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Autore: Ludos98    14/11/2015    4 recensioni
La Dimensione Magica si trova a un punto di rottura, e c'è soltanto un modo per ripristinare l'ordine e scacciare le forze del male. Eppure, a volte, un desiderio ci trascina in situazioni più grandi di noi. L'anticonformista Musa verrà catapultata in un mondo a lei estraneo, e, si renderà conto, che, tutto ciò in cui ha creduto, tutto ciò che ha sempre pensato, non è assolutamente vero.
Dal testo:
"-Voglio essere diversa, un po’ speciale. [...] Voglio che qualcuno mi ami per ciò che sono, e non per quello che rappresento. Voglio trovare un posto in cui sentirmi straordinaria, e soprattutto non voglio restare in uno dove sono obbligata ad essere ordinaria, per via delle circostanze."
Genere: Angst, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Musa, Riven, Stella, Valtor, Winx
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Ai Lettori Anonimi,
perché siete voi che ogni tanto,
sapete darmi il coraggio di andare
,
sola forse non saprei neanche come aprire le ali.
Chapter 2: Believe
All’età di sei anni,
quando non ottenevo ciò che volevo,
mio nonno mi ripeteva sempre:
“Guarda il cielo, punta in alto e credici.”
Eppure, molte cose sono cambiate.
Adesso, quando guardo il cielo,
so che è popolato da creature fatate.
Quindi, in che cosa dovrei credere?
Alfea, il giorno dopo
La mattina seguente, Musa si risvegliò in una stanza che non era la sua. Generalmente, la prima cosa che faceva, quando apriva gli occhi, era controllare le notifiche sul telefono. Infatti, in uno stato di dormiveglia, allungò distrattamente la mano verso il comodino, che, tuttavia, non si trovava nel solito posto.
Aprì gli occhi, sbadigliando, e, una volta resasi conto di non essere in casa propria, rizzò a sedere di scatto. Aveva dei ricordi confusi riguardo la notte precedente: sapeva con certezza di essere andata al falò e di aver espresso un desiderio. Poi, come se qualcuno avesse ascoltato le sue preghiere, una strana ragazza bionda, Stella, era apparsa dal nulla, rivelandole di essere una fata.
Una fata?
Lei?
No, probabilmente dovevano averla drogata e trascinata in un edificio abbandonato. Eppure, quella camera, nonostante fosse spoglia, risultava molto accogliente: il letto in cui si era risvegliata, aveva un materasso morbidissimo, il quale era rivestito da lenzuola e copriletto di un color rosa pastello. Innumerevoli cuscini le contornavano le spalle, e lasciavano intravedere la testiera, che ricordava i rami di un albero.
Musa appoggiò i piedi sul pavimento, scoprendo con piacere, che era ricoperto da una soffice moquette bianca. Iniziò a vagare per la stanza, in cerca di un calendario, un giornale, per capire quale giorno fosse. In cuor suo, sperò di non aver dormito molto.
Prima, si avvicinò alla cassettiera in legno, la quale era in prossimità del letto, ma non trovò nulla di interessante. Intravide solo la sua immagine riflessa nello specchio, e rabbrividì per le pessime condizioni che l’oggetto affisso al muro rendeva evidenti: aveva decisamente bisogno di una doccia.
Eppure, non era il momento di pensarci.
Doveva comprendere cosa stesse succedendo.
Infatti, si incamminò verso la parte opposta dell’abitazione, che era composta da una piccola scrivania, sulla quale qualcuno aveva lasciato dei libri e un messaggio.
Musa lo afferrò con foga e prese a leggere rapidamente, non cogliendo a pieno il significato di quelle parole.
11/08/04
“Gentile signorina Musa,
siamo lieti di averla con noi nella scuola magica per fate di Alfea. Qui di fianco troverà una copia di tutti i libri di testo che utilizzerà nel corso dell’anno scolastico, il quale inizierà il giorno seguente alla notte delle stelle cadenti.
Le lasciamo, quindi, il programma delle lezioni, che sarà tenuta a seguire, e una piantina del collegio, affinché non si perda e non arrivi in ritardo.
Infine, le forniamo un cambio di vestiti, considerato il lungo e stressante viaggio a cui è stata sottoposta, che troverà nel bagno personale, alla sua sinistra.
Speriamo vivamente che la sua permanenza qui sia piacevole e illuminante.
Per qualsiasi dubbio, non esiti a visitare il mio ufficio.
Cordiali saluti,
la preside Faragonda.”
Se avessero immortalato l’espressione di Musa, sarebbe stata di certo esilarante. Rimase a bocca aperta, con gli occhi strabuzzati, per almeno cinque minuti, come se l’informazione si rifiutasse di giungere al cervello.
Una parte di lei, quella che tentava in tutti i modi di giustificare il desiderio di essere speciale, voleva crederci. Tuttavia, vinse la ragione.
Quello che stava vivendo non poteva essere vero: infondo, la magia non l’aveva mai attirata. Musa era una persona razionale, ambiziosa, pratica, che riusciva sempre a sfuggire alle situazioni peggiori, grazie alla sua arguzia.
Quindi, arrivò ad una conclusione: se non l’avevano rapita, si trattava di un sogno.
Oppure, di un incubo, a seconda dei punti di vista.
Forse, il subconscio si stava burlando di lei, mostrandole ciò che da sveglia non avrebbe mai immaginato di volere. Per esempio, qualsiasi altra ragazza sarebbe stata entusiasta di risvegliarsi in una stanza rosa confetto, in perfetto stile Disney, ma non Musa. Lei odiava quel colore, e, se avesse potuto, avrebbe ristrutturato la camera da cima a fondo.
Okay, fatta eccezione per la moquette bianca.
Comunque, decise che, non l’avrebbe mai scoperto, poiché si diede un pizzicotto sulla spalla, per interrompere quella follia. Glielo aveva insegnato il nonno molti anni prima, e si era rivelato uno stratagemma piuttosto efficace, quando si trattava di sfuggire agli incubi.
Eppure, quella volta non funzionò.
Infatti, riaperti gli occhi, Musa si trovava ancora nella Meringa.
Sì, era quello il soprannome che gli aveva affibbiato.
Sbuffò, annoiata, poiché detestava doversi svegliare naturalmente dai brutti sogni. Le succedeva spesso, da bambina, prima che il nonno le svelasse quel trucco. Anche se, all’epoca, ciò che tormentava il suo riposo, era assai peggiore di una camera rosa.
A testa bassa, si avviò verso il bagno e si fece una doccia, che la rimise in sesto. L’inquietudine si scatenò in lei, quando apprese quali vestiti le erano stati lasciati: un canottiera rossa striminzita, la quale permetteva di vedere gran parte della pancia, e un paio di jeans a vita bassa, a zampa d’elefante. Il tutto veniva completato da delle scarpe da ginnastica rosse e bianche, che si rivelarono abbastanza comode.
Fa molto 2004, pensò la ragazza, mentre si osservava allo specchio del bagno.
Se non altro, il rosso era il suo colore preferito, per cui avrebbe sopportato il fatto di dover restare mezza nuda, fino al suo risveglio. In un armadietto adiacente allo specchio, trovò degli elastici, che si abbinavano alla maglietta e alle scarpe, e scelse di utilizzarli per raccogliere i lunghi capelli lisci in due codini.
Pettinò la frangia e si preparò ad affrontare quel sogno assurdo.

Quando si richiuse la porta della stanza alle spalle, notò che su di essa vi era affisso il suo nome. Come se avessero sempre saputo, che sarebbe arrivata.
Comunque, non ebbe il tempo di risolvere l’arcano mistero, poiché Stella comparve all’improvviso, cogliendola di sorpresa e facendola sobbalzare.
-Ti sei svegliata, finalmente! – esclamò, utilizzando un tono squillante, che sembrava una mescolanza tra gioia e impazienza. Indossava gli stessi abiti del giorno precedente, e Musa cominciò a domandarsi se fosse finita in un cartone animato. Stella non sembrava una persona che avesse trascorso l’intera notte a piangere, poiché mascherava il dolore dietro a un sorriso.
Lei era fatta così: poteva piangere tutta la notte e tornare forte il giorno seguente.
Inoltre, adesso il suo compito consisteva nell’occuparsi di Musa, e non avrebbe deluso la preside Faragonda per nulla al mondo. – Noto con piacere che stai indossando i vestiti che ho selezionato per te!
La ragazza dai capelli blu non voleva smorzare l’entusiasmo, per cui si sforzò di sorridere. Anche se, d’altra parte, avrebbe dovuto immaginarlo: soltanto Stella avrebbe potuto lasciarle un capo così attillato.
-Oh grazie! – chiunque sarebbe stato in grado di capire che Musa stava mentendo spudoratamente, ma quest’ultima sperò che Stella non ci arrivasse. Infondo, era bionda. Infatti, si portò una mano al petto, per sottolineare la sua finta gratitudine. – Spero solo di non indossarli per il resto dei miei giorni, sai come in un cartone animato.  
Le strizzò l’occhio con fare ammiccante, sperando di estrapolarle delle informazioni, ma Stella sembrò non cogliere l’ironia, quindi dovette escludere a priori quella teoria.
-Dai, vieni. Ti presento le mie amiche! – la esortò, cingendole le spalle e portandola alla fine del corridoio, in cui erano presenti altre tre porte, e Musa ipotizzò che dovessero essere le stanze delle ragazze che stava per conoscere. In quel momento, il cuore le batteva all’impazzata. Temeva seriamente che Stella la rendesse un’adepta della sua setta di fate.
Invece, dovette ricredersi, quando varcò la soglia della sala comune. La stanza era abbastanza ampia e luminosa, grazie alla presenza di una finestra vetrata, la quale permetteva alla luce del sole di entrare. Le pareti erano di un lilla sbiadito, sulle quali Musa vi vide affissi dei quadri, delle piante, e un orologio, che segnava le 9.00.
Poi, il suo sguardo si spostò verso il centro e notò quattro figure, sedute composte, alcune su delle poltrone, altre su un divano rosa, chiaramente.
Sorseggiavano un tè, il quale era accompagnato da dei pasticcini, ma, una volta resesi conto della presenza di Stella e Musa, interruppero le loro azioni, per osservare meglio la nuova arrivata. Vedere tutti quegli occhi puntati addosso, la fece sentire a disagio, poiché detestava trovarsi al centro dell’attenzione. A patto che non si trattasse di cantare, lì la questione era totalmente diversa.
-Ragazze, lei è Musa! – annunciò la fata del Sole e della Luna, rompendo quel silenzio imbarazzante che si era creato, e indicandola, con fare entusiasta. – Musa, loro sono le Winx.
La prima a presentarsi, fu una ragazza dalla folta chioma rossa spettinata, la quale indossava un completo, composto da gonna e maglietta a maniche corte, sui toni del blu, il quale si abbinava ai suoi occhi azzurri.
Infatti, appoggiò la tazza di tè sul tavolino, e si alzò prontamente per andare a svolgere il suo ruolo da leader del gruppo.
-Ciao, io sono Bloom, la fata della Fiamma del Drago e anche la più potente della Dimensione Magica. – le strinse con forza la mano, e Musa rimase scioccata per due motivi: il primo, riguardava quel gesto, poiché pensava che fosse un’usanza solo dei terrestri. Mentre l’altro, si riferiva alla strafottenza di lei. – E, come avrai capito, sono il capo del gruppo. Benvenuta ad Alfea!
Musa aveva incontrato molte persone false e ipocrite nel corso della sua vita, e, dopo la recente delusione, pensava di aver visto tutto. Bloom le dimostrò che non era affatto così.
-Volevo sapere: ma, ogni tanto scendi dal piedistallo o le altre devono idolatrarti come se fossi una dea? – ritrasse la mano, disgustata, e indicò le Winx con un dito, sforzandosi di sorridere. Il sarcasmo aveva svolto a lungo il ruolo di unica difesa della ragazza, e avrebbe continuato ad usarlo, nonostante la scoperta dei suoi poteri magici. Provò un certo piacere, nel vedere quell’oca sbiancare, anche se la soddisfazione ebbe breve durata, poiché un’altra fata entrò in scena, in difesa dell’amica.
-Ehi! – sbraitò, alzandosi di scatto e raggiungendole con un’espressione adirata, stampata in volto. – Non conosci Bloom, quindi non puoi permetterti di giudicarla!
I suoi tratti erano completamente opposti a quelli di Miss Perfettina (sì, Musa affibbiava soprannomi a tutti) : aveva la pelle olivastra, gli occhi chiari, lunghi capelli ricci castani e un fisico atletico. Indossava una canottiera lilla e bianca, che le lasciava scoperta gran parte della pancia, quindi Musa arrivò alla conclusione che dovesse trattarsi di una moda, e una gonna militare. Ai piedi portava delle scarpe verdi, le quali erano coperte da un paio di scaldamuscoli bianchi.
Inizialmente, Musa indietreggiò, preoccupata dalla reazione che la ragazza avrebbe potuto avere. Insomma, non voleva di certo essere coinvolta in una rissa, per aver affermato l’ovvietà. Per fortuna, Stella intervenne e riuscì a calmare le acque.
-Aisha, non esagerare. Ognuno è libero di dire ciò che pensa. – affermò, ponendosi davanti a Musa, e sollevando le mani, in segno di resa. Sorrise nervosa, sperando di intenerire il cuore di pietra della fata dei Fluidi, e raggiunse l’obiettivo. Infatti, quest’ultima tornò a sedersi, bofonchiando, seguita da Bloom. - Quindi, che ne dite di proseguire con la nostra colazione?
La fata del Sole e della Luna la invitò a unirsi a loro, e Musa, furbamente, scelse di sedersi dalla parte opposta rispetto a Bloom e Aisha.
Sulla Terra, la colazione rappresentava il pasto più importante della giornata, quindi Musa si abbuffava senza ripensamenti con biscotti, ciambelle e cornetti. Invece, qui, trovò dei miseri pasticcini accompagnati da un infuso di tè, a delle erbe a lei sconosciute. Solo in quel momento, realizzò di non ingerire nulla dalla sera precedente.
Difatti, allungò una mano verso un dolcetto al cioccolato e lo mandò giù con gusto.
-Sono felice che tu sia arrivata ad Alfea sana e salva. – disse una voce smielata, che apparteneva a una ragazza seduta sulla poltrona accanto a quella di Musa. Si trattava di Flora, la fata della Natura. Lei probabilmente era la persona più dolce e buona del mondo, che non restituiva mai un torto con la stessa moneta. Inoltre, era di una bellezza disarmante: lunghi capelli lisci biondo cenere, occhi verdi e una carnagione abbronzata.
Eppure, con quell’affermazione, aveva provocato inquietudine in Musa, che la guardò confusa.
-Non dovrei esserlo? – domandò curiosa, aggrottando le sopracciglia. Flora comprese di essersi rovinata con le sue stesse mani, e cercò suggerimenti per rimediare. Incontrò lo sguardo di Stella, che le mimò chiaramente di evitare di affrontare quel discorso.
-Ciò che Flora intendeva, - s’intromise la fata del Sole e della Luna, mentre si versava altro tè, per salvare la situazione. – è che la rende immensamente felice il fatto che tu possa cominciare a frequentare la scuola.
Bevve un sorso, e guardò dritta negli occhi la fata della Natura, intimandola a non aggiungere altro. Flora chinò il capo, seguendo le sue direttive. Per il momento, Musa non doveva sapere perché l’avevano portata lì. Infatti, quest’ultima, scrollò le spalle e continuò a mangiare tranquilla.
-Tecna, ti sei accorta che è arrivata una nuova ragazza? – Stella si rivolse all’unica persona che non aveva ancora proferito parola: fisico minuto, capelli corti fucsia e occhi verde acqua fissi sullo schermo del suo computer. Lei era ovviamente la fata della Tecnologia.  
Musa spostò l’attenzione verso di lei, e rivide se stessa con un iPhone in mano. Comprese solo allora quanto dovesse essere fastidioso per gli altri, il fatto di estraniarsi con un oggetto elettronico. Si ripropose di non farlo più.
Certo, se fosse stata in grado di svegliarsi.
-Oh sì, ciao. Io sono Tecna, e sto perfezionando il mio computer, affinché le ricerche siano più rapide ed efficienti. – rispose frettolosamente, continuando a digitare sulla tastiera, senza alzare lo sguardo e liquidando i convenevoli con un gesto della mano.
Musa fece un sorriso di circostanza. Sinceramente, non le importava legare con quelle persone, anche perché, da un momento all’altro, sarebbero diventate solo dei ricordi confusi.
-Bene, dopo questa rifocillante colazione, credo sia giunta l’ora di andare. – comunicò Stella, alzandosi. Le altre fate la ignorarono, poiché il terzo anno sarebbe iniziato soltanto i primi giorni di settembre. - Musa, le tue lezioni stanno per cominciare. 
La ragazza sperò vivamente di svegliarsi in quel preciso momento, poiché non accettava il fatto di dover frequentare la scuola anche nei suoi sogni.
Tuttavia, non accadde e si affrettò a seguire Stella fuori dalla sala comune.
 
Il college di Alfea era un labirinto di corridoi, i quali sembravano tutti uguali, sottopassaggi, che portavano chissà dove, nascondigli, che forse proteggevano tesori preziosi, e scale, fin troppe. Probabilmente, senza la guida di Stella, Musa si sarebbe già persa.
La fata del Sole e della Luna le comunicò, che, prima dell’inizio delle lezioni, la preside Faragonda desiderava vederla. Infatti, era verso il suo ufficio che si stavano dirigendo.
Nell’udire quel nome, Musa ripensò al biglietto che aveva trovato la stessa mattina. In parte, provava curiosità nel conoscere la donna misteriosa, ma, dall’altra, non capiva come mai la preside volesse vedere proprio lei.
Che avesse fatto qualcosa di male?
Ne dubitava fortemente.
Certo, escludendo la frecciatina tirata a Bloom.
Durante il corso della sua carriera scolastica, non aveva mai passato guai seri, quindi, ricevere un invito ufficiale, la rendeva un po’ nervosa.
-Non preoccuparti, la preside Faragonda è l’essere più gentile che io conosca. – la rassicurò Stella, percependo lo stato d’animo inquieto della ragazza, e parlando per la prima volta, da quando avevano lasciato la sala comune. – Inoltre, io sarò lì accanto a te tutto il tempo.
Le labbra di Musa si incurvarono, mostrando il suo bellissimo sorriso. Non sapeva spiegarsi il perché, ma la presenza di Stella le trasmetteva positività e quelle parole le diedero la sicurezza di cui aveva bisogno.
-Grazie, Stella. – e lo pensava sul serio. Eppure, c’era un qualcosa di agrodolce in quella situazione: sicuramente, il subconscio la stava canzonando, proiettando in Stella le caratteristiche di un’amica che non avrebbe mai avuto.
Scelse di non pensarci e di concentrarsi nel colloquio che si sarebbe tenuto a breve. Infatti, la fata del Sole e della Luna si fermò davanti a una porta più imponente, rispetto alle altre, e Musa comprese che avevano raggiunto la meta.
Dopo aver bussato, varcarono la soglia, e, per la prima volta, Musa riuscì ad apprezzare a pieno una stanza: due delle quattro pareti, erano ricoperte da scaffali e scaffali, contenenti libri di incantesimi antichi. Lunghe tende color rosso rubino, pendevano dal soffitto, per andare ad adagiarsi dolcemente sulle finestre. Al centro, si trovava una scrivania in legno, dietro la quale, era seduta la preside Faragonda.
Quest’ultima, quando le vide avanzare, si alzò dalla sua poltrona, per salutare le giovani allieve. Era una signora anziana, dall’età indefinita, un po’ in carne, e portava i capelli, ormai bianchi, cotonati. Indossava un tailleur indaco, e un paio di scarpe col tacco nere.
-Benvenuta ad Alfea, Musa. – l’accolse calorosamente la donna, stringendole la mano. La ragazza si rilassò, e ricambiò la stretta, accennando un sorriso. Come era accaduto con Stella, poco prima, anche Faragonda sembrava una persona di cui potersi fidare. L’opinione di Musa non sarebbe cambiata nel corso del tempo. – Stella, ti ringrazio per averla accompagnata. Prego, accomodatevi. Volevo informarti di alcune cose, prima che iniziassi il tuo primo anno.
Le ragazze presero posto su delle sedie che si trovavano di fronte alla scrivania, mentre la preside tornò alla sua poltrona rossa. Faragonda si schiarì la voce, preparandosi a modificare un discorso che era rimasto invariato per anni. Eppure, le circostanze lo richiedevano.
-Il college per fate di Alfea esiste da moltissimo tempo, e, da sempre, accoglie allieve provenienti da tutta la Dimensione Magica, l’universo in cui ci troviamo adesso. – un brivido percorse la schiena di Musa, quando venne a conoscenza del fatto che non si trovava più nel Sistema Solare. - Come qualsiasi scuola, ci sono delle regole da rispettare: le alunne non possono utilizzare la magia al di fuori dell’edificio, a meno che la situazione non sia disperata.
Questo non era vero, e Stella lo sapeva. Le fate dovevano usare i loro poteri al di fuori di Alfea, altrimenti le forze del male le avrebbero sopraffatte. Quindi, non riusciva a capire dove la preside volesse andare a parare. Perché stava mentendo a una delle fate più potenti di tutti i tempi?
La fata del Sole e della Luna non aveva una risposta, però conosceva Faragonda, e si convinse che avesse una buona ragione per farlo.
-La scuola è protetta da una barriera magica, che cala sull’edificio alle 22, per cui ti consiglio di non rientrare tardi. – proseguì lei. Da quando il male aveva bussato di nuovo alle loro porte, Faragonda e gli altri professori si erano uniti per fornire un’ulteriore protezione alle alunne. – Durante il mese di agosto, le lezioni inizieranno alle 9.30 e termineranno alle 12.30. L’orario definitivo ti sarà comunicato nel mese di settembre, nel momento in cui cominceranno tutti i corsi. Per il momento, frequenterai Metamorfosimbiosi e Storia della Magia, due materie fondamentali per la formazione di qualsiasi fata.
Ogni volta che si rivolgevano a lei come fata, Musa sorrideva divertita, poiché la situazione le sembrava ancora assurda. Tuttavia, durante il discorso della preside, la ragazza dai capelli blu aveva quasi dimenticato che si trattasse di un sogno. Infatti, una volta sveglia, avrebbe dovuto scriverci un libro, così, se non fosse riuscita a sfondare nella musica, sarebbe diventata la nuova Alice nel paese delle meraviglie.
-Come avrai notato, Stella è venuta a prenderti sulla Terra la notte scorsa ed è qui insieme a noi oggi. Infatti, sarà la tua mentore: potrai rivolgerti a lei per qualsiasi dubbio magico. – quella era un’ottima notizia per entrambe, poiché Stella avrebbe dimostrato ancora quanto valeva, e Musa sarebbe stata guidata dall’ottimismo e dall’esperienza della fata del Sole e della Luna. Soprattutto, col tempo, sarebbe nata una bellissima amicizia tra le due, che nulla al mondo fu mai in grado di distruggere. – Inoltre, ho chiesto in prestito al preside Saladin uno dei suoi ragazzi, affinché si preoccupi della tua sicurezza. Si chiama Riven, e ti proteggerà.
Stella dovette trattenersi dall’urlare che era la scelta più sbagliata da fare. Lei conosceva Riven, fin troppo bene, e poteva affermare con certezza, che lui non era il tipo di persona che si sacrificava nel momento del bisogno.
Nel frattempo, Faragonda aveva scritto il nome del ragazzo su un foglio, per porgerlo a Musa in un secondo momento. Quest’ultima ebbe la stessa reazione di Stella, soltanto che, a differenza della biondina, parlò.
-Io non sono debole, e non ho bisogno che una persona mi protegga. – affermò convinta, aggrottando le sopracciglia. Non riusciva a capacitarsi di come un mondo magico fosse rimasto indietro nella mentalità: nella sua dimensione, le donne si erano battute per secoli per ottenere la loro indipendenza, e, con ciò che le aveva appena comunicato Faragonda, tutti quegli sforzi le risultarono vani.
No, non poteva accettarlo.
-Lo so, tesoro, ma lì fuori ci sono dei pericoli più grandi di noi. – tentò di convincerla, utilizzando un tono di voce dolce. Avere a che fare con delle ragazze, le aveva insegnato che, a volte, è necessario essere comprensivi. – Non c’è nulla di male nel farsi aiutare.
Musa non condivideva la stessa opinione, poiché se l’era sempre cavata da sola, e non aveva mai avuto davvero una persona su cui contare.
Tranne suo nonno, probabilmente.
-Bene, d’accordo. Accetto di interpretare la damigella in pericolo, e di restare in questo circo di matti, ma ad una condizione: mio nonno deve essere informato. – la voce della ragazza era ferma, senza alcuna esitazione. Quello era il suo sogno, e avrebbe ottenuto ciò che voleva, in un modo o nell’altro. – Non farò un bel niente, fin quando non verificherò personalmente che lui stia bene.
Faragonda accennò una risata, che represse, non appena vide lo sguardo accigliato delle allieve. Le condizioni di Musa avevano scatenato l’ilarità nell’anziana donna, perché, nonostante avesse usato maniere brusche, il suo fine ultimo era proteggere una persona che amava. Quindi, la preside non aveva commesso un errore: lei era quella giusta per salvarli tutti.
-Oh, non preoccuparti, lui sta bene. – confessò, provando a contenere il suo entusiasmo. Unì le mani e vi appoggiò il mento. – Anzi, ti manda i suoi saluti. Nel pomeriggio, dovrebbero arrivare degli scatoloni contenenti le tue cose.
Musa sgranò gli occhi.
Certo, ora era tutto chiaro.
Per questo lui conosceva sempre lo stato d’animo della nipote, e utilizzava delle frasi contorte: il nonno sapeva.
In un primo momento, la ragazza dai capelli blu se la prese, poiché non glielo aveva mai rivelato, ma, successivamente non riuscì ad essere arrabbiata col nonno, gli voleva troppo bene.
-Ora è meglio che andiate, non vorrai fare tardi il primo giorno! – le liquidò, facendo loro l’occhiolino e sorridendo, con fare sornione.
 
La mente di Musa era sovraccarica di tutte le informazioni, che Faragonda le aveva fornito. Ancora non riusciva a capacitarsi di ciò che le aveva rivelato: lei era una fata.
Nonostante le sarebbe piaciuto scoprirlo prima, si disse che forse era meglio così.
Mentre si dirigevano verso le aule, Musa notò che i corridoi non erano molto affollati, questo perché le matricole costituivano una piccola parte del corpo studentesco. Inoltre, si accorse che, le altre alunne avevano sicuramente qualche anno in meno rispetto a lei.
-Come mai devo frequentare il primo anno, se sono quasi maggiorenne? – domandò ingenua, a Stella, durante il tragitto. La fata del Sole e della Luna si irrigidì, cercando di elaborare in fretta una frase che risultasse credibile. – Insomma, è come se fossi una ripetente.
Stella comprendeva lo stato di confusione, che stava vivendo la ragazza dai capelli blu. Infondo, era stata una ripetente lei stessa, tre anni prima.
-Diciamo, che abbiamo scoperto tardi il tuo essere speciale. – il che era vero. Insomma, Faragonda conosceva da sempre l’esistenza di Musa, quindi, perché mai avrebbe dovuto aspettare così tanto, per permetterle di imparare ad utilizzare i poteri magici? Stella non ne aveva idea. Ma, in cuor suo, sapeva che l’anziana donna stava elaborando un piano, per salvare la Dimensione Magica. – Però, ehi, questo non significa che tu non possa rimetterti in pari col programma e iniziare a frequentare i corsi del terzo anno, nel mese di settembre.
Musa alzò gli occhi al cielo e accennò una risata. Le piaceva l’ottimismo di Stella, anche se, a volte, lo trovava eccessivo. Sì, era la sua mentore, ma non poteva illuderla in quel modo.
-Non potrebbe succedere, neanche se diventassi la più brava della classe. – ammise, affranta. Purtroppo, per quanto il luogo in cui si trovava adesso, la lasciasse sognare ad occhi aperti, lei era umana, e il pessimismo rientrava nel suo DNA. – Ho visto ciò che sei stata in grado di fare, la notte scorsa, per salvarmi dalle grinfie delle streghe. Non penso che raggiungerò mai quel livello.
Stella apprezzò l’ammirazione che provava nei suoi confronti, poiché la faceva sentire più sicura di se stessa. Allora, scelse di cambiare strategia. Durante il suo apprendimento, aveva avuto l’occasione di osservare fate anziane, come la preside Faragonda, ed era riuscita a comprendere che, il metodo più efficace per aiutare una compagna in difficoltà, era quello di entrare in empatia con lei.
-Sai, credo che tu sia più potente di quanto pensi. Insomma, te lo dice una ripetente. – e le fece l’occhiolino. Musa inarcò le sopracciglia, sorpresa. Non si aspettava che la fata le confidasse un segreto così personale. Infatti, Stella non ne parlava spesso, ma non se ne vergognava più come un tempo. Aveva commesso un errore, il quale le aveva permesso di imparare moltissimo. – Ricordo ancora il mio primo giorno: ho fatto esplodere il laboratorio di pozioni.
Musa scoppiò in una fragorosa risata, e Stella ne fu felice, poiché era riuscita nel suo intento: tranquillizzarla. Nel frattempo, le due ragazze avevano raggiunto la meta e l’ansia tornò a far visita nel corpo di Musa.
-Adesso vai, e rendi la tua mentore fiera di te. – le accarezzò dolcemente una spalla, per fornirle ulteriore incoraggiamento. Adorava utilizzare la parola mentore, perché la faceva sentire importante e, considerato il periodo che stava passando, ne aveva bisogno.
Musa entrò in classe e Stella pensò a un modo per tenere la sua mente occupata, ma non impiegò molto a trovarlo, dato che Nova, un’altra studentessa proveniente da Solaria, le inviò un messaggio che la fece preoccupare.
Vieni in camera mia, c’è qualcosa che devi vedere.
 
Musa prese posto in un banco singolo, che si trovava al centro della classe e attese l’inizio della lezione. Come diceva il programma, la prima ora era dedicata a Metamorfosimbiosi, anche se lei non aveva la ben che minima idea di cosa si trattasse.
Le altre ragazze conversavano allegramente tra di loro, con l’intenzione di stringere nuove amicizie, ma Musa si mostrò disinteressata.
Nei minuti successivi, poco dopo il suono della campanella, entrò in aula il professore e lei strabuzzò gli occhi, poiché non aveva mai visto una creatura più buffa: le ricordava uno gnomo con le orecchie da pipistrello, anche se la definizione esatta era leprecauno.
-Buongiorno ragazze, e benvenute nel college di Alfea! Io sono il professor Wizgiz, e insegno Metamorfosimbiosi. – esordì, sistemandosi il fiore arancione, appuntato sulla maglietta gialla a maniche lunghe che indossava. Alcune ciocche dei capelli dorati si intravedevano dal cappello verde a punta, il quale si abbinava perfettamente alla salopette. Il suo strano tono di voce lo rendeva ancora più buffo, agli occhi delle alunne, che non smettevano di ridere. – Durante le mie lezioni, imparerete a plasmare la forma degli oggetti, e, negli anni successivi, anche la vostra.
Dei commenti di apprezzamento si diffusero in tutta la sala, e anche Musa era particolarmente interessata. Soprattutto, il fatto di poter cambiare forma, la incuriosiva parecchio.
-Oggi, dato che è la prima volta che ci vediamo, inizieremo con qualcosa di semplice. – proseguì Wizgiz, camminando, con le mani riposte dietro la schiena, tra i banchi. Musa dovette allungare per poterlo guardare in faccia. – L’incantesimo di Riflesso.
Schioccò le dita, e su ogni tavolo, comparve uno specchio.
Versi di sorpresa uscirono dalle bocche delle allieve, mentre il professore tornava alla cattedra e ci si sedette sopra. Adesso, tutte riuscirono a vederlo meglio.
-Ciò che dovrete fare, - spiegò lui, incrociando le esili braccia al petto. – è trasferire la vostra immagine nello specchio incantato. Sono sicuro che sarà facile come bere un bicchier d’acqua, dato che la maggior parte di voi pratica la magia da sempre. Buon lavoro!
Dopo l’ultima affermazione, il volto di Musa si rabbuiò, poiché lei partiva svantaggiata. L’unica occasione, in cui aveva utilizzato i suoi poteri, era stata la sera precedente, quando aveva scacciato le tre streghe, salvando sia Stella che se stessa.
Ma scelse di provarci comunque.
Afferrò decisa lo specchio e chiuse gli occhi, andando alla ricerca di quella magia che l’aveva contraddistinta durante lo scontro. All’inizio non successe nulla, poi, percepì il potere scorrere dentro di lei, per trasferirsi nello specchio. Infatti, quando riaprì gli occhi, vide la sua immagine riflessa.
Un sorriso le spuntò sul viso, anche se la soddisfazione di avercela fatta durò poco, poiché, una volta alzato lo sguardo, si ritrovò gli occhi di tutta la classe puntati addosso.
-Wow! – esclamò il professor Wizgiz estasiato, saltando sul banco dell’allieva. – Sei la prima fata che riesce a farlo in così poco tempo! Qual è il tuo nome, ragazza?
Lei appoggiò delicatamente lo specchio sul banco, sperando di non fare rumore, e guardò il leprecauno dritto negli occhi.
-Musa.
Wizgiz inarcò le sopracciglia, come se avesse visto un personaggio famoso. Lei era una sopravvissuta, quindi, in un certo senso la reazione del professore poteva essere giustificata. La ragazza dai capelli blu si sentiva a disagio, ma non lo diede a vedere.
-Bene, Musa. Sono certo che farai grandi cose, anche perché la stoffa ce l’hai. – e le strizzò l’occhio. Non capiva come mai in quel sogno tutti si divertissero a farlo. Probabilmente, stavano tentando di metterla al corrente di qualcosa che non riusciva a cogliere.
 
L’aria si fece glaciale, durante l’ora di Storia della Magia. Infatti, le allieve stavano chiacchierando tranquillamente, scambiandosi consigli, quando una figura minuta entrò a grandi passi nella stanza, sbattendo violentemente la porta.
Le fate sobbalzarono, ammutolendosi e Musa cercò di studiare meglio la nuova professoressa. Assomigliava molto a Stella, quindi si chiese se non fosse la sorella: aveva lunghi capelli biondi, i quali si arricciavano sulle punte, gli occhi marroni e uno sguardo severo.
Indossava una lunga maglietta azzurra, che aveva delle rifiniture in merletto sulle maniche e sulla vita, e un paio di pantacollant a righe sulle tonalità del verde.
No, si vestiva troppo fuori moda per essere imparentata con la fata del Sole e della Luna.  
-E’ la sorella di Bloom, e dicono sia una stronza. – le bisbigliò nell’orecchio una ragazza, togliendole ogni dubbio. In effetti, osservandola riconobbe la stessa forma degli occhi, ed entrambe, a primo impatto, risultavano delle persone altezzose. Chissà, se si sarebbe ricreduta. Infondo, il frutto non cade mai molto lontano dall’albero.
-Io sono Daphne, e cercherò di imprimere nelle vostre testoline qualche nozione di Storia della Magia. – scrisse il nome alla lavagna, poi si voltò, senza guardare nessuno in particolare, per sottolineare la sua superiorità, e proseguì con la presentazione. –  A differenza dei miei colleghi, i quali vi gratificheranno per ogni minimo incantesimo riuscito, durante le mie ore si studierà la teoria. Infatti, ritengo, che ogni fata debba conoscere la storia della Dimensione Magica. Per questo motivo ho insistito, affinché Faragonda la inserisse come materia obbligatoria al primo anno.
Alcune alunne si lamentarono a bassa voce, per il fatto di non essere nate qualche anno prima, ma Daphne le udì lo stesso, e le squadrò.
Chiuse la mano a pugno, intimandole a tacere. Stranamente, lo fecero.
-Prima lezione, vi suggerisco di prendere appunti. - quel consiglio suonò più come un ordine, in realtà. Tutte le alunne, compresa Musa, si affrettarono ad afferrare carta e penna. Daphne si appoggiò sulla cattedra. – Nell’universo magico, esistono due tipologie di fate:  le vere fate e le fate acquisite. Quest’ultima categoria, che rappresenta l’1% della popolazione, è costituita da quelle persone, provenienti da regni lontani, che sviluppano una qualità magica nel corso della vita.
Musa alzò leggermente la testa, sentendosi chiamata in causa. Infondo, lei aveva appena scoperto di possedere dei poteri magici e proveniva dalla Terra, un regno lontano. Poi, la preside Faragonda non aveva specificato quale tipo di fata fosse. Che avesse omesso di proposito quell’informazione, per non rivelarle che apparteneva alla seconda categoria?
-Se qui tra di noi dovesse esserci qualche fata acquisita, le consiglio di lasciare la scuola. – si appoggiò una mano sul cuore, che probabilmente non batteva più da molto tempo, per accentuare le sue finte premure. - Loro non sono come le vere fate, e le aspetta solo un destino: la morte.
 
Alfea, pausa pranzo
Finalmente, quelle lezioni bizzarre terminarono e Musa si sentì sollevata. Non le aveva trovate noiose, anzi, durante l’ora di Metamorfosimbiosi si era persino divertita: l’incredulità stampata sul volto del professor Wizgiz, nel vederla eseguire l’Incantesimo di Riflesso senza problemi, era un’immagine che non se ne sarebbe andata tanto presto.
Nel mondo reale, doveva impegnarsi a fondo per ottenere bei risultati a scuola. Invece, qui sembrava tutto molto più semplice.
Musa sorrise compiaciuta, all’idea di poter utilizzare la magia per il resto della sua vita. Tuttavia, durò solo un istante.
Infatti, le tornarono in mente le parole di Daphne: “Se qui tra di noi dovesse esserci qualche fata acquisita, le consiglio di lasciare la scuola. Loro non sono come le vere fate, e le aspetta solo un destino: la morte.”
Un brivido le percorse la schiena, ma cercò di scacciarlo, concentrandosi sulla bellissima giornata soleggiata che le si prospettava davanti. Inoltre, quello era il suo sogno, e non sarebbe morta per nessuna ragione al mondo.
Al suono della campanella, Musa non seppe bene cosa fare.
Di solito, sulla Terra, si recava alle macchinette automatiche, per comprarsi uno snack e poi mangiarlo, mentre controllava le notifiche sul telefono.
Dato che, non sapeva se esistessero dei distributori in quell’universo parallelo, e non aveva il cellulare con sé, decise di seguire altre ragazze, le quali si stavano dirigendo verso il cortile.
Nonostante fosse metà agosto (o almeno lo era nella sua dimensione), si percepiva sulla pelle una brezza piacevole.
Musa andò a sedersi su una panchina libera, al centro del giardino, e, mentre revisionava gli appunti che aveva preso, si ricordò del bigliettino, che le aveva dato Faragonda, e lo tirò fuori dalla tasca dei jeans.
Riven
Cortile, ore 13.
La preside le aveva comunicato che un ragazzo era stato incaricato di proteggerla, e lei aveva provato a controbattere, ma invano. Non si riteneva una persona debole, per cui stava ancora cercando di capire il motivo di quella scelta.
Purtroppo, lo avrebbe compreso nelle ore successive, a sue spese.
Comunque, la ragazza volse lo sguardo verso l’orologio affisso sul portico, il quale segnava le 13 in punto.
I pensieri di Musa furono interrotti dal rumore di un veicolo che stava entrando nel collegio. Infatti, un ragazzo in tuta aderente, sfrecciò nel cortile a bordo di una moto volante rossa.
Lei non aveva mai visto un marchingegno del genere, quindi iniziò a pensare di essere finita nel futuro.
D’istinto, si alzò, lasciando cadere una penna sul quaderno. Era davvero curiosa di sapere se si trattava del ragazzo misterioso.
Quest’ultimo parcheggiò vicino all’ingresso e si sfilò il casco, rivelando una chioma color vinaccia, acconciata minuziosamente, dei tratti facciali spigolosi e due occhi viola.
Sì, proprio così.
Il mondo di Musa prese a scorrere lentamente, e, quando incrociò il suo sguardo, provò la strana sensazione di averlo già visto.
Si disse che era impossibile. Insomma, se avesse incontrato un ragazzo dal fisico slanciato, che indossava una tuta aderente, e aveva i capelli color vinaccia, se lo sarebbe ricordato.
Eppure, quella figura la incuriosiva moltissimo, per cui decise di avvicinarsi.
D’altro canto, Riven, quando sollevò il capo e la vide arrivare, fu travolto da un’altra serie di ricordi, appartenenti a un passato che non conosceva: questa volta, le immagini mostravano una versione bambina dello Specialista, il quale si dirigeva in tutta fretta da qualche parte, tenendo per mano una piccola Musa.
-Cerca di tenere il passo, la navicella non è distante! – le aveva gridato, mentre continuava a correre. Lei annuì spaventata, non riuscendo a comprendere ciò che era appena successo. Nemmeno Riven sapeva spiegarselo, ma di certo l’avrebbe portata sana e salva al veicolo, anche a costo della sua stessa vita.
I due bambini proseguirono a passo svelto per un po’, fin quando un uomo, che Musa conosceva bene, non sbarrò loro la strada.
A quel punto, Riven sbatté le palpebre, ritornando alla realtà. Posò gli occhi sulla ragazza e constatò che, crescendo, era diventata ancora più bella.
Rispetto all’ultima volta che credeva di averla vista, i suoi capelli si erano allungati, e, adesso li teneva raccolti in due codini, che svolazzavano per via del vento.
Anche il suo sguardo, gli sembrò diverso: prima, in quei presunti ricordi, l’espressione stampata sul viso di Musa era quella di puro terrore. Mentre, in quel momento, percepì sicurezza.
-Sei Raeven, giusto? – domandò lei, rompendo il ghiaccio, e leggendo il suo nome dal foglietto che le aveva dato Faragonda, poiché era il più assurdo che avesse mai sentito, da quando si trovava lì. Infatti, dallo sguardo accigliato di lui, comprese di aver sbagliato la pronuncia. Si ricordò solo allora, che nella Dimensione Magica non conoscevano l’inglese, e volle darsi uno schiaffo per la vergogna.
-Si dice Riven, ma sì, sono io. – rispose, accennando un sorriso divertito, che fece arrossire Musa, la quale abbassò il capo, per non darlo a vedere. Lui non era una persona loquace e sorrideva di rado, ma quella ragazza gli trasmetteva positività, quindi immaginò che l’avrebbe fatto più spesso, d’ora in avanti. – E tu devi essere Musa.
Lei tornò a guardarlo, soltanto dopo che aveva pronunciato il suo nome. Le piaceva come suonava. Inoltre, era divertente il fatto che entrambi conoscessero i nomi l’uno dell’altra, ancor prima di presentarsi.
Di solito, Musa non si mostrava così impacciata con i ragazzi, però, la situazione in cui si trovavano, era talmente bizzarra, che non sapeva come approcciarsi.
-Esatto. – confermò, giocherellando con una ciocca di capelli, e osservandolo da capo a piedi. Quella sensazione di dejà - vu persisteva, e si maledì per non riuscire a risolvere il rompicapo. Poiché tra i due si era di nuovo creato un silenzio imbarazzante, Musa disse la prima cosa che le venne in mente. – Tu hai i capelli vinaccia.
Riven fu colto di sorpresa, dato che non si aspettava di ricevere un commento sulla sua capigliatura. Infatti, si sentì leggermente offeso da quell’osservazione, perché la percepì come una presa in giro.
Nella Dimensione Magica, i ragazzi solevano portare le pettinature più assurde, e nessuno aveva mai da ridire, quindi non comprendeva il disappunto di Musa. Infondo, lei era una terrestre, e aveva sicuramente visto di peggio.
-E i tuoi sono blu. – stavolta non sorrise, e utilizzò quel tono tagliente che tanto lo contraddistingueva. Musa sgranò gli occhi, incredula. Era la prima persona a tenerle testa, e l’unica a cui, col tempo, l’avrebbe mai permesso. – Comunque, oggi sono a tua completa disposizione. Quindi, cosa vuoi fare?
Lei rimase spiazzata dal repentino cambiamento di tono, dapprima serio e ora rilassato, e intuì prontamente che non le avrebbe mai reso la vita semplice.
Inoltre, quella proposta le sembrava molto allettante. Stella le aveva detto che la città di Magix distava qualche chilometro dalla scuola, e lei moriva dalla voglia di visitarla, prima di svegliarsi.
-Un giro.
Dovrei credere in qualcosa di nuovo, che non conosco?
 
Lago di Roccaluce, nello stesso momento
Musa non era stata l’unica a decidere di allontanarsi dalla scuola. Infatti, due amiche si trovavano sulle rive del lago di Roccaluce. Anche se, loro erano più che amiche.
Loro erano amanti.
Il lago, nel corso dei secoli, aveva assunto una connotazione quasi mistica, considerate tutte le leggende che confermavano la presenza di mostri infernali, al suo interno.
Eppure, da sempre, quel luogo rappresentava anche un nascondiglio per le coppiette.
Infatti, Bloom e Aisha erano sdraiate su un telo da pic-nic e contemplavano il cielo. Sin da quando si erano conosciute, facevano lo stesso gioco: osservare il cielo e scovare le forme delle nuvole più divertenti.
Aisha non avrebbe mai dimenticato la prima volta che era successo: Faragonda aveva concesso alle Winx una breve vacanza, prima dello scontro finale con Lord Darkar.
Nelle terre selvagge di Wildland non potevano utilizzare la magia, quindi dovettero ingegnarsi per trovare un passatempo. Fu Bloom a proporlo, confidandole che su Domino molti bambini si divertivano in quel modo.
La fata dei Fluidi accettò entusiasta, poiché, conoscere meglio gli usi e i costumi di quella ragazza, che stava diventando sempre più speciale per lei, le riempiva il cuore di gioia.
La prima figura che avevano individuato era un incrocio tra un delfino, un gatto e un elefante. Proseguirono fino al calar del sole e, mentre si stavano alzando per raggiungere gli altri, intorno al falò, i loro visi si sfiorarono.
Aisha provò il desiderio viscerale di afferrarle la faccia con entrambe le mani e stamparle un bacio sulla bocca. Purtroppo, non lo fece, ma non aveva più dubbi: era innamorata di lei.
La chimica tra le due risultava palese agli occhi di chiunque, però né Aisha né Bloom aveva mai oltrepassato quella linea, poiché era una situazione nuova per entrambe. Inoltre, la fata della Fiamma del Drago era la fidanzata storica di Sky, quindi Aisha non sperava nemmeno che potesse ricambiarla.
Eppure, una notte, tutto cambiò.
Le forze del bene e del male si erano scontrate per l’ennesima volta, e Fate e Specialisti avevano trionfato su Lord Darkar.
Quella sera, ad Alfea si teneva una festa, anche se Aisha aveva preferito rimanere in disparte, per non assistere alle smancerie di Bloom e Sky. Da quando aveva ammesso a se stessa i suoi sentimenti, vederli insieme corrispondeva a ricevere una pugnalata nel petto.
Infatti, aveva persino chiesto all’ispettrice Griselda di cambiarle stanza, per il semestre successivo. Probabilmente, se avesse continuato a dormire nella stessa camera di Bloom, avrebbe finito per confessarle tutto, e non voleva rovinare la loro amicizia.
Mentre stava raccattando le sue cose, Bloom comparve sulla soglia, sconcertata, nel vedere quegli scatoloni.
-Dov’eri finita? Ti ho cercata dappertutto! – esclamò la ragazza dai capelli rossi, sorridendo nervosa, cosa che era solita fare, quando non comprendeva la situazione. – E questi scatoloni?
Aisha sapeva perfettamente che non avrebbe potuto continuare ad ignorarla all’infinito, per cui fece un respiro profondo, si voltò e affrontò la questione di petto.
-Me ne vado, cambio stanza. – la faccia sconvolta di Bloom resterà per sempre impressa nella mente di Aisha, anche se, all’epoca era troppo orgogliosa per cogliere qualsiasi segnale. – Sai, credo che tu e Sky meritiate un po’ di privacy, dato che siete stati lontani per qualche tempo.
In realtà, non lo pensava affatto. Ma, da quando erano riusciti a salvarla dalle grinfie di Lord Darkar, aveva tentato di elaborare una scusa che non dirottasse Bloom verso la verità.
Durante lo scontro finale, Aisha aveva avuto l’ennesima conferma che l’amica non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti: infatti, era stato Sky a salvarla dall’oscurità, con il suo amore.
-Permesso. – disse in tono neutro la fata dei Fluidi, iniziando a trasportare gli scatoloni fuori dalla camera, poiché non riscontrava nessuna risposta.
-Quando ero sotto l’influsso di Darkar, e Sky ha rischiato la vita pur di salvarmi, non sono tornata me stessa soltanto grazie a lui. – Bloom interruppe quel silenzio imbarazzante, che si era creato tra le due, facendo arrestare di colpo il corpo di Aisha, la quale si trovava quasi fuori dalla porta. – Anche in quel momento, mi sono ricordata delle nuvole, e delle chiacchierate fino a tardi, di quando mi hai insegnato a ballare. Ti amo, Aisha.
Nessuno gliel’aveva mai detto, e, improvvisamente, il mondo della fata riprese a scorrere veloce. Impiegò un attimo per decidere come agire, ma, arrivati a quel punto, non c’era altro modo.
-E ti ho cercata stasera, perché volevo dirtelo, ma… - Aisha non le lasciò finire la frase, poiché mollò uno scatolone, si girò ed andò ad assaporare quelle labbra che bramava da mesi.
Il primo bacio fu esattamente come l’aveva immaginato: dolce, tenero e romantico.
Poi, Bloom prese in mano la situazione, penetrando la bocca dell’altra con la sua lingua, e Aisha la seguì di conseguenza. Le loro lingue iniziarono a danzare all’unisolo, mentre le mani di entrambe vagavano per tutto il corpo, come se si vedessero per la prima volta.
In un certo senso, era così.
Aisha comprese che il tutto avrebbe preso una piega bollente di lì a poco, per cui interruppe il contatto, e notò che Bloom non ne sembrava felice, per andare a chiudere a chiave la porta.
Dopodiché, si avvicinò lentamente, poiché percepiva la sua eccitazione e le sussurrò in un orecchio:
-Questo vestito ti dona moltissimo, ma adesso voglio vedere cosa c’è sotto. – Bloom si irrigidì un istante, ma l’esitazione scomparve, quando Aisha prese a baciarle il collo. La fata della Fiamma del Drago era in completa assuefazione, e non vedeva l’ora che Aisha la facesse sua.
Quest’ultima, le tirò giù la zip del vestito azzurro che indossava, e lo fece scivolare dolcemente a terra, rivelando una lingerie nera in pizzo piuttosto sexy.
Bloom lo scacciò via, sfilandosi anche le scarpe col tacco, e riprendendo a baciare Aisha con la lingua. Stavolta, fu lei a toglierle il vestito, e notò con piacere che la ragazza non indossava il reggiseno.
-Non è un gioco alla pari. – disse Aisha col fiato corto, tra un bacio e l’altro. Allora Bloom si allontanò un momento, e, con un sorriso malizioso sganciò il gancetto del suo reggiseno, e lo lanciò dall’altra parte della stanza, mostrando il seno prosperoso che aveva sempre avuto.
Aisha non le permise di riprendere il controllo. Infatti, iniziò a baciare ogni fibra del suo corpo, partendo dalle labbra, per poi proseguire col collo, fino ad arrivare al seno, sul quale si soffermò, mentre palpava l’altro con la mano sinistra.
Infine, le diede dei teneri baci sulla pancia per giungere finalmente alla meta: la vagina.
Alzò un attimo gli occhi per comunicarle cosa aveva intenzione di fare, poi, con un rapido gesto, tirò giù le mutandine, rivelando la sua intimità.
Innumerevoli volte l’aveva vista nuda, ma solo in quel momento le sembrava di vederla sul serio.
-Adesso chi è che bar…- Bloom non riuscì a proferire altro, perché Aisha cominciò a farle un servizio lì sotto, che la fece gemere come mai prima d’ora.
Quando ebbe finito, la fata della Fiamma del Drago decise di ricambiarle il favore. La spinse sul suo letto, dato che era stufa di restare in piedi, e le tolse prepotentemente le mutandine.
-Sei stata fantastica, adesso tocca a te godere un po’.
Era la prima volta che faceva l’amore con una donna, quindi non sapeva bene come comportarsi, ma conosceva Aisha e non ci sarebbero stati problemi.
Iniziò il suo lavoretto con calma, assaporando ogni parte dell’intimità della ragazza, attraverso le labbra e la lingua. Poi, la penetrò con un dito, e la schiena di Aisha si inarcò leggermente, per cui ne infilò un altro, per farla arrivare al massimo del piacere.
Quella notte si addormentarono l’una al fianco dell’altra, esauste, ma felici. Questo si verificò per molte altre notti, nei sei mesi successivi.
 
-Cosa ne pensi di Musa? – domandò Bloom, mantenendo lo sguardo fisso sul cielo limpido, e riportando Aisha alla realtà. Molte cose erano cambiate da quella notte, mentre altre, erano rimaste immutate nel tempo.
Come il pessimismo e la gelosia della fata dei Fluidi.
-Non ci aiuterà. – ammise risoluta, contemplando le nuvole. Anche se, quel giorno, non ce n’erano tante. –E’ immatura, e non sa a cosa sta andando in contro.
Bloom si mise su un fianco, e le rivolse un sorriso compiaciuto.
-Sei gelosa. – la canzonò, alzando le sopracciglia. Eppure, Aisha era orgogliosa, e non l’avrebbe mai detto ad alta voce.
-Non è vero. – controbatté, cercando di evitare il suo sguardo, perché sapeva, che, se l’avesse guardata, si sarebbe tradita.
-Sì, invece. – si avvicinò e iniziò a solleticare il braccio di Aisha per attirarne l’attenzione. Ma lei sembrava incorruttibile. – Anche se non capisco il motivo.
Aisha rizzò a sedere di scatto, dopo quest’ultima confessione, poiché non credeva che la persona che amava fosse così stupida.
-Ah no?! Beh, vorrei ricordarti che poco più di un anno fa, ero io la ragazza nuova! – esclamò, risentita. Bloom sgranò gli occhi, stupita dalla reazione della ragazza. – E, guarda caso, siamo finite a letto insieme.
L’ultima frase uscì come un sussurro, perché, da quando era successo, avevano cercato di essere il più discrete possibile.
Senza successo, la maggior parte delle volte.
Però, in quei sei mesi, Bloom aveva avuto modo di conoscerla meglio, e adesso sapeva, che, quando metteva il broncio, solo una cosa la faceva stare bene: il sesso.
Infatti, si mise alla stessa altezza di Aisha e le infilò una mano sotto alla gonna, iniziando a giocare con la sua intimità.
-Io non penso che tu debba essere gelosa. – ammise, fissandola negli occhi, ma continuando a divertirsi lì sotto. – Né di Musa, né di nessun altro.
Rimarcò le ultime parole, dato che aveva intuito che non era Musa il problema.
Aisha finse di non provare piacere e, inaspettatamente, allontanò la mano di Bloom.
-Se non lo dici a Sky, non verrò più a letto con te. – il problema fondamentale, nella loro relazione, da sei mesi a questa parte, era proprio quello. Poiché, nonostante fossero state insieme la notte della festa, Bloom aveva continuato a frequentare Sky.
Certo, lei giurava di non averci fatto più nulla, dopo il fantastico sesso con Aisha, ma, quest’ultima, ci credeva poco.
Fornirle un ultimatum le sembrava l’unica soluzione: se la cercava solo per il sesso, glielo avrebbe negato fino a nuovo ordine.
Eppure, Bloom sembrò non recepire il messaggio.
Infatti, le si avvicinò, baciandole il collo, perché era il punto debole di entrambe.
-Dai, sono state settimane stressanti. Divertiamoci un po’. – un altro problema era proprio quello: il fatto che Bloom volesse solo divertirsi con lei. Era una paura costante, che perseguitava Aisha giorno e notte.
Le aveva detto che l’amava, ma pretendeva dei fatti adesso.
Tuttavia, sapeva che non avrebbe ottenuto nulla in quel momento, quindi si lasciò cadere in balia dell’eccitazione che esplodeva in tutto il corpo.
Baciò Bloom con sicurezza, fino a farla stendere sul telo. Poi, le tirò giù la gonna, preparandosi a darle il miglior orgasmo della sua vita.
Oppure dovrei credere in qualcosa che non cambierà mai?
 
Alfea
Dopo aver ricevuto quel messaggio ambiguo, Stella si era precipitata nella stanza di Nova, la quale si trovava nella direzione opposta.
Lei era una studentessa del secondo anno, proveniente da Solaria, e ben informata su tutti i gossip riguardanti il regno. Per cui, la fata del Sole e della Luna dedusse, che dovesse comunicarle brutte notizie.
Nell’ultimo periodo, si erano verificati molti problemi sul suo pianeta, a causa di Valtor, uno stregone potente, il quale aveva intenzione di conquistare l’intera Dimensione Magica. Infatti, durante il Ballo della Principessa, con l’aiuto della contessa Cassandra, era riuscito a catturare il sole di Solaria, provocando caos e confusione. Ma, oltre a quel tragico evento, colei che ci aveva rimesso di più, era stata proprio Stella. Il padre, re Radius, in preda a un comportamento insolito, aveva cacciato lei e le Winx dal castello, ritenendole streghe.
Un insulto gravissimo per una fata.
Settimane dopo, in occasione di una festa, organizzata dai genitori di Sky sul pianeta Eraklyon, Stella l’aveva rivisto, finalmente, notando la totale assenza nel suo sguardo. Purtroppo, la serata era stata interrotta da Valtor, seguito dalle Trix, che avrebbe provocato la morte dei partecipanti, se le Winx non fossero intervenute.
Stella si era battuta lealmente, rischiando la vita per salvare il padre, e ottenendo, di conseguenza, la trasformazione Enchantix.
Comunque, da quel fatidico giorno, Stella non aveva avuto più notizie di re Radius, e ciò la faceva stare malissimo.
-Stella, per fortuna che sei arrivata! – esordì Nova, quando la vide entrare. La ragazza si trovava seduta sul divanetto della sala comune, che ricordava molto quella delle Winx, e teneva in mano il telecomando. Aveva lunghi capelli color pel di carota, di una sfumatura più lieve, rispetto a quelli di Bloom, e indossava un completo, composto da giacchetta e pantaloni, sulle tonalità del bianco, verde e blu. L’espressione dipinta sul suo viso, trapelava l’agitazione che stava provando. – Guarda qui.
Stella andò a sedersi accanto a lei, cauta, temendo ciò che avrebbe potuto vedere in tv. Una parte di lei sapeva che la notizia riguardava suo padre, e, il telegiornale registrato, confermò la suddetta teoria.
Nova fece partire il filmato, distruggendo ogni frammento di speranza, presente nel cuore della principessa.
-Re Radius e la contessa Cassandra hanno appena rivelato alla stampa, che convoleranno a nozze il mese prossimo. – la rivelazione investì Stella come un treno. Spalancò gli occhi, incredula. Non riusciva a provare un minimo di gioia per due semplici ragioni: la prima, poiché sperava ancora in una riappacificazione tra i genitori, e la seconda, ma non meno importante, perché Cassandra era una donna arrogante e cospiratrice. Quindi, non riusciva a capire cosa ci trovasse il padre. – La data non è stata ancora confermata, però si presume, che si scambieranno i voti i primi giorni di settembre. Ora vi lascio alle dichiarazioni della coppia più chiacchierata del reame.
Nova interruppe il programma, tentando di evitare un dispiacere all’amica, se avesse visto l’intero filmato. Stella sembrava pietrificata, e lo sguardo fisso sullo schermo, rendeva il tutto ancora più inquietante.
-Voglio vederlo, fallo partire. – interruppe quel silenzio glaciale, utilizzando lo stesso tono neutro che aveva adoperato nell’ufficio di Faragonda il giorno prima. Non le apparteneva, ma non riuscì a sottrarsi, altrimenti, sarebbe scoppiata a piangere. Nova temporeggiò, poiché aveva la certezza, che le immagini seguenti, avrebbero cambiato la vita di Stella per sempre. Eppure, la fata del Sole e della Luna insistette. – Sono la principessa di Solaria, e ti ordino di rimettere quel dannato notiziario!
Di solito, non sfruttava il suo titolo nobiliare, per maltrattare le persone. Non era quel tipo di principessa, anche se, in quel momento, non sembrava affatto. Infondo, si trattava del destino del regno in cui era nata, per cui lei pretendeva di sapere.  
Nova, tremando, schiacciò il tasto play.
-Radius e io siamo molto felici. – comparve il faccione della contessa Cassandra, naturalmente. Era una donna affascinante tanto quanto ingannevole: aveva lunghi capelli biondi, anche se alcune ciocche stavano diventando bianche, occhi marroni ed era abbastanza in forma, per la sua età. – Nonostante il fidanzamento sia stato breve, noi sapevamo sin dall’inizio che ci saremmo sposati.
Si strinse intorno al braccio del re, e la telecamera inquadrò, finalmente, il padre di Stella. Aveva lo stesso sguardo assente dell’ultima volta, e, per la giovane fata fu un colpo al cuore, vederlo così.
Eppure, adesso, notò un dettaglio che in altre occasioni le era sfuggito. C’era qualcosa di strano nei suoi occhi, i quali non sembravano solo tristi e spenti: erano segnati dal marchio di Valtor.
Avrebbe riconosciuto quella firma tra mille, poiché era la stessa con cui aveva schiavizzato le sirene del pianeta di Andros, il regno di Aisha.
Ma Valtor si era già impadronito del sole di Solaria, quindi cosa poteva ricavarne da re Radius?
Poi Stella capì.
Era stata la contessa Cassandra ad architettare tutto: aveva aiutato Valtor a raggiungere il suo scopo, e, quest’ultimo l’aveva ricompensata, stregando il re, affinché lei potesse diventare la nuova regina.
E, sua figlia Chimera, la nuova principessa di Solaria.
Infatti, dopo una breve dichiarazione del padre di Stella, apparve nello schermo un’intervista fatta a quella ragazzina spocchiosa.
-Sono davvero eccitata per questo matrimonio. Insomma, sarò la damigella d’onore e poi diventerò la nuova principessa. Sarà un giorno importante! – aveva utilizzato la solita vocina irritante, caratterizzata dalla presenza della erre moscia, che la rendeva ancora più ridicola. Stella aggrottò le sopracciglia, desiderando di incenerirla con le sue stesse mani. – Mi dispiace per il recente allontanamento della principessa Stella, ma, dati i suoi trascorsi, vi assicuro che sarò una nobile migliore di lei.
La fata del Sole e della Luna avrebbe voluto ridere di gusto, poiché sapeva che non sarebbe mai successo: ciò che ti rende una principessa non è un titolo nobiliare, ma un modo di essere.
Ma non lo fece.
Non riusciva né a piangere, né a ridere.
Sentiva solo quest’immenso vuoto nel petto, che niente e nessuno sarebbe mai stato in grado di colmare.
Brandon l’aveva lasciata, il padre era vittima degli imbrogli di Cassandra, lei aveva perso il suo ruolo da principessa: il mondo perfetto di Stella era appena andato in pezzi.
Adesso si trovava da sola, contro il mondo, e, forse, questa volta, il bene non avrebbe trionfato.
 
Magix
Durante il corso del suo apprendistato, Riven non avrebbe mai immaginato che, proteggere una fata, significasse accompagnarla a fare shopping.
Quando Musa gli aveva chiesto di visitare la città, pensava volesse vedere il museo delle nove ninfe di Magix, oppure passeggiare sulla spiaggia. Invece, lei lo aveva trascinato in un giro di acquisti casalinghi compulsivi: tende, pittura, federe, lenzuola, lampadari, e persino gli scaffali per costruire una libreria.
Ovviamente, aveva dovuto pagare lui, poiché la ragazza non conosceva la moneta locale.
Prima che Musa varcasse la soglia dell’ennesimo negozio, e si comprasse un letto, compromettendo i risparmi di Riven per sempre, lo Specialista la fermò, suggerendole di mangiare un boccone.
Quindi, in quel momento, erano seduti ad un bar della piazza principale, occupando tre posti in più per via delle buste. Musa addentava amabilmente un pezzo di pizza margherita, come se non toccasse cibo da giorni.
Anche se, infondo, Riven si disse che gli sarebbe potuta andare peggio: magari, un’altra persona gli avrebbe chiesto di giudicare i vestiti che indossava.
Ripensandoci, qualcuno l’aveva fatto.
-Perdona la domanda ovvia, - chiese lui, mentre sorseggiava una spremuta d’arancia. Musa prestò attenzione alle sue parole, interrompendo il buonissimo pasto, che stava facendo. – ma hai intenzione di ristrutturare un appartamento? Non ti hanno assegnato una stanza, ad Alfea?
Lei alzò gli occhi al cielo, con fare annoiato, e afferrò una salvietta dal tavolo, per pulirsi le mani unte di olio. Certo, le avevano permesso di utilizzare una stanza, ma non sarebbe mai stata in grado di dormirci, considerato l’arredamento da principessina delle fiabe.
-Oh sì, l’hanno fatto. – rispose finalmente lei, mentre riprendeva a mangiare. L’educazione voleva che una signorina per bene non parlasse a bocca piena, soprattutto davanti a un uomo, ma lei era una ragazza qualsiasi. O almeno, così credeva. – Però, penso mi abbiano scambiata per un’altra Musa. Infatti, se fosse per me, darei fuoco all’intera stanza e terrei solo la moquette bianca. Questo è un primo passo verso la ristrutturazione completa.
Lo affermò convinta, sorridendo, sembrando persino un po’ inquietante. Riven dovette trattenersi dal riderle in faccia, poiché, osservando gli acquisti, lui pensava che l’opera fosse già completa. Quindi, si limitò ad annuire, mostrandosi interessato.
-Inoltre, questo è il mio sogno. – proseguì sicura, indicando ciò che la circondava. Era la prima volta che lo affermava ad alta voce. Chissà, forse Riven le sembrava il tipo di persona a cui confidare tutto, persino le follie. E, avrebbe continuato a farlo, nel tempo. – Posso comportarmi come voglio, perché, quando mi sveglierò, sarà solo un bellissimo ricordo. Oh, quanto si divertirà il nonno nell’ascoltare che mi avevano affiancato un cavaliere dalla scintillante armatura.
A quel punto, iniziò a pensare che fosse pazza.
Eppure, lui non poteva sapere che, sulla Terra, la magia fosse semplicemente un espediente narrativo, utilizzato nei film. Per Riven, rappresentava la normalità.
-Fidati, la mia armatura non è così scintillante. – ammise mesto, facendo una smorfia con la bocca. Quell’affermazione l’aveva rattristato, poiché, una piccola parte di lui ancora sosteneva, che avrebbero dovuto affidare l’incarico a Sky, o a Brandon. Loro sì, che erano dei valorosi guerrieri. 
-Bene, vediamo: acconciatura perfetta, fisico scolpito, sguardo assente, come se fossi superiore al mondo, braccia conserte. – Musa aveva terminato il suo pranzo, e adesso stava facendo un quadro generale del ragazzo, che si trovava di fronte. A casa, lo considerava un superpotere, dato che indovinava i segreti più oscuri delle persone, soltanto osservandole. Forse, anche qui era considerato tale. – Sei il bel tenebroso che finge di non tenere a niente e nessuno, ma che, alla fine della giornata, farebbe pazzie per amore.
Il ragazzo era stato colto in flagrante, infatti arrossì, senza capire bene il motivo.
O meglio, lui lo sapeva.
Un tempo, si era innamorato di una ragazza che gli aveva spezzato il cuore e, dopo quell’esperienza, giurò a se stesso che non avrebbe più amato nessuna così.
-Io vado a pagare, tu aspettami qui. – evitò di rispondere, alzandosi e dirigendosi all’interno del negozio. L’espressione di Musa era un misto di noia e soddisfazione: aveva indovinato anche stavolta. Riven si voltò, poco prima di varcare la porta, e la indicò. – Non ti muovere.
Rimarcò le ultime parole, poiché aveva l’impressione che la fata novella non fosse una persona facile da tenere sotto controllo. Musa percepì la sua eccessiva preoccupazione, e lo liquidò con un gesto della mano, mentre si guardava intorno. Il suo sguardo si posò su qualcosa di interessante, che avrebbe giurato di non aver notato prima: un negozio di musica.
Si trovava in una stradina secondaria, rispetto alla piazza, ma decise di avvicinarsi comunque. Mentre camminava, gettò un occhio all’interno del bar, e vide che c’era molta fila alla cassa.
Perfetto.
Avrebbe fatto un rapido giro all’interno del negozio, e sarebbe tornata prima che Riven si accorgesse che era sparita. Infondo, come aveva detto a Faragonda, lei sapeva cavarsela da sola.
Esposti in vetrina, c’erano dischi di cantanti a lei sconosciuti, e fantasticò sul fatto che, magari un giorno, ci sarebbe stato il suo cd. Spinta dalla curiosità, aprì la porta e si addentrò nei meandri del punto vendita.
L’interno ricordava qualsiasi altro negozio di musica, che lei avesse mai visto sulla Terra, anche se lì, non conosceva nessun titolo.
-Buongiorno! – salutò, allungando il collo, alla ricerca di un bancone, con dietro il proprietario, ma non vide nessuno. Forse è andato in pausa pranzo, pensò Musa. Allora, perché la porta era aperta? La situazione non le quadrava, però decise di dare una rapida occhiata. Infondo, non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di ascoltare la musica di un altro pianeta!
Al centro della sala, c’era una scatola con dei dischi in offerta, e Musa ci si avvicinò. Ne afferrò uno a caso, il quale si intitolava The Death Fairy.  
La fata morta.
Un brivido le percorse lungo tutta la schiena, e la sensazione che aveva avuto prima, riguardo quel luogo, tornò a farsi sentire prepotentemente.
Rimise il disco nel mucchio, preparandosi a lasciare quel luogo spettrale.
Tuttavia, Darcy comparve dal nulla, spaventandola.
-Ti serve aiuto? – domandò, facendo sobbalzare la ragazza. Era apparsa sotto mentite spoglie, ma, osservandola bene, chiunque l’avrebbe riconosciuta. Infatti, Musa lo capì, e tentò di trattenere lo stupore, sperando che la sua espressione non la tradisse.
Non si sarebbe certo dimenticata delle tre streghe malvagie che avevano attaccato lei e Stella, la sera prima.
-No, io stavo andando via. – confessò, utilizzando il tono di voce più calmo che conosceva. Anche se, all’interno, stava morendo di paura. Non aveva la minima idea del perché le Trix la perseguitassero, ma, di certo, non doveva essere nulla di buono.
Si avviò verso la porta da cui era entrata, mantenendo un passo regolare, nonostante morisse dalla voglia di correre via. Appoggiò una mano sulla maniglia, sentendosi quasi sollevata, perché avrebbe lasciato quel luogo sinistro e sarebbe tornata da Riven, al sicuro.
Eppure, quando aprì la porta, si ritrovò davanti Icy e Stormy.
-Vai da qualche parte, fatina?! – le chiese la strega del ghiaccio, sogghignando. Musa sentì i piedi incollarsi al suolo, per via del panico. Era circondata.
Fece un respiro profondo, pensando rapidamente a una strategia. Non avrebbe permesso loro di farla franca.
-Sai, non è carino uscire da un negozio, senza aver acquistato nulla. – la canzonò Darcy, la quale aveva riassunto il suo solito aspetto, ed era apparsa, al fianco delle sorelle, appoggiando un gomito, sulla spalla di Icy. – Questi dischi sono speciali. Infatti, dopo averli ascoltati, alle persone accade ciò c’è scritto sulla copertina.
La strega dell’illusione le mostrò il cd che Musa aveva visto prima, sorridendo compiaciuta. Quest’ultima rabbrividì, e decise che quello era il momento giusto per svignarsela.
Infatti, si girò, correndo più velocemente possibile, verso la porta di servizio.
Le Trix cominciarono a lanciarle dei sortilegi, che Musa schivò prontamente, rallentandole, lanciandogli un carrello stracolmo di dischi, il quale fece cadere Stormy.
Finalmente, giunse di fronte all’uscita d’emergenza, e, dopo una serie di spinte, uscì alla luce del sole, lasciandosi alle spalle le tre streghe.
Tirò un sospiro di sollievo, e si guardò intorno, per ritrovare la via che l’avrebbe condotta alla piazza. Si disse che non avrebbe potuto abbassare la guardia, fin quando non avesse trovato Riven.
Se il suo senso dell’orientamento non la ingannava, prendendo la prima svolta a sinistra, avrebbe raggiunto la meta.
Purtroppo, non appena fece un passo, le Trix comparvero di nuovo, sbarrandole la strada. Musa sobbalzò.
-Sorelle, questa fatina è proprio scortese. – prese la parola Stormy, gesticolando con una mano, adoperando un finto tono annoiato. – Direi che si merita una lezione di buone maniere. Tu cosa ne dici, Icy?
La strega dai capelli bianchi annuì, compiaciuta. Era la maggiore, quindi le decisioni spettavano sempre a lei. Inoltre, Icy era l’unica a conoscere il piano di Valtor: lo stregone, le aveva confidato, che il loro unico scopo, doveva essere quello di provocare Musa, affinché si trasformasse. Non sapeva il perché, ma si fidava del suo alleato più di chiunque altro.
-Dico che hai ragione, Stormy. – acconsentì, ridacchiando, e si preparò a lanciare uno dei suoi colpi migliori. – Rinfreschiamo un po’ l’atmosfera.
Icy aveva intenzione di lanciarle una lastra di ghiaccio, convinta, che l’avrebbe spinta a trasformarsi di conseguenza. L’alternativa, era quella di restarvi intrappolata.
Nel frattempo, Musa era ancora intenta a cercare una soluzione, per sfuggire da quella situazione. Improvvisamente, il panico e la paura scomparvero dalla sua mente, quando si ricordò che stava sognando.
A rigor di logica, lei non avrebbe percepito dolore, seppur l’avessero colpita. Anzi, al massimo si sarebbe svegliata da quel delirio.
Decise che era giunta l’ora di darci un taglio, e si preparò a ricevere la sveglia peggiore di sempre.
Purtroppo, prima che il maleficio la toccasse, Riven sbucò dal nulla, rimanendo bloccato nel ghiaccio al posto suo.
Musa non ebbe il tempo di realizzare cosa stava succedendo, poiché fu una scena troppo rapida. Uno sconosciuto aveva appena evitato che qualcuno la ferisse.
-Certo, ora è tutto chiaro: dietro le Winx ci sono sempre gli Specialisti. – affermò leggermente adirata Icy, poiché non era riuscita a portare a termine la missione, affidatagli da Valtor, in tempi brevi. Musa si trovava ancora sotto shock per il salvataggio compiuto da Riven, quindi ascoltava passivamente i commenti delle streghe. Infatti, avrebbe voluto ribattere che lei non si sentiva un membro del gruppo, ma non le sembrò il momento adatto.
Adesso, doveva salvare la vita del ragazzo, prima che andasse in ipotermia.
-Hai scelto la parte sbagliata, di nuovo. – disse in tono deluso Darcy, avvicinandosi alla sagoma ghiacciata, e graffiandola con un’unghia. Musa comprese che c’erano stati dei trascorsi tra di loro, anche se non avrebbe saputo definire di che genere. Poco le importava, aveva altre priorità ora.
Infatti, una rabbia crescente si instaurò in lei, provocandole emozioni fortissime. Alzò lo sguardo, fiera, e fissò le tre streghe, tentando di far tornare regolare il respiro.
-Lui potrà anche aver scelto la parte sbagliata, ma almeno è riuscito a tornare indietro. – Musa incrociò le braccia al petto, con aria di sfida. Desiderava con tutta se stessa cancellare dai loro visi quel sorriso soddisfatto. – Non si può dire lo stesso di voi.
I muscoli di Musa si irrigidirono, e lei si pose davanti alla sagoma di Riven, con l’intenzione di proteggerlo a qualsiasi costo. Le Trix non l’avrebbero ucciso, non quel giorno.
Poi, la determinazione, la rabbia e la paura, sovrastarono Musa, facendo avvenire l’impensabile: si trasformò per la prima volta.
Un fascio di luce l’avvolse, sfilandole i vestiti che indossava e adagiandole un abito rosso con le pailette, il quale aveva una sola spallina, ed arrivava poco più in basso dei glutei. Ai piedi portava un paio di stivali, anch’essi rossi, che coprivano l’intero polpaccio. I capelli erano sempre raccolti in due codini, e sulle orecchie aveva un paio di cuffie viola, le quali le consentivano di percepire ogni suono che la circondava, da cui avrebbe potuto trarre forza. Anche se, ciò che la sorprese maggiormente, furono le ali: erano azzurre, e ricordavano quelle di una libellula.
La sera prima, quando aveva visto le maestose ali di Stella, aveva pensato che potessero costituire un fastidio. Invece, mentre sbatteva le sue, le sembrò di avere un terzo braccio, che era sempre stato lì, nascosto nell’ombra.
-Tornatevene da dove siete venute, streghe! – gridò, alzandosi leggermente da terra, e si sentì, in qualche modo leggera. Poi, si preparò a colpire, nonostante stesse infrangendo un mucchio di regole. Non le importava, doveva portare lei e Riven al sicuro. – Potere del Suono!
Un alone fucsia contornò il corpo della fata, e dalle sue mani uscirono delle vibrazioni che stordirono le streghe, fino a farle sparire nel nulla.
Quando scomparvero, l’incantesimo lanciato su Riven si dissolse, e il ragazzo si accasciò a terra. Musa rimase a mezz’aria per un attimo, non sapendo cosa fare, poi si precipitò verso di lui, prima che sbattesse la testa al suolo.
Gli cinse le spalle, aspettando che riaprisse gli occhi ma non successe. Infatti, Musa non aveva mai sentito un corpo così freddo. Si avvicinò al petto, ma non udì battito cardiaco.
-Riven, non puoi abbandonarmi così! – lo ammonì, nonostante lui non potesse ascoltarla. Poi, mentre scuoteva il suo corpo floscio, un flashback la investì come un treno. Si trovavano nella medesima situazione, soltanto che erano più piccoli, e Riven perdeva sangue da una tempia. Musa voleva aiutarlo, ma lui l’aveva obbligata ad andarsene, così la bambina era scappata dalla parte opposta. Il ricordo confuso terminò, anche se ci avrebbe pensato più tardi: adesso Riven doveva tornare nel mondo dei vivi. – Onda Sonica!
Gli sussurrò in un orecchio, mentre posizionava una mano sul suo petto, affinché la magia affluisse sul cuore. Non aveva la benché minima idea di come sapesse quegli incantesimi, ma sperò che funzionasse. Prima, era successo.
Dopo qualche minuto, le onde sonore riattivarono il muscolo cardiaco dello Specialista, e sciolsero la corazza che si era creato negli ultimi anni, impedendogli di provare sentimenti. Quando rinvenne, espirò l’aria, trattenuta per troppi minuti e si guardò intorno, spaesato.
-Musa, cosa è successo? – domandò, in preda a un brivido di freddo. Poi, guardandola, e notando la sua prima trasformazione, ricordò: si era buttato nel ghiaccio per impedire che Icy la colpisse. Lo aveva fatto senza esitazioni, nonostante sapesse benissimo che avrebbe potuto rimetterci la pelle. – Oh mi dispiace di averti lasciato in balia delle Trix, avrei dovuto proteggerti…
Musa non gli lasciò finire la frase, poiché gli mise una mano sulla bocca, impedendogli di parlare. Lui la osservava, assorto.
-Non preoccuparti, l’hai già fatto. – rispose lei, trattenendo le lacrime, e abbracciandolo. Il suo corpo tremava, per via dello stress accumulato, e, probabilmente, in altre circostanze, non sarebbe stata così espansiva. Ma, quei due avevano appena vinto la morte, e non poteva mostrarsi distaccata in una situazione del genere.
Riven, stranamente, ricambiò l’abbraccio, e, quando cinse le spalle della fata, lei scoppiò a piangere copiosamente.
Avevano vinto la loro prima battaglia, ma non sarebbe stata l’ultima.
Alfea, la stessa sera
Stella si stava rigirando nel letto da ore, senza riuscire ad addormentarsi. Gli eventi degli ultimi giorni, l’avevano provata, perseguitandola persino mentre cercava di prendere sonno.
Doveva trovare una soluzione, altrimenti sarebbe crollata, permettendo al dolore di uscire. In un momento così delicato, non poteva lasciare che accadesse.
Si mise a sedere, scostando le coperte bianche, e appoggiando i piedi nudi sul pavimento. La notte l’aveva sempre resa inquieta, nonostante fosse la fata del Sole e della Luna, poiché rappresentava incertezza, e rendeva evidenti le peggiori paure dell’essere umano. Inoltre, il buio la spaventava sin da quando era una bambina.
Si passò una mano tra i capelli, chiedendosi per l’ennesima volta, se fosse la decisione giusta. Eppure, non riusciva a immaginare un’altra risoluzione, che le permettesse di evadere dalla realtà.
Infatti, afferrò una scatolina, che custodiva gelosamente, in un cassetto del suo comodino, e si alzò, incamminandosi verso il bagno.
Richiuse la porta alle spalle, nonostante sapesse che nessuno l’avrebbe vista, poiché le altre Winx dormivano  da tempo. Fece un respiro profondo, con l’intenzione di cancellare qualsiasi dubbio persistente. Poi, posò il recipiente sul lavandino, aprendolo, e rivelandone il contenuto: polvere di fata.
Stella la prelevava periodicamente dalle sue ali, affinché potesse usarla, in caso qualcuno si ferisse in maniera superficiale nel dormitorio. Tuttavia, era severamente vietato assumerla per bocca, o sotto forma di infuso, perché, dava assuefazione a qualunque creatura magica la ingerisse.
Lei lo sapeva, dato che ne era già uscita una volta, affrontando un processo di recupero intenso e devastante. Ma, al momento, le sembrava l’unico modo per sfuggire da quella realtà, che la stava lentamente opprimendo. 
Guardò il suo riflesso nello specchio, ritrovando solo una ragazza che aveva perso ogni cosa, che era tutta sola nella foresta, in preda ai mostri della notte.
Non avrebbe permesso al dolore di uscire, non se quella sostanza avesse potuto evitarlo. Lei doveva mostrarsi forte, sempre, nonostante si sentisse spezzata e piegata.
Quindi, scelse di drogarsi, per zittire i pensieri, almeno per un po’.
Travasò qualche grammo della polvere nella mano, avvicinò il viso e, senza ulteriori ripensamenti, sniffò il contenuto.
La sostanza entrò in circolo, anche se impiegò alcuni minuti, prima che facesse effetto, poiché erano passati anni, dall’ultima volta. Sul volto della ragazza si palesò un sorriso beota, e il dolore scomparve. Il battito cardiaco si rilassò, concedendole quella pace a cui tanto aspirava.
Dato che non si faceva da molto tempo, Stella era ancora cosciente, nonostante i contorni di ciò che la circondava, risultassero lievemente sfocati. Infatti, in uno stato di tranche, tornò a letto, con la consapevolezza, che sarebbe stata la prima di innumerevoli dosi.
 
Invece, nella stanza a fianco, Musa sognava beatamente. Certo, era stata dura addormentarsi, poiché le immagini del corpo morente di Riven persistevano, ma, alla fine, la stanchezza del combattimento aveva prevalso.
Infondo, la fata si era detta, che, una bella dormita sarebbe stata la fine perfetta di quel delirio. Così, acciambellata sotto le coperte, stava aspettando che il sonno la rapisse, sperando che fosse senza sogni.
Purtroppo, nemmeno quella volta fu accontentata.
Lo scenario rappresentava un maestoso castello in pietra rosa, il quale si trovava in cima ad una collina. Al suo interno, le persone che vi abitavano, sembravano in fermento: una guerra magica era in procinto di scoppiare.
Eppure, la loro regina, Wa-nin, pensava di aver trovato un incantesimo, che li avrebbe salvati tutti. Ma, si sbagliava.
Lei era una donna di alto rango, tanto affascinante quanto ingenua. Tentava sempre di vedere il buono negli altri, anche quando non c’era. Aveva i capelli corti viola, tagliati in maniera sbarazzina, e poco consona per una nobile, però alla donna non importava dell’aspetto fisico. I suoi occhi richiamavano il colore dei capelli, e le labbra, dipinte da un rossetto rosa, erano sottili. Indossava un lungo chimono lilla, il quale metteva in risalto le sue forme, pur facendole mantenere la serietà di una regina.
In quel momento, camminava spedita nei corridoi del palazzo, i quali sembravano tutti uguali, fino a fermarsi davanti una porta. Musa, che stava seguendo il sogno, come se fosse stata un fantasma, si ritrovò a spalancare la bocca, quando vide il suo nome affisso sulla soglia.
Quindi, dedusse, che doveva trattarsi di un ricordo. Era accaduto lo stesso pomeriggio, dopo lo scontro con le Trix, mentre rianimava Riven, ma aveva sottovalutato la cosa, dando la colpa allo stress.
Wa-nin bussò, guardandosi intorno, nervosa. Quando ricevette il consenso, da una voce appartenente a una bambina, varcò l’ingresso, permettendo alla Musa adolescente di scorgere una versione più piccola di se stessa.
Non era cambiata molto: i capelli li aveva raccolti sempre in due codini, anche se, alcune ciocche fuoriuscivano dall’acconciatura, ricadendo morbidi sulle spalle. Gli occhi vispi e attenti li possedeva anche la bambina, i quali si rabbuiarono, quando videro l’espressione accigliata della regina.
-Madre, cosa sta succedendo? – domandò preoccupata, adoperando una vocina esile, e interrompendo il disegno che stava colorando. Quindi, Wa-nin era la mamma di Musa. No, non poteva essere vero. Lei si rifiutava di crederlo, poiché il nonno le aveva rivelato che i suoi genitori erano morti in un incidente stradale, quando aveva cinque anni. Probabilmente, il subconscio si divertiva a burlarsi della ragazza.
-Uhm, dobbiamo svolgere un compito da reali. – il tono di voce della regina risultava sempre sicuro, ma non se si trattava di sua figlia. Come poteva spiegarle ciò che aveva intenzione di fare? Insomma, Musa era una bambina. Le si avvicinò, accucciandosi, per essere alla stessa altezza, e le appoggiò delicatamente una mano sulla guancia. – Andrà tutto bene, Musa. Tu sarai bravissima, e dopo ti sentirai molto meglio. Tutti noi staremo meglio.
Wa-nin si costrinse a trattenere le lacrime, altrimenti la piccola avrebbe intuito che qualcosa non andava per il verso giusto. A differenza di altri regnanti, lei aveva messo sempre al primo posto la famiglia, quindi la distruggeva il fatto di rinnegare i propri principi.
Nel frattempo, la Musa adolescente, tentava di contestualizzare la scena a cui stava assistendo. Primo, avrebbe voluto sapere dove si trovavano, poiché, dai vestiti che indossavano, era chiaro che non si trattasse della Terra.
Entrò cauta nella stanza, ricordandosi solo successivamente che non potevano né vederla né sentirla, ed iniziò a frugare in giro, fin quando non trovò una mappa della Dimensione Magica, la quale indicava il pianeta in cui era ambientato il sogno: Melody.  
Quella parola le suonava familiare, anche se, la sua memoria le impediva di coglierne a pieno il significato. Era come se allungasse una mano verso un oggetto, il quale si allontanava senza mai fermarsi.
Secondo, le sarebbe piaciuto comprendere quali legami di parentela ci fossero tra la regina e lei. Infatti, si segnò un promemoria mentale, che le avrebbe dovuto ricordare di documentarsi nella biblioteca di Alfea, una volta sveglia. Forse, avrebbe trovato anche qualche informazione sul passato di Riven, per comprendere se fosse o meno legato al suo.
-Dopo tutto questo, avremo un giorno in più. – la voce della regina sembrò convincente, nonostante nemmeno lei ci credesse davvero. Osservando la situazione dall’esterno, Musa notava dei dettagli, che, al posto della sua versione bambina, l’avrebbero fatta diffidare dell’ipotetica madre: le mani le tremavano leggermente, nonostante cercasse di celarle, sotto le maniche lunghe e larghe del chimono, distoglieva spesso lo sguardo, evitando il contatto visivo, e sbatteva le palpebre, per ricacciare indietro le lacrime. Non aveva idea di cosa stesse architettando, ma doveva trattarsi di qualcosa di terribile. – Sei pronta?
La bambina annuì, e Wa-nin le porse la mano, per aiutarla ad alzarsi, e lei l’accettò, stringendola con gioia. Insieme, sottobraccio, lasciarono la camera, e Musa volle seguirle, per capire quale fosse il grande mistero celato dietro le parole della regina.
Purtroppo, non poté, poiché la porta si chiuse improvvisamente, sbarrandole la strada. In quanto sogno, non riusciva a toccare gli oggetti.
Sbuffò, adirata.
Avrebbe scoperto solo molto tempo dopo i piani di Wa-nin, e non le sarebbero piaciuti per nulla.
Prima di svegliarsi, Musa volse lo sguardo nella direzione della scrivania, sulla quale, la versione bambina di se stessa, stava disegnando. Ciò che vide, la spaventò a morte: era rappresentata una fata morta, e non una qualsiasi.
Bensì lei.
Non avrebbe potuto sbagliarsi, poiché indossava il vestito rosso della trasformazione.
Per fortuna, il subconscio ebbe pietà della sua povera anima in pena, e interruppe quel sogno che si era appena tramutato in un incubo.
Musa si svegliò di soprassalto, sudata e spaesata, ritrovandosi avvolta nelle coperte della Meringa. Portandosi una mano sul viso, scoprì di aver pianto nel sonno.
La verità investì la ragazza come un treno: tutto ciò che aveva fatto, durante quella giornata, era accaduto davvero.
Non si trattava affatto di un sogno.
Penso di aver trovato una risposta.
Dovrei credere nell’amicizia?
Dovrei credere nell’amore?
Dovrei credere nella magia?
Sì, perché mi definiscono.
-Sono una fata.  


Spazio dell'autrice.
Salve popolo di EFP! 
Sì, lo so. Mi state guardando malissimo perché sono passati mesi dal primo capitolo. Mi dispiace moltissimo di avervi fatto aspettare, ma, con l'inizio della scuola, il tempo per scrivere si è dimezzato.
Anyway, dedico il capitolo ai Lettori Anonimi (ovvero il mio gruppo di YouTube), perché they'are my people and they'll always be. Grazie mille ragazzi per aver sopportato il mio disagio, durante la stesura di questo capitolo. Penso che la dedica all'inizio, racchiuda tutto ciò che voglio esprimere.
Se avete delle curiosità o delle domande, non esitate a chiedere nelle recensioni!
Sono davvero curiosa di sapere cosa ne pensate.
Ci vediamo al prossimo capitolo (sperando che arrivi presto) !
Un abbraccio,
-Ludos98





 
  
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