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Autore: Giandra    20/03/2016    3 recensioni
Raccolta di storie incentrate ognuna su una shipping del mondo Pokémon, scritte tutte su vostra richiesta.
Scrivo su:
- anime principale (tutte le stagioni);
- Pokémon Horizons;
- videogiochi (trovate le specifiche nel prologo).
☆ #7. Mizuhiki: Seconda classificata e vincitrice dei premi Sara, miglior stile, miglior grammatica e miglior personaggio al contest "Ho letto un libro, una volta (si chiamava...)" indetto da zbor liber sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
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Buongiorno! Lieta di informarvi che questo capitolo riguarda la SoulSilverShipping e che è dedicato a Angel_Chan_, la quale me lo ha richiesto molto tempo fa; chiedo quindi scusa per il clamoroso ritardo e mi appresto a parlarvi della storia. Si tratta di una AU in cui i due si trovano entrambi a Borgo Foglianova; è una Flash/OS miscocciodicontrollare scritta così di getto, con il solo scopo di divertirvi un po' con questi due caratteri che insieme sanno essere tremendamente adorabili.
Il punto è che qui i due dovrebbero avere età diverse, ma non troppo: Silver un po' più grande rispetto a Cetra, qualcosa di appena accennato (es: lui primo anno di superiori, lei primo anno di medie). Ho tentato forseinvano di rendere i personaggi IC, ma se per caso doveste notare qualche particolare che non vi torna fatemelo presente — le critiche costruttive restano il mio pane quotidiano.
Per cui, non posso aggiungere altro se non che spero di non aver scritto proprio un disastro e che la lettura vi risulti piacevole. Bye.


 


 


Cuori impavidi stravolti da ragazzine innocenti

La giornata si prospettava tranquilla: il sole risplendeva alto nel cielo, illuminando i volti degli abitanti di Borgo Foglianova, che passeggiavano gioiosi per i meandri della piccola cittadina; i Pidgey cinguettavano allegri, svolazzando da un ramo all’altro in preda alla frenesia del primo mattino. Tutti sembravano vedere il lato positivo quella splendida mattina — o, almeno, quasi tutti.
Un giovane dall’aria sempre imbronciata e i capelli ramati si stava dando un ultimo sguardo allo specchio, sbuffando e sbadigliando di fronte al suo riflesso. Muoversi a piedi, di buon'ora, con l'intento di andare a scuola, non rientrava esattamente tra i suoi hobby preferiti, essere anche costretto da sua madre a scortarvici la nuova concittadina lo rendeva ancora più deprimente. L'unico fattore che lo fece desistere dal mandare tutti a quel paese fu la consapevolezza che sarebbe dovuto andare a Violapoli in ogni caso — per passare un'altra noiosa giornata al suo liceo — e acconsentì quindi ad accompagnare l'ultima arrivata.
Quel giorno, faceva il suo ingresso alla scuola di paese una nuova ragazza, dall’aspetto innocuo e tenero: indossava sempre un buffo cappellino che sovrastava una graziosa chioma marrone, gli occhi nocciola erano limpidi e splendenti, il fisico asciutto e le movenze muliebri calcavano la sua giovane età. La ragazza si era trasferita già da un paio di giorni e subito aveva espresso desiderio di iscriversi alla rinomata Accademia Pokémon; la madre l’aveva accontentata e la piccola Cetra, pareva, non ne sarebbe potuta essere più felice.
Silver uscì di casa come un condannato a morte, incamminandosi a passo lento verso la dimora della ragazzina. Bussò un paio di volte il campanello, attese qualche secondo e una signora dall’aspetto cordiale gli aprì la porta. «Ciao, tu devi essere Silver» lo salutò e il ragazzo annuì, con un impercettibile sorriso. La donna lo ricambiò, poi gli fece cenno di attendere e richiamò a gran voce la figlia.
Aspettò un tempo che gli parve interminabile — sebbene ammontasse a circa un minuto —, poi dalle scale fece capolino una figura esile e leggiadra, che subito lo accolse con l’agitare nervoso della manina. «Ciao, io sono Cetra» si presentò, cortese.
«Ciao» rispose Silver, rivolgendo il suo commiato alla madre per poi trascinarsi dietro la figlia. Era carina, minuta e sprizzava energia da tutti i pori, il che la rendeva ancora più fastidiosa agli occhi del giovane.
«Stiamo andando a scuola, vero?» gli domandò, dopo due minuti di cammino silenzioso.
«Tu che dici?» ribatté lui retorico, senza voltarsi per incrociare il suo sguardo.
Sentì gli ingranaggi della ragazza muoversi all’interno del suo cervellino e non poté fare a meno di ghignare: per quanto la cosa potesse sembrare perfida, adorava da morire infastidire le persone e quando ci riusciva si sentiva orgoglioso di se stesso. Per un breve lasso di tempo non spiccicarono parola, poi Cetra — non appena intravide un semaforo — lo colse alla sprovvista, afferrando forte la sua mano.
Silver si voltò irritato. «Che stai facendo?» sbottò, minaccioso.
Cetra quasi si impaurì, abbassando il capo intristita e forzando ancora di più la stretta. Silver inspirò ed espirò appieno, cercando di mostrare un po’ di tatto — aveva sentito dire in giro che metteva a proprio agio le persone ed evitava un sacco di scocciature. «Cetra, che hai?» gli domandò, con il tono più calmo che riusciva ad avere.
«Mamma mi tiene sempre la mano quando attraversiamo» spiegò lei, guardandolo dispiaciuta, a tratti colpevole; poi però l’espressione mutò, divenne rabbuiata. «Quindi devi farlo anche tu!» pretese, serrando la mano libera a pugno e pressando ancora un po’ le nocche dell’altro.
Silver assunse un’aria seccata, mostrando di non accusare minimamente né la “poderosa” stretta che gli stava impartendo né l’aria autoritaria appena improvvisata. «Non riesco a prenderti sul serio con quel cappello ridicolo, più grosso della tua testa» ironizzò, colpendo quest’ultimo con un buffetto di pollice e indice. «Devi imparare a crescere, Cetra, altrimenti—» prima che Silver potesse continuare i suoi discorsi su quanto la vita sapesse essere ingiusta con i deboli di cuore, una macchina sterzò forse troppo furiosamente sulla strada e la sua interlocutrice si spaventò a morte, andando a rifugiarsi sul suo petto. Il ragazzo non seppe che dire, rimase lì impalato con gli occhi sgranati, non comprendendo bene un gesto così dannatamente smielato.
Cetra si rese conto di ciò che aveva appena fatto, sciolse la stretta dal suo torace e dalla sua mano immantinente, rossa come un peperone. «Scusa» disse solamente, abbassando il capo imbarazzata.
«Hn» rispose lui monosillabico, cercando di non intercettare il suo sguardo. «Dai, andiamo» la incitò, quando finalmente il semaforo divenne verde e i pedoni ebbero via libera.
Cetra prese ad avanzare con la sua stessa andatura, senza aggiungere parola, e il disagio era palpabile; così Silver alzò gli occhi al cielo e, in un gesto impulsivo, le strinse di nuovo la mano.
La ragazza lo guardò esterrefatta, lui mantenne la sua aria impassibile e continuò a camminare.
Quando la strada finì e finalmente imboccarono un marciapiede, le loro mani rimasero comunque intrecciate.





 
   
 
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