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Autore: effewrites    02/01/2017    2 recensioni
[College!AU, Taluke (+ Percabeth, + Charlena, + Lunabeth), rating giallo per il linguaggio usato (il rating potrebbe variare nel corso della storia.)]
E' il primo anno di università, e Talia Grace ha deciso di lasciarsi il passato alle spalle. Non sarà più la ragazza scontrosa che tutti evitano e che ha paura di tornare a casa. L'Olympia University, a sei ore di treno da New York, è il posto perfetto per costruirsi una nuova vita.
Aggiungete all'equazione Luke Castellan, che è stanco di gettare la propria vita alle ortiche così come è stufo di soccombere al rancore. L'Olympia University, che lo ha accolto nonostante il suo passato turbolento, è il luogo adatto per ritrovare sé stesso.
Considerate le incognite. Un naso (quasi) rotto, compagni di stanza litigiosi, convivenze forzate. Alcol, statue greche, un sexy shop.
Buon inizio semestre, studenti dell'Olympia!
Genere: Angst, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Luke Castellan, Percy/Annabeth, Talia Grace, Talia/Luke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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OTTOBRE – NOVEMBRE - DICEMBRE

this could be us but you sleepin’

“Oh,” mormora Katie in un sussurro. “Sta dormendo.”

Mi volto verso di lei, e seguendo il suo sguardo noto Talia, rannicchiata sul divano ad occhi chiusi e con le labbra leggermente schiuse. Il petto le si alza e abbassa con il tipico ritmo del sonno profondo. “Come ha fatto ad addormentarsi nonostante gli Stoll stessero urlando come dei forsennati?” domando.

Katie si stringe nelle spalle, lasciandosi andare poi a uno sbadiglio. “Ve l’ho detto anche prima, si sta spaccando la schiena con dei turni in più in biblioteca. Era normale che crollasse, prima o poi.”

Annuisco. “Dovremmo svegliarla?” domando, ma Katie viene distratta da Miranda che le chiede le chiavi del loro appartamento. La maggior parte delle persone che hanno partecipato alla festa se ne sono già andate, soprattutto chi doveva affrontare la camminata fino al Poseidon. Mezzanotte è passata da parecchio tempo.

Dal bagno giunge il rumore dello scarico, e pochi istanti dopo la porta si apre e Silena e Annabeth tornano nel salone, ridendo tra loro. Le guardo e faccio loro cenno di abbassare il tono di voce, indicando poi Talia.

“Quando si è addormentata?” domanda Annabeth, al che scrollo le spalle.

“Non ne ho idea,” rispondo. “Ma era già esausta quando è arrivata, non è così?”

Le ragazze annuiscono in sincrono. Silena corruga le sopracciglia, tamburellando due dita contro il mento. “Forse è il caso di lasciarla dormire,” propone, e immediatamente l’idea mi rende stranito. Silena deve cogliere la mia confusione, perché poi aggiunge: “Cioè, io resto a dormire da Charlie, per cui posso tenerla d’occhio? Solo se per voi ragazzi non è un problema. Charlie? Che ne dici?”

Beckendorf, seduto in poltrona, dice: “Nessun problema. Magari però dovremmo comunque provare a svegliarla per chiederle se a lei va bene.”

“Se è rimasta addormentata fino ad ora immagino abbia un sonno davvero pesante,” mormora Annabeth. I suoi occhi grigi sono offuscati da un’ombra di preoccupazione. Silena, fortunatamente, interviene a dissiparla.

“Ci penserò io a lei, davvero,” rassicura. “Voialtri non preoccupatevi e tornate pure nelle vostre stanze a dormire, Talia starà bene. E poi si tratta solo di poche ore. Andate a dormire, adesso, e fidatevi di me.”

***

Alle sette precise apro gli occhi, dopo una notte trascorsa nel dormiveglia, sognando che Talia si sarebbe svegliata e nella confusione di non trovarsi nella sua stanza ci avrebbe accusati tutti di rapimento. I miei sogni si rivelano completamente errati, comunque, perché appena apro la porta della mia stanza Talia è ancora rannicchiata sul divano, immersa in un sonno profondo. Due dei cuscini che solitamente si trovano sul divano solo adesso per terra, ma la coperta che ieri sera abbiamo posato addosso a Talia è ancora su di lei a tenerla calda.

E’ diversa quando dorme.

Meno ruvida. Meno tagliente, senza i suoi occhi blu elettrico che ti attraversano da parte a parte quando si posano su di te. I suoi capelli neri, già scombinati di norma, sembrano un nido d’uccello contro la stoffa chiara del copri divano.

Un uccello prende a gracchiare fuori la finestra del salone. Distolgo lo sguardo da Talia, perché restare troppo a lungo a guardarla mentre dorme mi sembra qualcosa che solo un potenziale pervertito potrebbe avere il coraggio di fare. Decido, piuttosto, di andare a preparare una qualche parvenza di colazione, e dopo aver recuperato una busta di caffè solubile e una tazza dalla nostra piccola dispensa improvvisata mi dirigo verso la cucina del piano, portando con me le chiavi dell’appartamento per non dover svegliare nessuno al mio rientro.

La cucina puzza di alcool. Il tavolo dove ieri sera si trovava la ciotola del punch è il luogo da dove proviene il fetore che rende la cucina, a prima mattina, un posto invivibile. Qualcuno di buon cuore ieri sera ha già provveduto a togliere di mezzo ciotola e bicchieri, probabilmente in vista di un possibile controllo, ma se le macchie che costellano la tovaglia sul tavolo sono di qualche indicazione allora le prove non sono state eliminate del tutto.

Apro le finestre, tanto per cominciare, e anche se la maglia che indosso mi ha tenuto al caldo durante la notte adesso rabbrividisco quando una folata di vento mi colpisce in pieno. Se anche avessi avuto addosso residui di sonno, adesso sono più che sveglio.

Comincio il fastidioso ma ormai vagamente familiare processo dello scaldare l’acqua per il caffè nel microonde della cucina, dal momento che i fornelli sono NO, come non manca mai di ricordare il foglio appiccicato sul ripiano. Nei rari giorni in cui sono l’ultimo a svegliarsi nell’appartamento posso usare la teiera elettrica, ma oggi non posso rischiare di svegliare Ethan con il fischio che quell’aggeggio maledetto emette per avvisare che l’acqua è pronta. E’ qualcosa tipo: “La tua acqua sta bollendo! Sarà meglio avvisarti emettendo lo stridulo grido di accoppiamento di uno pterodattilo!” Non so neanche se gli pterodattili avessero un grido d’accoppiamento, ma il paragone mi sembra particolarmente azzeccato.

Senza contare che anche Talia sta dormendo in salone. Se Ethan riesce a essere svegliato da quel fischio nonostante si barrichi nella sua stanza ogni sera, non oso immaginare come prenderebbe il risveglio Talia. Spero non come Ethan. La prima volta che ho commesso l’errore di usare la teiera mentre stava dormendo ha iniziato a maledirmi in giapponese. Esperienza da brivido.

Il “ding” del microonde interrompe il mio flusso di coscienza. Quasi mi ustiono le dita per recuperare la tazza ormai bollente.

Preparo il caffè seguendo le istruzioni scritte sul pacchetto, aggiungendo forse più polvere del dovuto per ottenere un prodotto finale parecchio forte. Adocchio il barattolo di zucchero teoricamente in comune fra tutti noi del piano e lo uso per dolcificare, dopodiché apro il frigorifero alla ricerca di latte.

“Cosa diamine…” mormoro con aria niente affatto convinta mentre allungo una mano e afferro l’unico contenitore nel frigo che ricordi anche solo vagamente una confezione di latte. Sul serio, ragazzi? Che vi ha fatto di male il latte? Come posso avere una dieta equilibrata se non fate in modo che io possa rubarvi la mia dose di latte quotidiana?

La confezione che ho tra le mani si rivela essere del latte di mandorla. Ho bisogno di latte e mi piacciono le mandorle. Vittoria.

Nel cassetto delle posate trovo un cucchiaino e mescolo alla ben’e meglio il contenuto della mia tazza, ed è mentre sto bevendo il primo sorso di caffè che un rumore ovattato di passi annuncia l’ingresso di qualcuno in cucina.

“Ew,” mormora Talia, strofinandosi il viso con una mano. “Questo posto puzza da fare schifo. E fa freddo. Che ore sono?”

“Buongiorno anche a te,” le dico, osservandola divertito mentre si dirige verso le finestre per accostarle. Alzo poi lo sguardo sull’orologio appeso lì in cucina. “Sette e mezzo, più o meno. Dormito bene?”

Talia mi rivolge uno sguardo che è una via di mezzo tra “chiudi il becco” e “chi sei?”, poi si trascina accanto a me e senza troppe cerimonie afferra la tazza che ho tra le mani. Non faccio neanche in tempo a dirle di fare attenzione perché è bollente che lei ha già preso un sorso di caffè. La sua faccia di contorce in un’espressione di puro disgusto. “Che cos’è questa roba?”

“Caffè,” le rispondo.

“E’ il peggior caffè che io abbia mai assaggiato in tutta la mia vita,” m’informa, subito prima di prenderne un altro sorso. I suoi lineamenti si distendono. “E’ così cattivo che per assurdo sembra buono.”

“Era un complimento oppure stai solo mandando segnali contrastanti?”

Talia si stringe nelle spalle, restituendomi la tazza. Restiamo in un piacevole silenzio per i minuti seguenti, passandoci la tazza e bevendo caffè dai lati opposti della stessa.

“Quindi,” dice poi, quando già il suo viso dimostra un’aria più sveglia. “Perché sono qui e non nella mia stanza?”

“Ti sei addormentata sul divano ieri sera durante la festa,” la rispondo, prendendo l’ultimo sorso di caffè prima di sciacquare la tazza e metterla ad asciugare così da poterla riportare poi nell’appartamento. “Silena ha convinto tutti a lasciarti dormire, e Katie ha minacciato di staccare la testa a chiunque ti avrebbe svegliata. Mi aspettavo che avresti finito con lo svegliarti molto più tardi, a dirla tutta.”

“Volevo, a dirla tutta, ma non volevo dar fastidio.”

Per poco non scoppio a ridere. “Sei la stessa Talia che qualche giorno fa ha fatto irruzione nell’appartamento per usare il bagno? E ora non vuoi dar fastidio?”

“E’ diverso,” dice lei, apparentemente niente affatto turbata per il controsenso.

“Non dal mio punto di vista,” ribatto, prendendo poi la tazza e la confezione di caffè solubile. “Devo tornare in stanza. Oggi è giorno di lavanderia e ho una montagna di panni sporchi da portare a lavare.”

Talia annuisce. Insieme ci dirigiamo nuovamente verso il piccolo appartamento, trovando al nostro rientro tutti ancora addormentati.

“Hey, che modello di telefono hai?” domanda Talia con un filo di voce, e quando le rispondo aggiunge: “Oh. Puoi prestarmi il caricabatteria, allora?”

Annuisco. Apro la porta della mia stanza, recuperando sia il cesto dei panni sporchi che il caricabatteria del telefono. “Vuoi che ti riaccompagni al dormitorio, prima?”

Talia mi guarda con confusione per qualche istante, e quasi le domando se ha bisogno di altro caffè. Poi mi dice: “Vengo con te in lavanderia.”

***

“Non devi pagare tu per sdebitarti!”

“Devo.”

“Non devi.”

“Devo.”

“Non devi!”

“Non devo.”

“Devi! No aspetta – maledizione!”

Talia sogghigna, ficcandomi in mano una banconota prima che io possa rifiutarla. E’ più che altro un gesto simbolico, dal momento che i panni sporchi sono già a lavare all’interno della lavatrice, ma questo non fa nulla per diminuire il cruccio con cui guardo quei soldi. Mi sembra di approfittarmene.

“Rilassati,” dice Talia, sedendosi poi su di una delle lavatrici non in funzione. Mi poggio di fianco a lei con le braccia incrociate al petto, riluttante al sedermi direttamente dal momento che non credo la macchina riuscirebbe a sopportare il peso di entrambi. “Caricali sulla student card e usali per comprarti un caffè e un bagel al bar dell’università, se ti fa sentire meno in colpa.”

“A quanto è la carica del telefono?” le dico, ignorando il suo suggerimento. Talia si volta un istante per controllare la percentuale – è riuscita a trovare una presa per la corrente inutilizzata qui in lavanderia e vi si è fiondata non appena abbiamo messo piede nel locale.

“Credo ci vorrà almeno un’altra mezz’ora. Venti minuti se intanto non uso il telefono. Perché, vuoi che me ne vada? Non sei più felice di avermi gettato una capra di pietra addosso il primo giorno qui in università?”

Sento le guance farsi improvvisamente calde e nascondo il viso tra le mani per evitare che Talia possa intravedere la mia faccia. “Finiscila, okay?” grugnisco. “Volevo dire qualcosa di carino. Tra l’altro potrei aver sottovalutato il tasso alcolico del punch, e dico cose imbarazzanti quando sono brillo.”

“E’ così che si stringe amicizia da dove vieni? Colpendo le persone con statue animali e sperando per il meglio?”

“Sei tremenda,” borbotto, al che Talia si porta una mano al petto e mi sorride.

“Grazie, ci provo con tutta me stessa.”

***

La mattina che segue una sera di festa è sempre caratterizzata da una certa aura di irrealtà che accompagna tutti quanti per qualche ora prima di scemare nella normale quotidianità. Fidatevi di me. Ho partecipato ad abbastanza feste, negli anni passati, da sapere di cosa sto parlando.

Quando torno nella stanza con un carico di panni puliti e asciugati – da solo, dal momento che Talia ha deciso di ritornare al Poseidon – trovo Ethan stravaccato sul divano a guardare un qualche documentario in televisione mentre mangia una merendina. Il suo occhio iniettato di sangue e la sua aria stordita mi fanno pensare che anche il mio coinquilino abbia alzato un po’ il gomito ieri sera, tra birra e punch. Per qualche motivo vederlo così mi fa sogghignare.

“Beckendorf e Silena?” gli domando. Ethan strizza l’occhio e alza una mano come a voler bloccare il suono della mia voce.

“Sono usciti. Forse per fare colazione da qualche parte. Ottimo, perché non avevo nessuna intenzione di restare a guardare le loro smancerie in cucina.”

“Sì, possono essere abbastanza disturbanti.”

“Tu e Talia non diventerete come loro, vero?”

La mia mano, che si era allungata verso la merendina di Ethan con tutta l’intenzione di rubargliene un pezzo, resta sospesa a mezz’aria mentre osservo il mio coinquilino con un’aria stranita. “In che senso?”

“Voglio dire,” aggiunge Ethan, parlando lentamente come si farebbe a un bambino. “Sia Silena che Talia sono a posto, credo, ma la cosa potrebbe diventare imbarazzante se–”

“Ethan,” lo blocco, prima che possa dire altro. “Talia non è la mia ragazza.”

Per qualche istante la voce fuori campo del documentario è l’unico rumore che disturba la quiete della sala.

“No?” mormora poi Ethan, e scuoto violentemente il capo. Ho le sopracciglia aggrottate e mi viene da ridere, il che è una reazione abbastanza strana. Ancor più strano è però quello che Ethan sta suggerendo.

“Talia è una mia amica, e voglio davvero che le cose funzionino con lei. Non in altri sensi, però.”

Ethan resta a fissarmi per qualche altro istante prima di stringersi nelle spalle e tornare a dedicare tutte le sue attenzioni alla merendina che stringe in mano. “Oh. Okay. Deve essere stata solo una mia impressione, allora.”

***

“Non può essere stata solo una mia impressione.”

Sospiro per l’ennesima volta, girando comunque il capo mio malgrado verso Percy, seduto accanto a me alla postazione. La sua espressione è affranta e confusa allo stesso tempo, per quel che riesco a vedere, mentre osserva attraverso la lente del microscopio a nostra disposizione il materiale che dobbiamo esaminare.

“Percy,” gli dico, sentendomi vagamente responsabile per l’angoscia che sta trasudando. “Percy, amico, nella relazione possiamo anche riportare ciò che dici di aver visto, magari a me è sfuggito soltanto.”

Percy allontana il viso dal microscopio, guardandomi di sottecchi. “Hai preso il massimo dei voti al test della settimana scorsa. Io ho preso – ah, è imbarazzante anche solo dirlo, quindi non farmelo ripetere. Non c’è alcuna maniera per cui possa esserti sfuggito qualcosa che invece io ho colto.”

La voglia di sbattere la testa sul banco aumenta esponenzialmente. La combatto. “Perché hai così poca fiducia in te stesso?” domando invece, ma non riesco a dissimulare l’esasperazione nella mia voce. “Perce, se dici di aver visto un movimento anomalo tra le cellulare allora c’è stato un movimento anomalo tra le cellule. Fidati dei tuoi occhi e di quanto hai studiato.”

Percy aggrotta le sopracciglia, lasciando andare un sospiro frustrato. “Lo so, è che… ah, non importa. Okay. Il tempo a disposizione sta per finire in ogni caso.”

Alzo lo sguardo sull’orologio appeso al muro dell’aula di biologia, di un assurdo verde acido che ferisce gli occhi degli studenti quasi più della lentezza con cui le lancette si muovono a segnalare la fine della lezione. Solitamente le lezioni di biologia non sono male, essendo per ora solamente un’introduzione alla materia, ma i momenti di laboratorio sono quelli che meno riesco a sopportare. Restare concentrato a seguire due ore di teoria? Un gioco da ragazzi. Passare alla pratica? Dio, no. Non quando la pratica consiste ancora in osservare campioni di tessuto – sempre gli stessi, tra l’altro. Può diventare noioso a lungo andare.

Il telefono che ho nella tasca dei pantaloni vibra per un istante, avvisandomi di un messaggio. Approfittando del fatto che il professore sia distratto infilo la mano in tasca per rispondere.

                From: Talia – LO SAPEVI CHE OGNI ULTIMO VENERDI’ DEL MESE IN MENSA SERVONO CHEESEBURGERS

                To: Talia – lmao sì

                From: Talia – fottutissimo traditore

“Hey, passi tu la relazione al professore uscendo?” mi domanda Percy mentre infila nello zaino penne e quaderni. Annuisco e prendo il foglio che ha lasciato sul bancone, rileggendo velocemente ciò che abbiamo scritto in precedenza prima di annuire tra me e me mentre prendo il mio zaino e lascio la relazione sulla cattedra insieme a quelle dei miei compagni di corso.

Percy cammina al mio fianco mentre usciamo dall’aula e ci dirigiamo in mensa, perché da quando ci siamo conosciuti oltre ad aver scoperto di seguire lo stesso corso di Biologia abbiamo iniziato a trascorrere più tempo insieme. E’ un bravo ragazzo, è facile stare con lui. O è difficile liberarsi di lui. Questione di prospettive.

                To: Talia – HA HA!

                To: Talia – vieni in mensa?

                From: Talia – sono in biblioteca

Aggrotto le sopracciglia, controllando l’orario sul display del cellulare e fermandomi nel bel mezzo del corridoio. Percy non sembra accorgersene, probabilmente perché Annabeth e Grover sono appena spuntati dall’angolo e si stanno dirigendo verso di lui.

“Luke!” mi chiama Annabeth quando mi vede. Le sorrido, infilando il telefono nella tasca della felpa che indosso e avvicinandomi al gruppo. “Hey. Stai andando in mensa?”

“Credo di no,” rispondo scuotendo il capo. “O almeno non subito.”

“Oh,” esclama Annabeth. Assume un’aria vagamente delusa, cosa che mi porta a stringermi nelle spalle e a evitare il suo sguardo.

“Magari posso raggiungervi lì tra un po? Se voi ragazzi avete intenzione di trattenervi…”

I tre annuiscono. Con la promessa di incontrarli di nuovo in mensa nel giro di un’ora mi dirigo verso la biblioteca.

***

“Cos’è un 3DMG?” domando in un sussurro da sopra la spalla di Talia, che si ritrova a saltare dallo spavento – letteralmente, pur essendo seduta per terra. Si volta verso di me, guardandomi dal basso con una mano sul petto, quella che non stringe il suo telefono in una stretta mortale, e un rossore anomalo sul viso.

“Mi hai quasi fatto venire un attacco di cuore, maledetto!”

Da qualche parte dagli scaffali della biblioteca qualcuno ci intima di far silenzio. Alzo un dito davanti alle labbra a mimare io stesso a Talia di abbassare il tono della voce, e devo sforzarmi dal trattenere uno scroscio di risa quando Talia mima con le labbra in qualche posto poco carino dovrei infilarmi quel dito.

Una volta che Talia si rimette in piedi mi lascio trascinare da lei verso l’entrata della biblioteca, oltre la malefica linea nera che limita l’accesso di cibo e bevande. Sulla scrivania del bibliotecario, occupata in questo momento da Miranda, ho lasciato una confezione con dentro qualche muffin e un bicchierone di tè bollente preso al bar  più vicino – e che nonostante tutto temo sia comunque divenuto tiepido.

“Perché ti infili sempre negli angolini meno frequentati della biblioteca? Trovarti è un incubo,” mi lamento mentre Talia prende un sorso del suo tè e offre un muffin anche a Miranda, che accetta volentieri e chiede a Talia di metterglielo da parte per poi alzarsi e allontanarsi verso gli scaffali.

Aspetto pazientemente che Talia banchetti con ciò che le ho portato prima di ricevere una risposta. “Perché così posso farmi i fatti miei in santa pace senza che nessuno venga a disturbarmi chiedendomi di trovare un qualche libro dal titolo impronunciabile.”

“Talia,” le dico incredulo, “sei consapevole del fatto che lavorare come bibliotecaria significhi aiutare la gente a trovare libri dal titolo impronunciabile?”

Talia sorseggia il suo tè in maniera abbastanza rumorosa fissandomi dritto negli occhi. Allargo le braccia, alzando gli occhi al cielo mentre scuoto il capo.

“Oh, avanti!” si lamenta Talia. Sospiro, ma ho un’idea.

“Cosa stavi leggendo, ad ogni modo?”

Il viso di Talia si colora immediatamente di quell’inusuale sfumatura di rosso. Inusuale perché, in quasi due mesi di conoscenza, le volte in cui ho visto Talia Grace arrossire si possono contare sulle dita di una mano. “Roba porno?” domando per rincarare la dose, senza davvero voler insinuare nulla, ma sgrano gli occhi nel momento in cui Talia sembra farsi se possibile ancora più rossa. Le sue lentiggini spariscono quasi, sopraffatte dal rossore.

“Oh mio Dio,” sussurro. “Era davvero del po—”

“Non era del porno!” esclama Talia. Un ragazzo, seduto ad una delle scrivanie più vicine all’entrata, alza lo sguardo per fissarci con aria sconcertata. Alzo una mano verso di lui in cenno di saluto. Il tipo riporta la sua attenzione al libro aperto davanti a lui con la velocità di un fulmine.

“Non era del porno,” ripete Talia, stavolta a un tono di voce più controllato e con un’aria più tranquilla. “Era una… fan fiction.”

Continuo a osservarla. Continuo a non capire.

“Cos’è una fan fiction?” domando allora. In qualche modo il fatto che la mia domanda sia mossa da genuina curiosità scatena una risata in Talia, che si passa una mano fra i capelli prima di stringersi nelle spalle e rispondermi: “La più geniale e sottovalutata invenzione dell’umanità.”
Inarco un sopracciglio. “Spiegati meglio.”

E quindi. Questa è in breve la storia di come ho dato buca a Percy e agli altri, trascorrendo la mia pausa pranzo in biblioteca a mangiare muffin con Talia e a parlare di fan fiction. Potrei aver assunto espressioni sconvolte per buona parte della conversazione. Potrei esserne rimasto segnato a vita.

“Quindi, ricapitolando,” dico dopo aver bevuto l’ultimo sorso di tè ormai fattosi gelido. “Esistono siti internet in cui chiunque può scrivere storie a sfondo omoerotico che vedono protagonisti personaggi di lavori di fantasia già esistenti.”

Talia arriccia il naso, ridendo. “E’ strano sentirlo dire in questi termini. E non si tratta solo di racconti omoerotici, sebbene quelli siano la maggioranza. Vedilo piuttosto come un enorme archivio di libri gratis da cui attingere, magari? Ci sono generi diversi per soddisfare le esigenze di chiunque.”

Annuisco. Non è qualcosa di così assurdo, in fin dei conti. “Non ti avrei presa per il genere di persona appassionata di cose del genere.”

“Già. E’ abitudine, più che altro,” risponde lei. Resto a guardarla in silenzio aspettando che continui a parlare. Siamo seduti sulla scrivania del bibliotecario, rivolti come meglio possibile l’uno verso l’altra in un cozzare di gambe e ginocchia. Avevamo di essere vicini per poter parlare a bassa voce e perché Talia potesse mostrarmi vari link sul suo telefono, e adesso siamo troppo pigri per tornare a sederci come due persone normali – anche se, devo ammettere a me stesso, è in un certo qual modo piacevole star seduto così insieme a Talia. Conosco persone che detestano il contatto fisico, e non c’è nulla di male in questo, davvero! Ma sono sempre stato una persona fisica io stesso, e questa vicinanza fa qualcosa dentro di me per mettermi a mio agio. E poi Talia ha un buon odore.

“Quando ero più piccola non potevo spendere molti soldi in libri,” inizia a raccontare d’un tratto Talia, cosa che mi distoglie dai miei pensieri. Tiene il suo sguardo basso e parla con tono di voce lieve. Devo avvicinarmi ancora un po’ per riuscire a capire cosa stia dicendo. “Mia madre non ha mai avuto un lavoro fisso, per cui spesso arrivavamo a fine mese con l’acqua alla gola. Mi è sempre piaciuto leggere, ma per molto tempo abbiamo avuto altre priorità rispetto al comprare libri. Il che va bene, non mi sto lamentando, potevo comunque andare alla biblioteca del quartiere. Ma poi grazie a una mia compagna di scuola ho scoperto siti internet come questo,” dice, indicando lo schermo del telefono che stringe tra le mani. “All’epoca mi è sembrata la cosa più strepitosa di questo mondo. Così ho creato un account, ho cliccato su titoli a caso e ho iniziato a leggere. E anche adesso che sono al college e lavoro in una biblioteca ormai è abitudine ritagliare qualche spazio di tempo per leggere fan fiction.”

“…sei davvero carina.”

La testa di Talia scatta verso l’alto e mi ritrovo immediatamente perforato da uno sguardo blu elettrico. “Cosa.”

Oh. L’ho detto ad alta voce. “Cosa – volevo dire – cioè, è davvero carino che tu abbia continuato… a leggere… cose.”

Non so cosa sia preso al mio cervello. Non lo so davvero. Un minuto prima funziona alla perfezione e quello dopo non riesce neanche a mettere in fila due parole. Talia continua a fissarmi, il che mi fa credere di dover dire qualcos’altro, ma non mi fido della mia bocca in questo momento. Carina? Carina? I bambini sono carini, e neanche tutti. I cuccioli di cane sono carini. Non Talia. Talia è forte ed esilarante, non di certo –

“Tu sei carino se pensi davvero che questa cosa mi renda carina,” scoppia a ridere Talia, con un tono di voce scherzoso. La guardo di sottecchi, ma tiro comunque un sospiro di sollievo perché, in qualche modo, non sembra esserci imbarazzo. “O innocente. E’ come se fossi assuefatta a questa roba, non c’è nulla di carino nelle assuefazioni.”

“Almeno non è qualcosa di nocivo per la salute,” provo a scherzare, nonostante un vago senso di disagio aleggi ancora sul mio petto. “Hey, il proteggo di psicologia è da consegnare tra due settimane?”

“Tre,” mi corregge Talia. “Ho quasi finito di scrivere la mia parte, ma dobbiamo lavorare alle conclusioni insieme.”

Sospiro. Il progetto non è stato difficile in sé per sé, quanto piuttosto un lavoro lungo e tediante. Sono felice che la data di consegna si stia pian piano avvicinando.

“Hey,” dico poi a Talia per richiamare l’attenzione mentre scendo dalla scrivania. “Credo di dover andare. Devo attraversare il campus per arrivare al corso del pomeriggio.”

“Mh, mh,” mormora lei. “Oh, e grazie per il pranzo, mamma.”

“Non ruberei mai il ruolo di Katie.”

“Ma Katie sarebbe estasiata di sapere che stai diventando il suo successore.”

“Non sarei una mamma. Sarei lo zio figo.”

“Sei ancora qui? Il tuo corso non aspetta te, sai?”

“Rispetta tua madre!”

La risata di Talia risuona nella mia mente mentre corro verso la classe del corso. E’ una bella sensazione. Mi rende felice.

***

                From: Talia – carino :) :) :)









Note: quando ho detto che sarei riuscita ad aggiornare ogni settimana ho chiaramente mentito.
Ps. se riconoscete il fandom di cui fa parte la fanfiction che sta leggendo Talia VI BACIO
  
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