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Autore: Jailer    06/09/2015    3 recensioni
"La vita è un’onda, il Cancro lo sa perché è un segno che viene dal mare.
La vita è acqua che si schianta, acqua che può distruggere e tornare al mare o rimanere sulla roccia ed evaporare via. Un fluido che sale e scende, senza certezze e senza requie.
Come può saperlo il Fuoco, che brucia come se non ci fosse un domani, per poi spegnersi senza rumore?
Manigoldo guardò allora il mare e chiuse gli occhi, il suo mantello oscillava lieve ad una brezza leggera e intristita.
Che lui lo avesse voluto o no, la vita lo aveva condotto fin lassù.
Davvero è un’onda, pensò.
"
Storia di certezze che vanno e vengono.
[Sisifo x Manigoldo]
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Cancer Manigoldo, Nuovo Personaggio, Sisifo di Sagitter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8

 

Sagittarius cercò di dimenticare tutto: negò l’ira verso Ofiuco e la pietà per Elena, cancellò la stima e l’invidia nuove verso Manigoldo, più lontano ancora celò l’amore per Athena, la rabbia verso la Viverna che gli aveva strappato un fratello già lontano.

 Fu difficile ritrovare l’isolamento, tornare alla dimensione di totale autocoscienza, quasi solipsistica, necessaria per sfruttare il Settimo Senso, dopo tutto quel trambusto. Persino il ricordo della birra, per un istante, lo aveva trattenuto in contatto con il mondo esterno.
l suono delle gocce non doveva essere sangue che scorreva, ma vita che sgorgava dalla volta celeste alla terra; vita che lo aveva benedetto ed eletto, che gli aveva concesso la più fiera delle armature.

Quando ritrovò il governo delle sue stelle, cercò il contatto con il cosmo di Manigoldo.
Gli venne da sorridere, perché, quando si trattava di Cancer, persino il cosmo era confusionario. Bruciava in modo irregolare, come colore che fuoriesce dalla sagoma di un disegno, come acqua non arginabile.

 Entrarvi in contatto non fu facile, Manigoldo era in quel momento tutto proiettato sull’esterno, il suo Settimo Senso era in quel momento completamente frastornato.
Manigoldo… Manigoldo…
Molte volte lo dovette chiamare; la concentrazione di Manigoldo era persa sulla scia del sangue di Elena.

Sagitter percepì fortissima l’amarezza del compagno, il suo cosmo ne era intriso – ma era un dolore legato a qualcosa di molto vecchio, era radicato, irradiava da tutte le stelle del Cancro, come se ne fosse il vero nucleo.
Manigoldo…
Il moro rispose con un sommesso gemito alle spalle di Sisifo. Sentiva, ma non riusciva a gestire il cosmo per rispondere. Egli capì e andò avanti.

 Riprendi la padronanza del tuo cosmo, quanto basta per poter evocare gli spiriti con il Sekishiki Kisouen e disporli ad arco, ad esso incoccheremo una freccia che creerò con il mio cosmo. Comanda all’arma di tendersi e scoccare al mio segnale.
La nube di Ofiuco altro non è che un varco spazio-temporale in cui si rifugia al momento dell’esplosione dei tuoi fuochi, la mia freccia lo seguirà all’interno e all’esterno.
Quando lui esce dalla dimensione rallenta sempre per un istante, sarà possibile colpirlo allora.
Abbiamo ancora un po’ di tempo, prima di versare il nostro sangue dovrà attendere che l’armatura abbia sorbito tutto quello di Elena.

Sisifo si sentì ancora peggio a quel pensiero, ma continuò.
Chiudi gli occhi e concentrati; è un’azione troppo complessa per poter avere un secondo tentativo. I nostri cosmi devono incrociarsi e collaborare, potrebbe non essere piacevole.

 Il cosmo era infatti una dimensione così intima per un individuo che difficilmente e fastidiosamente poteva essere sfruttato per tecniche collettive.
Tanto più perché gli unici che avrebbero potuto effettuare azioni congiunte del genere erano i Gold Saints, gruppo di guerrieri di forte personalità e grandi capacità, ma che, per questo, costituivano gruppo poco coeso, caratterizzato da una grande tensione agonale.

 

***

 Ofiuco era ipnotizzato dalla ragnatela di sangue che sgorgava dal ventre della donna. Ad un certo punto aveva emesso un sospiro, Manigoldò percepì la tensione erotica che pervadeva il nemico in quel momento.
Il cosmo dello Specter era come distorto, bruciava male. Era perverso – offuscato, brutto.

 Cancer si concentrò sulle sue stelle, era come se, quel giorno, avesse perso quella parte di sé in qualche posto.
Dovette cercare se stesso come se si fosse trattato di un’altra persona.
Quando riuscì a sentirlo scorrere in sé, vitale, fu piacevole - un balsamo che allevia il dolore alla gola.
Manigoldo si sentiva, le sue stelle bruciavano vivaci come un falò – le stelle di Cancer lo amavano e lo acclamavano a loro signore. Un conquistatore.
La costellazione di Cancer cedeva la sua forza agli uomini.
Il suo corpo era ancora bloccato, ma non importava. Manigoldo poteva fare qualunque cosa, ora, perché era benedetto e prescelto.
Egli evocò i suoi fuochi, emersero silenziosamente dal pavimento e in sordina si disposero a comporre un enorme arco sopra le teste dei Santi.
L’arma era azzurrina ed eterea, per quanto imponente - il cuore di un bambino nel corpo di un guerriero.
Manigoldo ne fu fiero.

La freccia di Sisifo era già pronta, il suo cosmo era di un oro purissimo, brillava con violenza.
Fu ciò a ridestare Ofiuco dallo stato catalettico in cui era caduto.
Inizialmente osservò la cosa con occhi vuoti – guardava senza vedere nulla, quando torno in sé li sgranò ed emise un’imprecazione simile ad un ruggito.

Non vi badare, procediamo. Veloce!, esortò Sisifo.

Fecero avvicinare le loro creazioni.
Quando la freccia sfiorò i fuochi fatui, Sisifo sussultò.

Diversamente da Manigoldo che usava i fuochi come mezzo per i suoi colpi, Sagittarius metteva una parte della sua vita nella forma della freccia, vi riponeva la sua forza nella più pura delle forme.

 Quando riuscirono ad incoccare la freccia e a tendere l’arco, furono percorsi da una scossa.
Fu allora che si conobbero davvero.

 Non fu una sensazione descrivibile: come passare davanti allo specchio e guardarsi di sfuggita, capire sono proprio io quello, quel buffo individuo allampanato sono io.
E, davanti a quello specchio, chiudere gli occhi per cercare di guardarsi riaprirli.
Fu come quando ci si siede davanti alla tomba del proprio padre e si capisce che il giorno della sua morte è già accaduto – ed è anche passato. E sei già dall’altra parte della vita.

 Fu comprendersi, intuirsi, arrivare alla più profonda consapevolezza l’uno dell’altro.

Sei tu.

E il cosmo di Sisifo era come un fenice, nella sua vicenda eterna di morte e vita – Sisifo e il suo dolore, la morte; Sisifo e le sue virtù, il costante rialzarsi, la vita.

 Come può sapere il fuoco che la vita è un’onda?
Il fuoco lo sa perché si nutre di ossigeno così come l’acqua per schiantarsi cerca la terra.
Perché il vento è capriccioso e può togliergli il fiato da un momento all’altro, salvo poi farlo risorgere e divampare in un istante.
Perché la fiamma stillerà anche l’ultima scintilla in cerca della vita, non si quieterà in pace. Mai si spegnerà con lentezza, sarà un’eterna silenziosa lotta.
Superbo il fuoco, benedetta l’acqua, doni di Dio agli uomini; indomabili, inafferrabili, loro è un’eterna irrequietezza; e il fuoco scivola dalla terra all’aria, come l’acqua dall’aria alla terra.
E scivolano da una parte all’altra della vita, senza morire mai.

 Manigoldo sorrise.
Mon semblable – mon frère!*, aveva detto un poeta.

 

*Baudelaire, Au Lecteur (anacronisticamente citato)

 

***

 
Ofiuco era rimasto immobile ad osservare la freccia rivolta contro di lui. Guardava con occhi affamati i cosmi brillare e incatenarsi, e con sguardo clinico i visi dei suoi nemici, contratti nella concentrazione.
Quando l’arma fu pronta, egli toccò con l’indice la Surplice, la quale si richiuse nel suo scrigno, lasciando cadere a terra il cadavere di Elena.
Ofiuco si portò davanti all’armatura in modo da coprirla con le sue spalle. Sorrideva tutto denti, gli occhi spalancati, in estasi.
Si fermò lì, a gambe divaricate, ben piantato sul terreno. Allargò le braccia in un gesto sorpreso.

 Né Manigoldo né Sisifo capirono, ma non potevano più trattenere il colpo.
Adesso, pensarono contemporaneamente.

La freccia partì, e la spinta che le era stata impressa dall’arco fu tale che i fuochi esplosero.
Nel buio fu un meraviglioso spettacolo: la freccia parve una cometa, correva contro Ofiuco ed egli non si mosse, l’esplosione si verificò nella stanza stessa – il nemico non aveva usato il passaggio dimensionale.

I Saints temettero di aver fallito.
Non un urlo, non un movimento da parte di Ofiuco.
Ma il suo cosmo era sparito; la Viverna era lì, al centro della stanza, ed accanto anche la Surplice dell’Ofiuco si era ricomposta, prendendo la forma di un fiero serpente nero e oro.

 Non dovettero passare più di pochi secondi che le due armature scomparirono.
Erano tornate nell’Ade presso i loro vecchi possessori l'una, in attesa di un nuovo signore l'altra.
Nella stanza restava solo il corpo di una donna riverso nel suo sangue e i due Santi di Athena, immobili.

   
 
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