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Autore: FlameWolf    20/01/2017    9 recensioni
Non so da dove provenga, né perchè abbia scelto proprio me, ma è mia e non abbandonerà mai, neppure nel mio giorno più oscuro.
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il tappeto rosso ha i denti

 

Brad “Il Rosso” Johnson, tributo del distretto 11 (Piante), Capitol City

 

Capitol City è un tripudio di gioia, esaltazione, vivacità e spensieratezza. La stazione è piena di persone con parrucche di ogni colore, volti sorridenti e cartelloni che celebrano me e tutti gli altri tributi. Tutto questo dovrebbe piacermi, invece mi genera una strana ansia. Sento il cuore battermi forte, le mani sudarmi e sto nuovamente canticchiando. Non vedo l'ora di rifugiarmi in un posto tranquillo, dove nessuno possa guardarmi nello stesso modo di un maialino allo spiedo.
“Avete messo su il migliore dei vostri sorrisi?” ci chiede entusiasta Frinz che per l'occasione ha indossato un completo bianco con una rosa rossa sul bavero. Per tutta risposta gli mostro il sorriso più ampio che possiedo; so quanto sia importante fare buona impressione ai capitolini. Frinz mi lancia un'occhiataccia “Sì, ma non esageriamo. E tu Kalani?”.

Mi volto verso la mia compagna, stretta al braccio della nostra accompagnatrice. È ancora di cattivo umore, ma adesso che scenderemo sono sicuro che le cose si sistemeranno.
“Fammi indovinare: devo anche lanciare occhiate ammiccanti verso tutti!” esclama sarcastica passandosi una mano davanti agli occhi, come per ricordarci che lei è cieca e che almeno inizialmente nessuno la considererà. Faccio fatica a pensare a lei come una disabile, soprattutto dopo aver visto quello che è capace di fare. Eppure adesso è di nuovo indifesa e disorientata. Afferma che sia colpa del parquet. A quanto pare, il legno limita il suo strano potere. Sarà anche forte, ma la sua magia ha dei grossi limiti. Continuo a chiedermi se per lei sia stata una mossa saggia farsi volontaria.
“Cosa c'entra!? Secondo te qualcuno considererà Brad?” le fa notare il mentore.
“Ehi!” controbatto infastidito.
“Senza offesa tesoro, ma non sei un tributo appetibile” mi spiega Frinz.
“Siete solo del distretto 11. Qui vi apprezzano per il vostro talento da giardinieri, ma nulla di più” ci spiega Jennifer.
“Non definirei la mia magia “un numero da giardiniere”” protesta Kalani irritata.
“Neppure io. Non ho mai visto nessuno fare quello che sa fare lei” dichiaro prendendo le sue difese. La moretta mi sorride orgogliosa in segno di gratitudine. Devo dire che mi piace. È un po' troppo brusca e testarda, ma ha una tale forza interiore che non posso non ammirarla.
“Sì, vabbè” la blocca Frinz “Per quanto riguarda il discorso di ieri sera...”
“Non mi fingerò una povera disabile per non farmi notare” ribatte sempre più arrabbiata. Devo dire che sono d'accordo con lei, neppure io agire in quel modo. Forse per è colpa del fatto che sia gay, ma odio vedere qualcuno etichettato. Non credo sia giusto che la gente guardi Kalani e si concentri esclusivamente sul suo difetto.
“Come vuoi” replica aggiustandosi la giacca “Sto per aprire lo sportellone, lo spettacolo sta per iniziare” annuncia compiaciuto.

La porta si apre, ed alcuni giornalisti iniziano a fotografarci entusiasti. Kalani salta giù dal treno con un balzo, e al contatto con l'asfalto, il sorriso ritorna sul suo volto.
“Finalmente!” si lascia sfuggire ignorando completamente le domande dei giornalisti.
“Brad! Perchè ti sei offerto volontario?” mi urla una capitolina con in mano un microfono gigantesco.
“Per amicizia! Vedete prima di me era stato estratto questo ragazzo che piace tantissimo a un mio... “ mi blocco. Cazzo! Ho parlato troppo. Damerae non conosce i sentimenti di Santos. O meglio non conosceva... pazienza, ormai la frittata è fatta! “Ops, era un segreto” affermo a disagio, scatenando un po' di risate fra i giornalisti.
“Sono dei bravi ragazzi” afferma il mentore rivolgendosi verso di loro “Mi ricordano tantissimo i miei figli, a voi no?”. Mostro un ampio sorriso mentre un giornalista mi scatta l'ennesima foto. Hai capito Frinz? Si sta già impegnando per metterci in buona luce di fronte agli sponsors. E io che credevo che fosse solo un pallone gonfiato.
“Quante persone” osserva entusiasta Kalani “Capitol deve essere enorme per contenerle tutte. Possiamo visitarla?”
“Non è una gita scolastica, tesoro” le fa osservare il mentore mentre ci spinge delicatamente verso il centro estetico.

Se alla stazione credevo di aver visto un mondo nuovo e diverso; in mezzo alla strada, nel pieno centro del cuore capitolino, conosco la pura essenza dell'eccentricità. Sono l'unico nel gruppo che cammina a bocca aperta come un idiota, ma poco importa. La mia attenzione viene catturata da un ragazzo con degli short rossi, un culo di marmo, e un enorme parrucca rosa addosso. Anche il tipo mi nota, e appena lo fa mi lancia un bacino. E io che che credevo di essere gay e stragay. Temo proprio che questo mi batta. Contraccambio il saluto in maniera educata, facendolo letteralmente squittire.
“Bravo, Brad!” esclama Frinz “Hai capito come funziona da queste parti. Quanto sei disposto a vendere il tuo culo?”

“Cosa?” domando incredulo. Devo aver capito male. Non può avermi fatto una proposta del genere.
“Cosa?” ripete lui facendo cadere il discorso. Allora avevo capito bene! Mi ha appena proposto di prostituirmi! Oh... mi sento così sporco. Che schifo. Mi volto verso Kalani, anche lei sconvolta per quello che è appena successo. Possibile che Capitol sia ancora più oscura di quanto immaginassimo?

 

Icarus “Ike” Karling, tributo del distretto 7 (Negazione di potere), Capitol City

 

“Icarus!” sbotta Jusy interrompendo il litigio con il mentore “Potresti smettere di fischiettare, per cortesia? È dannatamente fastidioso”. Detto questo si volta nuovamente davanti a sé senza riprendere il discorso con Keith. Avevo ragione dunque: la nostra accompagnatrice ha un'attenzione labile e sarà quindi facilissimo fregarla se fosse necessario. Purtroppo sembra rientrare appieno nello stereotipo capitolino: poco sveglia, superficiale, fissata con le buone maniere e l'aspetto estetico. Peccato, speravo veramente che potesse sorprendermi, ma immagino che non assumano accompagnatrici troppo eccentriche.

Mi volto verso Alice. Nell'attesa si è seduta per terra e sta osservando qualcosa sul pavimento. Mi piego per capire meglio, e noto una piccola ed innocente formichina.
“Povera stella, temo proprio che sia capitata nel posto sbagliato” commento catturando l'attenzione della mia compagna di sventura.

“Pensavo che non volessi parlare con me” replica un po' triste. Credeva davvero che ce l'avessi con lei? Che tenera. Alice prende l'animaletto e lo pone al sicuro dentro la tasca dei pantaloni.
“Già, non sono stato molto di compagnia durante il viaggio. È solo che...”
“... eri un po' scosso” conclude lei. Alla faccia se lo ero. Credevo di essere finito, invece mi è stata offerta un'altra possibilità, e non a caso. Quando si è esaurita l'euforia mi sono sentito nuovamente smarrito. I fuochi d'artificio a fine mietitura sono stati la conferma dei miei dubbi: se sono qui è perché i ragazzi l'hanno voluto. Per quale motivo però? Non credo volessero semplicemente salvarmi. Volevano essere sicuri che non li vendessi? Oppure desiderano che fermenti una rivolta? Non ho idea di quale sia l'alternativa peggiore. Affidarmi così tante vite... cosa succederebbe se fallissi? Tutte quelle persone distrutte, la mia intera esistenza privata di qualunque significato! Forse dovrei semplicemente provare a vincere, ricongiungermi con Sam e scappare via lontano da tutti. Passerei il resto della mia esistenza a viaggiare e a scoprire nuovi posti, sarebbe una figata assurda. Però... però qualcosa dentro di me mi blocca. Finisco sempre per ritornare sullo stesso identico punto, come se fossi costantemente rapito da una calamita. Non so bene il perché, ma questa consapevolezza mi conforta anziché generarmi frustrazione. È come se...

“Alice, Ike” ci richiama Keith “Adesso ci separeremo e sarete affidati a due diversi staff di preparazione. Ci vedremo poco prima della sfilata. Siete pregati di lamentarvi il meno possibile” in seguito sposta il suo sguardo esclusivamente su di me “Soprattutto tu. Parla poco o niente come negli ultimi giorni”.
“Ahi!” ribatto fingendo un certo imbarazzo “Temo ci sia un problema: avevo appena scelto, come può testimoniare la nostra Alice, di tornare attivo”.
Il vecchio Keith non urla, non mi insulta, né mi manda a quel paese. Anzi, si avvicina a me a gran passo e mi afferra per il bavero della maglia, sollevandomi di qualche centimetro, mentre Jusy si fa sfuggire un urletto.
“Niente cazzate. Va bene? C'è la mia reputazione in gioco e non esiste nulla di più importante per un mentore. Anche se tu morirai a breve, non vuol dire che lo devono fare anche i tuoi successori”.
Rimango in silenzio senza aprir bocca. Lo conosco da anni, è sempre stato un collerico che odia tutto e tutti, ma qua dentro la sua rabbia ha raggiunto un livello che non gli avevo mai visto prima. Non posso scherzare qui. Solitamente mi piace provocarlo e vedergli il fumo uscire dalle orecchie, ma questa città è il suo personale tempio del dolore, ogni parola di troppo potrebbe ferirlo in una maniera indescrivibile e non lo voglio. Appoggio la mano sulla sua con delicatezza, assumendo l'espressione più seria che possiedo “Anch'io ho bisogno di te” gli faccio notare sperando di calmarlo.
Keith si gratta la nuca imbarazzato e fa cenno a me e ad Alice di seguirlo.
“Avevo paura che ti gonfiasse di botte” mi borbotta la mora a bassa voce.
“Anch'io” confesso scatenandole una leggera risata.
“Certo che ne hai di sangue freddo. Deve far parte dell'addestramento da rivoluzionario” replica a voce ancora più bassa. Dunque ha intuito che sono più di un semplice galoppino. Beh, immagino che con quei fuochi non fosse così difficile intuirlo.

Io ed Alice ci separiamo, e vengo condotto in una stanza spoglia dove ci sono due pacificatori e una donna dal camice bianco ad attendermi.
“Si spogli, prego” mi ordina la donna con freddezza.
“Senza neanche un bacetto prima?” domando ironico, ma nessuno sembra trovare la mia battuta divertente. Hanno ragione, forse era un po' troppo scontata. Cavoli, che abbia perso il mio estro? Nah!
La dottoressa mi visita in maniera accurata, mentre i due pacificatori controllano i miei effetti personali, fino a giungere al mio medaglione. Perdo un battito, ma non demordo. Con un po' di fortuna forse... come non detto. Uno dei due è riuscito ad aprirlo, trovando al suo interno la sostanza.
“E questa?” mi domanda quello grosso.
“Sono le ceneri di mio padre” replico serio.
Il pacificatore mi guarda a lungo con aria insoddisfatta. “Odio i poteri del tuo cazzo di distretto” borbotta infine. Immagino che sia un rinnegato del distretto 8 a questo punto. Per la prima volta sono felicissimo di avere un tipo di “magia-non magia”. Se riuscisse a leggermi il pensiero, sarei veramente nei guai e con me anche Sam. D'altro canto mi piacerebbe sapere cosa si prova di preciso quando si viene letti. Ho studiato che la sensazione ricorda una fredda carezza, ma non tutti gli autori sembrano essere d'accordo. Chissà com'è entrare nella testa di qualcun altro...
“Non mi fido” afferma dopo una breve riflessione “Porta le ceneri al laboratorio”.
Cazzo. Quell'esplosivo era la mia arma segreta. Beh, addio, è stato bello conoscerti.
Ricomincio a vestirmi, pensando che qualunque cosa voglia fare, non posso morire, non subito almeno. Mi serve un piano, mi serve una squadra.

 

Xene “Ghost” Fonter, tributo del distretto 12 (Magia Bianca), Capitol City

 

Apro la finestra con forza, prendendo una grossa boccata d'aria fresca. Finalmente. Non ne potevo più. Stare in mezzo a quegli idioti starnazzanti è stato peggio di quanto immaginassi. Volevo urlarli addosso tutto il mio disprezzo e il mio odio, ma in qualche modo sono riuscito a contenermi, ma è stata durissima. Continuavano a congratularsi per “la mia grande occasione”, a prendere in giro i vari tributi, a scommettere su chi sarebbe morto per primo, a stuzzicarsi a vicenda su chi avesse la borsa più costosa... Con quella più economica ci avrei potuto mangiare per mesi! Disgusto. Solo e solamente disgusto. Come si può essere così superficiali? Questo posto è nocivo, un insulto all'intera razza umana. Al solo pensiero di ciò che mi vogliono fare, inizio a tremare dalla rabbia. Non credo di essermi mai sentito così in tutta la mia vita.

Sento qualcuno avvicinarsi, ma non mi volto, non ho voglia di parlare con nessuno. L'altro si avvicina, e mi appoggia la mano sopra la spalla.

“Ed una è andata” commenta il mentore “Mi hai detto che sei stato freddino nei confronti dello staff, ma immagino che tu abbia fatto del tuo meglio”.
Gli lancio un'occhiataccia. Cos'è questo rimprovero sottile? “Risparmiati questo atteggiamento superbo, Dylan, non ne ho proprio bisogno” replico freddo.
Il mentore scuote la testa “Sto solo cercando di aiutarti. Ai capitolini piace un certo tipo di persona, e a te servono degli sponsors”. Errato. A me serve qualcuno che mi salvi da queste pagliacciate. Avrei di gran lunga preferito che qualcuno mi fucilasse direttamente in piazza piuttosto. Sarebbe stato meno umiliante, più rapido e probabilmente avrei sofferto di meno. “È dura” riprende Dylan “Ma devi resistere e lottare fino all'ultimo”.
“Hai altre frasi da manuale da recitare?” chiedo scocciato.
Dylan inizia a ridacchiare “Cavolo, sei perfino più simpatico del solito oggi!” osserva.
Ha probabilmente ragione, ma non riesco a far finita di nulla come Lily, non riesco a non pensare a cosa mi stia succedendo. Non voglio però scaricare la mia frustrazione su qualcuno altro, è meglio che me ne vada. “Quanto tempo libero ho a disposizione?” domando.
“Venti minuti, mezz'ora. Gli stilisti vogliono incontrarvi insieme, ma lo staff non vuole lasciare andare Lily. Sostengono che fosse necessario un intervento urgente di ceretta”.
Annuisco, non l'invidio per niente. “Vado a fare due passi” annuncio.
“Occhio a non cacciarti nei guai. Quest'anno è pieno di teste calde” mi consiglia il mentore come se fossi quel tipo di persona. Cazzate, non mi conosce affatto.

Mi muovo lungo i corridoi, cercando sempre di memorizzare qualche particolare lungo la strada per non perdermi. Il centro estetico è più grande di quanto immaginassi, ed è pieno di pacificatori, soprattutto nei punti strategici. Evidentemente temono una nostra fuga, e il ragazzo del dieci, con quella sua uscita durante la mietitura, ha sicuramente alzato il loro livello di paranoia. Meglio girarci alla larga comunque.
Sto per entrare nell'ennesimo corridoio quando sento qualcuno cantare, una femmina per la precisione. È molto intonata, ed ha anche una bella voce. Oltrepasso l'angolo e riesco ad intravederla: è una ragazza con le spalle e i fianchi larghi, e con lunghissimi capelli neri. Non sembra essersi minimamente accorta della mia presenza. Deve essere il tributo del distretto 8, quella che aveva tentato di raggiungere la madre dopo l'estrazione. Non riesco però a ricordarmi il suo nome.

Per un momento mi chiedo se possa essere lei, ma è assolutamente impossibile. Zaira dovrebbe avere circa dodici anni adesso, mentre questa è decisamente più grande. Probabilmente neanche la conosce dato il gap d'età.
Che quesiti assurdi che mi vengono comunque. Non so neppure se mia sorella sia ancora viva. Potrebbe benissimo essere stata uccisa. Anche se... vorrei che non fosse così. Mi chiedo che aspetto abbia, se mi assomiglia, se almeno stia bene.
Scuoto la testa, assurdità. Devo mettermi in testa una volta per tutte che la conoscerò mai.
“Anima in pena? Non è molto educato spiare gli altri” afferma il tributo dell'otto con un sorriso dolce.
Esco fuori dal mio nascondiglio, mi sento un perfetto idiota. Mi deve aver scambiato sicuramente per qualche pervertito.
“Scusami, hai una voce molto bella” alludo mentendole. Le mezze verità sono le bugie più efficaci da che mondo è mondo.
“Mi dispiace, non volevo rattristarti”. Sgrano gli occhi. Cosa intende? Non è che... “Non è come pensi!” si difende lei in imbarazzo “È che l'empatia è un potere difficile da controllare, soprattutto quando qualcuno intorno a te sta provando qualcosa di molto forte, come nel tuo caso”.
Annuisco, anche se continuo a sentirmi esposto e vulnerabile. Con la sua telepatia ogni mio pensiero è privo di difese. Non mi piace l'idea che qualcuno possa leggermi dentro.
La ragazza abbassa lo sguardo ferita “Da quando sono arrivata qui, tutti mi guardano in quel modo”.
“Mi sembra naturale” replico.
Sorride amara “Immagino di sì. Vuoi dirmi però perché ti ho reso triste?” mi domanda.
“Puoi sempre estrapolarmelo, ti pare?” le faccio notare.
La mora scuote la testa “Preferisco che sia tu a dirmelo”.
“Non credo che avverrà mai” affermo senza tanti giri di parole.
“Chissà, magari un giorno diventeremo alleati ed amici, e vorrai confidarti”.
Mi lascio sfuggire un ghigno: come se una cosa del genere fosse possibile, soprattutto in un posto come questo. “Sei proprio una ficcanaso”.
Lilia (ecco come si chiamava, cavolo!) arrossisce nuovamente “Non è quello, è solo che non è mai un bene tenersi le cose dentro, finisci per esplodere prima o poi”.
“Siamo avversari. Per te non sarebbe un bene?” le chiedo.
“Non se diventiamo alleati” risponde sfacciata facendomi un cenno di linguaccia.
Mi piacerebbe essere abbastanza forte da non aver bisogno di nessuno in arena, ma sono consapevole che questo non sia possibile. Ho bisogno d'aiuto, e davvero tanto, ma una telepata come alleata? Potrebbe essere un'arma a doppio taglio, ma tutti qua dentro possono esserlo. Almeno lei sembra essere leale ed ingenua, e ciò la rende più appetibile di chiunque altro. “Non ho problemi in merito” annuncio scatenando in lei una pura reazione di gioia. Spero sia stata la decisione giusta.

 

Kyte Densmith, tributo del distretto 1 (Incremento), Capitol City

 

“Stammi a sentire” afferma mio padre a mo' di monito puntandomi l'indice addosso “A breve arriverà qui la tua stilista, sei pregato di mostrarti stoico e di parlarci il meno possibile. Sarà sicuramente una donna od un effeminato che non vede l'ora di individuare il tuo punto debole e di rivelarlo in giro in cambio di denaro. Ricordati: non fidarti mai di nessuno”.
Annuisco, conosco a memoria questo discorso, è stato praticamente la mia ninnananna: “Non fidarti di nessuno, sono tutti dei sporchi doppiogiochisti, tutti agiscono in base ai propri fini personali, me compreso. Ferisci gli altri, prima di essere ferito a tua volta”. In ogni caso non ho bisogno di lui per ricordarmi che questo è un mondo di merda ricoperto di vermi. Esiste un raggio di speranza però: Amy. Devo trovarla e con un po' di fortuna le mie ricerche saranno brevi. Chissà, magari adesso è qualche metro più in là, dietro alla porta, affianco alla sua insegnate. La mia Amy. Chissà quanto è diventata brava adesso, e bella. Spero che quella puttana della madre non l'abbia convertita all'insana passione dei capitolini verso la chirurgia estetica. La è perfetta così com'è, non deve assolutamente cambiare.

Mio padre esce dalla stanza e al suo posto entra una stilista, e basta. Niente Amy. Al suo posto c'è solamente una disgustosa vecchia dal naso porcino. La delusione mi accende dal più profondo, ma non devo esplodere. Questo essere disgustoso può pur sempre sapere qualcosa. Sono sicuro che Amy lavori qui come stagista. Me lo sento, e non mi arrenderò finché non l'avrò rivista.
Appena mi vede, appoggia la mano sul petto con aria sognate. “Dal vivo sei ancora più bello! Sono così felice di averti come modello” squittisce felice. La sua voce è perfino più nasale di quanto immaginassi. Ogni sua parola è pugno alle orecchie.

“Piacere mio” replico con un sorriso gentile “Ho sentito molto parlare di lei, signora Harris”.
“Chiamami Kelly, non essere formale, Kyte. Siamo una squadra, giusto?” mi chiede retorica facendomi l'occhiolino.
Abbozzo un sorriso, mentre lei tira fuori un paio di foglio dalla sua borsa. La scrofa me li passa subito entusiasta. Sono un paio di bozzetti raffigurante il mio abito per la sfilata di stasera. Il modello ricorda gli antichi faraoni: gonnellino, petto nudo e tanti, tantissimi gioielli. Confesso che ha fatto un buon lavoro. “È fantastico!” esclamo sperando di non aver mimato una voce troppo acuta.
La stilista arrossisce, sinceramente commossa “Sai, ci ho lavorato molto. I gioielli li ho disegnati e saldati personalmente”.
Annuisco, mentre dentro di me cerco un modo per chiederle indirettamente se conosce Amy e se soprattutto sa dov'è. Forse... “Avevo capito subito che sei una persona che dedica anima e corpo al proprio lavoro. Lo si vede dallo sguardo”. La scrofa sorride deliziata. Perfetto, ci sta cascando. “Scommetto che hai dedicato tutta la sua vita a diventare sempre più brava”.
“Puoi dirlo forte!” replica “Studio moda da quando ero bambina. Ho sempre saputo che avrei fatto la stilista”.
“Siamo stati entrambi fortunati, allora. Non tutti hanno le idee così chiare fin dal principio”.
Kelly annuisce e tira fuori dalla borsa un metro da sarta “Siamo stati benedetti dalla passione” concorda mentre inizia a prendermi le misure “Lo dico sempre anche a quella bambina”.
Il mio cuore perde un battito. Ci siamo, sento che sto per scoprire quello che mi serve “Sua figlia intende?” chiedo fingendomi ingenuo.
La scrofa inizia a ridere nuovamente “Sono troppo vecchia per avere una bambina mia. Intendo dire la stagista affidata al distretto 5, Amy. Un giorno sarà una splendida artista, ma fino a quel momento, la migliore rimango io”.
È qui dunque, poco lontana da me. Oh Amy, come stai? Mi stai aspettando? Cosa stai facendo adesso? Nella mia mente si forma l'immagine di lei che prende le misure ad un ragazzo aitante, sfiorandogli i muscoli con delicatezza, mentre l'altro già brama di deflorarla. No! Non posso tollerare una cosa del genere! Non possono portarmela via! Amy è mia, non permetterò a nessuno di strapparmela. L'ho già permesso alla madre, ma ora basta.
“Kyte, stai bene? Sei diventato pallido”.
Merda! Mi ero dimenticato di lei. Devo liberarmene. “Effettivamente no, forse ho bisogno di un po' d'aria fresca” suggerisco.
“Ansia da palcoscenico? Vai pure, tanto ho finito”.
La ringrazio velocemente ed esco di fuori.
Amy, sto arrivando. Aspettami. Fragolina, ti sono mancato? Mi hai pensato nello stesso modo in cui ti ho pensato io? Finalmente saremo di nuovo insieme, non permetterò a nessuno di separarci. Vedrai come saremo felici. Manderemo tutti a quel paese, avremo la nostra oasi di pace. Ho solo bisogno di tempo.

Seguo i cartelli che indicano la sezione del distretto 5, finché non la vedo. È seduta sul pavimento a disegnare qualche bozzetto, come sempre. In questi sei mesi non è cambiata per niente, è sempre la solita adorabile ragazza vestita di rosso, un sollievo per gli occhi e per il cuore.
Amy alza lo sguardo e mi nota. I suoi occhi si illuminano di pura gioia, e mi sento così felice che vorrei piangere. Ci corriamo incontro, come in quei stupidi film romantici, e ci abbracciamo. La stringo forte, mentre affondo il viso nei suoi capelli rossi. È di nuovo da me. La mia Amy, la mia fragolina.

“È così bello rivederti!” mi confessa, ma subito averlo detto si stacca velocemente, coprendosi la bocca con entrambe la mani “Scusa, è stata una cosa cattiva da dire”.
“No!” replico con vigore. Non voglio che il mio angelo si preoccupi per me “Mi sono fatto volontario, sono qui per mia scelta” le spiego frenetico.
“Non avresti dovuto” obietta severa “È pericoloso, non voglio che ti succeda qualcosa di brutto”.
“Ma io volevo rivederti” mi lascio sfuggire lasciandola a bocca aperta. Oh Amy, davvero non hai mai capito cosa provo per te? Sei così pura ed ingenua... ti prego, dimmi che anche tu mi ami.
La porta si apre, ed esce un odioso ragazzo moro con due piercing alle labbra. “Amy, ti cerca Comet, rientriamo?”
Stringo forte il polso della mia piccola. Non le permetterò di andare via, non ora che l'ho ritrovata. Come osa questo sfigato mettersi in mezzo? Giuro che gli taglierò la gola da parte a parte.
Il tributo del distretto 5 mi guarda con aria di sfida “Che cazzo hai da guardare? Vuoi una foto?” mi chiede strafottente.
Sto per andargli contro, ma Amy si mette in mezzo captando la brutta aria che si stava formando “Ho un po' da fare adesso, ci vediamo domani dopo i tuoi allenamenti, va bene?”.
Sto per risponderle che non posso più aspettare, quando una voce orrendamente famigliare si aggiunge a noi. Il sangue mi si gela nelle vene. “È una splendida idea. Ciao Amy, come state tu e tua madre?”.
Amy impallidisce di botto, ed abbasso lo sguardo intimorita “Stiamo bene, papà, anche se la mamma è ancora arrabbiata con te”.
Mio padre appoggia la sua mano sulla mia spalla. Le sue dita si muovono in maniera frenetica, e ho come l'impressione che voglia strangolarmi da un momento all'altro. “Vedo che stai realizzando un tuo sogno, sono fiero di te, bambina mia. Ora io e Kyte dobbiamo andarcene, ma immagino che anche tu sia molto occupata”.
Amy annuisce, ci saluta, e segue quello stupido tributo dentro la stanza. Rimaniamo solo io e mio padre, e dal suo sguardo, posso intuire che stasera ci saranno altre botte.

 

Kronos Allen, tributo del distretto 6 (Aerocinesi), Capitol City

 

“Conciato così non vado da nessuna parte” borbotto osservandomi allo specchio. La stilista non poteva crearmi un abito peggiore. Indosso una camicia celeste (perché il distretto 6 è associato da sempre all'azzurro in tutto le sue tonalità) con delle gaissime paillettes color argento, e degli orridi pantaloni da paracadutista abbinati. Neppure durante le recite scolastiche mi riducevano così male, e io interpretavo sempre la nuvola.
“Non dire così” commenta quella stramboide di Summer volteggiandomi attorno “Stai attirando molta energia negativa, non va affatto bene. Distendenti ragazzo mio, sii leggero come l'aria” aggiunge con quella sua voce mielosa.

Ruoto gli occhi verso l'alto. Per fortuna che secondo Alaska questa non è poi così tanto svitata. A proposito, dov'è? Non mi sembra di averla ancora vista da quando ci siamo separati al centro estetico. Conoscendola credo non voglia farsi vedere. Il suo vestito sarà senza dubbio più ridicolo del mio.
“Alaska?” domando alla mentore.
È Brittany, la nostra accompagnatrice, a rispondermi. “È nella stanza accanto. Vado a chiamarla o arriveremo in ritardo”.
“Nah! Vado io!” replico e senza aspettare alcuna risposta, mi dirigo verso la stanza.
Busso alla porta ripetutamente, ma nessuno mi risponde. “Alaska! Guarda che so che sei là dentro! Dai, aprimi per favore”. Ancora niente, solo silenzio. Per una frazione di secondo mi viene in mente la fiaba di Cappuccio Rosso, no che dico, dei Tre Porcellini. Com'era? “Adesso con un soffio la casa butto all'aria”. Cavoli come sarebbe figo sapere farlo per davvero.
“Kronos?” mi chiama delicatamente lei.
“Siamo in ritardo, dai esci fuori” le chiedo più brusco di quanto volessi.
“Prometti di non ridere?”
Come immaginavo è imbarazzata per l'abito. “Certo” replico senza neanche pensarci sopra.
Alaska apre la porta, con gli occhi arrossati e il trucco sfatto. L'osservo da capo a piedi e riesco a capire il suo imbarazzo. Di per sé non è un abito brutto: è un vestito (sempre dannatamente azzurro) lungo, con un profondo spacco sulla gamba e una scollatura che le arriva praticamente fino all'ombelico. Starebbe benissimo a una ragazza formosa e sicura di sé, ma il problema è proprio questo; quest'abito non è fatto apposta per lei. Alaska d'aspetto ricorda tanto una bambina: i suoi tratti sono ancora morbidi, quasi angelici, le sue curve sono appena accennate e piuttosto acerbe, e in questo modo sono tutte esposte al mondo, sotto gli occhi di qualche vecchio bavoso goloso di carne fresca. Così conciata sembra ancora più piccola, ancora più fragile. Giuro che mi sento male per lei, ed è la prima volta in assoluto che penso che una ragazza abbia ragione riguardo i propri dubbi estetici. È un peccato che l'abbiano conciata così, perché secondo me è veramente carina. Avrebbero potuto fare qualcosa di meraviglioso senza il benché minimo sforzo se avessero voluto.
“Merda, è tremendo” mi faccio sfuggire ferendola involontariamente.
Alaska si morde il labbro, per poi scuotere la testa energicamente “Immagino che se questa sia la cosa peggiore che possa capitarmi per i giochi, posso ritenermi fortunata”.
“Questo è lo spirito giusto” affermo dandole una pacca sulla spalla. Il contatto mi genera dei brividi, la sua pelle è freddissima, mi viene quasi da chiedermi se sia davvero viva o se in realtà sia uno dei cadaveri del distretto 2. L'osservo a lungo squadrandola, finché non mi accorgo che è nuovamente arrossita.
Scuoto la testa e le propongo di andare al piazzale, dove ormai ci saranno tutti gli altri tributi. Durante il viaggio in ascensore Alaska non dice neanche una parola, ma non so se è per colpa dell'imbarazzo o perché puzzo. Non puzzo vero? Mi annuso l'ascella: tutto regolare.

Una volta arrivati come prima cosa mi guardo intorno sperando di individuare qualcuno che sia vestito in maniera più ridicola di me e Alaska, qualcuno che possa catalizzare l'attenzione e farci passare inosservati. Bingo! Trovati. I vincitori sono senza ombra di dubbio i due tributi del distretto 3 che indossano entrambi una tuta viola talmente aderente che riesco benissimo ad intravedere il pacco del ragazzo. Il tutto è contornato da un mantello viola pieno di brillantini.
“Ehi, Alaska! Guarda quei due”.
La ragazza sospira “Non fare così, anche loro saranno imbarazzati” mi fa osservare.
Non credo proprio. Lui sembra perfino orgoglioso di quel vestito che mostra in pieno la sua virilità.
La mia attenzione viene catturata anche dalla ragazza del distretto 1, vestita da principessa egizia per l'occasione. Neppure le tipe del due e del dieci sembrano essere male, ma non credo che siano il mio tipo. La prima, vestita da gothic lolita, mi risulta un po' troppo inquietante, mentre la seconda ha un'espressione troppo dura addosso. Miranda invece sembra essere nata apposta per indossare quell'abito. Ha l'aria così fiera e nobile.
Le faccio un saluto ammiccante con lo sguardo, ma per tutta risposta lei si gira dall'altra parte altezzosa. Che stronza. Imito la sua espressione disgustata per dispetto, scatenando un sorriso divertito da parte del ragazzo del distretto 7, vestito per l'occasione con un completo bianco immacolato, in netta contrapposizione con la sua compagna, che indossa invece con un lungo ed austero abito nero.
Mi rivolto verso Alaska. Sembra non aver minimamente assistito alla mia figura di merda. Un po' mi dispiace, non so perché, ma avrei voluto vedere una sua reazione.
“I tributi sono pregati di posizionarsi sopra i carri” ci comunica un addetto ai lavori.
Avverto un leggero sussulto da parte di Alaska. “Non durerà tantissimo” la rassicuro.
La bionda annuisce, ed indossa quella maschera di fredda compostezza con la quale l'ho conosciuta.

 

Louise Lacey “La Strana” Welch, tributo del distretto 10 (Trasmutazione), Capitol City

 

Salgo sopra al carro, ma il cavallo inizia ad innervosirsi talmente tanto, che un operatore è costretto ad intervenire. Deve essere per colpa del mio odore. Gli animali lo sentono benissimo, e anche questo cavallo avrà ormai capito che dentro di me batte il cuore di una lupa.
L'animale continua ad agitarsi finché Jésus non entra in azione. Gli basta una carezza e una parola gentile per rendere il cavallo l'essere più docile di questo pianeta. Quel ragazzo ha sicuramente un dono, è un peccato che sia finito in un posto come questo. Non ha speranze. È troppo timoroso, troppo debole, troppo lontano dai gusti capitolini. È un morto che cammina, e la cosa peggiore è che lui stesso ne è consapevole. Per questo ha tentato di fuggire durante la mietitura e ci ha riprovato ieri pomeriggio sul treno. Sono stati costretti a fargli indossare un collare elettrico che si attiva ogni volta che prova ad usare la magia. Soffre terribilmente di questa privazione, glielo si legge negli occhi.

Scuoto la testa. Non devo provare pietà nei suoi confronti, anche se è poco più di un bambino, è pur sempre un mio nemico. Non ha senso affezionarsi a qualcosa o qualcuno che perderai bene presto. Questo non vale solo per lui, ma anche per tutti gli altri, compresi i miei futuri alleati. Non voglio rischiare di farmi spezzare il cuore o peggio ancora sacrificarmi per uno di loro. Ho un solo obiettivo, una sola priorità: tornare da mia sorella e da tutti gli altri. Sono loro il mio mondo, non Capitol City, non i giochi, non gli altri tributi. Devo vincere, mi serve un piano.
Mi volto indietro verso i carri dei distretti 11 e 12 e provo un senso di scoraggiamento. Puntavo ai loro poteri, ma non la più pallida idea su come approcciarmi a loro. Sono sempre stata un disastro con le relazioni sociali. Forse dovrei sfruttare l'influenza della mentore, rapportandomi in maniera indiretta.
Li osservo con attenzione. Saranno però le persone giuste? La ragazzina del dodici sembra non essere completamente in sé, e anche quella dell'undici dato che si è offerta con così tanta allegria. Senza contare che c'è qualcosa che non mi convince in lei, anche se non ho ben capito ancora cosa. Per quanto riguarda i ragazzi, uno è imperscrutabile, molto simile a me mi verrebbe da dire, mentre l'altro pare il mio esatto opposto. Di che mi lamento però? Sono io la prima ad avere un carattere difficile. Sono in pochi in grado di sopportarmi. Prima non me ne era mai fregato, i miei affetti mi bastavano, ma ora è tutt'altro discorso. Sapevo che non sarebbe stato facile, ma speravo almeno che non sarebbe stato così tanto difficile. Ho scelto di fingermi debole, ma ad ogni ora che passa accrescono i dubbi sulla mia strategia. Mi sento sporca nel mentire così tanto, ma Sophie ha bisogno di me.

Il carro del distretto 8 si avvia verso il suo percorso. Lei ha addosso un vestito meraviglioso che richiama in maniera concettuale la complessità del mondo intrapsichico. Anche le ragazzine del distretto 9 e 12, l'una vestita come candida sposa, l'altra come un angelo rosa, stanno molto bene. Forse sono solo io ad avere un vestito banale: pantaloni aderenti in eco pelle, e maglione di lana senza maniche che mi arriva fino al ginocchio. L'alternativa era un bikini con un mantello in pelo di lupo con trucco tribale, ma era troppo per me. Sono disposta a fare tante cose pur di tornare a casa, ma non vestirmi con un mio fratello. Che razza di persona sarei se l'avessi fatto?

Il carro del distretto 9 parte, e Jésus sale su. Le piume sono ancora tutti e nei suoi capelli, ma sta talmente sudando che i finti tatuaggi sul suo petto si stanno levando. Sento la voce amorevole di Anne che mi consiglia di rassicurarlo, ma anche quella squillante di Sophie mi ordina di farmi gli affari miei.
“Jésus” lo chiamo a bassa voce. Il ragazzo mi guarda con occhi sgranati, non aspettandosi minimamente un nostro confronto. In fondo, prima di adesso non ci eravamo mai parlati. “Più lotterai con l'idea di essere finito qui, e più starai male. Non ti dico di esserne contento, ma semplicemente di accettarlo come qualcosa che va aldilà del tuo controllo”. Il ragazzo abbassa lo sguardo, ed accenna un timido sì con la testa, ma questo discorso non può finire qui “Un'altra cosa” aggiungo “Non pensare che a causa di questo consiglio siamo amici, anche se spero nella tua vittoria in caso non ce la facessi. Non siamo alleati e mai lo saremo”. Non mi importa se gli sarò sembrata crudele con queste parole, preferisco che non nutra aspettative su di me.
Il mio compagno di distretto fissa un punto indefinito davanti a sé soppesando le mie parole. “Veramente mi sembri tu quella alla disperata ricerca di qualcuno. Ho visto come ti guardi intorno” mi fa notare “Per favore poi, non chiamarmi Jésus”.
Sto per replicare, ma i nostri cavalli iniziano a muoversi trascinandoci nel bel mezzo della confusione e del caos. La gente intorno a noi urla a causa dell'eccitazione, ma io sono troppo presa da quello che mi ha detto Jésus. Ho sbagliato completamente nel valutarlo. Non credevo fosse così... maturo. Sono veramente stupita. Credevo che fosse un bambino giustamente spaventato, ma a quanto pare ha più risorse di quanto pensassi. Mi viene da ridere, credo di essermi appena bruciata una buona opportunità. Pazienza, non è finita, non è finita finché non sarò morta. Male che vada ho pur sempre le mie zanne e i miei artigli. Non ho mai ucciso un essere umano, ma sono stata a caccia in passato, e ho affondato i miei denti nel collo di galline e faraone. Forse non è la stessa cosa, ma uccidere e pur sempre uccidere, no?

Procediamo per l'intera sfilata in silenzio, anche se di tanto in tanto lancio qualche timido saluto verso il pubblico, nella speranza di rimediare in parte al disastro dell'abito.
In meno di quanto pensassi ci troviamo di fronte al centro d'addestramento, la nostra casa per i prossimi quattro-cinque giorni. Nel vedere l'enorme struttura un brivido mi scende lungo la schiena. Siamo sempre più vicini, non possiamo far nulla per evitarlo.

 

 

 

 

 

 

Scusate per il ritardo, ma ci sono. Purtroppo gli aggiornamenti diventeranno meno frequenti, ma ho comunque intenzione di finire questa storia. Mi dispiace che molti di voi l'abbiano abbandonata ^^''

 

Eccovi di nuovo lo schema dei tributi.

 

 

Donna

Uomo

Distretto 1 (Incremento)

Miranda Wilson (poteri)

Kyte Densmith (senza poteri)

Distretto 2 (Negromanzia)

Violet Rose Black (poteri)

Unleor Mizzard (poteri)

Distretto 3 (Illusioni)

Yvonne Blackmask (poteri)

Gabriel Black (poteri)

Distretto 4 (Acqua)

Yvonne Davzon (senza poteri)

Matthew Jax Sans (poteri)

Distretto 5 (Fuoco)

Elinor Gilbert (poteri)

Killian Jones (poteri)

Distretto 6 (Aria)

Alaska Moore (poteri)

Kronos Allen (poteri)

Distretto 7 (Negazione)

Alice Grace (poteri)

Icarus Karling (poteri)

Distretto 8 (Telepatia)

Lilia Lambert (poteri)

Joshua Peterson (poteri)

Distretto 9 (Sacro)

Alexandria Stoner (poteri)

Andreas Kirke (poteri)

Distretto 10(Trasmutazione)

Louise Lacey Welch (poteri)

Jésus Dondediòs (poteri)

Distretto 11 (Piante)

Kalani Bei Fong (poteri)

Brad Johnson (senza poteri)

Distretto 12 (Magia Bianca)

Lily Clark (poteri)

Xene Fonter (poteri)

 

  
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