Anime & Manga > Puella Magi Madoka Magica
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Autore: KakashinoSharingan    28/11/2015    2 recensioni
Fanfiction che racconta il passato di Yoko Kuroishi, personaggio da me inventato che appare nella storia "Puella Magi ancora una volta". Ci tengo molto a lei, e volevo approfondirne la caratterizzazione. All'inizio non era per nulla malvagia, ma cosa le ha fatto cambiare idea?
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Vidi i miei abiti mutare. L’uniforme scolastica si tinse di un arancio brillante, mentre le maniche si allungarono fino a coprirmi le mani. Un enorme fiocco comparve a ornarmi i capelli, mentre nelle mani mi ritrovai una piccola pietruzza scintillante.
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All'inizio la storia doveva comprendere più capitoli, ma ripetere gli stessi dell'altra storia da una prospettiva diversa sarebbe risultato abbastanza noioso. E siccome lo spazio per aggiungere situazioni era poco, ho deciso di presentare solo il "prima".
Genere: Drammatico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kyubey, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Non mi arrenderò!'
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Perdere tutto
 
Non sapevo se quello che stava accadendo fosse un sogno oppure la realtà. Vidi delle immagini scorrere al contrario, di avvenimenti che ero quasi certa di conoscere. Concentrandomi li riconobbi: erano fatti che mi erano accaduti negli ultimi due mesi.
Che sta succedendo? Che sia… solo un sogno?
 
Mi svegliai di soprassalto. Avevo sentito un rumore provenire da dietro la finestra. Dopotutto quelle cose che avevo visto altro non erano che un sogno.
Accesi la luce e mi alzai, senza nemmeno infilare le ciabatte. Buttai uno sguardo sulla sveglia: le due e mezzo. Mi avvicinai alla finestra con cautela, spostando piano la tenda. Quello che vidi furono due punti rossi brillare nella notte; aprii i vetri.
“Ciao Kyubey!” lo salutai, accompagnando quelle parole a uno sbadiglio.
Lui mi guardò, con aria di disapprovazione: “Sai che giorno è oggi?”
Mi fermai un momento per pensare. “Certo che lo so, è il primo maggio! Ora posso tornare a dormire?” Un altro sbadiglio si impossessò della mia bocca.
Kyubey prese a correre per la stanza, in direzione della sveglia. “Controlla meglio!”
Decisi di assecondarlo: per lo meno poi mi avrebbe lasciata tornare a letto. Presi in mano la sveglia e guardai i numeri luminosi in basso a sinistra. “Primo di… marzo?”
Mi stropicciai gli occhi, una volta, poi un’altra. Ma i numeri erano sempre gli stessi, non stavo avendo un’allucinazione.
“Diavolo, questo affare deve essersi rotto!” stavo per scagliare la sveglia a terra, ma Kyubey mi fermò.
“Yoko, così sveglieresti i tuoi genitori. Dimmi, cosa hai sognato stanotte?”
Come poteva sapere che avevo fatto degli strani sogni? Comunque, gli raccontai ogni cosa. Lui mi guardò con aria grave: “È colpa sua, ha riavvolto il tempo di nuovo il tempo. Ricordi il desiderio che avevi espresso?”
“Certo che lo ricordo. Scusa, per chi mi hai presa?”
Mi offesi, mettendo il broncio. Kyubey sapeva essere proprio antipatico quando voleva!
“Allora adesso dovresti averlo tu!” disse, sorridendo. Non capivo di cosa stesse parlando, mi pareva che quell’esserino bianco mi stesse prendendo in giro. Lo afferrai per la collottola, parlandogli a un centimetro dal naso: “Che cosa dovrei avere io?”
Kyubey si svincolò dalla presa, e si sedette sul mio cuscino. Io mi misi di fronte a lui, incrociando le gambe.
“Devi sapere che quella ragazza si serviva di una specie di scudo per riavvolgere il tempo. Ebbene, grazie al patto che hai stipulato con me, ora quello scudo dovrebbe essere nelle tue mani. Il fatto che tu non abbia perso la memoria e possegga ancora la Soul Gem ne è la prova. Su prova a trasformarti!”
Ancora non capivo bene quale fosse il punto a cui Kyubey voleva arrivare, comunque estrassi la piccola pietra arancione che conteneva i miei poteri magici, e mi trasformai. Sentii il calore degli abiti da combattimento avvolgermi il corpo. Poi notai un particolare diverso dal solito: uno strano disco in metallo si trovava allacciato al mio braccio sinistro.
Kyubey lo indicò, con fare saccente: “Questo è lo scudo temporale di quella ragazza, Homura Akemi. Cerca di non evocarlo mentre combatti, se ti scoprisse saresti nei guai!”
 
Passai una settimana ad allenarmi: combattevo contro demoni familiari o streghe minori. Kyubey mi seguiva dappertutto, dandomi consigli e svelandomi segreti del mio nuovo potere. Grazie a lui riuscii a diventare più agile, ma soprattutto più astuta.
“Le streghe sono esseri facili da ingannare, ma non devi mai sottovalutarle!” mi ricordava ogni volta, prima di entrare nella barriera magica.
Kyubey era un insegnante molto paziente, accoglieva le mie domande e mi spiegava con molta calma. Mi insegnò a prevedere il luogo di apparizione di una strega, come evitare che un Grief Seed troppo maturo si schiudesse, come purificare la mia Soul Gem e tutte le sue potenzialità.
Passata una settimana ero diventata davvero potente.
 
Un giorno piuttosto caldo e soleggiato stavo tornando tranquillamente a casa: nonostante il mio nuovo compito di ammazza-streghe, come ho sempre amato definirmi, stavo comunque conducendo una vita normale. Stavo già fantasticando sul nuovo anno scolastico, che sarebbe iniziato nel giro di una settimana. Ero piuttosto emozionata: mi chiedevo con chi mi sarei trovata in classe per quell’anno.
Svoltai l’angolo, per prendere la strada che passava dietro il parco. Non avevo fretta, anzi, avrei voluto godermi quel sole primaverile ancora un pochino, quando all’improvviso Kyubey mi chiamò sfruttando i suoi poteri telepatici.
Yoko… Yoko, è terribile! Devi venire subito a casa, fai presto!
Volevo chiedergli che cosa stesse succedendo, ma lui interruppe subito il collegamento. Iniziai a correre: temevo al pensiero di quello che avrei trovato, ma non potevo nemmeno indugiare. Dopotutto, in quella casa vivevano anche i miei genitori.
 
Quello che vidi mi lasciò sconvolta. L’intera casa era avvolta in una barriera stregata. Non avevo mai affrontato streghe così potenti prima. Entrai.
I colori di quella kekkai mi sconvolsero: solitamente l’accozzaglia di colori era così vivace da ferire gli occhi. Ma questa volta, dominavano i toni del nero e del grigio. Farfalle e fiori si susseguivano in una danza frenetica, accompagnati da un violino. La strega aveva una gonna floreale immensa, e due gambe lunghe e sottili che ricordavano gli steli. Deglutii. Non ero per niente pronta.
Iniziai a schivare i colpi che mi venivano rivolti contro, cercando disperatamente Kyubey.
Dannazione.
Facevo fatica a contrattaccare, ma riuscii ad abbattere qualche demone. Tuttavia mi trovavo in seria difficoltà.
Evocai il mio fucile: aveva le canne più lunghe di quelli normali, ed era più leggero. I colpi non erano potenti, ma precisi. Avevo imparato a maneggiarlo in modo da non sbagliare un colpo.
Mentre sparavo ai famigli e alla strega, sentii un grido straziato. Mi sembrò di riconoscere la voce, ma mi dissi che non poteva essere: sicuramente era colpa degli stridori della battaglia. Comunque, mentre combattevo, cercai di avvicinarmi in quella direzione, e quello che vidi mi atterrò completamente.
Mio padre e mia madre erano all’interno della barriera.
No.
Si guardavano intorno, terrorizzati. Erano pieni di ferite e potevo leggere chiaramente il terrore nei loro occhi.
Non può essere.
Corsi disperatamente nella loro direzione. Mi lanciai addosso ai demoni che li stavano attaccando. Sentii mia madre urlare il mio nome, ma non potevo fermarmi. Dovevo trarli in salvo.
Una freccia nera mi sfiorò la spalla, andandosi a conficcare nel petto di mia madre. A quella ne seguirono molte altre, e vidi anche mio padre cadere. Urlai.
Mi lanciai come un demone sulla strega, bastonandola col calcio del fucile, sparandole da distanza ravvicinata. Come aveva osato uccidere i miei genitori?
 
In men che non si dica la barriera sparì, assieme alla mia famiglia e al mio futuro. Crollai a terra, incapace perfino di piangere.
È solo un sogno. Deve essere così.
Kyubey mi strisciò accanto: “Questa è la forza del potere di quella ragazza, Homura Akemi.”
 
Per colpa sua non avevo più nulla.
Decisi che l’avrei rovinata, facendole provare il mio stesso dolore.
   
 
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