Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Lady Five    10/04/2021    3 recensioni
Troppa curiosità sulle Mura non ha mai portato a nulla di buono... chi ha fatto domande, spesso ha pagato a caro prezzo. Ma qualcuno non si rassegna a subire tutta questa omertà e chiede aiuto alla Legione Esplorativa, deciso a scoprire la verità... sulle Mura, ma anche su un grave fatto del suo passato. E la sua presenza getterà un po' di scompiglio anche tra i cadetti...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin Arlart, Erwin Smith, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6

 

Armin si avviò lentamente verso la camerata. Era ancora sconvolto. Il capitano Levi era stato molto magnanimo. E aveva ragione: erano stati imprudenti e avventati. Se non fosse intervenuto in tempo, forse in quel momento lui e Kim starebbero vagando inutilmente per i cunicoli bui di una vecchia miniera... magari non sarebbero nemmeno più stati in grado di ritrovare l'uscita... per non parlare del rischio di crolli, o di incontrare sacche di gas... Ma come era potuto succedere che proprio lui, Armin, non avesse minimamente preso in considerazione tutti i rischi connessi con quell'avventura, cosa che avrebbe fatto perfino un bambino? Non se lo sapeva spiegare nemmeno lui...
“Armin...” lo chiamò una voce dall'oscurità.
Il ragazzo si fermò. Ormai mancavano pochi metri all'ingresso del dormitorio e lui cominciava ad accusare la stanchezza: tutto ciò che desiderava era buttarsi sul suo giaciglio e sprofondare nel sonno.
Una figura sottile sgusciò dall'oscurità e si fermò davanti a lui.
Kim.
“Armin, non potevo andare in camera mia senza sapere: che cosa ti ha detto il capitano Levi?”
“Mi ha dato una bella strigliata, ma non farà rapporto al comandante Smith, non preoccuparti. Solo, non dobbiamo ovviamente parlarne con nessuno.”
La ragazza respirò sollevata.
“Oh, grazie al Cielo! Ero così angosciata, e mi sentivo così in colpa... se tu fossi finito nei guai per colpa mia non me lo sarei mai perdonato! Ed è vero quello che ha detto il capitano: era un piano assurdo e senza alcuna possibilità di successo! Ti chiedo scusa, non avrei dovuto coinvolgerti, sono stata incosciente ed egoista! Perdonami!”
Gli prese le mani e gliele strinse con calore. Armin, malgrado il sonno che cominciava a togliergli lucidità, provò ancora quella strana sensazione che sempre gli provocava qualsiasi contatto fisico con Kim. Come quando l'aveva tenuta in braccio mentre volavano con il dispositivo di movimento tridimensionale... Come avvicinare le dita a una fiamma... come bere una sorsata di acqua fresca quando si è molto assetati... come respirare il profumo della primavera... Per alcuni secondi non avvertì nient'altro che la morbidezza e il tepore della pelle di Kim, e i battiti del suo cuore che gli rimbombavano dentro.
Si rese conto che lei aveva continuato a parlare.
“... e volevo ringraziarti, perché hai rischiato molto per aiutarmi, e senza chiedere nulla in cambio, anche se quasi non ci conosciamo... e volevo anche dirti che sei davvero una persona speciale... sei così intelligente... e gentile... e generoso...”
Armin era sempre più confuso... perché Kim gli stava dicendo queste cose? Non ce n'era alcun bisogno... e perché intanto si avvicinava sempre di più?
Poi lei fece qualcosa di totalmente inaspettato. Si alzò appena sulle punte dei piedi e gli sfiorò le labbra con le sue. Poi corse via, mormorando un quasi impercettibile “buonanotte” e lasciandolo pietrificato.
Era stato solo un attimo, ma sufficiente a sconvolgerlo fino ai recessi più profondi del suo essere. Si avviò meccanicamente verso la camerata e si lasciò cadere sul letto, senza nemmeno spogliarsi. Era un bacio, quello? La stessa cosa di cui molti suoi compagni favoleggiavano? Di cui si parlava, talvolta sottovoce, con pudore, altre volte con scherno e sufficienza? Quello che a lui non era, in fondo, mai interessato? Perché Kim l'aveva fatto? Per riconoscenza? Per trasgressione? Lei, una ragazza della buona società, che si “abbassa” a baciare un semplice cadetto, uno del popolino? Che significato poteva avere?
Ma che importava sapere il perché e il percome? Era stato un momento bellissimo. E questa era l'unica cosa che contava.

 

Epilogo

Armin

Il giorno dopo la nostra bravata, Kim chiese un colloquio con il comandante Smith.
Confesso che, per un brevissimo istante, egoisticamente sperai che lei decidesse di restare, che chiedesse di arruolarsi... ma fu solo per un attimo. Riflettendoci meglio, capii che invece preferivo saperla al sicuro, a Mitras. Forse non sarebbe mai stata davvero felice, ma avrebbe vissuto più a lungo. Circostanze che a noi soldati, realisticamente, erano entrambe negate. Ma a tutta l'umanità non era concessa altra aspirazione: nascere, crescere, trovarsi un lavoro, farsi una famiglia, per i più fortunati, e morire il più tardi possibile. Tutto all'interno delle Mura. Mura senza fine.

Così, pochi giorni prima del terribile avvenimento che, per la seconda volta, cambiò per sempre la vita di tutti noi, Kim si mise in viaggio per tornare a casa sua.
La sera prima avevamo organizzato una piccola festa in suo onore, ma in realtà c'era ben poco da festeggiare. Almeno per me. Per quanto ci fossimo promessi di scriverci spesso, sapevamo che c'era la concreta possibilità di non rivederci mai più. E questo mi faceva male, in un modo che io stesso non sapevo spiegarmi. A quanto aveva detto, poi, avrebbe dovuto cercarsi un marito... e anche questo pensiero mi provocava delle strane sensazioni, niente affatto piacevoli...
Così, la serata, nonostante i lodevoli sforzi di Sasha, Connie e perfino del caposquadra Hanji, di creare un'atmosfera allegra e spensierata con battute di spirito, rimase pervasa da una immensa malinconia. A tutti dispiaceva che Kim se ne andasse, anche a chi non aveva avuto modo di parlare con lei. Era stata comunque una ventata di novità, una piccola distrazione dalla nostra dura routine di cadetti. Gli unici che - ne sono sicuro - erano sollevati per la sua partenza erano il comandante Smith e il capitano Levi. E potevo capire le loro ragioni.

Non avevo compreso fino in fondo, invece, per quale motivo Kim si fosse arresa così facilmente. Non chiese nemmeno più di salire sulla sommità delle Mura... e, con il senno di poi, fu una vera fortuna!
Forse l'impossibilità di esplorare la miniera l'aveva messa di fronte alla cruda verità: non avrebbe mai scoperto nulla sulla sorte di suo padre, e nessuno avrebbe potuto aiutarla, anche volendo. Eravamo tutti alle prese con problemi molto più gravi. Avevamo ambizioni più alte. Non c'era spazio per le tragedie personali. E, in ogni caso, suo padre non sarebbe tornato mai più.
Kim partì all'alba. Il comandante Smith, per guadagnare tempo, le aveva procurato una carrozza abbastanza confortevole che l'avrebbe condotta rapidamente alla capitale. Avvertire suo padre di mandarne una avrebbe richiesto troppo tempo.
Nel cortile, a salutarla, c'ero soltanto io. Lei era triste, ma determinata. Io ero altrettanto triste, e anche imbarazzato, confuso. Avrei voluto dirle tante cose, ma non sapevo se era il caso, e nemmeno da dove cominciare. Ero ancora preda di quel groviglio di sensazioni e sentimenti senza nome che non mi aveva più abbandonato da quando l'avevo incontrata.
Ancora una volta, fu lei a prendere in mano la situazione. Mi guardò dritto negli occhi.
Armin - disse - non dimenticherò mai quello che hai fatto per me e, soprattutto, ti sono grata per avermi onorato della tua amicizia. Non ho mai conosciuto una persona come te... Con te ho potuto parlare liberamente, senza paura di essere giudicata o presa per pazza... Ti scriverò spesso... Ma tu promettimi che avrai cura di te...”
Sul finale la voce le si spezzò.
All'improvviso mi prese una mano e vi depose qualcosa. Guardai: era un piccolo braccialetto, un semplice filo color argento.
Ecco, tienilo per mio ricordo. Purtroppo non ho con me molte cose, ma spero che ti faccia pensare alla nostra amicizia... e, se ti capiterà di venire a Mitras, ti prego di farmelo sapere...”
Io, profondamente commosso, la ringraziai, ma le risposi che non avevo bisogno di alcun oggetto per ricordarmi di lei... che l'avrei pensata spesso e le avrei dedicato ogni mia azione futura... che avrei combattuto contro i Giganti perché lei potesse un giorno essere libera... e, se avessi scoperto qualcosa riguardo alla miniera, glielo avrei fatto sapere... perché non doveva disperare e forse prima o poi la verità sarebbe venuta a galla... le dissi anche di cercare di essere felice, almeno lei. Di esserlo anche per me...
L'ultimo ricordo che ho di lei è il suo dolcissimo viso affacciato al finestrino della carrozza che si allontanava e la sua mano che mi salutava, sempre più distante.
E poi... e poi accadde ciò che accadde: l'attacco del Gigante Colossale a Wall Rose, la scoperta della doppia natura di Eren, gli esperimenti di Hanje, il “tradimento” di alcuni nostri compagni..., che noi consideravamo amici...
Di tutti questi avvenimenti, però, non potei scrivere nulla a Kim.
Lei invece mi scriveva regolarmente. Ricevevo almeno una lettera al mese, in cui raccontava la sua vita a Mitras. Non si era sposata... non ancora, perlomeno. Aveva chiesto a suo padre di poterlo aiutare nei suoi affari e sembrava cavarsela molto bene, tanto che l'uomo, inizialmente contrario, alla fine aveva finito per coinvolgerla sempre di più. Anche perché Kim era la sua unica figlia. Ero contento per lei. Tanto sapevo che non mi avrebbe aspettato... perché avrebbe dovuto? Non c'era alcun futuro per noi.

Quando poi scoprimmo il Gigante racchiuso all'interno del Wall Sina, mi ricordai delle osservazioni di Kim sulla strana natura del materiale di cui erano fatte le Mura1: qualcosa che non aveva alcuna somiglianza con altre costruzioni conosciute. E, molto tempo dopo, capimmo anche il perché... e fu una scoperta sconvolgente, destinata a cambiare per sempre le sorti dell'intera umanità.

 

 

                                                      FINE

 

 

 

 

Note conclusive dell'autrice

Questa storia, come dicevo all'inizio, è stata ispirata da un episodio citato in AOT, ma anche da una mia antica passione: anche se nella vita faccio tutt'altro, ho una laurea in archeologia medievale, con una tesi proprio sulle tecniche murarie (nel mio caso di una basilica), quindi, parafrasando indegnamente la frase attribuita a Flaubert, potrei dire “Kim c'est moi”...

Scherzi a parte, nel progetto iniziale questa fanfiction avrebbe dovuto essere molto più lunga e articolata...., ma l'ispirazione per sviluppare lo spunto di partenza tardava a venire e, dopo circa 5 anni, ho deciso che era ora di lasciarla andare, con la possibilità di una seconda parte, se dovesse venirmi qualche illuminazione. Visto anche il capitolo finale del manga, mi era venuta la tentazione di modificare la conclusione della mia storia... ma probabilmente avrebbe richiesto troppo tempo, perciò non l'ho fatto. Mi riservo, appunto, di riprenderla eventualmente in futuro.

 

Detto questo, ringrazio di cuore chi ha letto la storia, chi l'ha inserita tra le seguite e le preferite!

Un caro saluto a tutti!

 

 

 

 

1 Nel capitolo 37 del manga Hanji scopre che la struttura cristallina della pelle indurita del Titano Femmina è molto simile a quella delle Mura.

Per la mappa di Paradis:

 https://agitated-montalcinin.netlify.app/paradis-attack-on-titan-world-map.html

  
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