Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Grimmjowswife    23/06/2016    5 recensioni
Jean Kirschtein è sempre stato impulsivo, ed un giorno questa impulsività lo porta a commettere uno sbaglio che lo porterà in tribunale. Nonostante il suo aspetto non è mai stato davvero un criminale o un trasgressore delle regole, ma questo non gli impedisce di essere condannato a tre mesi di lavori socialmente utili in un ospedale. Ed è proprio qui che incontra Marco Bodt, malato di cancro, e da qui tutto sembra perdere senso, mentre memorie - o forse solo allucinazioni? - vanno a mischiarsi alla realtà.
Reincarnation!AU [JeanMarco] [Ereri] Jean&Eren!Punk; Marco!Cancer; Levi!Cop.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Marco Bodt, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Angolo deliri

I: Ok, lo so che dovrei scusarmi per tutto il tempo che è passato dal mio ultimo aggiornamento, ma seriamente credo che voi vi siate rotte le scatole di sentire le mie scuse.
L: Amen.
G: Neanche durante le nottate passate a studiare riuscivi a essere una lagna del genere.
I: Ehi, io ci tengo ai miei lettori-
Kaneki: Oh certo, per questo motivo li fai aspettare mesi concentrandoti su fanfic e os Spideypool.
I: *inizia ad indietreggiare* M-Ma il fumetto... E il film-
EJ: Sei davvero una persona orribile.
I: ... Ok, questo lo sta dicendo una specie di demone malvagio che strappa i reni alle sue vittime e se li mangia, non ti sembra esagerato? E poi Civil War-
*riceve un'occhiataccia da parte di tutti*
... Ok, sto zitta.

 





 

 

Capitolo 10: Incontri, feste e litigi.


«Ho… Ho interrotto qualcosa?» Il ragazzo moro si allontanò da Jean, che continuò a guardarmi come se volesse uccidermi, e si schiarì la voce, spezzando la tensione appena creatasi e portando l’attenzione su di sé.
«Entra pure, non hai interrotto niente Eren» mi disse rivolgendomi un sorriso rassicurante.
Sbaglio o mi ha appena chiamato per nome?
Riuscii a malapena ad aprir bocca per chiedergli come facesse a sapere chi ero che Jean mi prese per un braccio e mi trascinò fuori dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Provai nuovamente a parlare, questa volta per scusarmi dell’intrusione improvvisa di poco prima, ma lo sguardo gelido che mi rivolse il ragazzo davanti a me mi fece morire nuovamente le parole in bocca.
«Come mai ci hai messo così poco?» chiese, riportandolo subito al solito annoiato e presuntuoso che aveva perennemente stampato quando parlavamo.
«Mi hanno visitato subito, il pronto soccorso è abbastanza efficiente… Nessuna costola rotta alla fine, solo due incrinate. Ho appena fatto le lastre, quindi è tutto a posto. E, giusto per essere chiari, ci ho messo quasi un’ora» spiegai velocemente.
Jean batté le palpebre più volte, probabilmente non essendosi reso conto del tempo trascorso, abbassando lo sguardo per controllare il proprio cellulare, prima di appoggiarsi con la schiena alla porta della stanza 231 e lasciarsi andare in un sospiro. Rimasi in silenzio ancora qualche secondo, aspettando che parlasse, magari per spiegarmi la scena a cui avevo assistito nemmeno un momento fa, ma lui rimase con lo sguardo fisso in un punto indefinito oltre me, perso in chissà quale pensiero.
Come se ne potesse averne di articolati, è solo Testa di Cavallo, dopotutto.
Alla fine fui io a richiamarlo, chiedendogli dapprima se quello fosse Marco, e, dopo aver ricevuto la sua risposta positiva, da quanto tempo fosse iniziata.
«Iniziata cosa?» fu tutto ciò che rispose, guardandomi come se gli avessi fatto chissà quale quesito.
«Da quanto tempo state insieme?»
«Cos- Noi non stiamo insieme! - urlò, facendo girare stizzita un'infermiera di passaggio, che ci intimò di fare silenzio. - Siamo solo... Amici, credo» aggiunse infine, stringendosi nelle spalle.
Aprii la bocca per controbattere - insomma, bastava guardarli per capire che provavano qualcosa l'uno per l'altro -, ma la richiusi subito dopo. Non stava a me risolvere quella storia, ma a loro, e in più, avevo anch'io le mie gatte da pelare.
«Senti, puoi tornare da solo a casa? Credo sia meglio che rimanga con Marco finché non iniziano i suoi esami»
Annuii, magari camminare mi avrebbe aiutato a mettere in ordine i pensieri. Jean fece per girarsi, quando mi ricordai di una cosa, richiamandolo.
«Hai mai parlato di me a Marco?» Lui mi guardò stranito, prima di annuire.
«Un paio di volte, ma non è che gli abbia detto nulla di che. Perché?»
«Perché... - mi bloccai. Forse l'avevo immaginato, o semplicemente Marco aveva fatto due conti non appena mi aveva visto. - Nah, lascia stare» lo tranquillizzai scuotendo la testa, per poi salutarlo.
Avevo davvero bisogno di schiarirmi le idee.

Gli insistenti miagolii di Macchia mi fecero distogliere l’attenzione dalla schermata del portatile, che nel frattempo stava completando il salvataggio dell’ultimo file. La gatta si sedette a terra, alternando piccoli miagolii a fusa che mi fecero capire che per lei ormai fosse arrivata ora di cena. Ero tornato a casa dopo aver percorso a piedi tutta la strada che divideva l’ospedale dal mio appartamento, evitando appositamente di passare vicino alla scuola – l’ultima persona che quel giorno volevo vedere era Levi. Avevo passato tutta la giornata alternando puntate di Scrubs a spuntini tutto fuorché salutari e alla creazione dell’ultimo mashup, richiestomi da un mio compagno del corso di chimica. Mi alzai e diressi subito in cucina, accontentando le insistenti richieste della mia gatta, per poi prendere il cellulare e rigirarmelo tra le mani. Lo avevo tenuto spento per tutta la giornata per non essere disturbato, ma ormai erano quasi le nove di sera e ero indeciso se accenderlo o meno. Alla fine cedetti e premetti il pulsante di accensione, se non altro per avvertire il mio compagno che il mashup era pronto, ritrovandomi poco dopo inoltrato di chiamate perse e messaggi non letti da parte di Mikasa, di un messaggio da parte di Jean che diceva di aver pensato lui a tranquillizzarla, e da una chiamata persa da parte dallo stesso ragazzo che stavo per contattare, risalente a poco più di cinque minuti fa. Lo richiamai e dopo pochi squilli mi rispose, scusandomi nel caso mi avesse svegliato.
«Non preoccuparti, avevo solo spento il cellulare. Piuttosto, ti serviva qualcosa?»
«Sì amico, volevo solo dirti che non posso muovermi da qui, non è che potresti portarmi tu la musica? I soldi li ho con me, e ovviamente poi puoi anche restare» spiegò frettolosamente, allontanando da sé il cellulare ogni tanto per dare qualche ordine. Avevo iniziato a giocare con il dilatatore in un gesto del tutto involontario, mentre valutavo la sua proposta, anche se alla fine non c'era molto da valutare: i soldi mi servivano, e in più svagarmi un po' non avrebbe potuto farmi che bene.
«Dammi l'indirizzo, sarò lì prima che inizi la festa» risposi afferrando carta e penna per segnare le informazioni, per poi riattaccare.

Il locale si era rivelato essere piuttosto vicino a dove abitavo, evitandomi così di prendere qualsiasi mezzo pubblico, facendomi allo stesso tempo pentire di non aver indossato qualcosa di più pesante oltre ai jeans neri e una canottiera ampia, coperta da una giacca di pelle pesante. Affrettai il passo, dando un'altra occhiata al cellulare per controllare dove andare ora, ritrovandomi in poco tempo davanti alla mia destinazione, con Franz davanti all'ingresso ad aspettarmi.
«Ehi, ce l'hai fatta amico» disse dandomi una pacca sulla spalla.
Annuii e lo salutai, chiedendogli se fossi per caso in ritardo. Lui negò, aggiungendo che sarebbe stato comunque meglio iniziare a far partire la musica, "per orientare la gente" aveva detto. Annuii ancora, dandogli il cd richiesto, ricevendo subito in cambio il prezzo del mio lavoro, più un invito ad unirmi alla festa.
«Drink gratis per te! Mi hai davvero salvato il culo stasera, il dj che avevo affittato si è ritrovato a letto con la febbre» rise, trascinandomi all'interno del locale affittato.

L'aria si era fatta a poco a poco più calda, fino a diventare asfissiante. Il piccolo pub si era riempito in pochissimo tempo una volta fatta partire la musica, e adesso c'era a malapena lo spazio per muoversi. Presi un altro sorso della mia birra, lanciando un'occhiata disgustata alla calca di gente che si era riunita nella zona designata come pista da ballo. Forse era stato uno sbaglio restare qui, a bere birra scadente seduto su uno scomodo sgabello con la testa dolorante a causa della musica ad al alto volume e dell'alcol. Svuotai il contenuto della bevanda alcolica e feci per alzarmi, quando una mano aderì alla base della mia schiena e un ragazzo dai capelli biondo ossigenati fece capolino nel mio campo visivo, sorridendomi. Svuotai il contenuto della bevanda alcolica e feci per alzarmi, quando una mano aderì alla base della mia schiena e un ragazzo dai capelli biondo ossigenati fece capolino nel mio campo visivo, sorridendomi. Aggrottai le sopracciglia, cercando - con scarsi risultati, tre bottiglie di birra stavano iniziando a fare il loro effetto - di ricordare se conoscessi o no quella persona. Alla fine mi arresi e glielo chiesi, provocandogli una risata.
«No, ma mi piacerebbe - urlò, avvicinandosi con le labbra al mio orecchio per sovrastare il volume della musica. - Posso offrirti da bere?»
Mi allontanai sufficientemente da lui per poterlo guardare negli occhi, accorgendomi subito del fatto che fossero praticamente neri, dilatati e arrossati.
«No grazie, me ne stavo andando in realtà»
Scacciai la sua mano dalla mia schiena e mi diressi, cercando di non inciampare, alla sezione designata come guardaroba, prendendo la mia giacca prima di uscire. L'aria all'esterno si era fatta ancora più fredda, ma dopo aver passato tutto quel tempo dentro al locale quel gelo mi sembrava sopportabile.
«Ehi dolcezza! Andiamo, dammi una possibilità...»
Alzai gli occhi al cielo, continuando a camminare e ignorando la voce insistente del ragazzo che ci aveva provato con me poco prima. In condizioni normali gli avrei tirato semplicemente un pugno, ma non ero sicuro di riuscire a impiegare la forza necessaria, quindi mi limitai ad accelerare di poco il passo. Improvvisamente una mano mi afferrò per il braccio, cercando di farmi voltare a forza, e quando lo feci, con l’intento di dargli un pugno in faccia, incontrai un paio di occhi quasi grigi, al posto di quelli pece che mi immaginato. Levi mi guardò solo per un secondo, prima di spostare la sua attenzione verso la mano del ragazzo, poggiatasi sulla sua spalla, che gli aveva appena intimato di sloggiare poiché io ero la “sua preda”.
«Consiglio a te di sloggiare, ragazzino, prima che mi arrabbi e ti faccia davvero del male» fu tutto ciò che disse Levi, senza neanche degnarsi di guardarlo, riportando la sua attenzione verso di me.
«Tsk, ma chi ti credi di essere, brutto-»
In pochi secondi la mano di Levi si ritrovò stretta intorno al collo del ragazzo, facendolo annaspare per la mancanza d'aria improvvisa. Il poliziotto gli rivolse uno sguardo omicida e gli disse che se l'avesse visto un'altra volta girarmi intorno se ne sarebbe fregato del suo distintivo e della legge e gliel'avrebbe fatta pagare, per poi lasciare andare la presa sulla sua gola, sostituendola con quella al mio polso, trascinandomi via. Lo lasciai fare, almeno finché l'alcool continuò a restare in circolo, e solo quando ci trovammo in prossimità del mio appartamento mi resi conto che l'uomo davanti a me era lo stesso che mi aveva cacciato fuori da casa sua dopo... dopo ciò che era successo.
«È stato solo un errore».
Strattonai il polso, riuscendo a liberarmi dalla stretta del più grande, che si voltò a guardarmi con aria interrogativa, chiedendomi se stessi bene. Il pugno che ne susseguì non era stato per nulla dettato dall'alcool, e andò al colpire il volto di Levi facendogli voltare la testa all'impatto.
«Vaffanculo cazzo, vaffanculo. Ti permetti anche di chiedermi una cosa del genere dopo ciò che tu mi hai fatto? E poi cosa diavolo ci fai qui, ah? Non potevi "dimenticarti di tutto" come hai detto di fare a me? Dannato strommpfh»
Quel fiume di parole venne interrotto dalle labbra di Levi sulle mie. La mia protesta venne immediatamente zittita dal maggiore, che ringhiò di stare zitto, prima di ricominciare a baciarmi in modo passionale.
Lo odio.







 


Angolo deliri.

I: GESÙ BONO CE L'HO FATTA.
GOD BLESS ME.
L: Legatela.
I: Aspetta, cos-?!
*Improvvisamente tutto diventa nero, e Icchan perde i sensi*
I: Dove... Dove mi trovo?
*Si sveglia legata ad una sedia, intorno a lei non c'è altro che buio, e un'unica scrivania di fronte a lei è illuminata da una lampada*
I: Ok, per quanto io sia appassionata di horror, tutto ciò inizia ad inquietarmi.
*Improvvisamente la lampada gli viene puntata dritta in faccia, accecandola, e Eren e Levi escono dall'oscurità*
L: Confessa i tuoi crimini.
I: Non so di cosa tu stia parlando.
L: Sai benissimo di cosa sto parlando, confessa.
I: Non ho nulla da confessare.
E: Su, non essere così sulla difensiva, vogliamo solo che i tuoi lettori sappiano ciò che stai facendo.
I: Continuo a ripetervi che avete preso la persona sbagliata.
L: *sbatte un pugno sul tavolo* Stai o non stai lasciando sempre più tempo tra la pubblicazione di ogni capitolo perché, a parte per la scuola, sei pigra e stai provando maggior interesse in una coppia chiamata Spideypool?
I: Mi avvalgo della facoltà di non rispondere. E ora, se non vi dispiace, Enterprise, teletrasporto!
E: ... Maledizione.

*Intanto, sull'Enterprice*
I: Guardiamarina Akaashi, rapporto.
A: Continuano arrivarci molti messaggi, soprattutto riguardo la nostra cessata attività di pubblicazione, da diversi siti, capitano. Cosa intende fare?
I: Ufficiale agli armamenti! In plancia.
Deadpool: Presenti, signor Capitano, signore.
I: Converta tutta l'energia ausiliaria agli scudi e li alzi, Ufficiale. Dopo di ché qualcuno faccia scendere lo schermo e mi dia dei dannati pop corn, non finirò la seconda stagione di DareDevil senza mangiarne.
D: Agli ordini capitano!

Continua...?

  
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