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Autore: TrustInBieber    17/06/2015    7 recensioni
“Ho una spalla slogata, porca puttana.” Dice Justin prontamente appena usciamo dalla parruccheria e ci incamminiamo verso il SUV che ci aspetta.
“Prenditi una ragazza e smetti di usare la tua mano.” Ribatto e la sua mano mi spinge contro il muro.
Non dovrebbe essere la guardia del corpo che impedisce che mi ferisca?
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 9.


Ho avuto un piano.
Un piano perfetto, uno di quei piani che ti vengono in mente una volta nella vita e che passerai il resto dei tuoi giorni a rimpiangere.
Sono venuta a Parigi.
Sicuramente è una città romantica: la torre Eiffel, i menestrelli sulla riva del fiume, i piccioni che ti attaccano a ogni angolo e le crociere sulla Senna, ma io sono qui per seguire un corso d'arte, imparare a fare le baguette e a togliere le lumache fritte dal guscio.
Certo, il mio piano non comprendeva perdere le valigie in aeroporto e rimanere incastrati nel traffico per quattro ore, girando a destra e a sinistra e chiedendo aiuto a tutti i passanti perchè nessuno aveva la più pallida idea di dove fosse l'appartamento che mio padre mi ha preso in affitto per il prossimo mese.
Ora, io non sono una di quelle persone che tengono il broncio per anni e ci scrivono sopra un album, ma se Justin osa mettermi la mano sulla coscia ancora una volta dopo aver passato due settimane a dirmi che i baci erano stati uno sbaglio, giuro che gliela trancio via.
La macchina si ferma davanti a un palazzo di sei piani con vetrate assurdamente enormi e un portone che farebbe invidia a quello della Casa Bianca, e io riesco in qualche modo a uscire senza inciampare nella borsa.
L'appartamento è bianco e ha due camere da letto e un bagno, perciò dovrò impegnarmi a fare le maratone per superarlo ogni mattina e fare la doccia per prima, ma questo problema posso risolverlo buttando Justin fuori dalla finestra e chiamandolo un incidente.
Josh lascia cadere le valigie a terra e crolla a sedere sul divano, annaspando come se si fosse fatto sei piani a piedi.
"La mia camera è quella più grande, la tua camera è in balcone." Informo Justin prima di allontanarmi giù per il corridoio e aprire tutte le porte, trovando finalmente una stanza con un letto a due piazze e una piccola tv a schermo piatto.
"Potremmo dormire insieme. Qui non c'è la legge dell'età." Mi ricorda lui mentre mi segue, così mi giro verso di lui e alzo un dito per zittirlo.
"Sai cosa, Justin? Ho le tasche piene delle tue battute e delle tue confessioni e delle tue promesse e dei tuoi dubbi e di tutte le altre cazzate che mi hai detto. Non puoi baciarmi due volte, ignorarmi per due settimane e pensare che rimarrò ad aspettarti a braccia aperte per sempre. Ho passato quasi due mesi a correrti dietro. Mi sono messa in ridicolo per te, ho cercato modi per piacerti, ti ho chiesto di darmi una possibilità, e tu non hai fatto altro che prendermi per il culo. Perciò sai cosa ti dico? Puoi fare quello che ti pare, puoi andare fuori e portare ragazze a letto ogni notte se ti fa piacere, puoi anche continuare a ignorarmi. Ho un programma di cose da fare e sicuramente non mi farò te. Questo è quanto, spero di essere stata chiara. Ora, con permesso, andrò a sistemarmi in camera e fingerò che non ti abbia mai conosciuto." Impongo prima di entrare nella mia stanza e sbattergli la porta in faccia, ignorando lo sguardo sconvolto del ragazzo per cui solo una settimana fa avrei fatto di tutto.
Dio, che palle.
Lancio la borsa sul letto e apro le due finestre, lasciando entrare l'aria fresca mentre mi metto a sistemare le lenzuola e i miei vestiti nell'armadio.
Se due mesi fa qualcuno mi avesse detto che sarei stata io a non voler sapere più niente di Justin, probabilmente sarei morta sul colpo.
D'accordo, posso essere giovane quanto vuole, posso avere 16 anni e posso comportarmi da bambina, ma sicuramente so quando è ora di lasciar perdere qualcuno che continua a farmi male.
Esco dalla camera dopo aver finito di ordinarla e mi fermo sui miei passi quando vedo Justin tirare i suoi vestiti fuori dalla valigia.
"É un peccato che quel bel corpo sia stato sprecato per una testa di cazzo." Dico mentre mi avvio verso la cucina, sentendo i suoi passi risuonare dietro di me quando mi segue lungo il corridoio.
"Ne possiamo parlare civilmente, Andrea?" Mi chiede quando si siede al bancone e mi guarda andare avanti e indietro per controllare tutti gli armadietti.
"No, non ne possiamo parlare proprio. Anzi, non possiamo parlare in generale perchè hai un bel modo di fare con le parole ma il realtà non sai fare altro che parlare, parlare e parlare. Prima mi baci e poi mi ignori, prima dici che ti piaccio, che vorresti stare con me, e poi dici che non c'è niente da fare. Secondo me hai dei problemi e se fossi in te, andrei a farmi curare." Borbotto prima di sbattere un'anta e girarmi verso di lui.
"Senti, non potevo girarti intorno con tuo padre nella stessa casa. Pensi che mi piaccia questa situazione? Pensi davvero che sia contento di come stiano andando le cose tra di noi?" Mi chiede retorico e io inarco un sopracciglio.
"Quali cose? Quali noi? Non c'è proprio niente tra di noi e non c'è neanche un noi. Ci sei tu e ci sono i tuoi cazzo di squilibri mentali e ci sono io che non voglio più saperne niente di te. Hai avuto abbastanza tempo per svegliarti e capire ciò che mi stavi facendo. Sei stato chiamato qui per proteggermi ma mi hai ferito più tu di chiunque possa aver voluto farmi del male. Sospiro infine, togliendomi il cardigan e gettandolo su una delle sedie intorno al tavolo da pranzo.



Hey, There, Delilah è a ripetizione da mezzogiorno, così come le infite suppliche di Justin perchè io lo ascolti e gli dia la possibilità di spiegarsi.
Cosa c'è da spiegare oltre al fatto che è uno stronzo?
Se venisse qui e mi confessasse di aver sbattuto la testa da piccolo e che da quel giorno è incapace di provare pietà e compassione per qualsiasi persona intorno a lui, allora forse rimarrei ad ascoltarlo.
Ma quante possibilità ci sono che abbia realmente sbattuto la testa?
Beh, aumenteranno velocemente se continua a bussare alla mia porta in questo modo.
"Ma te ne vuoi andare? Sto studiando, lasciami perdere!" Gli urlo per la centesima volta e sento la porta aprirsi, così sbuffo e alzo lo sguardo dal libro di arte. "Ma allora non ti è chiaro, Justin. Non voglio parlarti e non voglio vederti e sinceramente sto pensando di trasferirti all'albergo e portare Josh qui. Smettila di assillarmi, ho cose più importanti da fare in questo momento."
Lui si chiude la porta alle spalle e ci si appoggia contro il silenzio, incrociando le braccia. "Ero sincero quando ho detto che mi piaci, ed ero sincero quando ho detto che vorrei stare con te, ed ero sincero quando ho detto che non possiamo. Andrea, non sto cercando di ferirti o di farti male o di ingannarti in qualche modo, sto solo cercando di... Beh, proteggerti."
"Proteggermi da cosa? Ormai dovrei ingaggiare qualcuno che mi protegga da te e credimi, sono a tanto così dal farlo. Puoi uscire adesso? Non ha più senso parlarne, tu non interessi a me e io non interesso a te, e sono sincera." Affermo prima di girare un'altra pagina e tornare a leggere l'Impressionismo.
"Andrea, sei la figlia del Presidente, che cosa penserebbe la gente se scoprissero che stai con qualcuno di sei anni più grande? Specialmente quando c'è una legge, quando tuo padre conferma questa legge ogni minuto della sua vita quando mette in prigione uomini che stanno con ragazzine." Mi ricorda prima di avvicinarsi alla scrivania e prendere un'altra sedia.
"Non diranno assolutamente niente perchè io e te non staremo mai insieme. É fuori questione. Ora come ora preferirei stare con la tavoletta del water, almeno quella se ne sta zitta." Borbotto prima di spingerlo via quando cerca di appoggiarsi su uno dei miei libri. "Vattene, Justin. Non sto scherzando, sono stanca di vederti intorno e sono stanca di parlarti e sono stanca di sentirti sparare una scusa dopo l'altra. Non hai più bisogno di giustificarti o di scusarti, perchè ormai non mi interessi. Puoi fare quello che vuoi, non avrà alcuna ripercussione sulla mia vita. Sono occupata ora, ti dispiacerebbe andartene e non tornare?" Ripeto di nuovo e lui mi guarda per qualche secondo, poi sospira e si alza dalla sua sedia.
"Pensavo che avresti capito, Andrea, davvero. Se non ti interesso più, non c'è alcun motivo di essere arrabbiata con me." Mi informa e io lo osservo per un po', poi mi alzo e lo prendo per le spalle, spingendolo fuori dalla mia camera.
"Non sono arrabbiata. Sono estremamente contenta di come sono stata trattata ultimamente. E spero davvero che la prossima volta che incontrerai qualcuno che ti correrà dietro come ho fatto io, tu riesca a dirle di non sprecare il fiato." Sintetizzo prima di chiudere le porta e girare la chiave nella toppa, poi torno a sedermi e continuo a leggere senza vedere le parole.
E prima ancora che me ne renda conto, le lacrime iniziano a cadere su ogni pagina.
Solo perchè non mi interessa più, non vuol dire che non mi manca.



Sono passati mesi, anni, decenni, ere, i dinosauri hanno ripopolato il pianeta.
E noi siamo ancora al nono capitolo.
Oh, beh, pazienza.
Sono tornata, suppongo. :)
Ovviamente l'intero capitolo è stato ispirato da Clean di Taylor.
Spero vi piaccia. :)
   
 
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