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Autore: Sacchan_    11/11/2016    2 recensioni
Selena si è da poco trasferita in una nuova città, ma il suo primo giorno non sarà dei migliori.
In questa long si muovono diversi personaggi, ognuno di loro nasconde qualcosa o convive con qualcosa che tenta di tenere nascosto al prossimo. In fondo, abbiamo tutti i nostri scheletri nell'armadio.
Warning!: presenza di tematiche delicate, più coppie slash [boyxboy] e fem!slash [girlxgirl]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Camici bianchi attorno a me, in un ambiente completamente bianco, dalle mura bianche, persino la luce era bianca. 

Perché? 

Mi continuavano a chiedere. 

Non lo so. Rispondevo. 

Non c'era una valida motivazione, o forse sì; quella la sapevo solo io. Semplicemente mi piaceva lo stridere della mia pelle.

Mi svegliai di soprassalto, giusto in tempo per far sì che le mie orecchie venissero investite dal trillo noioso della sveglia.
Allungai una mano sopra di me per spegnerla e salvare così i miei lobi. Una volta fatto mi passai l'altra sulla fronte. 
Era l'inizio della mia prima, vera, giornata in quella nuova città, in un nuovo liceo dove avrei dovuto ricominciare da capo con lezioni, compagni, nuovi amici -si sperava- e nuovi professori. Il solo pensiero mi faceva venire voglia di nascondermi di nuovo sotto le coperte. 
Ma non potevo farlo perciò gettai a terra i piedi, alzandomi con più impeto di quanto avrei dovuto e trascinandomi di malavoglia in bagno per una veloce doccia mattutina. Avevo la fortuna di avere un bagno personale in camera, già.
Davanti allo specchio mi osservai con attenzione: sicuramente non avevo avuto una delle mie nottate migliori a giudicare dalle borse sotto agli occhi; poco male: ci avrebbe pensato un velo di correttore e di fondotinta per mascherarle. 
Mi tolsi in fretta il pigiama, lasciandolo scivolare a terra, per entrare nel piano doccia. Il contatto con l'acqua calda mi rilassò talmente tanto al punto da desiderare di poter tornare a letto. 
Doveri: vivere una vita normale, provare almeno. 
Questo era il patto, non potevo certo venirne a meno senza ancora aver iniziato il percorso. 
Davanti allo specchio osservai il mio viso. Era spento, come se non ci fosse vita. Sospirai distogliendo gli occhi dalla mia figura. 
La scelta dei vestiti da indossare si rivelò più ardua di quanto mi sarei aspettata. La prima impressione era quella che contava, no? Tuttavia non sapevo davvero se optare per un abbigliamento formale o uno più sobrio e comodo. Alla fine scelsi una camicia e una gonna tra gli abiti che mi ero portata dietro con me. Certo, mia zia mi aveva fatto trovare un armadio pieno di maglie, t-shirt, jeans e vestitini all'ultimo grido, ma ancora non avevo avuto la voglia di mettermi a guardarli con attenzione. 
Uscii dalla mia camera giusto in tempo per vederla uscire dal bagno comune, fasciata in un elegante completo nero, i capelli raccolti in una coda di cavallo e un vivace rossetto sulle labbra.
Appena mi vide curvò le labbra in un sorriso, mostrando denti bianchi e perfetti. 
Lei e mia madre si portavano, sì, solo cinque anni di differenza ma erano completamente l'opposto. 
"Selena, buongiorno." Mi salutò cordiale. "Dormito bene?" 
Tentai di imitarla, per quanto possibile. 
"Mh, sì bene... grazie." Mentii. 
Seguirono molte domande sulla città, su come la trovavo, sul quartiere dove ora abitavo e cose così. 
Sì, no, boh, forse... come potevo giudicare una città che ancora non conoscevo? 
La seguii in cucina dove il caffè già traboccava dalla caffettiera; aprendo un mobile ne tirò fuori due tazzine e dopo averle riempite me ne porse una. Lo bevvi in un sorso, senza metterci dello zucchero dentro. Non mi erano mai piaciute le cose zuccherate. 
Lei mi guardò con occhio vigile, mentre beveva il suo, e una volta finito prese entrambe le nostre tazzine per posarle dentro il lavello. 
"Ieri sera ho sentito tua madre." Disse mentre faceva scorrere l'acqua. 
Avvertii le mie spalle irrigidirsi. 
"E..?" Incitai. 
"Vorrebbe che la chiamassi." Sospirò. "Quantomeno vorrebbe sentire la tua voce." E io con lei. 
"Lo farò, a tempo debito lo farò." Sottolineai per poi ritornare nella mia camera da letto; era quasi giunto il momento di uscire e iniziare la giornata. Afferrai la mia polsiera, abbandonata la notte prima sul comodino accanto al letto; era una di quelle comuni, comprata in un semplice negozio di articoli sportivi, e la indossai al mio polso sinistro. Mi era sempre piaciuto l'effetto che mi dava, però mi chiedevo anche se non fosse strano vedere una ragazza indossarne una. Scrollai le spalle: la giacchetta sopra la camicia l'avrebbe comunque coperta.
Da una sedia recuperai lo zaino preparato la sera prima, poi, spostando gli occhi sulla finestra, osservai il palazzo di fronte. Chiunque abitasse in quell'appartamento ora aveva le serrande completamente abbassate. 
Lasciai, di nuovo, la mia stanza pronta ad uscire di casa. 
Mia zia aveva insistito ad accompagnarmi a scuola almeno oggi, ma io mi ero rifiutata categoricamente; non volevo certo creare disagi più di quanto ne avevo già creati. 
Sarei andata a scuola da sola, la sera prima avevo consultato su Google Maps tutti i collegamenti pubblici messi a disposizione. In più, confidavo nel mio orientamento infallibile per non perdermi. 
E difatti, quello, non si sbagliò nemmeno stavolta. 
Certo, trasferirmi a metà anno già iniziato non era stata una grande furbata ma, speravo, che le cose sarebbero andate bene, quantomeno la mia integrazione in classe. 
Tuttavia, nonostante il mio orientamento indiscutibile, dovetti chiedere indicazioni più di una volta per raggiungere la mia classe della prima ora di lezione. 
Ovviamente, per non ricominciare da capo, avevo scelto lo stesso indirizzo liceale della mia vecchia scuola, ma non potevo ancora sapere se i programmi combaciavano o se il mio vecchio programma di studio era più indietro o più avanti di quello attuale. 
La prima ora era quella di scienze e appena entrai in classe attirai su di me gli sguardi di tutti, come era da aspettarsi. 
Feci un lieve cenno col capo, imbarazzata, per poi guardare un eventuale banco libero. Se fosse stato possibile ne avrei preferito uno in fondo e dal lato delle finestre. 
Non feci nemmeno in tempo a fare un passo che una voce femminile mi colse di sprovvista. 
"Ciao! Tu devi essere quella nuova, Selena, vero?" Mi sorrise entusiasta una ragazza rossiccia e dalla pelle lentigginosa venendo dalla mia parte. "I professori mi hanno avvertita di un trasferimento in questi giorni. Io sono Eris, la rappresentante di classe." E mi porse una mano che esitai a stringere. Gruppi di ragazze, poco più in là, ridacchiavano tra loro. 
La squadrai da cima a fondo: Eris era alta quanto me e aveva dei lunghi capelli mossi, raccolti in una coda bassa. Portava occhiali spessi e un abbigliamento piuttosto nerd. Se davvero era la rappresentante di classe aveva quell'aspetto da geek che sembrava renderla perfetta al ruolo. 
"Mh, dove posso sedermi?" Domandai, dimenticandomi di presentarmi. 
Eris mi illustrò due posti lasciati vuoti. Uno era in seconda fila, in posizione centrale, comodo per guardare la lavagna ma troppo al centro dell'attenzione. Il secondo era in ultima fila, sempre al centro, ma almeno non avrei avuto nessuno dietro. 
Inutile dire quale fu la mia scelta. 
Tuttavia, avvicinandomi al mio banco, sbiancai di colpo notando chi era il mio vicino. 
"Ciao." Mi salutò atono, svogliato quanto la mia voglia di essermi alzata quella mattina. 
Era lui, il ragazzo che il giorno prima avevo sorpreso nell'appartamento di fronte a fare cose poche consone durante il giorno. 
"Ciao." Risposi di rimando, più spiazzata che mai, mentre mi sedevo. 
"Incredibile che oggi ci hai degnato della tua presenza." Gli commentò dietro Eris, incrociando le braccia al petto. 
Lo udii emettere un verso con la lingua infastidito. 
"Non rompere, Eris. Sono venuto solo perché, se fossi stato assente anche oggi, sarebbero state cinque assenze di fila non giustificate. Non ho tempo né voglia di passare dalla preside." 
Eris alzò gli occhi al soffitto. 
"Quantomeno cerca di non disturbare la nuova arrivata." 
Quell'ammonimento non lo scompose nemmeno, anzi, mi rivolse una tale occhiataccia che fu in grado di gelarmi sul posto, sensazione che avevo provato anche il giorno prima: ora che avevo la possibilità di osservarlo da vicino potevo notare che aveva due occhi grigi e taglienti e un viso incorniciato da capelli color cenere. L'abbigliamento era trasandato e prevalentemente composto da capi scuri. 
Incurvai appena le spalle. 
"Non sarà necessario alcun aiuto, grazie." 
"E io non avevo intenzione di dartelo." Ribatté lui, come a volermi rinfacciare l'inconveniente del giorno prima. 
Vidi Eris aprire la bocca, per dire qualcosa, ma cambiò subito idea quando il professore entrò in classe, cosa che la fece schizzare a sedere al suo posto. 
Di una cosa ero certa: sarebbe stata una lunga giornata.

A lezione conclusa Eris mi si avvicinò, preoccupandosi se il programma mi era chiaro almeno in quella materia. 
Fortunatamente ero al passo. 
"Tutto chiaro, grazie." Le risposi. 
Che fosse per il suo ruolo di rappresentante o no, pareva una ragazza gentile di natura. 
"Bene." Applaudì lei. "Che ne dici se durante la pausa pranzo ti porto a fare un giro del liceo? Così inizi a familiarizzare con la scuola?" Mi propose allegra, ma prima di poterle rispondere notai un ragazzo, più grande di noi, chiamarla dal corridoio. 
Appena se ne accorse Eris volò fuori dall'aula, con un impeto tale che mi fece chiedere se fosse il suo fidanzato. 
Stavo anche per ritornare al mio posto quando, d'improvviso, la vidi  sbracciarsi e chiamarmi fuori. 
"Ecco, lei è la nuova arrivata." La sentii parlare mentre mi avvicinavo e il ragazzo mi rivolse un sorriso affabile. 
Era bello, dal viso femminile e con capelli biondi che ricadevano ai lati dello stesso. Gli occhi erano di un azzurro molto chiaro e il suo abbigliamento era tanto formale, ma dai colori neutri. 
Totalmente l'opposto del mio vicino di banco, pensai. 
"Selena lui è Fabian, il rappresentante degli studenti di questo istituto." Lo presentò Eris. 
Fabian si passò una mano fra i capelli biondi, tendendo l'altra con un modo così genuino che mi sentii subito in dovere di stringergliela.
"Ho letto il tuo fascicolo proprio ieri pomeriggio, spero che ti troverai bene qui." 
"Oh, beh, lo spero anche io..." Abbassai gli occhi, pregando che sarebbe stato davvero così. 
"Comunque..." Ci interruppe Eris. "Come mai sei venuto qui, Fabian?" 
I toni dell'atmosfera cambiarono immediatamente a quella domanda. 
"Oggi Brendon si è presentato a scuola, vero?" Sospirò lui, portando Eris ad annuire. "La preside vuole vederlo. Deve dare una giustificazione su queste ennesime assenze senza motivazione." Eris arricciò appena le labbra, muovendo gli occhi verso il banco oramai vuoto. 
Difatti, Brendon era fuggito via dalla classe a lezione finita. 
"Arrivi tardi. Ha lasciato la classe dopo che la lezione è terminata." 
Non che io ci capissi molto in quel momento, ma fu sufficiente a leggere la delusione sul viso di uno e l'esasperazione sul volto dell'altra; evidentemente era un ragazzo problematico. 
Fabian guardò l'orologio, stringendo gli occhi infastidito. 
"Devo andare ora. Eris, puoi dirglielo tu?" 
Eris iniziò a lamentarsi contrariata. 
"Cosa? Perché dovrei occuparmene io? Brendon neanche mi dà ascolto." 
Fabian le scompigliò affettuosamente i capelli prima di dileguarsi. 
"Perché sei la rappresentante della sua classe." Le rispose, dandomi l'impressione che l'avesse appena messa nel sacco. Eris divenne muta all'istante.
"Davvero è così terribile?" Le domandai ingenuamente, spezzando il silenzio che si era creato. 
"In realtà non è un cattivo ragazzo..." Mi rispose lei, scrollando le spalle. "Ma è intrattabile e difficilmente si lascia avvicinare. Non so che problemi abbia." Ci pensò su. "Idea! Potresti dirglielo tu per me?" Chiese innocente. 
Mi ci volle qualche secondo per realizzare ciò che mi aveva appena chiesto di fare.
"Eh?"

   
 
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