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Autore: Jailer    08/09/2015    3 recensioni
"La vita è un’onda, il Cancro lo sa perché è un segno che viene dal mare.
La vita è acqua che si schianta, acqua che può distruggere e tornare al mare o rimanere sulla roccia ed evaporare via. Un fluido che sale e scende, senza certezze e senza requie.
Come può saperlo il Fuoco, che brucia come se non ci fosse un domani, per poi spegnersi senza rumore?
Manigoldo guardò allora il mare e chiuse gli occhi, il suo mantello oscillava lieve ad una brezza leggera e intristita.
Che lui lo avesse voluto o no, la vita lo aveva condotto fin lassù.
Davvero è un’onda, pensò.
"
Storia di certezze che vanno e vengono.
[Sisifo x Manigoldo]
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Cancer Manigoldo, Nuovo Personaggio, Sisifo di Sagitter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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9

 

L’effetto del veleno svanì nel giro di una quindicina di minuti. I loro arti ripresero sensibilità e mobilità progressivamente, a partire dalle estremità.
In quel tempo non poterono fare altro che guardare in silenzio la devastazione innanzi a loro, e il sole sorgere e illuminare il tutto. Sembrava un modo per accusarli, per rimarcare quanto della missione fosse stato un fallimento.

 Il soffitto era nero per le esplosioni e le pareti rosse di sangue. Non c’era nulla che ricordasse la stanza in cui poche ore prima erano entrati.
Così è la guerra, pensò Sisifo, ma era ancora pronto a combattere.

 Sagittarius fu il primo a riuscire nuovamente a muoversi.
Quando riuscì a camminare si diresse subito verso Elena, senza voltarsi a guardare Manigoldo. Con fatica si tolse il mantello dalle spalle e ve la avvolse.
La seta divenne immediatamente un sudario rosso.
Sisifo si inginocchiò davanti al corpo della donna e chinò la testa.
Cominciò a recitare una preghiera.

 Pochi minuti dopo anche Manigoldo poté avvicinarsi.
Attraversò la stanza fino in fondo, dove prima c’era stato il letto a baldacchino, del quale non restavano che le macerie bruciacchiate.
Dovette spostare alcune tavole e alcuni lenzuoli per trovare quanto cercava.

 Allora si accostò ad Elena, di fronte a Sisifo, il quale alzò il capo per osservare. Ma Cancer eluse il suo sguardo.Posò il rosario che apparteneva alla donna sul suo petto insanguinato; ella lo aveva stretto e vi aveva pianto con tanto dolore all’inizio di quella notte.
Si alzò subito in piedi, e guardò solo di sfuggita e con freddezza  quel corpo martoriato.

 
Allora sì, scoccò un’occhiata a Sisifo cercando il suo beneplacito. Egli comprese e assentì con un cenno del capo.

Il corpo della donna si sollevò a mezz’aria, i due Gold si allontanarono di un paio di passi.
Manigoldo schioccò le dita e il corpo arse in una fiamma blu che divampò violenta; poi si concentrò sulle finestre e le aprì.
Entrò un’aria frizzante, un venticello che scompigliò i capelli, che li rese finalmente consapevoli dell’aria pesante all’interno della stanza.
Quando la pira avesse finito di bruciare, sarebbe stato compito del vento portare via le ceneri e concedere l’ultima – inutile – libertà ad un corpo che probabilmente non l’aveva conosciuta mai.

 Manigoldo uscì prima dalla stanza, senza attendere ulteriormente.
Non gli interessava assistere al funerale di una donna che non conosceva nemmeno, pensò aspramente.
Non gli interessavano i funerali. Bisognava guardare avanti, stringere la vita e festeggiarla.

 Sisifo lo seguì immediatamente, ma egli fino all’ultimo si guardò indietro.
E vide in quel fuoco un cadavere uguale identico a quelli di tutti coloro ai quali era sopravvissuto.
Un giorno anche il suo corpo sarebbe stato avvolto dalle fiamme senza provare dolore – pensò a ciò senza tristezza.

Senza dolore – un giorno.

 
***

 Quando scesero le scale dell’edificio, tutto taceva e le candele erano spente.
All’uscita li attendeva solamente la maman; di giorno sembrava più brutta ma meno cattiva che di notte.
Il suo sguardo lasciava intendere che sapeva. Non disse nulla, ma si chinò in un inchino di dolorosa gratitudine.

In un angolo del giardino, proprio sotto le finestre della grande sala all’ultimo piano, era già stata eretta una piccola croce di legno, già vi era posato un giglio bianco.

 Manigoldo sorrise al simbolo della purezza posto alle soglie di un bordello.
Così è la morte, pensò. Non le si nega nulla, ricongiunge tutti gli opposti.

 

***

 
“Ofiuco…” disse Sage, assorto. Tra le labbra sembrò assaporare ogni lettera di quel nome.
Poi il suo viso si illuminò di una improvvisa giovinezza, perché giovane doveva essere stato il ricordo che gli era sovvenuto.
“Sì… Conoscevo bene quella Surplice: nella passata guerra santa l’aveva indossata un uomo dalla grande saggezza.
Era stata la punta di diamante dell’esercito di Hades, ci ha fatto piangere lacrime amare”, disse. Ma dalla sua espressione sembrò solo un uomo che rimpiange i bei tempi passati.
Sage era ancora il giovane e irruento guerriero di quei giorni, malgrado gli anni.

 “Non ha fatto nulla per schivare o difendersi dal colpo, dunque?”
Sisifo e Manigoldo negarono in silenzio.
Sage sorrise tra sé e sé, vecchia volpe, pensò.

“Pensate che lo abbia fatto in funzione di un piano più grande?”, chiese Sisifo preoccupato.
Il Gran Sacerdote aveva un’espressione furba, nei suoi occhi guizzavano la vita e la curiosità.
“Oh no, Sisifo. Se l’ho conosciuto abbastanza bene – e così è stato -, l’Ofiuco è un guerriero egoista.
È figlio di Apollo, non combatte realmente per Hades. Fa ciò che fa per se stesso, per la conoscenza.”
Nella sala entrava una brezza salmastra. Le pesanti tende che incorniciavano la sala della Tredicesima Casa, quella del Gran Sacerdote, erano aperte e si vedeva brillare il mare sulla distanza.

 “Gli avete mostrato un mirabile spettacolo, sapete. Un attacco coordinato con cosmi allo stato puro non è qualcosa che si vede tutti i giorni.
In favore della conoscenza avrà voluto vedere cosa accadeva a ricevere tale colpo.”
Manigoldo ridacchiò: “Sono dei grandi empiristi, i guerrieri dell’Ofiuco.”

 Sage assentì con un sorriso, “ottimo lavoro”, disse infine, e poi voltò le spalle, tornando alle sue stanze, sparendo dietro al pesante tendaggio bianco.
Sembrò un attore che esce di scena in teatro.
Sisifo e Manigoldo si congedarono con un inchino.

Finita, pensarono tutti e tre con sollievo.

   
 
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