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Autore: Airborne    12/12/2020    3 recensioni
In cui Ino descrive il rapporto tra il suo migliore amico e il suo interesse romantico come "tensione sessuale" e fa centro. E in cui c'è un mondo che va ricostruito, ma la cosa è un po' diversa da come Shikamaru l'aveva immaginata.
O anche: documentario sulla vita quotidiana di un veterano di guerra che non ha rinunciato a inseguire il sogno di una tanto agognata vita tranquilla. Oppure no?
***
«In mancanza di Kakashi ti nomino mio consigliere. Congratulazioni». Le parole e in mancanza di tuo padre sono appese nell’aria come una fila di cartabombe.
«Sì, grazie tante».
Lo Tsuchikage borbotta qualcosa a proposito di "giovani" e "rispetto", ma lo ignora.
Dalla parte opposta della tenda c’è Temari. La guarda negli occhi per un lungo istante, e poi decide che non la guarderà più fino alla fine della riunione.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shikamaru Nara, Temari | Coppie: Hinata/Naruto, Kiba/Ino, Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Parte 3: OneRepublic – Let’s Hurt Tonight
 

La vede un paio d'ore dopo, di sfuggita in un corridoio del palazzo, e di nuovo quel pomeriggio, in una stanza luminosa con un tavolo al centro e vari pezzi grossi seduti intorno. Temari non lo guarda neanche una volta mentre s’impunta su ogni singolo articolo di un fottutissimo accordo internazionale di cui lui non capisce un accidente, non perché sia troppo complicato, con somma irritazione di Ibiki che se ne accorge dopo due minuti e passa i restanti centodiciotto a pensare a come fargli pagare tutta quella disattenzione. Sa che si meriterà i provvedimenti e non gliene frega niente. Quando esce dal palazzo punta dritto a casa di Choji, ponderando di passare in tabaccheria ma cambiando subito idea al pensiero di sua madre che gli sbraita addosso per la puzza di fumo e lo ricatta per fargli passare il vizio in mezza giornata, non come “l’altra volta” che ci ha messo una settimana. L’ultima cosa di cui ha bisogno quel giorno sono le seccature evitabili. Saluta gli Akimichi, si sdraia sul tetto e non dice una parola fino a quando Choji non gli tira fuori tutta la storia con la stessa agilità con cui l’Akatsuki ha estratto i bijuu dalle loro forze portanti. Se ne va all’ora di cena, consapevole che Ino sarà al corrente di tutto prima che lui infili le chiavi nella serratura del cancello di casa. Mangia, dà la buonanotte a sua madre e si butta a letto con la stessa espressione contratta che ha messo su quando ha visto Temari scomparire tra gli alberi attorno al campo di allenamento.

Non riesce a capire se è più arrabbiato o confuso. L’unica cosa che sa è che fa un male cane. Perché cazzo ha ricambiato il suo bacio se a detta sua non ha mai avuto intenzione di assecondarlo? Perché gli ha detto tutte quelle cazzate senza capo né coda sull’essere di villaggi diversi? (Sono tutte domande retoriche, perché sa benissimo qual è il motivo, e dovrebbe sembrargli la cosa più strana del mondo ma la conosce, cazzo, la conosce meglio di chiunque altro esclusi i suoi fratelli e perciò non ne è sorpreso). E perché il suo dannato cervello non vuole saperne di pensare ad altro? Gli andrebbe bene qualsiasi cosa pur di non pensare a lei e a ciò che è successo quella mattina.

Il giorno seguente è uguale, con la differenza che non va da Choji e non sente il bisogno di spaccare qualcosa in mille pezzi. Il terzo giorno Ino riesce ad accalappiarlo, e sono dolori. Insulta prima Temari, poi lui, e alla fine gli dice che se non fa qualcosa lo rimpiangerà tutta la vita. Grazie al cazzo, le risponde Shikamaru. Devi tirare fuori le palle, smetterla di adagiarti sugli allori e conquistarla, lo ignora lei. È questo che vogliamo noi donne. Sarà, ma non gli sembra che Naruto abbia dovuto impegnarsi così tanto per conquistare Hinata. Semplicemente, Ino è più simile a Temari di quanto ammetterà mai e sono due assolute, colossali, stramaledettissime seccature. E non gli sembra affatto che Temari voglia essere conquistata. È stata molto chiara nel mettere un muro tra loro. Lui strangola nemici e uccide immortali, ma muri non ne ha mai abbattuti.

E tuttavia sa, per quanto sia amareggiato, che Temari non può uscire dalla sua vita. Che lui non può lasciare che accada.

Non sono giorni facili quelli che seguono. Il lavoro è più stressante che mai, lui palesemente non sta bene e Ibiki se ne frega, vede Temari tutti i santi giorni e a malapena si salutano. Pensa, a volte, che sarebbe disposto a non baciarla più per il resto della vita se almeno lei gli rivolgesse la parola. Forse. Non è mai successo prima che non passassero del tempo insieme, anche troppo tempo visto che le giornate finivano a insulti una volta sì e una no, durante le sue missioni diplomatiche a Konoha. E non è certo per i baci che si è innamorato di lei, al contrario di quello che dice Ino. Forse dovrebbe “darsi una svegliata” e “fare di tutto per togliersela dalla testa”, perché “queste sono precisamente le cotte che ti rimangono piantate nel cuore tutta la vita, Shika, e tu non vuoi vivere con un peso del genere. Io di sicuro non voglio passare la mia esistenza a raccogliere i cocci che quella là ha rotto”. E non ha tutti i torti. La parte razionale del suo cervello è assolutamente convinta e decisa a risparmiarsi tutto quel dolore, ma, come ha già dato prova nei giorni precedenti, lui non è tutto razionalità come la gente crede. Anzi.

«Mi dispiace, questo proprio non è possibile».

Sono le due del pomeriggio, fa un gran caldo e lui vorrebbe solo dormire. Un pisolino veloce, una ventina di minuti, abbandonare la testa sul tavolo e dormire. Dopo lavorerebbe molto meglio. La prima cosa che consiglierà a Naruto quando diventerà il suo consigliere sarà di istituire la pausa pisolino. Sarà divertentissimo vedere l’espressione di Temari alla sua prima visita diplomatica dopo la loro nomina. Può già sentire le sue proteste indignate.

Poi si rende conto che non ha bisogno di immaginarle, le proteste di Temari, perché ne sta facendo varie in quel momento.

«Le derrate dal Paese del Fuoco sono fondamentali per Suna. Non potete bloccarle ora, soprattutto non dopo tutti gli aiuti economici che vi stiamo dando per la ricostruzione».

«Appunto perché la nostra situazione attuale è nota ci stupisce che chiediate un aumento così cospicuo delle forniture».

«Anche noi abbiamo avuto le nostre perdite a causa della guerra, e lo vedete anche da voi che quest’anno le condizioni ambientali non sono clementi».

«Sì, ma rimane il fatto che non abbiamo una disponibilità di derrate sufficiente a darvene così tante».

«Konoha non ha la disponibilità sufficiente?» sbotta Temari. Shikamaru sapeva che sarebbe successo. Lo ha visto trenta secondi prima dal modo in cui la sua mascella si è contratta.

Temari lo guarda negli occhi per un istante, poi si affretta a riportare la sua attenzione su Ibiki. È l’ennesima ripetizione di un gesto avvenuto fin troppe volte negli ultimi giorni. Lui quasi non fa altro che fissarla, durante quegli incontri, mentre lei si sforza di non farlo ma non ci riesce completamente. Forse è quello, più di ogni altra cosa, che stuzzica il lato irrazionale del suo cervello. Che Temari, in fondo a una parte di sé a cui non vuole dare ascolto, provi qualcosa nei suoi confronti. Non necessariamente dei sentimenti positivi, ma qualcosa che le impedisce di allontanarsi da lui come dice di volere.

«Nonostante l’assassinio del Terzo Hokage» dice Ibiki, e Shikamaru può vedere sul volto di Temari lo sforzo fisico per non guardarlo, perché è un argomento di cui hanno discusso spesso in passato, mentre buttavano le basi per un rapporto fondato su mezzi insulti e mezzi sorrisi, «Suna si è dimostrata un alleato fondamentale per…»

«Un alleato? Sareste ancora in ginocchio se non fosse per…»

Shikamaru sgrana gli occhi. Cosa cazzo stai facendo, Tem?

Ibiki, nota, le impedisce di proseguire il discorso per il bene di entrambe le parti. «… un alleato fondamentale per Konoha, ed è nell’interesse di entrambi i villaggi e Paesi mantenere questa alleanza e aiutarsi per quanto possibile. Ma le derrate che ci state chiedendo sono la metà di quelle che produciamo al momento, e non possiamo permetterci di darvele».

«Il Paese del Vento è un deserto

Al che Shikamaru capisce che è arrivato il momento di evitare un disastro. «Facciamo una pausa» sussurra a Ibiki, che annuisce e dice a Temari, in un magistrale giro di parole cortesi e ben mirate, di andare a rinfrescarsi le idee visto che ne ha un bisogno impellente. È tranquillo, con la sua solita espressione di chi sa di avere il mondo in mano e poter fare in modo che le cose vadano a suo piacimento e si pieghino a servire le sue necessità, ma la stessa cosa non si può dire degli altri rappresentati di Konoha. Come biasimarli dopo una scenata del genere, pensa Shikamaru. Poi si chiede perché ha ritenuto necessario impedire a Temari di combinare un disastro, visto che, tecnicamente, le condizioni in cui Suna uscirà da quelle trattative non sono affar suo, le ragioni di Ibiki sono più che legittime ed è pure pagato troppo poco e sottoposto a troppo stress per preoccuparsi degli altri Paesi. Si risponde anche, ovviamente, mentre segue con gli occhi Temari che attraversa la stanza a passo di carica e con notevole sforzo riesce a non sbattersi la porta alle spalle. E la segue.

La raggiunge sulla terrazza di metà corridoio, un posto ancora più caldo, se possibile, della sala dei negoziati. Temari gli dà le spalle, ma sa che lo ha sentito. «Cosa succede?» le chiede, fermo qualche passo dietro di lei, indeciso se avanzare e temendo per la propria incolumità.

«Morino è un idiota».

Shikamaru aspetta pazientemente che elabori su quella sua convinzione, rendendosi conto che Temari ha una strana e potenzialmente pericolosa tendenza a chiamare “idiota” le tre persone più intelligenti di Konoha, e se nel suo caso non c’è da preoccuparsi, lo stesso non si può dire per l’Hokage e il suo consigliere.

«Non è usanza insegnare i fondamenti della geografia ai bambini dell’Accademia, qui?»

Così come apparentemente a Suna non è usanza insegnare la logica vorrebbe risponderle, ma decide che è meglio di no. A lui l’hanno insegnata, la logica, e una frase del genere andrebbe contro tutto ciò che ha imparato. «Anche noi abbiamo le nostre ragioni. La guerra ha colpito soprattutto Konoha».

«Noi viviamo in un cazzo di deserto, Nara!» sbotta.

Shikamaru sospira. «Lo accetti un consiglio?»

«Non da un consigliere di Konoha durante un negoziato con Konoha».

Gli sta ancora dando le spalle. È appoggiata al parapetto con tutto il suo peso e Shikamaru sa che si sta conficcando le unghie nei palmi dal nervoso. Non ne conosce il motivo e non è per niente sicuro che glielo rivelerà. Poi decide di mettere in gioco la propria vita come si confà a un ninja, sospira di nuovo e si porta accanto a lei, guardandola dall'alto verso il basso, non ricambiato. «Da me lo accetti?»

«Non sprecare fiato per dirmi di stare calma».

«Che cos’hai, Tem?»

«Niente, cosa dovrei avere?»

«È quello che ti ho chiesto. E non dirmi che va tutto bene, perché lo so che non è vero».

Temari non risponde. Per qualche strano motivo non è mai stata così impenetrabile. Passa in rassegna le ragioni per cui potrebbe essere così nervosa (Ibiki è un idiota, Suna è messa veramente male, lui), ma nessuna gli sembra veramente plausibile.

«Sai sempre tutto, tu» dice Temari alla fine. Sembra più calma. «Hai idea di quanto sia irritante?»

«Non avrebbe senso preoccuparmene, non credi?»

«Certo che no, se sei egocentrico».

Altra cosa di cui non si è mai preoccupato.

«Me ne stanno succedendo di ogni, in questi giorni. Suna in ginocchio, Gaara che mi manda in questo dannato villaggio con mezza giornata di preavviso, l'Hokage che mi schiavizza, tutte queste noiosissime menate dei negoziati internazionali, Kankuro che si mette continuamente nei guai, tu che...» S'interrompe di colpo, mordendosi il labbro per l'irritazione. Shikamaru pensa che se si azzardasse a parlare si ritroverebbe sfracellato quattro piani più in basso senza nemmeno rendersene conto. «È dalla fine della guerra che non mi fermo un attimo» spiega dopo qualche secondo di silenzio. «E in questo momento ho le vite di due popoli sulle spalle e me le devo gestire con Morino, non so se mi spiego». Decisamente no. Ibiki è il miglior diplomatico in cui Konoha poteva sperare, e anche Suna visto il modo in cui sta conducendo quel negoziato. «Odio quando Gaara mi dà incarichi diplomatici. Sono noiosi e non vanno mai a finire come voglio io. Non è per niente facile» si corregge poi.

«Me ne sono accorto».

«Tu però sarai molto migliore di me» sospira dopo qualche secondo.

Per quante volte l’abbia vista scoraggiata (più di quelle che ci si aspetterebbe e imperdonabilmente troppe dal punto di vista di Temari), gli fa sempre un certo effetto assistere ai suoi due minuti di vulnerabilità. Ancora più impressionante è che si faccia vedere così da lui. Vorrebbe solo abbracciarla, più del solito.

«Non impuntarti» le dice, anche se gli ha espressamente vietato di darle consigli. «Trova un punto d’incontro con Ibiki, stasera non rimuginare sul lavoro e vedrai che domani andrà meglio».

«Grazie, non ci sarei davvero arrivata se non me l’avessi detto tu».

«E non essere così passivo-aggressiva».

«Ti avverto, Nara» lo minaccia, e i loro occhi si incontrano davvero per la prima volta dopo giorni.

«A volte uno ha bisogno di sentirsi dire cose che sa già».

Le iridi di Temari sono più chiare che mai nella luce del sole, e loro sono i due ragazzini che hanno scoperto di capirsi al volo dopo aver combattuto da alleati e non da avversari. Temari lo ringrazia con gli occhi, perché parole per farlo non ne ha mai avute.

«Pensati quando ci sarò io, al posto di Ibiki, con te dall’altra parte del tavolo». Nel momento in cui lo dice si rende conto che potrebbe essere un motivo sensato perché loro rimangano sempre nei rapporti in cui sono adesso, e lo capisce anche Temari.

«Dirò a Gaara di mandare qualcun altro al posto mio».

«Mai sentito idea più stupida».

«Detto da te è grave».

«Non ti hanno insegnato che non è educato insultare la gente?»

«Certo, ma dire le cose come stanno lo è».

Shikamaru non rilancia. Si guardano a lungo, senza parlare e dicendosi tutto. Grazie, prego, senza di te sarei persa in questo villaggio di cretini, idem, ti voglio bene, ti amo.

«Rientriamo, prima che i tuoi compaesani vadano fuori di testa».

Suna è palesemente carente nel reparto educazione-al-vivere-civile.


 
 
In questo modo, il Secondo Mizukage riuscì efficacemente ad accerchiare le truppe mercenarie del Paese del Fulmine, tagliando loro tutte le vie di fuga e costringendole alla resa. Il daimyo del Paese del Fulmine e il Secondo Raikage capitolarono e il Paese dell’Acqua ebbe da quel momento il controllo sulla maggior parte delle acque territoriali contese fino a quel momento.

Non riesce a trattenere uno sbadiglio. Lascia cadere il braccio sul letto, sposta un po’ le gambe, fissa il soffitto ben sapendo che gli ci vorranno almeno cinque minuti per convincersi di riprendere lo studio, anche se non se li potrebbe permettere. Ma è davvero troppo stanco, fa davvero troppo caldo e una zanzara gli ronza nell’orecchio. Per un momento prende in considerazione l’idea di andare alla finestra per sentire un po’ di aria “fresca” sulla faccia, ma dovrebbe alzarsi dal letto e ciò lo fa desistere. Pensa anche che varrebbe la pena riprendere in mano il jutsu di teletrasporto del Quarto Hokage e perfezionarlo. Sarebbe decisamente un gran miglioramento nella sua vita.

La zanzara continua a ronzargli nell’orecchio, lui continua a fissare il soffitto e le cose che dovrebbe studiare continuano a non essere studiate.

È davvero incredibile come la mente umana odi il non fare niente, salvo poi ritenerlo la cosa migliore al mondo quando l’alternativa è lavorare.

«Shikamaru!» L’urlo belluino di sua madre risuona per il corridoio.

Lui sbuffa giusto un secondo prima che la sua figura si stagli sullo stipite della porta. «Cosa c’è?»

«Di là c’è Temari che chiede di te».

Shikamaru stringe gli occhi mentre un brivido gli scorre lungo la schiena al nome di Temari. Che cosa ci fa a casa sua alle nove e mezza di sera dopo giorni che a malapena gli rivolge la parola?

Oddio, una mezza idea ce l’ha, ma a quel punto gli sembra troppo bello per essere vero. Spera solo che non sia lì per avvertirlo di una missione urgente.

Piega l’angolo della pagina a cui è arrivato e chiude il libro senza prendersi la briga di posarlo sul comodino o, eresia, sulla scrivania dall’altro lato della stanza. Si infila la maglietta che usa come pigiama ed esce strascicando i piedi.

Temari è, ovviamente, intenta a scorrere lo sguardo sui libri di suo padre e sta morendo internamente per scegliere quale chiedergli in prestito. Non ha con sé il ventaglio e indossa una tutina a fiori smanicata e molto corta. «Ciao, Tem».

Lei aspetta un paio di istanti prima di girarsi, per mettere in chiaro che non l’ha presa di sorpresa come pensa che lui avrebbe voluto fare. O forse solo perché stava finendo di soppesare i libri. «Buonasera». Gli sorride; non uno dei suoi sorrisi migliori, ma comunque più di quanto Shikamaru potesse auspicare.

«Ti vedo più rilassata». Hai seguito i miei consigli.

«Sì». Li ho seguiti.

«Qual buon vento ti porta qui?»

Temari coglie l’allusione, ma non lo prende in giro come si aspettava. Distoglie lo sguardo, quasi, e si stringe le mani una nell’altra. «Ti va di fare due passi?»

Tradotto: dobbiamo parlare e non voglio che tua madre ci senta.

Shikamaru si riveste, dice a sua madre che esce e si sente rispondere di tornare entro mezzanotte.

«Ma sarà mai possibile essere un veterano di guerra e avere il coprifuoco?» borbotta chiudendosi il cancello alle spalle. Normalmente non sottolineerebbe questo dettaglio con Temari, ma c’è un gran bisogno di alleggerire l’atmosfera che li circonda da tre giorni.

«Ragazzino eri e ragazzino sei rimasto».

«Non lo pensi. So che non lo pensi».

«No, ma questa storia del coprifuoco te la rinfaccerò finché campo».

«Che seccatura, cazzo».

«E sei troppo piccolo per dire le parolacce».

La guarda male, ma Temari sta ridacchiando. Non ha nessuna intenzione di farsi prendere in giro solo per vederla ridere, ma in quel momento è un sollievo. «Stiamo andando in un posto in particolare?»

«No, solo una passeggiata».

Previsto come una giornata rovente a Suna, cala il silenzio.

La luna è alta nel cielo, non un filo d’aria attraversa il cantiere che è Konoha, l’afa gli si appiccica addosso su ogni centimetro di pelle scoperto. Temari gli cammina accanto facendosi strada tra le vie che lui stesso le ha fatto conoscere, eppure diverse da prima. Tutto è diverso da quando Pain ha raso al suolo il villaggio. Da quando Asuma è morto.

Shikamaru scaccia via quei pensieri. Da quando è tornato dalla guerra, certe cose gli vengono in mente un po’ troppo spesso per i suoi gusti. Ma in quel momento non vuole pensare alla guerra, ad Asuma o a suo padre. Non vuole altro a occupargli la mente che non sia Temari, la seccante, problematica, immensa Temari, e le cose che devono sistemare. Crede, spera, che quella sera sia meno propensa ad aggredirlo con tutta la sua furia. È accanto a lui, ci sono solo una decina di centimetri tra i loro polsi, e lo sanno entrambi anche se guardano fisso davanti a loro.

«Volevo ringraziarti per oggi» dice infine Temari, e la frase le esce più veloce di quanto dovrebbe.

«Non ho fatto niente, io» mente.

«Il negoziato sarebbe finito male senza il tuo zampino» replica. «E la finta modestia mi manda fuori di testa, lo sai».

«Allora ho salvato Konoha e Suna dall’Apocalisse, se proprio vuoi sentirmelo dire».

«Adesso non allargarti troppo, ne hai di strada da fare prima di salvare le persone con le parole» ridacchia.

«Ma sarò comunque più bravo di te».

«Qualche primato dovrò pure lasciartelo. Fra cent’anni».

«La solita megalomane».

«Giù le orecchie, ragazzino».

Ma sta sorridendo, Temari, e allora sorride anche lui facendo vagare lo sguardo tra le stelle. «Non me la darai mai vinta, eh, Tem?»

«Mai». E il suo sorriso di scherno si allarga, e lui sente il bisogno fisico di abbracciarla, perché non l'ha mai vista rivolgere quello sguardo a nessun altro. «E mi volevo scusare per l'altra mattina» cambia discorso all'improvviso, arrossendo ma senza distogliere lo sguardo, prendendolo in contropiede come sempre. «Ho un po' esagerato, forse».

Shikamaru si chiede se si stia scusando per averlo baciato anche se "non avrebbe dovuto" o per essersene andata via in quel modo e averlo evitato per tutti quei giorni. E se domandarglielo sia una buona idea.

«Non c'è niente di cui ti devi scusare» dice invece.

«Non avrei dovuto piantarti lì come un tizio qualunque. Ma», e quella parolina spazza via la strana sensazione di calore e speranza che lo ha preso per un attimo, «è vero che non possiamo. Sia perché siamo di due villaggi diversi, sia perché ogni volta che ti vedo ti spaccherei la testa».

«Non venirmi a dire queste cazzate, Tem».

È tranquillo. È molto più tranquillo di quanto si sarebbe aspettato di essere in una situazione del genere. Temari, invece, non lo è.

«Cosa c’è, non credi che ogni tanto ti spaccherei la testa?»

«Non venirmi a dire che non possiamo… Che non possiamo perché siamo di villaggi diversi» dice, fermandosi in mezzo alla strada. Lei si ferma a sua volta, e lo guarda dritto negli occhi. No, non è tranquilla, per niente. «Lo sai anche tu che sono tutte cazzate».

«Non è vero» borbotta, e abbassa lo sguardo. «Siamo soldati, gli interessi dei nostri villaggi…»

«Lascia perdere tutte queste storie» Non nasconderti dietro a tutte queste storie, vorrebbe dirle. «Lo sai anche tu che non valgono niente, in confronto a…», e qui pensa che le prossime parole potrebbero ucciderlo e non ci sarebbe niente da stupirsi, «... a quello che c'è tra noi».

Temari lo fissa spiazzata. Non sembra molto in grado di parlare, così Shikamaru continua. Si sente implodere, ma non avrà mai più un'occasione migliore di quella. Vada come vada, pensa il lato razionale del suo cervello, ha ragione Ino, non posso vivere tutta la mia vita con questa cosa piantata nel cuore. «Io ti voglio un bene dell'anima, Tem. E credo di essere innamorato di te. Sono parecchio sicuro, in realtà».

Ecco, lo ha detto. Ora può pure andare a sotterrarsi. O meglio, dirle che aspetti almeno che si sia scavato la fossa in un posto decente prima che lo mandi al creatore con un metodo di sua scelta.

«E... posso capire se... se vuoi che le cose rimangano così. Credo. Ma non puoi negare che non siamo propriamente colleghi di lavoro e basta. Non puoi nasconderti dietro a queste cazzate».

Temari abbassa lo sguardo a terra, e Shikamaru sa di aver colpito nel segno. Lo sapeva ancora prima di aprire bocca, se è per questo. Lui sa sempre tutto. «Sei il solito gradasso, Nara». Lo aggredisce con le parole, ovviamente. Non si aspettava niente di diverso.

Oh, bè, già che ha fatto trenta, non vede perché non dovrebbe fare anche trentuno.

«E tu hai paura».

La reazione non si fa attendere. Temari rialza lo sguardo di scatto, irritata, quasi arrabbiata. La cara vecchia Temari come si mostra a tutti quanti e in ogni situazione, che lui ha conosciuto alla terza prova delle selezioni dei chuunin molto prima di conoscere quella che protegge gli altri, che sorride, che mostra il proprio cuore di sua spontanea volontà. «Io avrei paura

Sei terrorizzata, pensa, ma lo tiene per sé. Invece le si avvicina; lei trasalisce, ma non si sposta di un centimetro, nemmeno quando le prende il polso. Rabbrividisce nel sentire la sua pelle sotto le dita. «Anch'io ce l'ho» le sussurra, «perché sei una dannatissima cartabomba sul punto di esplodere in ogni momento. Ma non riesco a starti lontano». Avvicina il volto al suo, la guarda da sotto le palpebre semichiuse. La vuole baciare, dèi, ma non lo fa. Deve essere lei, a farlo. Deve essere lei, e poi potrà morire felice (per mano sua, probabilmente). «E tu non riesci a stare lontana da me». E se non lo farà morirà lo stesso, crede.

«Non ho parole per descrivere quanto sei sfrontato» gli dice. Sotto le dita, i suoi muscoli si contraggono. È nervosa, è nervosa. Ma, come volevasi dimostrare, l'altra mano gli si posa sul braccio. Non che la cosa non gli faccia accelerare il battito. «Magari stai pure aspettando che io faccia qualcosa, razza di inetto che non sei altro».

«Come mi conosci tu...»

«Sì, parla, Nara, parla. Ultimamente sembra che tu non sappia fare altro».

La intravede socchiudere le palpebre. O forse sta solo guardando le sue labbra. «Posso andare avanti tutta la notte, se vuoi». Dèi, è così vicina.

«Sì, e domani il Sadico chi lo sente?»

«Che c'entra lui adesso?»

«Fammi un favore, taci un po'».

Non c'è spazio tra i loro corpi, non più. Potrebbe contarle le ciglia, se ne avesse voglia. Potrebbe fare metà della metà della metà di un passo e premersi contro di lei, e gli dèi sanno quanto vorrebbe. Per quello che vale potrebbe anche trovarsi un kunai piantato nello stomaco nel giro di mezzo secondo, ma per fortuna Temari è disarmata.

«Non ti sopporto, Nara» sussurra.

Poi lo bacia.

Lo bacia nello stesso modo in cui lui l'ha baciata nella tenda, mettendoci tutto il cuore che ha, e il suo, di cuore, impazzisce. No, decide, col cavolo che riuscirebbe a non baciarla più per il resto della vita se almeno lei gli rivolgesse la parola. A non abbracciarla, a non sentirsi così.

Poi Temari si allontana, troppo presto per i suoi gusti, senza lasciarlo andare. «Sei un ragazzino interessante, Nara». È la stessa frase che gli ha detto una vita prima, dopo averlo salvato all'ultimo secondo di una missione che aveva lasciato più ferite di quelle visibili e dopo averlo visto piangere. Gli aveva fatto venire i brividi, allora, e non in senso positivo. Sa che lei sa che se lo ricorda. Glielo ha detto apposta. «Cioè, eri un ragazzino interessante. Adesso» dice guardandolo dritto negli occhi con un mezzo sorriso che per quanto lo riguarda ne vale quattro, «sei un uomo. Forse non stavo aspettando altro». Lo bacia di nuovo. È più breve, ma lei è più vicina. «Sei un irritante pallone gonfiato idiota, e gli dèi solo sanno il casino in cui mi sono appena cacciata, probabilmente la paura è solo un meccanismo di difesa...», e adesso è lui a baciarla perché sta sproloquiando troppo, «ma nonostante questo… forse, forse, mi piaci in un modo in cui preferirei che non mi piacessi. E avrei voluto dirti questo, in quella tenda».

Ora sì che avrà un infarto. Ce lo avrà di sicuro, dopo quelle parole, dopo avergliele sentite dire guardandola negli occhi e aver visto che sono vere. «Quanto sei stronza, Tem».

«Non mi sembra una novità».

«E seccante, anche. Hai fatto tutte quelle storie per dirmi che ti piaccio... Le avessi almeno fatte per mandarmi a quel paese, così avrebbe avuto senso».

Temari abbassa di nuovo lo sguardo. Non bene. Non solo perché così non può raggiungere le sue labbra. «Non stavo scherzando, quando dicevo che non funzionerebbe perché siamo di villaggi diversi. Ci vediamo ogni sei mesi, Nara. E poi, ribadisco, non ti sopporto».

Le accarezza il viso. Rabbrividisce al pensiero che sta accarezzando il viso di Temari. «La distanza non è mai importata».

«Adesso importerebbe».

«Ma ne varrebbe la pena». Dèi, varrebbe la pena vivere in simbiosi con Naruto per stare con lei. «E poi se ti vedessi tutti i giorni probabilmente ti lascerei nel giro di due settimane».

«Chi è lo stronzo adesso?» ribatte Temari. «E poi non mi puoi lasciare, visto che non stiamo insieme».

«Ah, no?» la provoca, ben sapendo che non lo accetterà mai.

«Mi viene l'orticaria solo a pensarci».

«Bè» sogghigna, «dicono che le relazioni clandestine siano più eccitanti».

Al che Temari lo guarda per un istante con tutta l'aria di volergli tirare un pugno, ma poi non riesce a non sorridergli. «Ti sei montato la testa come al solito».

«Non esiste che tu rinunci a una cosa del genere solo per la distanza. O per un meccanismo di difesa, come lo hai chiamato».

«Questo è tutto da vedere». I suoi occhi sono come il mare, e lui la ama da morire.

«Toccherà riparlarne prossimamente, allora. Quando ci saremo fatti un'idea più precisa sul da farsi. Se valga la pena o no». Ha parlato al plurale per pura cortesia nei suoi confronti. Per quanto lo riguarda, varrebbe la pena vivere in simbiosi con Naruto per stare con lei.

Al che il sorriso di Temari si allarga ancora di più. «Mi sembra ragionevole».

La bacia di nuovo, non un solo pensiero nella testa, e da come Temari si aggrappa a lui capisce che non avranno poi molto di cui riparlare prossimamente.

 
So you get the lights and I'll lock the doors
Let’s say all of the things that we couldn’t before
Won’t walk away, won’t roll my eyes
They say love is pain, well, darling, let’s hurt tonight
OneRepublic - Let’s Hurt Tonight

 

 
Note:
E niente, raga, che vi devo dire? Grazie di aver letto fino a qui, spero davvero che la storia vi sia piaciuta! E spero che quest’ultimo capitolo sia all’altezza degli altri, personalmente è quello che mi piace di meno e infatti l’ho modificato tante di quelle volte che ho perso il conto.
Also, cercasi ancora beta disperatamente, anche la storia è completa. Se qualcuno volesse revisionarla, che si faccia avanti senza paura :)
Un grazie di cuore a Felpie e a Nate_ che hanno recensito i capitoli precedenti, a chi recensirà la storia oggi, domani e tra dieci anni (megalomania portami via) e anche a chi si “limiterà” a leggere. Sapere che i miei deliri di fangirl tengono compagnia a qualcuno è una sensazione bellissima.
Airborne
  
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