Note della
traduttrice: eccoci con
il secondo capitolo; finalmente si comincia a entrare almeno un
po’ nell’azione
:) se vi va vi invito a lasciare un commento, che poi
inoltrerò all’autrice
(ovviamente dopo averlo tradotto in inglese) per farle (e farci) sapere
cosa ne
pensate <3
Capitolo 2
Izaya aveva
deciso di sfruttare il ricovero
di Shizuo per farlo incazzare un altro po’, e a tale scopo
aveva perfino comprato
dei fiori. Tuttavia, di fronte allo sguardo leggermente confuso e
decisamente
poco omicida del biondo, quel piano precipitò come aveva
rischiato di fare lui
mentre scalava il muro dell’ospedale; tentò
comunque di ignorare la strana
sensazione che quella storia non sarebbe finita bene e si fece avanti.
«Non
ti vedo
così in forma da anni, Shizu-chan» lo
stuzzicò, scendendo dal davanzale, e posizionò
i fiori ai piedi del letto «Guarda, ti ho portato un
pensierino.»
C’era
qualcosa che non andava. Secondo i suoi piani, il biondo avrebbe dovuto
lanciargli
addosso qualsiasi cosa avesse a tiro, e invece lo stava solo guardando
in modo
un po’… triste. E questo cominciava a metterlo a
disagio, perché Shizuo era un
mostro in grado di sopravvivere persino a un frontale con un treno: non
avrebbe
dovuto provare emozioni umane come la tristezza. E poi,
cos’era che lo turbava
tanto?
«Ti
conosco?» chiese il biondo, esitante, e a quelle parole il
cervello di Izaya
andò in corto circuito.
«Fin
dal
liceo» ribatté, notando distrattamente che quella
risposta sembrava fin troppo
normale, considerando la vera natura del loro rapporto. Però
riteneva che “siamo arci nemici
pronti a cogliere ogni
occasione possibile per uccidersi a vicenda” fosse
una replica un po’
troppo brusca, per uno che non sapeva nemmeno chi fosse. Per un momento si
domandò se si trattasse di
una messinscena, ma decise che il protozoo non aveva né il
cervello né l’autocontrollo
necessari per far finta di non conoscerlo. L’afflizione di
Shizuo si
intensificò ancora di più e il ragazzo gli
indicò una delle sedie accanto al
suo letto; Izaya tentò di non mostrarsi troppo stupito di
fronte a una
situazione così assurdamente civile, ma lo
assecondò, più per lo shock che per
altro. Cosa accidenti avrebbe dovuto fare adesso? Tutte le battute e
gli
scherzi che aveva escogitato per farlo incazzare ormai erano
inutilizzabili.
«Ecco,
è
difficile da spiegare» cominciò Shizuo,
distogliendolo dai suoi pensieri, e
l’attenzione dell’informatore si
focalizzò sulla bizzarra naturalezza con cui
il ragazzo gli si stava rivolgendo: era la prima volta che lo sentiva
parlare
così «Un po’ perché nemmeno
io lo capisco bene» continuò lui con una risatina.
Izaya
riuscì a malapena a contenere il suo sbigottimento: aveva
appena sentito
Heiwajima Shizuo ridere, e non era
la
risata maniacale da “ti
picchierò a
sangue”, ma solo una normalissima risata
«Comunque, sono stato colpito da un treno, e
sebbene fisicamente non sia
messo troppo male, la mia memoria è un
po’… scombinata. Mi ricordo di alcune
persone, però non di quelle a cui ero più legato
– c’è una spiegazione
scientifica per questo, ma non è che l’abbia
capita molto…»
Shizuo
stava ancora blaterando, ma Izaya si
era fossilizzato sulla frase che aveva appena sentito: “quelli
a cui ero più legato”. Che significava?
Lui era tutt’altro
che una persona alla quale Shizuo era legato, sarebbe dovuto essere il
ricordo
più nitido che aveva, con tanto di etichetta gigante con su
scritto “Persona Che Odio
Più Di Chiunque Altro”.
E invece… niente. Non sapeva chi fosse. Quindi Izaya
cos’era per lui?
«Presumo»
continuò Shizuo, attirando
l’attenzione dell’informatore con il suo tono
esitante «che noi due fossimo
amici.»
Izaya
più tardi avrebbe imputato le sue
azioni al trauma provocatogli dal non avere nessun piano B, o anche al
fatto
che sarebbe stato divertente giocare un brutto tiro a Shizuo, ora che
non
poteva difendersi, ma la verità era che gli amici non erano
una risorsa di cui disponeva
in abbondanza. Aveva passato anni a fare finta che non gli servissero,
e
sarebbe stato felice di continuare così finché il
suo cadavere non fosse
marcito nella tomba. All’improvviso sentì
chiudersi la gola.
«Sì,
qualcosa del genere» disse piano, prima
di ricomporsi e lasciarsi andare a una risatina. Tra di loro cadde il
silenzio
e Izaya finalmente smise di evitare di guardare Shizuo, solo per
scoprire che
il ragazzo lo stava squadrando attentamente.
«È
maleducazione fissare le persone, lo sai?»
lo rimbrottò, incapace di abituarsi alla totale mancanza di
aggressività nel
suo sguardo.
«Scusa»
mormorò il biondo, impacciato, e i
capelli gli ricaddero davanti agli occhi mentre abbassava lo sguardo,
in
evidente … imbarazzo? Izaya sentiva l’esigenza di
fare qualcosa per mettere un
freno a quello scambio di interazioni umane disgustosamente kawaii: dovevano tornare a essere nemici
mortali che passavano il tempo combattendo la loro eterna battaglia.
Eppure
rimase seduto lì, paralizzato da quella situazione con
troppi imprevisti:
Heiwajima Shizuo che rideva e scherzava, Heiwajima Shizuo che si
scusava con
lui, Heiwajima Shizuo che lo chiamava amico.
Izaya avvertiva l’impellente bisogno di prenderlo a
pugni, perché apparentemente
il ragazzo di fronte a lui non aveva la minima intenzione di farlo.
«Continuo
a sperare di vedere qualcosa che mi
sembri familiare – di riconoscere qualcosa, qualsiasi cosa.
Ma immagino di
essermi davvero scordato tutto. E mi dispiace un sacco,
perché ho visto il dolore
dei miei amici mentre se ne andavano, e francamente non mi sono mai
sentito
peggio» disse, con un sorriso amaro «Non che me lo
ricorderei, se anche fosse»
abbassò di nuovo gli occhi, come se l’idea di
incrociare ancora il suo sguardo lo
innervosisse. Aprì la bocca per aggiungere qualcosa, ma
Izaya parlo per primo, nel
disperato tentativo di assumere una posizione dominante.
«Non
dovresti scusarti» disse, ridendo tra sé
e sé per la svolta assurda che aveva preso la conversazione:
lui che confortava il suo arci
nemico. Però avrebbe
fatto qualsiasi cosa pur di riprendere in mano le redini della
situazione, e
per di più quella che stava dicendo non era proprio una
bugia «Non è certo
colpa tua. Non sei stato tu a volere questo. Se ti hanno abbandonato
per una
cosa del genere, allora significa che non sono mai stati veri
amici» Izaya
rabbrividì interiormente; doveva smetterla di dargli
così buoni consigli,
nonostante fossero effettivamente un po’ drastici. Avrebbe
almeno dovuto usare
quella situazione per manipolarlo, finché poteva.
Quel bruto
stava addirittura sorridendo.
«Già.»
Finirono
per mettersi a parlare. Passarono
quasi un’ora chiacchierando e basta, e Izaya avrebbe giurato
a qualsiasi
divinità esistente che questa era solo la prima fase di un
qualche piano – o,
se ancora non lo era, lo sarebbe stata – però la
risata che gli curvava le
labbra era autentica, e le battute che declamò erano prive
del solito veleno. Quando
la conversazione si interruppe rimasero seduti in un silenzio
confortevole, e
l’informatore ne approfittò per osservare la
visione inedita di uno Shizuo
sereno, con la mascella rilassata, gli occhi calorosi, la risata bassa
e
morbida; gli faceva venire voglia di vomitare. Non era il mostro a cui
era
abituato, era una persona diversa che di Shizuo aveva solo
l’aspetto. Perso nei
suoi pensieri, Izaya sobbalzò leggermente quando
l’altro ragazzo parlò, con
voce tranquilla e profonda.
«Sai,
darei qualsiasi cosa per tornare a come
eravamo.»
Izaya
avrebbe voluto ridere e allo stesso tempo rompere qualcosa. “Se solo sapessi”,
pensò, intuendo che forse
avrebbe dovuto rispondere qualcosa, ma senza avere assolutamente niente
da
dire.
Sì
alzo, e
le gambe lo spinsero quasi inconsciamente verso la finestra: doveva
andarsene,
uscire di lì e non tornare mai più. Se davvero
non ci sarebbe più stato uno
stupido bestione pronto a dare di matto ogni volta che visitava quel
dannato
quartiere, per lui non cambiava nulla, anzi, il suo unico rimpianto era
quello
di non aver sistemato la faccenda con le sue stesse mani: sebbene la
perdita di
memoria di Shizuo fosse stata effettivamente colpa sua, era molto meno
divertente
se entrambi erano ancora vivi e vegeti. Però non gli avrebbe
procurato alcun
piacere uccidere questo Shizuo, che lo guardava con il suo stupido
sorriso
imbarazzato e quegli occhi fiduciosi.
«Ci
vediamo
in giro, Shizu-chan» disse. Non si guardò indietro
né aspetto una risposta
mentre metteva un piede fuori dalla finestra, ma la sua attenzione fu
richiamata da un tonfo e un gemito di dolore.
«Aspetta!»
lo chiamò l’altro ragazzo; le coperte gli erano
cadute addosso e lui giaceva
lungo disteso sul pavimento, strofinandosi leggermente una gamba, come
se il
motivo per cui si trovava all’ospedale fosse un piccolo
livido, invece che un
buon numero di ossa rotte.
Izaya
sospirò rimettendo il piede a terra, e fece marcia indietro
per aiutare Shizuo
a tornare a letto.
«Ho
appena
realizzato» disse il biondo, sfiorando il collo di Izaya con
il suo respiro
caldo mentre si appoggiava a lui per reggersi in piedi «che
non so nemmeno come
ti chiami.»
L’informatore
esitò; non voleva lasciare prove della sua presenza, ma non
era del tutto
sicuro di come uscire da quella situazione senza indurre Shizuo a porre
ancora
più domande a Celty e agli altri durante la loro visita
successiva. Anche una
semplice descrizione fisica sarebbe stata sufficiente per riconoscerlo,
e in
quel caso non avrebbe avuto nessuna possibilità di cavarsela.
«Izaya.»
Shizuo
sorrise, e un po’ del suo vecchio sguardo di sfida emerse da
sotto la
superficie.
«Beh,
Izaya-kun… la prossima volta niente fiori, se
possibile.»
Dopodiché
il
biondo lo vide sogghignare prima di arrampicarsi fuori dalla finestra e
sparire
dalla sua vista. Shizuo non riusciva bene a spiegarsi cosa lo avesse
spinto a
pronunciare quell’ultima frase, ma era quasi certo che, se
non avesse detto
nulla, non avrebbe più visto quel ragazzo dai capelli scuri.
Nel
prossimo capitolo: “In
qualche
modo doveva mettere fine a tutta quella faccenda: ormai si annoiava al
lavoro,
non si dava pace nei momenti di relax, e si distraeva ogni volta che
aveva
qualcosa da fare. Se ciò significava che per riottenere un
po’ di tranquillità
doveva uccidere il suo arci nemico, allora avrebbe fatto un
tentativo.”