Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
Segui la storia  |       
Autore: Iaiasdream    04/09/2015    8 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
BAKA TIME: Ultimamente, tra capitoli da aggiornare e nuove storie che bramano di uscire dalla mia mente, ho trascurato quelle molto più importanti, tipo questa. Ciò nonostante, anche se è passato un sacco di tempo dal suo ultimo aggiornamento, ho voluto dedicare quello che ho a disposizione per rendere il capitolo più succoso. Spero di esserci riuscita e di appagare la vostra curiosità.
Mi sono sempre chiesta come sarebbe stato se fosse Castiel a scoprire i segreti di Rea, così ho scritto l'intero capitolo secondo il suo punto di vista.
Godetevi questa parte, e grazie per il vostro sostegno!
 



38' Capitolo: CIÒ CHE DI TE NON SO
 
 
Nonostante quelle frasi che le ho detto e la rabbia che conservo dentro, non riesco a pensare che l'abbia fatta solo soffrire; ma quelle parole le sento rimbombarmi nella mente così dolorose: "Armin mi ha violentata!". All'inizio non sono riuscito a credere a ciò che ho sentito, ma mi è bastato guardare i suoi occhi pieni di terrore per convincermi che tutto quello è pura realtà.
Mi chiedo come possa essere accaduta una cosa del genere proprio a lei, alla mia Rea.
No, non può averlo fatto, non Armin. Sto male pensando a ciò che sta succedendo. Mi chiedo come diavolo siamo potuti arrivare a questo punto.
Nonostante le abbia promesso di non torcere un capello a quel bastardo, so che il mio carattere mi impedirà di mantenere quella promessa.
Mentre sono rinchiuso nel bagno della scuola e guardo nello specchio la mia immagine riflessa, un susseguirsi di immagini si delineano nella mia mente. Vedo Armin prendere Rea con la forza e farle del male. Stringo gli occhi trattenendo il respiro.
Mi accorgo di tremare, e ascolto il cuore battere all'impazzata, affondo le unghie nei palmi delle mani e sento le nocche voler quasi lacerare la pelle.
A un tratto, però, la porta del bagno si apre. L'entrata di Nathaniel mi fa ritornare alla realtà; così riapro gli occhi e mi ritrovo a fissare il mio volto.
<< Ah, sei qui? >> esordisce il delegato rimanendo fermo sulla soglia.
Ignorandolo, sbuffo infastidito aprendo il rubinetto dell'acqua per sciacquarmi le mani.
<< Come sta Rea? >> mi chiede dopo un po' avvicinandosi al lavandino adiacente a quello dove mi trovo.
<< Non lo so >> rispondo secco, poi mi allontano per raggiungere la porta di uscita. Nathaniel, però, mi ferma afferrandomi per un braccio. Lo guardo incuriosito; solitamente il nostro contatto fisico si limita solo a calci e cazzotti. << Che c'è? >> gli domando.
<< Castiel, ho visto Rea uscire dall'istituto. Sembrava sconvolta. Avete litigato? >>
<< Cosa t'importa? >> chiedo fissandolo in malo modo.
<< Castiel, so che tra noi non scorre buon sangue... però sappi che se hai bisogno di qualcosa, puoi... puoi contare su di me... >>
Sorrido divincolandomi gentilmente per fargli mollare la presa sul mio braccio. << So che hai fatto uno sforzo sovrumano per dirmi queste parole, ma ti assicuro che so cavarmela benissimo da solo. Non ho bisogno di niente e di nessuno... anzi no! L'unica cosa di cui ho bisogno, è vedere la faccia di quel pezzo di merda storpiata dalle mie mani! >>
<< Non vi sembra di aver sofferto abbastanza? >> chiede a un tratto spiazzandomi. Lo guardo incapace di ribattere alla mia maniera da cinico e menefreghista.
<< Perché non riuscite a trovare una fine alla vostra storia? >> aggiunge dispiaciuto.
<< Non lo so >> rispondo quasi contro il mio volere << Forse perché non ci siamo detti tutta la verità? >> lo guardo cercando nei suoi occhi quello che non avrei mai immaginato di volere da Nathaniel: conforto.
A sua volta mi guarda, e sembra volermi dire qualcosa, ma tace e penso di sapere il perché. Non vuole farmi stare ancora più male. Nathaniel sa benissimo ciò che provo, anche se ci siamo sempre scontrati fin da quando eravamo bambini, lui mi conosce tanto quanto lo conosco io.
Sospiro afflitto e dopo aver afferrato la maniglia della porta, gli volgo un ultimo sguardo, e accennando un sorriso sincero, gli dico: << Grazie, Nath >>, poi esco chiudendomi la porta alle spalle senza aspettare la sua risposta.
<< Dannazione >> sussurro a un tratto percorrendo il lungo corridoio. Sento che quel breve ragionamento mi ha sollevato un po' il morale, ma il cattivo pensiero che ormai alberga nel mio cuore da questa mattina, non accenna a lasciarmi in pace.
Entro nel mio ufficio, immaginandomi Rea seduta su quella poltrona che ci contendiamo da tempo ormai immemore. Sorrido  pensando a questo, e mentre mi avvicino alla scrivania per poi sedermi, ricordo quella frase che mi disse mesi fa: "Non ti ci affezionare".
La mia ingenua Rea. Forse non ha mai capito che di questo posto non me ne faccio un bel niente. Se andai a chiedere alla gangster di ridarmi il ruolo di Preside delegato, fu solo per starle vicino, perché in questi lunghi quattro anni, non c'è stato neanche un momento in cui non abbia pensato a lei. Ho combattuto con tutto me stesso per togliermi di mezzo quella maledetta di Ginevra, e quando sono ritornato qui in paese con l'intenzione di riprendermi Rea, sapere che si era messa insieme a Armin e che ha un figlio suo, mi ha fatto morire. Tutte le mie speranze sembravano andate in fumo. Ma non ho voluto mollare, non ho voluto rinunciare a questo insaziabile amore che provo per lei.
Chiudo gli occhi affondando la fronte sul palmo della mano.
<< Perché le ho detto quelle cose? >> sibilo sospirando angosciato. Non potrei mai lasciarla. La verità è che ho paura, paura di perderla un'altra volta.
Lei ha ragione, se Armin vuole parlarle, non posso impedirglielo, ma dentro di me c'è quella parte cattiva che mi consiglia quasi con autorità di non permetterglielo.
Cosa posso fare? Se solo Lysandro fosse qui, sarebbe tutto più facile. Lui saprebbe come aiutarmi.
A distogliermi da questi pensieri è il copioso trillare del mio cellulare. Lo afferro con malavoglia capendo, dalla suoneria, che si tratta di una chiamata estranea alla mia rubrica. Rispondo scocciato.
<< Parlo con il signor Castiel? >> chiede una voce rauca dall'altra parte.
<< Sì. Con chi parlo? >>
<< Signor Castiel, sono il notaio. Chiamo per conto di suo padre... >>
<< Cosa vuole? >> chiedo bruscamente.
<< A proposito dei termini per la vendita della villa. Mi servirebbe la firma della signora... Rea? Dico bene? >> 
Chiudo gli occhi per un attimo, dandomi mentalmente dell'imbecille. Mi ero completamente dimenticato della sorpresa che avrei dovuto farle.
<< Sì, sì. Non sbaglia >>
<< Come lei mi aveva chiesto, non ho accennato nulla a suo padre sul nome dell'acquirente, ma il signore è impaziente di avere la somma stabilita >>
<< Dica a mio padre di aspettare ancora un po'. Avrà i soldi, e con questo affare non vedrà più la mia faccia. Mi farò vivo io, signore >>. Chiudo la chiamata senza nemmeno dargli il tempo di rispondere, poi di scatto mi alzo dalla sedia ed esco fuori dall'istituto.
Quando mesi fa feci ritorno al paese, mio padre mi impedì di andare ad abitare nella villa dove ho vissuto durante la mia adolescenza. Naturalmente Io non lo ascoltai. Poi un giorno scoprii che il vecchio voleva venderla per fare soldi, e così per la mente mi balenò un'idea: l'avrei comprata io e poi l'avrei regalarla a Rea. Quelle mura racchiudono tanti ricordi del nostro amore, e non mi andava giù l'idea di vederla abitata da qualche altro estraneo. Convinsi mio padre, dicendogli che c'era un mio amico che desiderava comprarla e che mi sarei occupato io di tutto. Assetato di soldi, il vecchio accettò, anche se all'inizio fece storie sul fatto che avessi lasciato Ginevra, approfittandomi dell'ormai situazione di merda che si era venuta a creare nella mia famiglia.
<< Ti dissi che non sarebbe durato in eterno! >> gli ringhiai contro ammonendolo. Lui non parlò, sapeva che ormai non avrebbe più potuto far niente.
In quanto a Ginevra, fu difficile metterla al suo posto, ma alla fine ce l'ho fatta: si è accontentata di due milioni, per sparire definitivamente dalla mia vita.
La casa dove ho passato i momenti più belli ma anche quelli più brutti, non la cederò mai a mani estranee. Lì è nata la mia storia con Rea, e il mio desiderio di abitarvi con lei devo assolutamente farlo esaudire.
Senza pensarci due volte, e scordandomi della discussione avuta poche ore fa, riafferro il cellulare e compongo il suo numero, aspettando che mi risponda. 
Dopo una lunga, interminabile attesa, mi accorgo che la chiamata viene rifiutata. Al terzo tentativo, inizio a perdere la pazienza, così le mando un messaggio.
"Devo parlarti. Rispondi alla chiamata", guardo con ansia lo schermo, desideroso, come un vampiro assetato di sangue, di veder comparire l'avviso di messaggio.
"Che fine hai fatto? Vuoi rispondermi?!" scrivo ancora ormai impaziente.
La risposta giunge dopo cinque minuti: "Non posso risponderti". Quelle tre parole sembrano più fredde del ghiaccio stesso. Che significa che non può rispondermi?
"Perché?" le chiedo. Non risponde. Sembra distante, e non devo di certo meravigliarmi. Le ho detto parole fredde e taglienti, è normale che debba essere arrabbiata.
Pensieroso, mi porto il cellulare sulle labbra dandomi lievi colpetti. Prima che entrassi in bagno, l'ho incontrata e sembrava sconvolta, mi ha chiesto con chi stavo parlando fuori il cancello, e solo adesso mi rendo conto di quanto sia stato idiota nel darle quella risposta.
<< Che diavolo avrà pensato, adesso? >> sibilo sbuffando afflitto, raggiungo la mia auto, entro, scaravento il cellulare sul sedile e ingranata la marcia , sfreccio per le vie della città. Durante il tragitto, ho continuato a ripetermi nella mente che presto le passerà, e spero che questo valga anche per me.
Forse dovrei assecondarla e accettare la sua proposta di accompagnarla all'incontro con quel verme, ma l'idea di vedere la faccia di quest'ultimo non mi è di grande aiuto nel calmare la rabbia e l'odio che ho nel cuore.
No. Mi dico scuotendo il capo. Io non andrò, e neanche lei lo farà, e se davvero mi ama, mi obbedirà. Ed ecco che le mie idee ossessive ritornano a troneggiare i miei voleri. Fermo la macchina, riafferro il cellulare e la richiamo.
<< Pronto? >>, risponde dopo alcuni secondi di attesa.
<< Dove sei? >> chiedo serio.
<< Sono Kim, Castiel >>
<< Dov'è Rea? >>
<< N- non è qui. Ha lasciato il cellulare... >> risponde con voce spudoratamente incerta.
<< Avanti Kim, non dire stronzate! Si sente perfino da questa parte che stai mentendo! >>
<< Non sto mentendo! Rea è andata dal medico e ha lasciato qui il cellulare >>
<< Dal medico? Cos'è andata a fare? La dottoressa Morel le ha solo detto che ha un semplice calo di zuccheri... >>
<< Non lo so, non mi ha detto niente. Non mi ha neanche lasciato Etienne. L'ha portato con sé >>
Rimango in silenzio, fermo l'auto e scendo appoggiandomi allo sportello. Davanti a me ho il cancello di casa mia, e lo guardo pensieroso intento a riordinare le idee, quando Kim continua a parlare, dicendomi: << Castiel, Rea era strana... cosa è successo in infermeria? >>
<< Nulla >> rispondo secco.
<< Come, nulla? I suoi comportamenti sono strani, io ho un brutto presentimento >>
<< Non ti preoccupare Kim, la conosci bene. Sicuramente sarà arrabbiata per le parole che le ho detto >>
<< Se lo dici tu... >
Chiudo la chiamata senza salutarla. Rimango pensieroso e continuo a fissare il cancello.
A un tratto sento dei passi farsi più vicini, mi volto di scatto, e il mio sguardo si incupisce non appena incrocio l'immagine della persona che tanto disprezzo.
<< Ciao, mio caro marito... >> mormora con sguardo malizioso.
<< Che diavolo ci fai qui? >> chiedo rigirandomi. Nel frattempo afferro una sigaretta dalla tasca e l'accendo con disinvoltura.
<< Sono solo venuta a trovare Erich >>
<< Sai benissimo che Erich non è qui! >>
<< Non ho trovato Erich, ma ho trovato te... >> aggiunge avvicinandosi lentamente << ... come va la vendita della villa? >> chiede poi, poggiandosi alla carrozzeria.
<< Non ti riguarda, va via. Ti dissi di sparire >>
<< Ma come sei scontroso, Cass. Non ti sto facendo nulla di male... >>
<< La tua sola presenza è un male! >> la interrompo volgendole una bieca occhiata.
Lei ride, mostrando la sua bianca dentatura << Vuoi ancora odiarmi? Ma Castiel, eppure dopo tanto tempo e dopo tante fregature che hai avuto andando dietro a quell'idiota di Rea, avresti dovuto capire che stare con lei è solo una perdita di tempo! >>
<< Sta zitta! >>
Sorride, si distacca dalla macchina e si posiziona difronte a me. << Tuo padre sa chi è il nuovo padrone della villa? >>
<< Fatti i cazzi tuoi! >> digrigno sbuffandole il fumo in pieno volto.
<< Dovresti ringraziarmi Castiel >> dice sorridendo beffarda << mi sono fatta i cazzi miei per troppo tempo. Ho taciuto la verità a tuo padre, non ho detto niente sulla villa... e poi... grazie a me, capirai molte cose sulla tua amata! >>
<< Cosa? >> chiedo, non capendo il motivo per il quale assecondo i suoi ragionamenti.
<< Ho incontrato Rea... >> risponde calma.
<< Dove? >> ribatto gettando la sigaretta sull'asfalto. Lei non risponde, si gira solo verso la villa e la indica con gli occhi.
<< Dovevi vedere la sua faccia quando le ho detto che mi avevi regalato la casa dove è sbocciato il vostro amore... >>
<< Che cazzo ti passa per la mente? >>
<< Oh, avanti, non ti arrabbiare. Stavo solo scherzando, ma penso che lei non l'abbia capito >> ride malvagia continuando a guardarmi con sfida.
<< Tu sei pazza! >> esclamo spingendola lontano da me per poi girarmi e ritornare nell'auto, ma non appena mi accingo a farlo, lei mi afferra un braccio, mi gira verso di sé e cerca spudoratamente di baciarmi. Riesco a impedirglielo, scaraventandola bruscamente per terra.
<< Non toccarmi! >> esclamo ormai all'apice dell'ira.
Ginevra continua a ridere, sembra quasi fuori di senno.
<< Che bastardo! Come puoi respingermi? Io sono tua moglie! >>
<< Non più >>
<< Perché?! Solo perché non ti ho dato un figlio? La colpa è tua, sei stato tu a non permettermelo! O ti sei dimenticato di quella sera che mi facesti cadere dalle scale?! >>
<< Eri ubriaca e cadesti da sola! >>
<< Io aspettavo un bambino! >>
<< Non eri incinta, Ginevra! Mettitelo bene in quella mente malata! Il dottore ti disse che non puoi avere bambini! >>
<< Io lo ero! >> urla rimettendosi a malapena in piedi.
<< Sei solo una pazza isterica! >> scuoto la testa stanco di ascoltarla.
<< No, la pazza non sono io... siete tu e tuo padre ad essere solo due pezzi di merda! Ma la ruota gira, mio caro ex marito... >> mormora avvicinandosi lentamente. Osservo i suoi occhi, trasmettono odio puro, e per un attimo sento che mi arrecano brividi lungo la spina dorsale.
<< ... e ti assicuro che a pagarne le conseguenze, sarà quella maledetta di Rea... >> aggiunge con voce tremante.
<< Non nominarla... non te lo permetto! >> le sussurro sprezzante, volgendole uno sguardo cattivo.
<< Oh, sì. Mi permetto eccome. Inizia a chiederti di suo figlio... >>
<< Che diavolo stai dicendo? >>
<< Solo deliri di una pazza. È questo ciò che pensi di quello che ti dico... bene, allora la pazza se ne starà nel suo cantuccio ad attendere la vostra fine! >>
Dopo quelle parole rimaniamo a fissarci a lungo. Cerco di scorgere nei suoi occhi cattivi qualche barlume di lucidità, ma ciò che vedo è solo odio e rancore. La sua cattiveria aumenta giorno dopo giorno, so che lei ce l'ha con me per via di quell'incidente avvenuto tre anni e mezzo fa.
Ritornammo da una cena di famiglia, ricordo che c'era anche Alain insieme a noi. Ginevra iniziò con le sue solite scenate di gelosia. Era ubriaca fino al midollo. Avemmo una discussione al piano superiore della casa di mio padre, ci trovavamo vicino le scale; lei tentò di tirarmi addosso un vaso di ceramica, ma perse l'equilibrio e scivolò giù per le scale. Giorni prima mi aveva detto che era incinta, ma in ospedale il dottore dissentì, dicendo che non poteva avere figli, per via di una malformazione all'utero. Da quel giorno sembrò cedere alla pazzia. Continuava a incolparmi dicendo che ero stato io ad impedirgli di avere bambini; quando poi seppe dell'intenzione che avevo nel divorziare, mi accusò dicendomi che ero un assassino, che avevo ucciso nostro figlio.
Fu allora che mio padre si decise a non immischiarsi più nei miei affari, costatando quanto fosse malata, anche se un po' di rancore gli è ancora rimasto.
<< Va dalla tua Rea... >> riprende la pazza riportandomi al presente << ...ma ricorda, che se io lo voglio, voi non avrete futuro insieme >>
<< Sparisci dalla mia vista Ginevra, o ti farò pentire di non essere morta quella notte stessa! >> sentenzio ritornando nella macchina. Lei rimane a guardarmi, e senza altre intromissioni, metto in moto e mi allontano in fretta e furia.
Sono anni che conosco quella maledetta, e proprio per questo sono preoccupato. Pensavo che pagandola l'avrei accontentata, e invece mi sto repentinamente rendendo conto che ho solo voluto illudere me stesso. Ginevra non sparirà per sempre dalla mia vita, sono io che dovrò sparire dalla sua. La vita che avevo pianificato in quella casa si sta sgretolando nella mia mente come una scultura di sabbia travolta dalle violente onde del mare D'altra parte non posso permettere che quell'incubo assilli per sempre i miei sogni. Devo fare qualcosa. So che non ha mentito, quella minaccia la porterà a termine, e io devo impedirglielo. Rea non merita ancora il male di queste dannate persone, se voglio che stia bene, questa volta non permetterò che scappi via da me, devo proteggerla.
La meta è ben precisa, non appena vedo all'orizzonte la grande veranda di casa sua, accelero  per poi parcheggiare a pochi metri di distanza.
Scendo come una furia, raggiungo il cancello e premo violentemente il dito sul campanello.
<< Apri, Rea... apri >> sibilo tremando in preda all'ansia.
Non mi rendo conto di quanto stia attendendo, a un tratto vedo comparire qualcuno dalle vetrate adiacenti la porta d'ingresso. Allungo la testa per scorgere meglio la figura in ombra.
<< Kim! >> esclamo stringendo le sbarre di ferro. La bruna mi fa segno di attendere poi scompare dietro le tende. Dopo qualche secondo, la serratura del cancello scatta facendolo aprire, entro velocemente senza richiudere.
<< Castiel, che ci fai qui? >> chiede Kim attendendomi sulla soglia.
<< Kim, dov'è Rea? >> ribatto scostandola per entrare in casa.
<< Non c'è, non è ancora tornata >>
La guardo sconcertato e non riesco a comprendere perché il mio cuore abbia avuto un sussulto.
<< Come non c'è? Quanto cazzo dura questa visita?! >> urlo incazzato.
<< Ehi, non urlare con me, ok? Non lo so che cosa sta succedendo! Te l'ho detto al telefono che l'ho vista strana >>
<< Hai provato a cercarla? >>
<< Ma perché ti allarmi così tanto? Sarà andata al parco a far giocare Etienne >>
<< Tu non capisci >>
<< Cosa dovrei capire? Mi hai detto che dovevo stare tranquilla... >>
<< Rea ha incontrato Ginevra! >> esclamo tutto d'un fiato. Vedo gli occhi della bruna sgranarsi, e mi accorgo che per qualche istante ha interrotto il suo respiro.
<< Che significa? >> chiede con voce flebile. Mi allontano raggiungendo la cucina, lei mi segue e la sua voce sembra aver ripreso tono, che inizia ad urlare dicendomi: << Non avevi detto che non avremo mai più avuto a che fare con quella puttana?! >>
<< A quanto pare mi sbagliavo >>
<< Castiel... >>
<< Kim, porca puttana! Cosa cazzo vuoi che ti dica?! Ho sbagliato, ok? Dall'inizio, pensavo di avere tutto sotto controllo comportandomi così, invece ho peggiorato le cose! E adesso... >>
<< E adesso cosa? >>
Non rispondo a quella domanda, la paura che ebbi anni fa si sta facendo risentire. Di scatto salgo le scale dirigendomi verso la camera da letto di Rea, Kim mi segue urlando qualcosa che non riesco a sentire. Senza esitazione apro l'armadio e subito una fila di maglie stirate e profumate, appaiono davanti ai miei occhi. Sospiro quasi sollevato, poi mi volto verso Kim. Guardo attentamente il suo viso, e vedo le sue labbra muoversi. Sta dicendo qualcosa, ma non riesco a sentirla. Sembra che le mie orecchie siano state riempite di solida cera.
<< Castiel mi senti? A cosa stai pensando? >>
<< Ho paura Kim >> la interrompo strofinandomi gli occhi.
<< Di cosa? >>
<< Che possa andarsene un'altra volta... e per sempre >>
Kim scrolla le spalle, si passa una mano sulla fronte e sbuffa << Maledizione! >> esclama, e percepisco nella sua voce un tono di pianto. << Ma per che diavolo dovete complicarvi la vita? Per quale dannato motivo non vi siete detti tutta la verità dall'inizio?! >>
<< Credimi, se avessi saputo che sarebbe andata in questo modo, non mi sarei mai innamorato di lei. Non avrei dovuto innamorarmi di nessuno, perché il solo pensiero che la donna che amo sta patendo per me, mi distrugge >>
<< Quanto vorrei dirti che le passerà. Ma non posso farlo >> soggiunge la bruna sedendosi sul letto << Questa storia sta prendendo una brutta piega, e se non vi decidete a dire tutta la verità... >>
<< Io le ho detto tutto... >>
Kim mi guarda, sembra voler aggiungere qualcosa, ma non lo fa; si limita solo a distogliere lo sguardo dal mio e sospirare afflitta.
<< Mi sta nascondendo qualcosa? >> chiedo ansioso, lei non risponde << Kim! >>
<< Non lo so, ok?! >> esclama innervosita.
<< E allora perché parli così? >>
<< Ma perché mi sto mettendo in mezzo a questa storia? >> si alza sbattendo le mani sui fianchi. Inizia a camminare avanti e indietro per la stanza << Io non lo so se Rea ti sta nascondendo qualcosa. Ma se lo sta facendo posso capirla. Hai detto di avere paura, ma sappi, Castiel, che anche lei ha paura. Fatela finita con questi sotterfugi, perché io per prima ne ho piene le tasche! >> detto questo esce dalla camera lasciandomi solo con i miei pensieri.
 
***
 
Il tramonto ha ormai dato i suoi ultimi riverberi, mentre guardo quel quadro meraviglioso dipinto sui vetri della finestra, il mio pensiero ricolmo di paura è rivolto a Rea. Sono passate ore dacché l'ho chiamata l'ultima volta, e non ha ancora fatto ritorno. Quando ho guardato il quadrante dell'orologio a muro mi sono accorto che le otto di sera erano scoccate da parecchi minuti. Dopo aver avuto quella lunga discussione con Kim, ci siamo dati da fare per cercarla. Abbiamo cercato in tutti i posti che è solita frequentare, ma di lei neanche l'ombra, quando siamo ritornati qui a casa sua, sono stato fermato a fatica da Kim per via della mia reazione quando mi sono trovato davanti il tavolino del soggiorno. L'ira mi ha quasi accecato, e la voglia di spaccare tutto è riuscita per poco a divorarmi la ragione.
Kim continua ad andare avanti e indietro, e se prima quello preoccupato ero solo io, adesso lo è anche lei.
<< Kim finiscila, mi stai innervosendo ancor di più >>
<< Ma dove cazzo è andata a finire? Perché non torna? >> digrigna mordendosi le unghie. << Castiel, ma sei sicuro di non averle detto qualcos'altro che abbia potuto offenderla? >>
<< Ti ripeto che le ho solo detto che se avesse accettato di incontrare Armin, l'avrei lasciata! >>
<< Ma perché le hai detto così? Lo sai che Rea prende sul serio tutto ciò che le viene detto?! >>
<< Dannazione, Kim. Ero incazzato come una bestia! >>
<< Ma perché...? >> a un tratto la bruna interrompe le sue parole, sentiamo un rumore alla porta e dei mormorii provenire dietro di essa, ci voltiamo tutti e due a fissare il pomello; la serratura scatta e la porta si apre. Vediamo Etienne entrare per primo, ha tutti i capelli spettinati, ma il viso spensierato e sorridente. Si guarda dietro, e chiama la mamma, e non appena lo fa, il mio cuore si riempie di sollievo.
<< Etienne! >> lo chiama Kim, il bambino si volta a guardarla e prima di farlo, volge lo sguardo verso di me.
<< Zia Kim... >> risponde il bambino. Intanto dietro di lui vedo comparire l'immagine di Rea.
La guardo bene, ha la pelle un po' pallida, i suoi occhi castani sono lucidi, e mi guardando intensamente tanto da non riuscire a capire cosa stiano trasmettendo.
Mi avvicino lentamente, mentre vedo il bambino dirigersi verso Kim che ha iniziato a fargli la predica per il ritardo.
Quando mi trovo a pochi passi da lei, le chiedo con voce ferma: << Dove sei stata? >>, non riuscendo però a trattenere quel fastidioso tremolio. Lei distoglie il suo sguardo dal mio, e scansandomi si dirige verso la consolle per poggiare il mazzo delle chiavi.
<< Ho fatto una passeggiata... >> risponde quasi infastidita.
<< Perché sei andata dal medico? >>
<< Morel me l'ha consigliato >>
<< Perché non potevi rispondere alla chiamata? >>
<< Me ne stavo andando >>
<< E perché non l'hai portato con... >>
<< Deve durare ancora molto questo interrogatorio?! >> m'interrompe bruscamente sbattendo le chiavi sul legno.
<< Che cosa ti prende? >> sussurro afflitto.
<< Etienne, vieni, andiamo a dormire >> mi ignora completamente avvicinandosi al figlio che inizia a lamentarsi dicendo che vuole vedere la televisione, ma subito obbedisce senza farselo ripetere, così sale per primo le scale.
<< Rea... >> interviene Kim.
<< Vado a letto Kim >> la interrompe accingendosi a salire le scale.
Quel comportamento, io non lo sopporto. Mi dà fastidio e il mio gesto viene istintivo: l'afferro per un polso, la giro verso di me e la stringo forte fra le mie braccia reggendole la testa con la mano, poi affondo le labbra nell'incavo del collo.
<< Mi hai spaventato. Credevo che... >>
La sento divincolarsi gentilmente, mi guarda negli occhi, mi sorride poi mi afferra il volto e mi stampa un bacio sulle labbra.
<< Non preoccuparti Castiel. Sei ancora mio, no? >>
Trasalisco nel sentirle dire quella frase, e un agghiacciante brivido mi riga violentemente la schiena.
<< E io sono ancora tua... >> aggiunge con voce quasi soffocata.
Sorride e lo fa in maniera triste, poi senza aggiungere altro si gira e sale lentamente le scale.
La lascio andare, incapace di accennare un solo passo, quel comportamento, quel bacio, quelle parole mi hanno impietrito. Sento di poter scoppiare da un momento all'altro, ma l'unica cosa che mi riesce di fare è andare via da quella casa.
Raggiungo la mia auto, entro all'interno e non appena il silenzio più assoluto si trova intorno a me, sfogo la mia frustrazione contro il volante e il parabrezza, rischiando di romperlo in frantumi.
<< Quelle stesse parole, gliele ho dette io. >> sibilo ansimante. Solo adesso riesco a capire come si sia potuta sentire.
Mi sono comportato da vero stronzo.
 
***
 
Ritornando a casa, non mi accorgo che le luci dell'appartamento dove soggiorno, è acceso. Non appena entro una voce fastidiosamente famigliare investe il mio udito.
<< Ma dove cavolo sei stato? Ti ho aspettato come una moglie in pensiero! >>
<< A-Alain... che ci fai tu qui? Come hai fatto ad entrare? >>
<< Mi sono fatto dare le chiavi dal portiere... Hai una faccia... >>
<< Perché sei qui? Non saresti dovuto uscire alla fine del mese? >> chiedo cercando di ignorare le sue parole.
<< Mi ero stufato di stare in ospedale. Non c'era neanche una bella infermiera >> risponde facendo una smorfia.
<< Alain, devi finire la riabilitazione. Come hai fatto ad uscire senza il consenso del medico? >>
<< Hai mai sentito parlare dei verdoni? I medici sono facilmente corruttibili >>
Sbuffo una risata, passandomi una mano fra i capelli.
<< Che hai? >> mi chiede dopo un po'.
<< Sono stanco >> rispondo appoggiandomi al muro.
<< Ma Erich, non c'è? >>
<< È ritornato in collegio >>
<< Ma sei sicuro che sia davvero tuo fratello? Tu avresti fatto il diavolo a quattro per startene in casa... >>
<< Va a dormire Alain >> lo ammonisco cercando di cancellare dalla mente tutto ciò che è successo questa mattina.
<< Stavo quasi per farlo, allora, buonanotte >> dice recandosi nell'altra camera.
<< Alain! >> lo fermo osservandolo.
<< Cosa? >> chiede sbadigliando.
<< È tornata... >>. Alain cancella dal suo volto quell'espressione beffarda. Mi accorgo che sta serrando la mascella, i suoi occhi azzurri si incupiscono.
<< Non so di chi tu stia parlando >> risponde scandendo bene tutte le parole che formano l'intera frase, poi dopo aver lanciato un'occhiataccia, scompare nel buio del corridoio.
<< Mi dispiace >> sibilo in maniera che neanche io possa sentire le mie stesse parole.
Mi sono addormentato sul divano del salotto, ed è inutile dire che è stata la nottata più scomoda della mia vita.
Ho pensato per tutta la notte a Rea, e un incubo mi ha torturato fino a quando non mi sono allontanato dall'inconscio.
Alain è ancora a letto. Dopo aver fatto una doccia rinfrescante, metto la caffettiera sul piano cottura, poi afferro il cellulare e guardo l'orario: le sette e un quarto. Rea si sarà sicuramente svegliata, e a quest'ora starà vestendo suo figlio per mandarlo all'asilo.
Decido di mandarle un messaggio, ma non so quali parole usare per incominciare la giornata. Sbuffo lasciando l'oggetto sul tavolo. << La vedrò a scuola >> sussurro, ma mai avrei potuto immaginare che Rea non si sarebbe presentata.
Mentre la campanella suona l'inizio della quarta ora, Nathaniel entra nel mio ufficio avvertendomi che non è ancora venuta.
<< Ho provato a chiamarla, Castiel, ma non mi risponde >>
<< Va bene così, Nathaniel. Ti ringrazio lo stesso >>
Il delegato esce dalla stanza, e non appena mi ritrovo di nuovo solo sbuffo esasperato, allentandomi la cravatta e strofinandomi gli occhi.
<< Maledizione, Rea... perché fai così? >>
A un certo punto, decido di chiamarla, e lo faccio dal telefono della scuola. Compongo il suo numero e attendo.
<< Pronto? >>
<< Rea?! >> esclamò sobbalzando dalla sedia.
<< Cosa c'è? >>
<< Perché non sei venuta a scuola? >> chiedo con estrema calma, dicendomi mentalmente che non devo sbagliare con le parole.
<< Il dottore mi ha detto che devo riposare >> risponde con voce flebile.
<< Che cos'hai? >> domando preoccupato.
<< ...nulla >> risponde dopo qualche istante di esitazione << S-sono solo un po' stanca >> aggiunge incerta.
<< Allora riposati, se vuoi passo per vedere se ti serve qualcosa... >>
<< No, no! Non venire... non mi serve nulla >>.
La sua voce diventa allarmata, non riesco a capire cos'abbia voluto dire, tant'è vero che non so cos'altro aggiungere. Quella chiamata termina lì, e per l'ennesima volta in due giorni, rimango impietrito dalle sue parole.
La giornata passa così lentamente, da sentirmi le ore pesarmi come macigni sulle spalle. C'è stata una riunione, abbiamo discusso del festival del giorno dopo e Nathaniel ha proposto di occuparsi personalmente della gestione, forse capendo che non ho la testa per farlo.
Quando sono tornato a casa, mi è passato per la mente di andare a trovare Rea anche se lei mi ha detto di non farlo. Ho lasciato ad Alain le chiavi dicendogli che avrei fatto subito ritorno, e me ne sono andato a piedi. 
L'aria oggi è più fredda del solito, l'inverno non vuol passare inosservato quest'anno, e il pensiero che debbano ancora trascorrere due mesi, è davvero una rottura, almeno per me.
La casa di Rea è a pochi isolati, da dove mi trovo, si vedono bene le finestre. Mi accorgo che le persiane sono chiuse, senza rendermene conto accelero il passo. Il cancello è ormai vicino, intravedo la sua macchina. Suono al citofono e nessuno viene a rispondermi.
"Forse dorme" penso cercando di rendere quel pensiero una convinzione.
Suono ancora, ma nulla. A un certo punto sento dei passi. Mi giro di scatto.
<< Ciao Castiel >>, è Ginevra.
<< Ancora tu? Perché sei qui? >> chiedo incazzato e anche un po' preoccupato.
<< Ti stavo aspettando >>
<< Che cazzo dici? >>
<< Se cerchi Rea, ti avviso che non è in casa >>
<< Come fai a saperlo? >> chiedo avvicinandomi a lei in modo minaccioso << Che cosa le hai fatto? >>
<< Io nulla >> risponde tranquilla << è venuta a prenderla qualcuno >>
<< Chi? >>
<< Armin >>
<< Tzè! E tu vuoi che ci creda? >> chiedo, ammettendo a me stesso che quelle parole mi stanno preoccupando.
<< Sei libero di fare ciò che vuoi, ma se non ci credi, perché non vai a vedere al lago? >>
<< Ti dò due secondi per sparire >> digrigno linciandola con gli occhi.
Lei dal canto suo, inizia a ridere << Come sei diffidente. Eppure dovresti esserlo anche nei suoi confronti. Alla fine non ha obbedito alle tue parole >>
È proprio quella frase a convincermi che forse non sta mentendo. Senza aggiungere altro corro verso la direzione indicata, pregando Iddio che siano state una delle solite bugie di quella strega, ma non appena arrivo al lago, la scena che mi si staglia davanti è più evidente della realtà stessa:
Armin di spalle tiene stretta Rea, mentre di quest'ultima sgorgo solo le sue braccia che cingono le spalle del bastardo. La posizione in cui si trovano, rende la scena confusa: forse si stanno baciando.
Subito un velo di odio copre la mia visuale, il mio corpo sembra agire d'istinto e ormai capisco che non sono più io a comandarlo.
In un barlume di lucidità vedo il viso di Armin fissarmi sorpreso, mentre il mio pugno colpisce violentemente la sua guancia.
Calci, pugni e imprecazioni risuonano nell'aria, ma quello che sta agendo così non sono io, è l'odio che mi ha sottomesso.
Sento Rea chiamarmi e pregarmi di lasciarlo.
<< Non è come pensi, fermati ti prego! >> urla con voce stridula mischiata al pianto.
Quelle parole anche se ignorate, riescono per un momento a farmi abbassare la guardia, così Armin  a fatica riesce a liberarsi dalla mia presa. Mi ritrovo seduto sulla sabbia, ansimante e tremante.
<< Smettila, ti prego >> continua Rea soffocata dalle lacrime. La guardo con occhi crudeli. Sta piangendo, e sembra afflitta. Mi alzo barcollante.
<< Tu, sei una maledetta bugiarda! >> urlo avvicinandomi a lei minacciosamente.
 << Perché?! >> chiede a tono.
<< Ti avevo detto di non incontrarlo, e invece mi hai preso per il culo! >>
<< Io non ti avevo promesso che non l'avrei fatto! >> si difende gesticolando nervosamente.
<< Da quanto va avanti questa storia? >>
<< Ma che diavolo dici? Non farti fantasie... >>
<< Ecco perché al telefono mi hai detto di non venire a casa tua. Il medico, la stanchezza... era tutta una scusa! >>
<< Non dire cavolate, Castiel! >>
<< È finita! >> la interrompo deciso.
<< Cosa? N-non puoi dirmi questo, solo perché hai visto un abbraccio! >>
<< Perché lo stavi abbracciando? >>
<< P-perché... >>
<< Ti ha violentata, cazzo! Anche il più idiota avrebbe capito il motivo per il quale voleva incontrarti. Ma tu come al solito non riesci a capire neanche la minima puttanata! >> grido iniziando ad allontanarmi.
<< Aspetta, fammi spiegare almeno! >>
<< Non c'è nulla da spiegare, ho capito bene le tue intenzioni. Io ti avevo avvisata: se avessi accettato di incontrarlo, tra noi due sarebbe tutto finito. Adesso basta >>
<< Smettila Castiel, ti dissi il motivo per cui volevo accettare di parlargli. Lui è andato da Etienne, e io dovevo sapere... >>
<< Cosa?! >> la interrompo bruscamente fermandomi e voltandomi verso di lei per guardarla meglio negli occhi << Cosa volevi sapere? Quel figlio di puttana voleva vederti per ottenere ciò che ha ottenuto, ecco perché è andato da Etienne! >>
<< Non è così! >>
<< Avresti dovuto intendere che è normale che un padre voglia vedere suo figlio! >>
 << Non è suo figlio! >> urla con tutte le sue forze tentando di coprire il mio tono di voce.
Sento il cuore dare un violento battito, tanto da far sussultare il petto. Rea mi guarda con occhi malinconici, mentre le sue lacrime continuano a scendere autonome.
 << C-che stai...? >>
<< Armin non è il padre di Etienne! >> m'interrompe scandendo bene le sue parole.
<< Ma... cosa stai... >> balbetto cercando di ordinare le idee che continuano a vagarmi nella mente così confuse << Allora... c-chi è il... >>
<< Non ti sei mai accorto del suo sguardo? >> mi chiede con voce fievole, avvicinandosi lentamente << I tuoi occhi, sono come i suoi >>
Sento crollarmi il mondo addosso, mentre ascolto quelle parole. Le mie gambe tremano fino a perdere l'equilibrio e a farmi cadere sulla sabbia.
Confuso mi ritrovo a guardare quei minuscoli granelli, e li vedo inumidirsi a ogni goccia che si poggia su di essi: sono le mie lacrime. Io, il cinico Castiel, sto piangendo, ripetendomi silenziosamente e ancora incredulo, che Etienne è mio figlio.
 
   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Dolce Flirt / Vai alla pagina dell'autore: Iaiasdream