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Autore: SonLinaChan    01/03/2016    2 recensioni
Raccolta di one-shot, ispirate dai romanzi di Slayers. Le one shot traggono spunto da alcune scene dei romanzi, ripercorrendole o ampliandole, dal punto di vista di Gourry.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ho promesso a Raffy che avrei scritto qualcosa di ispirato alla sua ultima drabble, basandomi sulla scena corrispondente del romanzo, in cui Rezo riesce a ferire Lina (ipnotizzando due dei suoi compagni di viaggio). Questo è il risultato.:) Qualsiasi commento o critica è sempre gradito!
 

" Gourry, vorresti accompagnarmi?"
"Io?" Chiese Gourry, e si volse a guardarmi, per qualche motivo.
‘Le piaaaaci, le piaaaaci! Eh, eh, eh. Sui gusti non si discute, suppongo!’
"Dobbiamo andare." Disse Sylphiel, alzandosi. "E’ meglio fare presto."
Gourry, con l’aria ancora un po’ riluttante, si sollevò, e mi pose una mano sulla spalla. "Non fare nulla di avventato mentre sono via." Disse.
"Chi, io? Starò bene. Abbi fiducia in me." Feci una risata. Era dolce da parte sua preoccuparsi.
 
[…]
 
"Lina? Stai bene? Ti fa male?" Gourry, la mia auto proclamata guardia del corpo, sembrava disperato.
Tossii, e annuii.
Zelgadiss guardava da sopra la spalla di Gourry. Oltre loro, c’erano Lance e Eris. Non c’era segno di rubini sulla fronte di nessuno dei due. Lance sembrava sul punto di piangere, mentre Eris mi fissava con espressione triste.
Non sapevo come, ma ero stata salvata.
"Un po’ dopo che ti sei allontanata, ho sentito il suono di una spada che cadeva." Disse Zelgadiss, in tono calmo. "All’inizio ho pensato di averlo immaginato, ma avevo un brutto presentimento, quindi sono venuto a vedere. Ti ho trovata al suolo, e ho visto rubini su entrambe le loro fronti. Solo dopo averli bloccati e legati in modo che non potessero muoversi mi sono accorto della tua grave ferita. Sarei stato nei guai da solo, ma per fortuna Gourry e Sylhpiel sono tornati prima del previsto."
Il suono della mia spada caduta era riecheggiato nella grotta e aveva messo in allerta Zel.
‘Ma se è andata così, allora…’
"Quando abbiamo cercato di parlare a Lance e Eris, sono caduti in un sonno profondo." Proseguì Zel. "Sylphiel ha spezzato l’incantesimo, e ha rimosso i rubini dalle loro fronti. Non ricordavano nulla."
"Ero preoccupato." Sussurrò Gourry.
"Mmm…" Sorrisi, lievemente.
"Lina, mi dispiace tantissimo!" Si lamentò Lance da dietro di lui, rovinando il mio momento tenero. Gli feci cenno che non importava. Non era colpa sua.
 Romanzo 3 - Lo spettro di Sailarg
 
 

Sviluppi un sesto senso per i guai, quando vivi sulla strada. È un malessere che ti riempie i sensi, un allarme. Come l’odore di bruciato, che punge le narici e ti avverte che l’incendio sta per dilagare.
La mia testa sapeva che Sylphiel era quella che aveva bisogno di protezione. Che Lina non era sola, che in ogni caso era in grado di badare a se stessa, che per essere tutti al sicuro in quel momento avevamo bisogno della spada. Ma il mio cuore sapeva che non era quello, il luogo in cui dovevo stare.
“Manca poco, Gourry. Te lo prometto.” 
Continuavo a guardarmi alle spalle. La mia tensione agitava anche Sylphiel e un angolo meschino di me se ne compiaceva. Mi aveva messo con le spalle al muro, chiedendomi di accompagnarla. Non avevo la parlantina di Lina per tirarmene fuori, né avevo avuto una ragione logica per rifiutare.
“Eccola. Ci siamo.”
La spada era conficcata su una radice sporgente. Gli zaffiri incastonati nell’elsa catturavano la luce innaturale dell’albero sacro, rimandando bagliori spettrali. Massiccia e appariscente, avrebbe potuto essere una spada giocattolo, eppure anche a distanza mi rendevo conto del potere che emanava. Mi stordì e mi irritò. Avevo quasi sperato in un fallimento, per giustificare la mia impazienza irrazionale.  
“Ci siamo.” Ripeté Sylphiel. “Possiamo tornare.” Il suo tono era di scusa. La prospettiva di dirigermi finalmente verso Lina e gli altri alleviò la mia ansia quel tanto che bastava per farmene sentire in colpa.
“Sì.” Replicai, non sapendo che altro dire per rimediare. La superai, per estrarre la spada dal suo santuario nella corteccia. Per tutto il tragitto, continuai a sentire il suo sguardo incollato alla mia schiena.
Solo quando mi volsi di nuovo a fronteggiarla, mi resi conto davvero che eravamo soli. Soli, per la prima volta, da quando nella mia stanza al suo tempio mi aveva chiesto di restare, di permettere alla città di accogliermi come un eroe, e io le avevo risposto che avevo intenzione di ripartire. Sembrava una vita prima, eppure erano passati solo due anni. Nella frenesia della lotta con Rezo, non avevamo ancora avuto un momento per ricordare.  
I suoi capelli erano più lunghi, il suo volto più segnato, ma per il resto non era cambiata. Era ancora una delle donne più belle che avessi mai incontrato. Guardandola, le dighe che avevo accuratamente costruito nella mia mente si incrinavano e ciò che avevo cercato di reprimere tornava a filtrare. L’estate torrida di Elmekia, la sabbia che grattava la pelle e pareva scavare fino alle ossa, il sudore che si insinuava negli occhi e li faceva bruciare. La spada che pesava al mio fianco, le ultime parole di mio fratello nelle orecchie. Avevo accettato l’incarico come mercenario a scorta di un mercante, perché per la sua acqua, a quel punto, avrei venduto anche l’anima. E perché, combattendo per una persona per cui non avevo rispetto sulla strada infestata di briganti per Sailarg, potevo non pensare.
“Sei cambiato.”
Le mie dita si strinsero attorno all’elsa della spada.
“Quando hai salvato la mia città da quel demone ti sono stata grata, e mi hai sempre trattato con ogni gentilezza, ma una parte di me ha sempre avuto il sospetto che non ti importasse davvero di noi, di quello che stava succedendo. Ora… hai l’aria di un uomo per cui tutto importa troppo.”
Mi umettai le labbra. Non ero così sciocco da non capire che aveva provato qualcosa per me, quando me ne ero andato quasi di soppiatto, in quella lontana estate. Era solo l’infatuazione per un finto eroe, forse, superata con la velocità di un temporale. Ma ero stato comunque codardo a fuggire senza affrontare quel discorso. “Mi spiace di essermene andato a quel modo, Sylphiel. Tu e tuo padre mi avete accolto e curato, e io…”
“Non ci dovevi niente. Ci hai salvati e curarti era il minimo che potessimo fare.” Emise un sospiro. “E ora, di nuovo, sono qui a chiederti di aiutare questa città sventurata.” La sua espressione si fece solenne. “Faremo meglio ad andare.”  
Annuii, vergognandomi del mio sollievo. Avrei dovuto parlarle, spiegarle, lo sapevo. Ma in quel momento, la cosa di cui avevo più bisogno era tornare da Lina e accertarmi che stesse bene.
 
Il percorso, a ritroso, non mi parve più breve. La sensazione di ansia si acuiva a ogni passo, accelerava il mio battito, mi si diffondeva addosso come un calore innaturale. ‘Non essere sciocco.’ Mi ripetevo. ‘Lina non ti darà pace, se le piombi addosso come una belva spaurita. Non essere sciocco.’ Ma ripeterlo non serviva.
Prima della grotta in cui avevamo lasciato gli altri, le pareti del tunnel si stringevano, l’oscurità si addensava. Questo lo ricordavo. Ma l’aria ora si era fatta più pesante, un odore dolce, metallico, la impregnava.
‘È successo qualcosa.’
Ne ebbi la certezza, prima di vedere la scena. Poi, il mondo si spezzò in una sequenza di immagini irreali. Lance e Eris legati, seduti al suolo, lo sguardo vacuo. Zel inginocchiato a terra. Il corpo di Lina scomposto, il rosso dei capelli che si spandeva sotto la sua schiena, su un letto di sangue.
“Lina!” La spada sacra mi scivolò dalle mani e crollò a terra, il clangore mi riverberò lungo la schiena. “Lina!” Scattai in avanti, caddi, di ginocchia e poi, mentre cercavo di rialzarmi, di petto. Tutta l’aria abbandonò in un colpo i miei polmoni.
Sentii Sylphiel che mi superava di corsa. Cercai di parlare di nuovo, ma la polvere mi invase la bocca e le narici. Piantai le mani al suolo, mi spinsi in ginocchio, il pietrisco mi si conficcò nei palmi.
Quando riuscii a rimettermi in piedi, Eris e Lance avevano gli occhi chiusi. Sylphiel era piegata su di loro, le mani protese in avanti.
“Cosa è successo?” La sentii domandare a Zel.  
“Rezo. La hanno colpita con almeno quattro colpi, allo stomaco. Sono riuscito a sorprenderli e bloccarli, ma non sapevo come guarire Lina.”
“Va bene.” Sylphiel abbandonò i corpi esanimi di Lance ed Eris e si inginocchiò su Lina. Le pose le mani sul petto e i suoi guanti le si tinsero immediatamente di purpureo. “Va bene, Zelgadiss, qui ci penso io. Tu occupati di Gourry.”
La chimera si accorse allora della mia presenza. Lo vidi avvicinarsi, valutare lo strappo sul mio ginocchio e i tagli sulle mie mani, l’aria di chi è grato di avere un compito semplice da svolgere.
Non gli diedi il tempo di toccarmi. Lo scostai, mi precipitai su Sylphiel.
“Come sta?” Sputai terriccio e sangue da un taglio alle labbra che non mi ero accorto di avere.
Sylphiel non rispose. Aveva gli occhi chiusi, mormorava una litania che non comprendevo. Feci per parlare ancora, ma le dita di Zelgadiss si strinsero attorno al mio braccio.
“Gourry, devi calmarti. Lina starà bene, ma Sylphiel ha bisogno di concentrarsi sull’incantesimo. Lascia che io pensi alle tue ferite. Non puoi avere le mani rovinate, se dobbiamo combattere.”
La sua calma mi sconvolgeva. Gli porsi i palmi, senza guardarlo, timoroso che, se avessi distolto lo sguardo dalle labbra di Lina, quelle avrebbero smesso di inspirare ritmicamente aria. I miei occhi continuavano a tornare morbosamente alle sue ferite. Erano una bestia, che le scavava nello stomaco, strappando tessuti, recidendo muscoli e ossa, e io non potevo fare nulla per fermarla.
‘Siamo un ammasso di carne e sangue, che un giorno tornerà alla terra,’ Me lo aveva detto mio padre, mentre piangevo sul corpo senza vita di mia nonna. Era la sua voce che me lo ripeteva nella mente, anche dopo che ero fuggito di casa, ogni volta che osservavo un compagno caduto in battaglia.
Eravamo davvero solo un insieme di cellule, che appena nate iniziavano a morire? Esisteva un qualche soffio vitale, ad animare quell’ammasso, o era solo un’illusione? Non me lo ero mai chiesto, ma ora mi rendevo conto che quel soffio per me era la risata di Lina. La luce nei suoi occhi quando stava per rubare una pietanza dal mio piatto, le fossette che un sorriso furbo le disegnava sul viso.
“Riportala da me.” Pronunciai quella frase ad alta voce, senza quasi rendermene conto. Sylphiel aprì gli occhi, allora. Il suo sguardo, stupito, si posò sul mio viso.
“Salverò la tua città ogni volta che me lo chiederai, ma per favore, riportala da me.” La pregai, incurante di quello che chiunque poteva pensare.
I suoi occhi me lo dissero ancora: ‘sei cambiato.’ Stavolta, seppi che aveva ragione. Ero cambiato, della differenza fra il silenzio e il battito di un cuore.
“Starà bene.” La nota amara nella sua voce mi spaventò. Dovette accorgersene, perché si morse le labbra e mi afferrò la mano. Il sangue di Lina si mischiò ai residui del mio, fra le nostre dita. “Starà bene.” Ripeté, con più gentilezza. “Siamo arrivati appena in tempo.”
Aveva ragione. L’emorragia si era fermata e il pallore e il blu delle labbra stavano cedendo spazio sul volto di Lina al consueto colorito roseo.
“Lasciamole un po’ d’aria.” Zelgadiss mi trascinò indietro. Non gli permisi di allontanarmi troppo. Non volevo che Lina si svegliasse da sola.
Alle mie spalle, avvertii il movimento di Eris e Lance che riprendevano conoscenza. Non volevo guardarli. Avrei potuto sfogare il mio senso di rabbia e impotenza su di loro e sapevo che non lo meritavano.
“Lina!” Sentii Lance gridare. “Cosa è successo?”
Zelgadiss iniziò a spiegargli, in tono calmo, ma Lance non gli diede nemmeno il tempo di finire. “Non… come è possibile? Lina! Per gli dei, mi dispiace così tanto! Lina!”
Lo sentii avvicinarsi. Zel lo trattenne, credo, perché non ci piombò addosso come temevo. Le sue grida, però, finirono per svegliare Lina. La vidi stringere le labbra, una smorfia di dolore dipinta sul viso. I suoi occhi si aprirono, incontrarono i miei. Il sollievo mi invase con tanta violenza da farmi tremare, mischiandosi al senso di colpa per averla lasciata da sola.
“Lina?” Mormorai. “Stai bene? Ti fa male?”
Annuì, tossendo. Non bastò a tranquillizzarmi. C’erano così tante cose che avrei voluto dirle, ma le parole mi si aggrovigliavano nella mente.
Zel mi precedette. “Un po’ dopo che ti sei allontanata, ho sentito il suono di una spada che cadeva.” Le spiegò, calmo. “All’inizio ho pensato di averlo immaginato, ma avevo un brutto presentimento, quindi sono venuto a vedere. Ti ho trovata al suolo, e ho visto rubini su entrambe le loro fronti. Solo dopo averli bloccati e legati in modo che non potessero muoversi mi sono accorto della tua grave ferita. Sarei stato nei guai da solo, ma per fortuna Gourry e Sylhpiel sono tornati prima del previsto. Quando abbiamo cercato di parlare a Lance e Eris, sono caduti in un sonno profondo. Sylphiel ha spezzato l’incantesimo, e ha rimosso i rubini dalle loro fronti. Non ricordavano nulla.”
“Ero preoccupato.” Fu tutto ciò che io riuscii a dire.
Lina tornò a guardarmi. Il suo sguardo si distese e, a dispetto di tutto, mi rivolse un sorriso.
Ci conoscevamo solo da qualche mese, Lina e io, ma sapevo leggere nei suoi occhi. Quando vivi ogni giorno al fianco di qualcuno, i gesti e gli sguardi iniziano a compenetrarsi, diventano un veicolo che non ha bisogno di parole.
Mi era grata della mia preoccupazione, lo vedevo, ma c’era anche qualcos’altro, in quel sorriso. Una tenerezza, riservata solo a me, che mi apparve tanto più preziosa in quanto così raramente espressa.
Lance ci interruppe, blaterando le sue scuse. Gli occhi di Lina lasciarono i miei, con vaga riluttanza, e l’incanto di quel momento si ruppe. Ma per me era già troppo tardi. In quel sorriso, mi ero perso.
Le mie ultime riserve, riserve che non mi ero nemmeno reso conto di covare, per il fatto che sembrava cosi giovane, per il fatto che eravamo diversi come il giorno e la notte, per il fatto che non si sarebbe mai interessata in quel senso a uno come me, erano cadute.
Incontrai di nuovo lo sguardo di Sylphiel. Lo distolse, abbassandolo su Lina, parlandole nel suo tono rassicurante.
‘È vero, sono cambiato’, avrei voluto dirle. ‘Sono cambiato, e non voglio tornare indietro. Ma non smetterò più di avere paura, ora che ne conosco la ragione.’
   
  
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