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Autore: Abby_da_Edoras    12/11/2016    5 recensioni
Dunque, chi legge le mie storie sa già che non sono normale XDDD e che da un piccolo dettaglio posso inventare deliri allucinanti, soprattutto quando mi prendo a cuore un personaggio e voglio salvargli la vita a tutti i costi.
La mia storia a capitoli (sì, perché ci ho fatto proprio una long con questa vicenda...) si intitola "Shadows and lights" e trae la sua "ispirazione" (vabbè, chiamiamola così...) dalla puntata 02X01 della serie TV The Borgias versione canadese: la parte di me che entra in empatia con i personaggi più improbabili è rimasta sconvolta dalla vicenda tragica del Principe Alfonso di Napoli torturato a morte dai francesi. Ecco, io mi sono creata una versione personale di tale vicenda (approfittando del fatto che, tutto sommato, quel personaggio è una licenza poetica e non è realmente esistito, così come la sua storia) e da questo è nata la ff. Stiamo parlando di AU, OOC e quant'altro, grazie a chi si prenderà la pena di leggere le mie allucinazioni e non siate troppo severi con me, lo so anch'io che sono da neurodeliri!
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alfonso II di Napoli, Altri
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Salvation'
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Capitolo 3: Deceiver of fools

 

Deceiver of hearts, deceiver of fools

He rules with fear

Deceiver of hearts, deceiver of fools

He rules again.

He rules your heart

He will sell your soul to the grave

No hesitation he’ll make

He belongs to the dark.

(“Deceiver of fools” – Within temptation)

 

Una settimana, era passata solo una settimana da quella notte di follia.

In certi momenti, il Principe Alfonso credeva di essere ancora nelle camere di tortura e che quello che viveva fosse in realtà un’allucinazione prodotta dai supplizi.

In altri momenti, invece, aveva la sensazione che fossero trascorsi secoli da quando lui, un ingenuo ragazzo con nessuna esperienza del mondo reale, si era illuso di poter creare una sorta di complicità con il sovrano francese ed era stato poi trascinato nelle segrete e torturato nei modi più orrendi.

Se addirittura pensava alla sua vita prima di quella notte, al suo ruolo di Principe ereditario, a tutto ciò che poteva permettersi come figlio del Re Ferrante di Napoli… ah, quello sì che gli pareva frutto di un sogno o, ancora, la vita vissuta da qualcun altro, qualcuno che lui non riconosceva più.

Cos’era adesso? Un ostaggio in mano ai francesi. Un burattino da muovere a piacimento. Un giovane la cui vita non valeva un soldo bucato. La ricompensa di quel Generale, con tutto ciò che questo poteva significare. Non era più niente.

Il ragazzo trascorreva la maggior parte del tempo nella stanza che era stata la sua e che ora doveva condividere con il Generale. Non era costretto a restarvi confinato, poiché non avrebbe comunque avuto alcuna occasione per fuggire, ma lui stesso preferiva rimanere in un luogo che, tutto sommato, conosceva bene e dove pensava di correre meno pericoli rispetto a qualsiasi altra parte del castello.

Un mattino, però, il Generale annunciò ad Alfonso che quel giorno il Re richiedeva la sua presenza alla sua tavola durante un pranzo ufficiale.

“Ci sarà un ospite importante e sarà la prima occasione, per te, di mostrarti pubblicamente al fianco di Sua Maestà e di dichiarare la tua lealtà alla causa francese” gli spiegò l’uomo.

“Non è troppo presto? Io… mi sento ancora debole…” tentò di obiettare il Principe.

In realtà non era quello il problema.

Il Principe trovava insostenibile anche solo l’idea di sedere un’altra volta al tavolo di Re Carlo. Ricordava fin troppo bene quella sera maledetta in cui il sovrano l’aveva catturato e poi invitato alla sua tavola… e lui, ingenuamente, aveva creduto che quell’invito fosse un’offerta di pace quando, al contrario, era una beffa atroce: il vero e unico intento del Re era stato quello di straziarlo a morte nelle camere di tortura. No, non sarebbe riuscito a resistere a quel tavolo nemmeno per pochi istanti.

“Penso proprio che tu non abbia possibilità di scelta, Principe Alfonso” replicò il Generale, in tono brusco. “Sua Maestà ti ordina di partecipare al banchetto e tu lo farai, se non vuoi subirne le conseguenze. Ah, e vedi di abbigliarti nel modo più appropriato per un Principe. Il nostro ospite non dovrà pensare nemmeno per un attimo che ci sia qualcosa di poco chiaro nella tua presenza al fianco dei francesi.”

In preda ad un gelido terrore, il giovane non poté fare altro che obbedire. Si sentiva in trappola ogni istante di più, alla totale mercé degli umori e dei capricci di un sovrano arrogante e dei suoi uomini.

Più tardi, Alfonso si presentò al cospetto di Re Carlo che, insieme a tutti i suoi comandanti e a molti dei suoi uomini, si era sistemato alla tavola che, solo poche settimane prima, era appartenuta a Re Ferrante. Questo era un nuovo motivo di sofferenza per il giovane Principe: ogni volta che entrava in una stanza si faceva più viva la consapevolezza di quanto le cose fossero cambiate per sempre. Non c’era più niente di quello che una volta apparteneva a lui e a suo padre, tutto era stato invaso e usurpato dai francesi e restavano solo i ricordi di un passato luminoso e sereno, un passato che non sarebbe tornato mai più…

“Benvenuto tra noi, Principe Alfonso” lo salutò il sovrano, con un tono che voleva sembrare cordiale ma che in realtà era sarcastico. “Siamo molto lieti di vederti in tutta la tua eleganza. Vieni a sederti al posto che ti spetta, alla destra del tuo sovrano.”

Alfonso esitò. Era una nuova beffa o Re Carlo voleva veramente che si sedesse accanto a lui?

“Forse… vorreste avere il Generale al vostro fianco?” domandò, titubante. “Io posso trovare un altro posto.”

“Il posto alla destra del Re spetta a te, come sempre” sottolineò il sovrano francese, a esclusivo beneficio dell’ospite che doveva pensare che Alfonso fosse trattato in modo adeguato al suo rango.

Avvertendo un lieve inizio di stizza nella voce del Re, il giovane Principe si avviò velocemente verso il posto che lo attendeva, senza altre obiezioni. Era talmente confuso e intimorito da non aver nemmeno visto chi era l’ospite di riguardo per cui era stata apparecchiata tutta quella messinscena. Una volta seduto, si guardò intorno e, con sua grande sorpresa, riconobbe la persona venuta in visita nel Regno di Napoli, qualcuno che vi era già stato quando le cose erano tutte diverse, quando Re Ferrante sedeva ancora sul trono e lui, il Principe, si era divertito a scandalizzarlo mostrandogli la sala da pranzo del padre: il cardinale Giuliano Della Rovere.

Ma… che cosa gli era accaduto nel frattempo? A quanto pareva, anche lui aveva avuto un rovescio di fortuna. Alfonso ricordava un cardinale austero ed elegante, sicuro di sé, ben vestito e adesso… l’uomo che sedeva alla tavola di Re Carlo pareva invecchiato, forse malato, portava la barba e indossava un grezzo saio da francescano.

A quanto pare sono tempi duri per tutti… sembra che il cardinale non se la stia passando tanto meglio di me!

Il pranzo ebbe inizio. Alfonso non avrebbe saputo dire, se qualcuno gliel’avesse chiesto, quali fossero state le portate e di che cosa si fosse parlato. Era in un tale stato di tensione che riuscì a malapena a buttar giù pochi bocconi e, pur sforzandosi, non fu in grado di seguire la conversazione per intero, ma solo a spezzoni.

“Sono molto dispiaciuto di vedere che Vostra Maestà non sta bene” disse ad un certo punto Della Rovere, “e mi sembra che anche il Principe non goda di buona salute.”

“Purtroppo a Napoli si è diffusa una strana pestilenza” rispose il Re, con un ghigno, “di cui molti sono caduti vittima. Ma, fortunatamente, sembra che la crisi stia passando. Non temete, cardinale, non correrete alcun rischio. Vero, mio Principe?”

“Eh… cosa?” sussultò il ragazzo, colto alla sprovvista.

“La pestilenza a Napoli è in fase di remissione!” ripeté il re francese a voce più alta, quasi Alfonso fosse stato sordo come il padre. Poi si rivolse nuovamente a Della Rovere. “Il nostro amato Principe è sulle nuvole, oggi.”

Il banchetto si prolungò per ore, che al Principe Alfonso parvero più simili a millenni.

“Mio buon cardinale, sapete bene che dobbiamo ringraziare voi per il Regno del quale siamo finalmente entrati in possesso” disse Re Carlo, quando il pranzo stava giungendo al termine. “Voi ci avete incoraggiato a entrare in Italia e a portarvi la guerra e adesso tutti riconoscono il potere e la sovranità del Re di Francia! Siamo in debito con voi, dunque, perciò chiedete quello che desiderate e faremo quanto è in nostro potere per aiutarvi.”

A quelle parole, il Principe Alfonso trasalì e fissò a lungo Della Rovere che, dal canto suo, appariva altrettanto a disagio.

E’ stato lui, dunque? Lo stesso cardinale che venne a chiedere appoggio a mio padre contro il papa Borgia, in cambio dell’investitura a Re di Napoli, ha poi tramato con i francesi per farli entrare in Italia e portarmi via tutto?

“Vostra Altezza, sapete bene che l’unica cosa che ho sempre desiderato è restaurare la Chiesa di Roma, riportarla alla sua gloria primitiva e ai veri valori del Cristianesimo. Non ho mai chiesto niente per me stesso, ma solo per il bene della Chiesa. Desidero che il corrotto papa Borgia venga destituito, con ogni mezzo… ma non aspiro più a prendere il suo posto” rispose il cardinale, avvilito. “Credevo di meritarlo, ma i massacri e le uccisioni che sono derivate dal vostro ingresso in Italia macchiano di sangue anche le mie mani. Dopo la morte del papa libertino, saranno i cardinali a scegliere, in conclave e guidati dallo Spirito Santo, l’uomo più adatto per portare a termine questa missione.”

“Dunque voi volete solo l’eliminazione del papa” commentò beffardo il sovrano. “Non sarà un’impresa facile, ma anche noi abbiamo buoni motivi per volere la sua rovina e vi promettiamo che faremo tutto il possibile per accontentarvi.”

Della Rovere chinò il capo in segno di rispetto verso il Re francese, poi il suo sguardo si posò sul Principe, che non aveva smesso di fissarlo con una strana espressione dipinta in viso. Pareva quasi sul punto di piangere, ma era forse possibile?, si domandò l’uomo di chiesa. Cos’era accaduto quando i francesi si erano impossessati del Regno di Napoli? Il giovane Principe aveva davvero accettato di buon grado la nuova situazione, riconoscendo la legittimità di Re Carlo, o piuttosto la sua decisione di coinvolgere la Francia aveva provocato un’altra vittima, dopo gli innocenti cittadini di Lucca e innumerevoli altri?

“Mio Principe, saresti così gentile da mostrare al cardinale la stanza che abbiamo fatto preparare per lui?” chiese il sovrano ad Alfonso.

Il Principe annuì e si alzò da tavola con evidente sollievo. Della Rovere lo seguì in silenzio, in attesa del momento buono per potergli fare quelle domande che le orecchie dei francesi non dovevano udire. Ritenne che fossero abbastanza al sicuro quando si trovarono davanti alla porta della camera che gli era stata assegnata, si voltò verso il ragazzo e iniziò la sua indagine.

“Mio Principe, che cosa vi è accaduto? Avete davvero riconosciuto Re Carlo come legittimo sovrano di Napoli o questa dichiarazione vi è stata estorta… in qualche modo?” chiese. “Purtroppo ero presente al massacro di Lucca e so che non c’è nulla di fronte al quale i francesi indietreggerebbero pur di ottenere quello che vogliono.”

“Che v’importa?” mormorò Alfonso con un filo di voce. “Siete stato voi a volere che la Francia muovesse guerra…”

“E non passa giorno senza che me ne rimproveri amaramente. Vedete? Ho rinunciato ai privilegi derivanti dalla porpora cardinalizia e ora sono un umile francescano che vive di penitenza e preghiera, ma temo che Dio non mi perdonerà, a meno che non riesca a distruggere quel papa libertino e corrotto. Tutto ciò che ho fatto tendeva a quel fine ma, se non lo otterrò, sarò colpevole di tutti i crimini commessi dai francesi e nient’altro. Ma voi… voi siete forse prigioniero qui?”

“Questa è la mia patria e non ne conosco altre” fu la risposta piuttosto enigmatica del Principe.

“Se vi tengono qui contro la vostra volontà, se vi stanno facendo pressioni, se siete minacciato, a me potete dirlo” insisté Della Rovere, come se Alfonso non avesse parlato. “Ho rinunciato ad ogni potere temporale, è vero, ma potrei comunque aiutarvi a scappare da qui. Vi nascondereste nel mio convento, al sicuro, in attesa di trovare qualcuno che possa appoggiarvi o, magari, portarvi in Spagna. Dovete solo dirmi la verità.”

La verità. La verità era troppo difficile e dolorosa da raccontare. Avrebbe forse dovuto spiegare al cardinale com’era stato ingannato e in che modo il Re lo aveva fatto torturare, con l’intento di lasciarlo morire tra i supplizi? O, forse, gli avrebbe raccontato come il Generale lo avesse salvato dalle camere di tortura in cambio di… non era ancora ben chiaro che cosa avrebbe preteso in cambio, ma il Principe cominciava ad avere qualche sospetto. No, certo che no. E poi… Della Rovere avrebbe veramente potuto nasconderlo? Un convento, la prospettiva di fuggire in Spagna… impossibile. Re Carlo lo avrebbe catturato di nuovo e, a quel punto, non ci sarebbe stato più nessuno disposto a intercedere per lui.

Il Principe Alfonso drizzò ben alta la testa e piantò gli occhi in quelli del cardinale, sforzandosi di assumere un tono il più possibile fermo e convincente.

“Ho riconosciuto la legittimità…” un attimo di esitazione, poi riprese deciso. “Ho riconosciuto la legittimità di Sua Maestà Carlo di Francia come sovrano del Regno di Napoli di mia spontanea volontà, liberamente. Nessuno mi ha costretto né minacciato in alcun modo. Sua Maestà è stato incoronato solennemente a Roma, dal papa, ha pertanto ottenuto ciò che a mio padre era stato negato e io non ho potuto fare altro che riconoscerlo e accettarlo.”

La risposta del Principe lasciò Della Rovere sconcertato.

“Ma, mio Principe, siete sicuro che…”

“Non ho altro da dirvi. Vi auguro un felice soggiorno a Napoli” tagliò corto il ragazzo, voltando le spalle al cardinale e avviandosi a passo svelto lungo il corridoio.

Della Rovere, mestamente, si vide costretto ad arrendersi ed entrò nella stanza che era stata allestita per lui, in preda a cupi pensieri.

Alfonso percorreva il corridoio, pensando di tornare a rifugiarsi nella sua camera, quando venne afferrato per un braccio e tirato dentro un’altra stanza. Rimase impietrito dalla paura quando si ritrovò faccia a faccia col Generale.

Mi avrà sicuramente visto parlare con Della Rovere… e forse non ha sentito quello che gli ho detto! Forse pensa che gli abbia chiesto aiuto ed è arrabbiato con me, lo dirà al Re e io… e lui…

Ma il Generale aveva un sorriso compiaciuto dipinto sul viso.

“Bravo, Principe, era proprio questo che volevamo da te” gli disse, stringendolo per le spalle. E, siccome il giovane sembrava non capire e continuava a guardarlo intimorito, si spiegò meglio. “Sua Maestà ha mandato te ad accompagnare il cardinale per metterti alla prova, voleva accertarsi della tua lealtà. Mi ha ordinato di seguirvi senza farmi vedere e io ho potuto ascoltare tutto ciò che vi siete detti: Della Rovere, ancora una volta, fa il doppio gioco, ma tu hai difeso la tua posizione in modo convincente e devo ammettere che mi hai favorevolmente stupito.”

“Non… non siete in collera con me, dunque?” mormorò il Principe, incredulo. Pur avendo fatto del suo meglio, non riteneva di essere stato poi così convincente, terrorizzato com’era…

“Più ti conosco e più mi convinco di aver fatto la cosa giusta salvandoti da quelle segrete, per il bene del mio sovrano e… e non solo” dichiarò il Generale, in tono malizioso e sorridendo soddisfatto. Poi si chinò verso Alfonso, lo strinse e lo baciò, come desiderava fare già da una lunga settimana, a lungo e profondamente.

Il Principe rimase a dir poco sconvolto da quella conclusione inattesa, ma comprese anche che avrebbe fatto bene a tenersi buono e a compiacere il Generale più che poteva perché, in fin dei conti, era l’unico che sembrava nutrire interesse per lui… a quale scopo, non aveva molta importanza saperlo. Così, docile, lasciò che lo stringesse e lo baciasse come e quanto voleva.

In fondo, poi, era un modo come un altro per sentirsi un po’ meno solo e smarrito…

 

 

FINE

 

 

       

   
 
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