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Autore: SuzuyaChan    01/05/2016    3 recensioni
Dopo aver orchestrato un incidente ferroviario ai danni di Shizuo, Izaya va a trovarlo in ospedale e scopre che il suo arci nemico non si ricorda di lui. Decide quindi di tormentarlo proprio ora che si trova all’apice della sua vulnerabilità, ma per qualche strano motivo… non ci riesce.
«Presumo» continuò Shizuo, attirando l’attenzione di Izaya con il suo tono esitante «che noi due fossimo amici.»
[Traduzione della fanfiction di SuzuyaChan]
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: Lime, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Original work by SuzuyaChan: Aletheia
Translated by: shirangel


Aletheia



Note della traduttrice: eccoci con il secondo capitolo; finalmente si comincia a entrare almeno un po’ nell’azione :) se vi va vi invito a lasciare un commento, che poi inoltrerò all’autrice (ovviamente dopo averlo tradotto in inglese) per farle (e farci) sapere cosa ne pensate <3

 

Capitolo 2

Izaya aveva deciso di sfruttare il ricovero di Shizuo per farlo incazzare un altro po’, e a tale scopo aveva perfino comprato dei fiori. Tuttavia, di fronte allo sguardo leggermente confuso e decisamente poco omicida del biondo, quel piano precipitò come aveva rischiato di fare lui mentre scalava il muro dell’ospedale; tentò comunque di ignorare la strana sensazione che quella storia non sarebbe finita bene e si fece avanti.

«Non ti vedo così in forma da anni, Shizu-chan» lo stuzzicò, scendendo dal davanzale, e posizionò i fiori ai piedi del letto «Guarda, ti ho portato un pensierino.»

C’era qualcosa che non andava. Secondo i suoi piani, il biondo avrebbe dovuto lanciargli addosso qualsiasi cosa avesse a tiro, e invece lo stava solo guardando in modo un po’… triste. E questo cominciava a metterlo a disagio, perché Shizuo era un mostro in grado di sopravvivere persino a un frontale con un treno: non avrebbe dovuto provare emozioni umane come la tristezza. E poi, cos’era che lo turbava tanto?

«Ti conosco?» chiese il biondo, esitante, e a quelle parole il cervello di Izaya andò in corto circuito.

«Fin dal liceo» ribatté, notando distrattamente che quella risposta sembrava fin troppo normale, considerando la vera natura del loro rapporto. Però riteneva che “siamo arci nemici pronti a cogliere ogni occasione possibile per uccidersi a vicenda” fosse una replica un po’ troppo brusca, per uno che non sapeva nemmeno chi fosse.  Per un momento si domandò se si trattasse di una messinscena, ma decise che il protozoo non aveva né il cervello né l’autocontrollo necessari per far finta di non conoscerlo. L’afflizione di Shizuo si intensificò ancora di più e il ragazzo gli indicò una delle sedie accanto al suo letto; Izaya tentò di non mostrarsi troppo stupito di fronte a una situazione così assurdamente civile, ma lo assecondò, più per lo shock che per altro. Cosa accidenti avrebbe dovuto fare adesso? Tutte le battute e gli scherzi che aveva escogitato per farlo incazzare ormai erano inutilizzabili.

«Ecco, è difficile da spiegare» cominciò Shizuo, distogliendolo dai suoi pensieri, e l’attenzione dell’informatore si focalizzò sulla bizzarra naturalezza con cui il ragazzo gli si stava rivolgendo: era la prima volta che lo sentiva parlare così «Un po’ perché nemmeno io lo capisco bene» continuò lui con una risatina. Izaya riuscì a malapena a contenere il suo sbigottimento: aveva appena sentito Heiwajima Shizuo ridere, e non era la risata maniacale da “ti picchierò a sangue”, ma solo una normalissima risata  «Comunque, sono stato colpito da un treno, e sebbene fisicamente non sia messo troppo male, la mia memoria è un po’… scombinata. Mi ricordo di alcune persone, però non di quelle a cui ero più legato – c’è una spiegazione scientifica per questo, ma non è che l’abbia capita molto…»

Shizuo stava ancora blaterando, ma Izaya si era fossilizzato sulla frase che aveva appena sentito: “quelli a cui ero più legato”. Che significava? Lui era tutt’altro che una persona alla quale Shizuo era legato, sarebbe dovuto essere il ricordo più nitido che aveva, con tanto di etichetta gigante con su scritto “Persona Che Odio Più Di Chiunque Altro”. E invece… niente. Non sapeva chi fosse. Quindi Izaya cos’era per lui?

«Presumo» continuò Shizuo, attirando l’attenzione dell’informatore con il suo tono esitante «che noi due fossimo amici.»

Izaya più tardi avrebbe imputato le sue azioni al trauma provocatogli dal non avere nessun piano B, o anche al fatto che sarebbe stato divertente giocare un brutto tiro a Shizuo, ora che non poteva difendersi, ma la verità era che gli amici non erano una risorsa di cui disponeva in abbondanza. Aveva passato anni a fare finta che non gli servissero, e sarebbe stato felice di continuare così finché il suo cadavere non fosse marcito nella tomba. All’improvviso sentì chiudersi la gola.

«Sì, qualcosa del genere» disse piano, prima di ricomporsi e lasciarsi andare a una risatina. Tra di loro cadde il silenzio e Izaya finalmente smise di evitare di guardare Shizuo, solo per scoprire che il ragazzo lo stava squadrando attentamente.

«È maleducazione fissare le persone, lo sai?» lo rimbrottò, incapace di abituarsi alla totale mancanza di aggressività nel suo sguardo.

«Scusa» mormorò il biondo, impacciato, e i capelli gli ricaddero davanti agli occhi mentre abbassava lo sguardo, in evidente … imbarazzo? Izaya sentiva l’esigenza di fare qualcosa per mettere un freno a quello scambio di interazioni umane disgustosamente kawaii: dovevano tornare a essere nemici mortali che passavano il tempo combattendo la loro eterna battaglia. Eppure rimase seduto lì, paralizzato da quella situazione con troppi imprevisti: Heiwajima Shizuo che rideva e scherzava, Heiwajima Shizuo che si scusava con lui, Heiwajima Shizuo che lo chiamava amico. Izaya avvertiva l’impellente bisogno di prenderlo a pugni, perché apparentemente il ragazzo di fronte a lui non aveva la minima intenzione di farlo.

«Continuo a sperare di vedere qualcosa che mi sembri familiare – di riconoscere qualcosa, qualsiasi cosa. Ma immagino di essermi davvero scordato tutto. E mi dispiace un sacco, perché ho visto il dolore dei miei amici mentre se ne andavano, e francamente non mi sono mai sentito peggio» disse, con un sorriso amaro «Non che me lo ricorderei, se anche fosse» abbassò di nuovo gli occhi, come se l’idea di incrociare ancora il suo sguardo lo innervosisse. Aprì la bocca per aggiungere qualcosa, ma Izaya parlo per primo, nel disperato tentativo di assumere una posizione dominante.

«Non dovresti scusarti» disse, ridendo tra sé e sé per la svolta assurda che aveva preso la conversazione: lui che confortava il suo arci nemico. Però avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di riprendere in mano le redini della situazione, e per di più quella che stava dicendo non era proprio una bugia «Non è certo colpa tua. Non sei stato tu a volere questo. Se ti hanno abbandonato per una cosa del genere, allora significa che non sono mai stati veri amici» Izaya rabbrividì interiormente; doveva smetterla di dargli così buoni consigli, nonostante fossero effettivamente un po’ drastici. Avrebbe almeno dovuto usare quella situazione per manipolarlo, finché poteva.

Quel bruto stava addirittura sorridendo.

«Già.»

Finirono per mettersi a parlare. Passarono quasi un’ora chiacchierando e basta, e Izaya avrebbe giurato a qualsiasi divinità esistente che questa era solo la prima fase di un qualche piano – o, se ancora non lo era, lo sarebbe stata – però la risata che gli curvava le labbra era autentica, e le battute che declamò erano prive del solito veleno. Quando la conversazione si interruppe rimasero seduti in un silenzio confortevole, e l’informatore ne approfittò per osservare la visione inedita di uno Shizuo sereno, con la mascella rilassata, gli occhi calorosi, la risata bassa e morbida; gli faceva venire voglia di vomitare. Non era il mostro a cui era abituato, era una persona diversa che di Shizuo aveva solo l’aspetto. Perso nei suoi pensieri, Izaya sobbalzò leggermente quando l’altro ragazzo parlò, con voce tranquilla e profonda.

«Sai, darei qualsiasi cosa per tornare a come eravamo.»

Izaya avrebbe voluto ridere e allo stesso tempo rompere qualcosa. “Se solo sapessi”, pensò, intuendo che forse avrebbe dovuto rispondere qualcosa, ma senza avere assolutamente niente da dire.

Sì alzo, e le gambe lo spinsero quasi inconsciamente verso la finestra: doveva andarsene, uscire di lì e non tornare mai più. Se davvero non ci sarebbe più stato uno stupido bestione pronto a dare di matto ogni volta che visitava quel dannato quartiere, per lui non cambiava nulla, anzi, il suo unico rimpianto era quello di non aver sistemato la faccenda con le sue stesse mani: sebbene la perdita di memoria di Shizuo fosse stata effettivamente colpa sua, era molto meno divertente se entrambi erano ancora vivi e vegeti. Però non gli avrebbe procurato alcun piacere uccidere questo Shizuo, che lo guardava con il suo stupido sorriso imbarazzato e quegli occhi fiduciosi.

«Ci vediamo in giro, Shizu-chan» disse. Non si guardò indietro né aspetto una risposta mentre metteva un piede fuori dalla finestra, ma la sua attenzione fu richiamata da un tonfo e un gemito di dolore.

«Aspetta!» lo chiamò l’altro ragazzo; le coperte gli erano cadute addosso e lui giaceva lungo disteso sul pavimento, strofinandosi leggermente una gamba, come se il motivo per cui si trovava all’ospedale fosse un piccolo livido, invece che un buon numero di ossa rotte.

Izaya sospirò rimettendo il piede a terra, e fece marcia indietro per aiutare Shizuo a tornare a letto.

«Ho appena realizzato» disse il biondo, sfiorando il collo di Izaya con il suo respiro caldo mentre si appoggiava a lui per reggersi in piedi «che non so nemmeno come ti chiami.»

L’informatore esitò; non voleva lasciare prove della sua presenza, ma non era del tutto sicuro di come uscire da quella situazione senza indurre Shizuo a porre ancora più domande a Celty e agli altri durante la loro visita successiva. Anche una semplice descrizione fisica sarebbe stata sufficiente per riconoscerlo, e in quel caso non avrebbe avuto nessuna possibilità di cavarsela.

«Izaya.»

Shizuo sorrise, e un po’ del suo vecchio sguardo di sfida emerse da sotto la superficie.

«Beh, Izaya-kun… la prossima volta niente fiori, se possibile.»

Dopodiché il biondo lo vide sogghignare prima di arrampicarsi fuori dalla finestra e sparire dalla sua vista. Shizuo non riusciva bene a spiegarsi cosa lo avesse spinto a pronunciare quell’ultima frase, ma era quasi certo che, se non avesse detto nulla, non avrebbe più visto quel ragazzo dai capelli scuri.

 

Nel prossimo capitolo: “In qualche modo doveva mettere fine a tutta quella faccenda: ormai si annoiava al lavoro, non si dava pace nei momenti di relax, e si distraeva ogni volta che aveva qualcosa da fare. Se ciò significava che per riottenere un po’ di tranquillità doveva uccidere il suo arci nemico, allora avrebbe fatto un tentativo.”


 

   
 
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