandò su tutte le
furie.
«lasciami!»
intimò immediatamente, cercando al contempo di sciogliersi
dall’abbraccio
stritolatore in cui era stata fatta prigioniera.
Finalmente
riuscì a liberarsi tanto da poter affrontare
lo sguardo ribelle di Michel Leblanc, pattinatore di punta della
nazionale
francese, nonché campione europeo in carica.
«Ricordamelo...»
fece il ragazzo, incurante delle grida
che arrivavano dal bordo della pista. «Come mai ci siamo
lasciati?»
«Perché
ti ho beccato con un’altra?!» suggerì
Emma,
alzando gli occhi al cielo.
«E
non ti sei mai pentita?»
«Esci
di qui!» lo rimproverò la ragazza, facendo per
allontanarsi,
ma lui la trattenne.
«Non
sei ancora riuscita a dimenticarmi, vero?!»
«Abbassa
la cresta, Michel!» sibilò Emma. «E
tieni giù le
zampe!» completò, visto che il francese aveva
riprovato a baciarla.
«security!!!»
gridò la ragazza senza pensare, ma guardandosi intorno
notò che tre quarti
degli addetti del Palazzetto erano già stati allertati e
scalpitavano a bordo
pista. Lusingata da tanta attenzione, Emma si vergognò di
aver scatenato tutto
quel pandemonio. «I can handle it!»
disse alzando il pollice nella loro direzione, ma una risata di scherno
la
costrinse a voltarsi nuovamente verso il francese.
«Non
sono preoccupati per te!» le spiegò il francese
con
una punta di soddisfazione. «E’ solo che sono
entrato con le scarpe». Emma
spostò istintivamente il proprio sguardo sui piedi del
ragazzo, notando per la
prima volta che non indossava i pattini, ma un paio di scarpe da tennis.
«Sei
impazzito?!» gridò scandalizzata, senza riuscire a
nascondere il rossore che le si era dipinto sulle guance.
«L’ho
fatto per te! Volevo salutarti, sono appena
arrivato!».
«Per
quanto mi riguarda, potevi evitarti il disturbo!».
«Dunque
ti piaccio ancora così tanto?» la
canzonò il
campione.
Il
ragazzo non aveva ancora terminato di ridere che una
potente manata sulla schiena lo fece cadere bocconi sul ghiaccio.
«Stalle
lontano, lurido verme!».
Tobias
aveva indossato i pattini e li aveva raggiunti
sulla pista per dare una lezione a quel galletto francese.
«Ehi,
non ti scaldare tanto, gorilla!» esclamò Michel,
lottando leggermente per rimettersi in piedi.
«Ti
aspetto in camera mia, stasera!» aggiunse rivolto ad
Emma, avviandosi finalmente ai cancelletti seguito a ruota da Tobias,
ben
deciso a controllare le sue mosse.
Emma
sperò con tutte le sue forze che quella scena
indecorosa fosse passata inosservata, ma una rapida occhiata in giro le
chiarì
immediatamente come non ci fosse una sola persona in tutto il
Palazzetto che
non l’avesse seguita attentamente dal principio alla fine.
Le
facce delle altre atlete esprimevano sentimenti
contrastanti, che variavano dallo stupore al biasimo e certo la
pantomima
organizzata dal caro Michel non doveva averla aiutata a catturarsi le
simpatie
di quel pubblico tanto composto.
Facendo
il giro della pista si ritrovò a scommettere che
tutti i presenti dovevano ormai aver dimenticato l’audacia
della Baruskaya, che
li aveva fatti sobbalzare solo qualche minuto prima. Riprendendo il
proprio
allenamento, Emma ricominciò a muoversi attraverso la pista,
notando come le
altre atlete evitassero il suo sguardo. Cercando di controllare la
propria ira,
la ragazza rivolse uno sguardo alla tribuna russa, sperando di
riguadagnare la
calma grazie alla vista dei loro contegni imperturbabili.
Invece,
qualcosa la fece trasalire. Gli occhi di tutti
esprimevano quello stesso tedio che sembrava essersi inesorabilmente
impadronito di loro non appena avevano messo piede nel Palazzetto.
Eppure uno
di quegli sguardi mancava all’appello. Non poteva essere
altrimenti, perché gli
occhi di Sei-punto-zero erano incredibilmente puntati su di lei.
Emma
abbassò immediatamente i propri, avvertendo
all’istante il medesimo senso di vergogna che avrebbe provato
inciampando nella
sequenza di passi in linea retta.
Per
liberarsi da quel terribile senso di oppressione,
causatole da una disapprovazione tanto grave quanto immeritata, decise
di
eseguire una combinazione.
Si
posizionò rapidamente e senza pensarci troppo si
lanciò in un 3-3-3, che finì col lasciarla senza
fiato, ma soprattutto con la
bocca aperta: l’atterraggio era stato da manuale.
Alzando
gli occhi con aria di sfida verso la postazione
bianca e rossa, notò che colui di del quale, più
che di ogni altro, le
interessava guadagnarsi il rispetto, aveva abbandonato i suoi compagni.
Fu
perciò con una certa delusione che la ragazza
eseguì un paio di trottole con
cambio di filo, avviandosi poi ai cancelletti per scambiare qualche
parola con
Tobias.
«Mi
hai vista, poco fa?» chiese all’indirizzo del suo
allenatore, sicura che non le avrebbe risparmiato le proprie critiche
spietate,
nonostante la sua combinazione fosse riuscita perfettamente.
Tobias
però non le rispose; apparentemente non sembrava
averla neppure udita, intento com’era a concentrare tutta la
propria attenzione
sul suo interlocutore.
Ti
credo.
Tobias stava
discutendo con Sei-punto-zero.
Mentre
i suoi pensieri vagliavano rapidamente tutti i
possibili motivi che potevano aver spinto lo Zar a lasciare la propria
poltroncina, farsi due piani di scale e raggiungere il suo allenatore
che, a
dirla tutta, non era poi così famoso, le sue mani andarono
ai suoi capelli,
legati malamente in una rozza coda, ormai semi-distrutta dopo tutti
quei salti.
Fu
lui il primo a parlare.
Le
sorrise anche, mentre Tobias spostava lo sguardo
incredulo dall’uno all’altro.
«Hi!» la salutò.
« Do you
remember me? I was the boy that, two days ago, treated you in that
horrible
way».
Le
orecchie di Tobias si fecero visibilmente più tese,
cosicché Emma si ritrovò costretta a vincere
rapidamente il proprio sconcerto e
a mettere insieme qualche parola.
«Don’t
worry».
«What
happened?» si intromise infatti l’allenatore, a cui
la sua risposta non era evidentemente apparsa sufficiente.
«Oh,
nothing...» si affrettò a spiegare la ragazza. «He was very gentleman-like... He
opened the door for
me».
«And I mistook you for some
skater’s girlfriend» confessò
Sei-punto-zero, diventando rosso. «I’m so
sorry».
«You don’t need to be. No
offence».
Emma
rivolse uno sguardo ansioso alla pista, mostrando
come ogni fibra del suo essere desiderasse scappare da quella
conversazione
surreale per ritornare nel mondo normale.
«So you are not angry?»
insistette
il ragazzo.
«No, I’m not».
Sei-punto-zero
le tese la mano, regalandole un sorriso
quasi infantile.
«But I’d like to
apologize».
«You don’t need to, I
assure
you».
Emma
strinse la sua mano, cercando di apparire disinvolta
ed imponendosi di non pensare a quanto stava accadendo.
La
stretta del campione si rivelò più calorosa del
previsto, lasciandola completamente scombussolata.
«So...
friends?».
La
voce di Sei-punto-zero appariva inspiegabilmente tesa.
Amici?
Lo Zar voleva
veramente fare amicizia con lei? Emma non riusciva a credere alle sue
orecchie.
Tutto questo non aveva senso.
«If you aren’t offended,
then ... why not?»
La
ragazza spalancò gli occhi: il campione aveva preso il
suo silenzio come un segno di reticenza!
«Ok... friends!»
assicurò
quindi Emma, desiderando con tutta se stessa che ci fosse una
telecamera da
qualche parte, intenta a riprendere la scena.
Sei-punto-zero
le strinse ancora la mano e con un ultimo
cenno di saluto tornò ad arrampicarsi sulle gradinate, ma
non raggiunse la sua
squadra: per una qualche ragione preferì accomodarsi
più vicino alla pista, come
se volesse osservare meglio l’allenamento delle ragazze.
Ancora
frastornata Emma si allontanò dalla balaustra
senza osare rivolgere uno sguardo a Tobias, che senza dubbio
l’avrebbe
sottoposta ad un terzo grado non appena avessero raggiunto gli
spogliatoi.
La
sua mente faticava a riprendere il controllo, tanto
che non si accorse che tutte le pattinatrici presenti al momento sulla
pista
l’avevano circondata con aria minacciosa.
«Why was
Six-point-zero talking to you?»
le domandò
l’americana a bruciapelo, riassumendo nella sua espressione
sospettosa i dubbi
che dovevano affollare i pensieri di tutte le ragazze dello stadio.
Senza
sapere cosa dire, Emma pensò di evitare qualunque
conversazione, ma la campionessa cinese le impedì di
sgattaiolare via. «hei!»
la sgridò, afferrandole un
braccio.
«I
think he confused me with another person...» si
sentì allora
pronunciare, complimentandosi all’istante con se stessa per
la risposta
tempestiva.
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