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Autore: menestrella 07    03/01/2009    2 recensioni
«Ricordamelo...» fece il ragazzo, incurante delle grida che arrivavano dal bordo della pista. «Come mai ci siamo lasciati?» «Perché ti ho beccato con un’altra?!» suggerì Emma, alzando gli occhi al cielo. III capitolo online! PROSSIMO AGGIORNAMENTO IN DATA DA DESTINARSI!
Genere: Generale, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi, dopo tanto tempo, con un nuovo capitolo della mia fic ambientata nel mondo del pattinaggio!

Lo so, l'aggiornamento procede in maniera lentissima, ma vi assicuro che faccio del mio meglio! Abbiate fiducia, prima o poi arriveremo alla fine! 

Prima di lasciarvi alla storia, permettemi di ringraziare di cuore Lady_me, Kaoru e Akiko che hanno recensito tanto generosamente lil capitoletto precedente! Un grazie particolare va proprio a quest'ultima per le  indicazioni e i suggerimenti, tanto più preziose per chi, come me, il mondo del ghiaccio lo vive da spettatrice! GRAZIE!  

A tutti i lettori rivolgo, ancora una volta, la preghiera di perdonare i miei errori... Che volete farci, non sono Carolina! ;D

E ora basta con le ciance, buona lettura!

Ah, come sempre, se mi lascerete un commentino mi farete un enorme piacere! 

                                                                                  M.

Nove

Rivincita

 

 

 

Una volta che ebbe ritrovato la fiducia in se stessa, quella giornata di prove non le apparve più così disastrosa e con essa anche il suo umore migliorò sensibilmente.

 

 

Emma aveva deciso di provarci e non stava più nella pelle. Con l’adrenalina a due mila si era avviata al Palazzetto, per il secondo turno di practices. Al fianco di un Tobias rinfrancato dal recente lauto pasto, raggiunse la pista pronta a darsi da fare, per dimostrare che, sebbene non detenesse alcun titolo, era stata capace di conseguire elevati progressi nell’ultimo periodo, grazie ai quali meritava di partecipare a quella celebre manifestazione nella stessa misura di tutte le altre pattinatrici più blasonate di lei.

 

 

«Sei pronta a fare sul serio?» le domandò Tobias, estraendo dalla borsa i suoi pattini.

Emma annuì senza parlare, ben sapendo che qualsiasi parola sarebbe stata superflua.

«Cerca di non dare spettacolo» aggiunse serio il suo allenatore. «Per quello c’è il Gala».

Tanto per non mettermi pressione, pensò la ragazza entrando in pista.

 

 

Quell’ovale ghiacciato era una meraviglia: le lame erano libere di scivolare a loro piacimento ed acquistare velocità non le era mai sembrato così facile. La superficie era stata levigata perfettamente ed era talmente trasparente che ci si poteva quasi specchiare.

Emma saggiò la consistenza del ghiaccio con qualche salto di riscaldamento, facendo attenzione a non mostrare troppo. Tobias era stato molto chiaro in proposito: durante le prove era preferibile non esibire i propri esercizi migliori, né mettere in scena l’intera coreografia.

 

 

Naturalmente questi consigli non valevano se eri un campione: uno come Sei-punto-zero poteva permettersi di rimanere seduto a gambe incrociate in mezzo alla pista per tutta la durata dell’allenamento, o altrimenti di sfoggiare un quadruplo axel perfettamente atterrato. Uno come lui non aveva certamente bisogno del fattore sorpresa, che invece era tutto ciò di cui disponeva una come lei.

 

 

Intenta com’era a ripassare mentalmente la coreografia, immaginando di eseguirla entro i confini di quella pista, il cui diametro era nettamente più ampio di quella di casa sua, quasi non si era accorta dell’identità delle sue compagne di allenamento. Ad Emma bastò gettare una rapida occhiata attraverso l’anello ghiacciato per rendersi conto che qualcosa era cambiato rispetto agli allenamenti della mattina: tutte le atlete che stavano provando i loro esercizi in quello stesso momento avevano gli occhi a mandorla.

 

 

Ferma in centro alla pista, Emma potè ammirare l’ottimo triplo toeloop della Kim, coreana di nascita, poi naturalizzata americana per un mix da medaglia d’oro. Accanto alla balaustra a colloquio con la propria allenatrice c’era la Inoue, idolo di casa e podio assicurato. Impegnata nella sequenza di passi circolare si riusciva appena ad intravedere la minuscola Lín, pechinese d.o.c. e campionessa del mondo in carica.

 

 

Emma si sentì tremare le gambe e si avvicinò perplessa a Tobias che stava fissando la piccola campionessa con uno sguardo da far invidia a Madame Curie.

«Eccezionale bilanciamento, espressività drammatica, gambe d’acciaio» disse tra i denti, senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso. «Peccato» lo sentì sospirare poco dopo.

Non appena Tobias ebbe riportato la propria attenzione sulla sua atleta, Emma gli rivolse uno sguardo preoccupato.

 

 

«Sì, me ne sono accorto subito» la anticipò, intuendo quanto l’avesse spiazzata essere stata accorpata al gruppo delle migliori.

«Ti hanno messa tra i Giganti» continuò, «ma non credo sia indicativo».

Grazie, cafone!

«Tieni gli occhi sulle tue lame e andrà tutto bene!» le disse, posandole una mano sulla spalla in un gesto amichevole che la colse completamente di sorpresa.

«Che ti succede, Tobias?» domandò subito Emma, con un sorrisetto ironico.

L’allenatore sembrò riscuotersi subito, perché la ricacciò immediatamente in pista, tuonando un poco lusinghiero «Riporta il tuo pachidermico didietro sul ghiaccio!».

 

 

Eseguendo l’ordine strillatole da Tobias, Emma non potè tuttavia trattenersi dall’azzardare uno sguardo alle sue compagne, rimpiangendo all’istante di essere caduta in una simile tentazione. Per un attimo andarsi a sedere sulle gradinate e rinunciare alla gara le sembrò la cosa più sensata da farsi, perché davvero ciò che si stava esibendo sul ghiaccio in quel momento era quanto di meglio si potesse trovare sul pianeta.

 

 

Manca solo la Baruskaya e avremmo fatto l’en plein, si ritrovò a pensare l’italiana, percorrendo rapidamente un giro di pista ed eseguendo un triplo flip nell’angolo lontano dai fotografi.

 

 

Fingendo di non notare l’espressione accigliata di Tobias, che non condivideva tanto impegno durante i turni di practices, Emma spostò lo sguardo sugli spalti e per poco non le prese un colpo: accomodata nel primo anello sedeva la nazionale russa. Al completo.

 

Andreij Urbonas

Tatiana Vasilyeva.

Alekseji Sokolov.

Alekseji Petrov.

Masha Liukina

Elena Baruskaya.

E, naturalmente, Sei-punto-zero.

 

 

Tutti bellissimi nella loro uniforme bianca e rossa nuova fiammante, tutti inavvicinabili con quel cipiglio polare sulla faccia, tutti inguaribilmente annoiati. La Baruskaya ad un certo puntò appoggiò pigramente la testa sulla spalla di Sei-punto-zero e chiuse addirittura gli occhi, perdendosi in questo modo la vista di migliaia di sguardi femminili che si posavano indignati su di lei.

 

 

«She... bitch! How ... dare... ?!» si infuriò subito la cinesina, passando velocemente sotto alla postazione russa. «I’m number one! He is mine!».

 

 

Già, peccato che l’amore non sia un fatto di numeri... si ritrovò a pensare Emma, rinunciando però all’idea di provare a spiegare la propria teoria alla sua compagna di allenamento.

 

 

Quando però la biondina super titolata allungò un braccio per passarlo attorno alle spalle del campione seduto accanto a lei, pur sentendosi immensamente stupida, non poté impedire al proprio volto di contrarsi in una evidente espressione incollerita.

 

 

«Now I’m gonna kick her ass!!!» sentì giurare l’americana, che interruppe la sua trottola per tentare di incenerire con lo sguardo l’atleta russa.

 

 

«Are they going out?» si informò invece la giapponese, più contenuta nella propria reazione di disappunto.

«No idea» replicò Emma, incrociando il suo sguardo. «Perhaps, they’re only friends!».

«She... bitch!».

La piccola campionessa del paese dei dragoni si era unita a loro, solo per rinnovare a voce decisamente troppo alta il proprio inappellabile giudizio.

La giapponese si ritrovò ad annuire, prima ancora di rendersi conto di essere stata imperdonabilmente scortese.

«I didn’t mean...» provò a difendersi, ma poi si allontanò rossa in faccia, senza concludere la frase.

 

 

Rimproverandosi per aver lasciato girovagare i propri pensieri a briglia sciolta, impicciandosi in faccende che non la riguardavano, Emma si sforzò di riprendere pieno possesso della propria concentrazione, ma i suoi tentativi furono annientati da un poderoso abbraccio che le circondò la vita, mentre due labbra impertinenti le scoccavano un bacio ardente alla base della nuca, approfittando della scollatura della sua tenuta da allenamento.

 

 

«Ciaò bellezza!»

 

 

L’inequivocabile accento transalpino da cui furono pronunciate quelle due semplici parole la mandò su tutte le furie.

 

 

«lasciami!» intimò immediatamente, cercando al contempo di sciogliersi dall’abbraccio stritolatore in cui era stata fatta prigioniera.

 

 

Finalmente riuscì a liberarsi tanto da poter affrontare lo sguardo ribelle di Michel Leblanc, pattinatore di punta della nazionale francese, nonché campione europeo in carica.

 

 

«Ricordamelo...» fece il ragazzo, incurante delle grida che arrivavano dal bordo della pista. «Come mai ci siamo lasciati?»

«Perché ti ho beccato con un’altra?!» suggerì Emma, alzando gli occhi al cielo.

«E non ti sei mai pentita?»

«Esci di qui!» lo rimproverò la ragazza, facendo per allontanarsi, ma lui la trattenne.

«Non sei ancora riuscita a dimenticarmi, vero?!»

«Abbassa la cresta, Michel!» sibilò Emma. «E tieni giù le zampe!» completò, visto che il francese aveva riprovato a baciarla.

 

 

«security!!!» gridò la ragazza senza pensare, ma guardandosi intorno notò che tre quarti degli addetti del Palazzetto erano già stati allertati e scalpitavano a bordo pista. Lusingata da tanta attenzione, Emma si vergognò di aver scatenato tutto quel pandemonio. «I can handle it!» disse alzando il pollice nella loro direzione, ma una risata di scherno la costrinse a voltarsi nuovamente verso il francese.

 

 

«Non sono preoccupati per te!» le spiegò il francese con una punta di soddisfazione. «E’ solo che sono entrato con le scarpe». Emma spostò istintivamente il proprio sguardo sui piedi del ragazzo, notando per la prima volta che non indossava i pattini, ma un paio di scarpe da tennis.

«Sei impazzito?!» gridò scandalizzata, senza riuscire a nascondere il rossore che le si era dipinto sulle guance.

«L’ho fatto per te! Volevo salutarti, sono appena arrivato!».

«Per quanto mi riguarda, potevi evitarti il disturbo!».

«Dunque ti piaccio ancora così tanto?» la canzonò il campione.

 

 

Il ragazzo non aveva ancora terminato di ridere che una potente manata sulla schiena lo fece cadere bocconi sul ghiaccio.

«Stalle lontano, lurido verme!».

Tobias aveva indossato i pattini e li aveva raggiunti sulla pista per dare una lezione a quel galletto francese.

 

 

«Ehi, non ti scaldare tanto, gorilla!» esclamò Michel, lottando leggermente per rimettersi in piedi.

«Ti aspetto in camera mia, stasera!» aggiunse rivolto ad Emma, avviandosi finalmente ai cancelletti seguito a ruota da Tobias, ben deciso a controllare le sue mosse.

 

 

Emma sperò con tutte le sue forze che quella scena indecorosa fosse passata inosservata, ma una rapida occhiata in giro le chiarì immediatamente come non ci fosse una sola persona in tutto il Palazzetto che non l’avesse seguita attentamente dal principio alla fine.

Le facce delle altre atlete esprimevano sentimenti contrastanti, che variavano dallo stupore al biasimo e certo la pantomima organizzata dal caro Michel non doveva averla aiutata a catturarsi le simpatie di quel pubblico tanto composto.

 

 

Facendo il giro della pista si ritrovò a scommettere che tutti i presenti dovevano ormai aver dimenticato l’audacia della Baruskaya, che li aveva fatti sobbalzare solo qualche minuto prima. Riprendendo il proprio allenamento, Emma ricominciò a muoversi attraverso la pista, notando come le altre atlete evitassero il suo sguardo. Cercando di controllare la propria ira, la ragazza rivolse uno sguardo alla tribuna russa, sperando di riguadagnare la calma grazie alla vista dei loro contegni imperturbabili.

 

 

Invece, qualcosa la fece trasalire. Gli occhi di tutti esprimevano quello stesso tedio che sembrava essersi inesorabilmente impadronito di loro non appena avevano messo piede nel Palazzetto. Eppure uno di quegli sguardi mancava all’appello. Non poteva essere altrimenti, perché gli occhi di Sei-punto-zero erano incredibilmente puntati su di lei.

 

 

Emma abbassò immediatamente i propri, avvertendo all’istante il medesimo senso di vergogna che avrebbe provato inciampando nella sequenza di passi in linea retta.

 

 

Per liberarsi da quel terribile senso di oppressione, causatole da una disapprovazione tanto grave quanto immeritata, decise di eseguire una combinazione.

Si posizionò rapidamente e senza pensarci troppo si lanciò in un 3-3-3, che finì col lasciarla senza fiato, ma soprattutto con la bocca aperta: l’atterraggio era stato da manuale.

 

 

Alzando gli occhi con aria di sfida verso la postazione bianca e rossa, notò che colui di del quale, più che di ogni altro, le interessava guadagnarsi il rispetto, aveva abbandonato i suoi compagni. Fu perciò con una certa delusione che la ragazza eseguì un paio di trottole con cambio di filo, avviandosi poi ai cancelletti per scambiare qualche parola con Tobias.

 

 

«Mi hai vista, poco fa?» chiese all’indirizzo del suo allenatore, sicura che non le avrebbe risparmiato le proprie critiche spietate, nonostante la sua combinazione fosse riuscita perfettamente.

Tobias però non le rispose; apparentemente non sembrava averla neppure udita, intento com’era a concentrare tutta la propria attenzione sul suo interlocutore.

 

 

Ti credo. Tobias stava discutendo con Sei-punto-zero.

 

 

Mentre i suoi pensieri vagliavano rapidamente tutti i possibili motivi che potevano aver spinto lo Zar a lasciare la propria poltroncina, farsi due piani di scale e raggiungere il suo allenatore che, a dirla tutta, non era poi così famoso, le sue mani andarono ai suoi capelli, legati malamente in una rozza coda, ormai semi-distrutta dopo tutti quei salti.

 

 

Fu lui il primo a parlare.

Le sorrise anche, mentre Tobias spostava lo sguardo incredulo dall’uno all’altro.

 

 

«Hi!» la salutò. « Do you remember me? I was the boy that, two days ago, treated you in that horrible way».

Le orecchie di Tobias si fecero visibilmente più tese, cosicché Emma si ritrovò costretta a vincere rapidamente il proprio sconcerto e a mettere insieme qualche parola.

«Don’t worry».

 

 

«What happened?» si intromise infatti l’allenatore, a cui la sua risposta non era evidentemente apparsa sufficiente.

«Oh, nothing...» si affrettò a spiegare la ragazza. «He was very gentleman-like... He opened the door for me».

«And I mistook you for some skater’s girlfriend» confessò Sei-punto-zero, diventando rosso. «I’m so sorry».

«You don’t need to be. No offence».

Emma rivolse uno sguardo ansioso alla pista, mostrando come ogni fibra del suo essere desiderasse scappare da quella conversazione surreale per ritornare nel mondo normale.

 

 

«So you are not angry?» insistette il ragazzo.

«No, I’m not».

 

 

Sei-punto-zero le tese la mano, regalandole un sorriso quasi infantile.

«But I’d like to apologize».

«You don’t need to, I assure you».

Emma strinse la sua mano, cercando di apparire disinvolta ed imponendosi di non pensare a quanto stava accadendo.

 

 

La stretta del campione si rivelò più calorosa del previsto, lasciandola completamente scombussolata.

«So... friends?».

La voce di Sei-punto-zero appariva inspiegabilmente tesa.

 

 

Amici? Lo Zar voleva veramente fare amicizia con lei? Emma non riusciva a credere alle sue orecchie. Tutto questo non aveva senso.

 

 

«If you aren’t offended, then ... why not?»

La ragazza spalancò gli occhi: il campione aveva preso il suo silenzio come un segno di reticenza!

«Ok... friends!» assicurò quindi Emma, desiderando con tutta se stessa che ci fosse una telecamera da qualche parte, intenta a riprendere la scena.

 

 

Sei-punto-zero le strinse ancora la mano e con un ultimo cenno di saluto tornò ad arrampicarsi sulle gradinate, ma non raggiunse la sua squadra: per una qualche ragione preferì accomodarsi più vicino alla pista, come se volesse osservare meglio l’allenamento delle ragazze.

 

 

Ancora frastornata Emma si allontanò dalla balaustra senza osare rivolgere uno sguardo a Tobias, che senza dubbio l’avrebbe sottoposta ad un terzo grado non appena avessero raggiunto gli spogliatoi.

La sua mente faticava a riprendere il controllo, tanto che non si accorse che tutte le pattinatrici presenti al momento sulla pista l’avevano circondata con aria minacciosa.

 

 

«Why was Six-point-zero talking to you?» le domandò l’americana a bruciapelo, riassumendo nella sua espressione sospettosa i dubbi che dovevano affollare i pensieri di tutte le ragazze dello stadio.

Senza sapere cosa dire, Emma pensò di evitare qualunque conversazione, ma la campionessa cinese le impedì di sgattaiolare via. «hei!» la sgridò, afferrandole un braccio.

 

 

«I think he confused me with another person...» si sentì allora pronunciare, complimentandosi all’istante con se stessa per la risposta tempestiva.

 

 

 

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