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Autore: Betz73    14/02/2023    8 recensioni
Ho scritto questa fanfiction per la ricorrenza di San Valentino, che è ormai alle porte. Pensavo venisse una oneshot ma mi sono ritrovata con 2 capitoli...così ho deciso di postare il primo oggi e la conclusione domani per celebrare con un piccolo omaggio la festa degli innamorati. Spero vi piacerà egrazie a chi vorrà dedicarmi un po' del suo tempo ^^
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Marron Glacé, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ferma di fianco ad André alle soglie dell’ampio salone già gremito di aristocratici, in attesa che entrambi venissero ufficialmente annunciati come il Duca e la Duchessa di Bouillon (località sufficientemente lontana perché nessuno potesse conoscere i volti dei nobili a cui di diritto apparteneva), Oscar non poté evitare di riandare con la mente al ballo di fine dicembre, che l’aveva vista indossare per la prima volta abiti femminili, sebbene con intenti alquanto diversi da quelli che si era prefissata in questa occasione. Ricordava ancora il leggero nervosismo con cui aveva mosso i suoi passi tra la folla di cortigiani, in cerca di quell’unico sguardo che non aveva tardato ad accorgersi di lei tra le tante dame presenti. Era iniziato tutto in un modo così piacevole…per finire poi con le sue lacrime, versate in completa solitudine, perché nessuno fosse testimone, anche solo involontario, del suo stupido errore.
Volse lo sguardo verso André, quasi cercasse un conforto, se pur tardivo, alla debacle di quella sera: la sfiorò per un attimo il pensiero che se ci fosse stato lui ad accompagnarla, il suo dolore in qualche modo sarebbe stato più lieve. Non l’avrebbe di certo consolata né tantomeno biasimata, ma con la sua sola presenza avrebbe accolto in silenzio il suo pianto, offrendole un tacito supporto. André aveva sempre condiviso ogni istante della sua vita, tranne quella manciata di minuti che si erano appunto rivelati un colossale abbaglio: anche ora se ne stava tranquillo al suo fianco, offrendole il braccio perché potesse appoggiare la propria mano nella sua, indifferente al potenziale pericolo in cui lei lo aveva nuovamente trascinato. Riusciva a percepire tutta la sua fermezza nel calore di quelle dita che stringevano delicatamente le sue: come aveva anche solo potuto immaginare che fosse lui il Cavaliere Nero? Per quale assurda follia si era ritrovata a dubitare del suo André?
Del suo Andrè?! Ma che diamine….?

- Mi auguro che il Cavaliere Nero non abbia avuto la nostra stessa idea, scegliendo di travestirsi da nobile per mescolarsi agli invitati…
La voce di lui la fece quasi sussultare, strappandola al turbamento che le aveva provocato il suo piccolo soliloquio, per riportarla bruscamente alla realtà.
- Mi risulta che abbia sempre colpito vestendo i suoi panni, quasi se ne facesse un vanto. Ma la tua considerazione è molto acuta: cerchiamo di tenere gli occhi ben aperti.
Oscar diede immediatamente seguito alle proprie parole, mettendosi ad osservare gli ospiti con maggior attenzione, ma non vide nulla tra quegli uomini mascherati e chiassosamente eleganti che potesse metterla in allarme. Alcuni stavano già danzando, altri si tenevano ai margini del salone e sembravano piuttosto indaffarati a parlare e ridere tra loro, e a guardare con occhi famelici le dame presenti in sala. André aveva ragione: non sembrava esattamente un ricevimento simile a quelli a cui avevano partecipato i giorni precedenti. Se gli sguardi della controparte maschile avevano un ché di predatorio, non da meno le dame presenti sembravano gareggiare per mettersi in mostra ed assicurarsi di essere le più ammirate e desiderate, contribuendo così ad un gioco silenzioso di reciproca intesa che rendeva quanto mai malsana l’aria della stanza.

Finalmente i loro nomi vennero annunciati, e tra i molti volti curiosi che Oscar vide volgersi verso di loro, uno in particolare la colpì più degli altri: una giovane donna, riccamente vestita in un tripudio dorato di pizzi e volant, li fissava con evidente insistenza, quasi stesse cercando di imprimere nella mente ogni dettaglio del loro aspetto. Non era certamente il suo viso ad attirare l’interesse dei presenti, pesantemente truccato sotto la maschera ornata di piume, né l’elaborata parrucca da cui spuntavano perle a non finire, quanto piuttosto la profonda scollatura che ben poco lasciava all’immaginazione altrui, e che veniva da lei ostentata al pari di un gioiello prezioso. E fu proprio grazie a questo esame più approfondito se Oscar poté infine accorgersi di quale fosse il reale obbiettivo del suo sguardo rapace: non entrambi…ma soltanto André. Lo guardava con un’intensità tale che sembrava volesse mangiarlo con gli occhi, e di fronte a tanta sfrontatezza Oscar sentì l’avversione montare in lei come un’onda inarrestabile: d’impulso strinse le dita di André, in un gesto di chiaro possesso che la sorprese per la sua veemenza.
 Lui percepì la sua stretta e si volse immediatamente a guardarla.
- Oscar, va tutto bene?
- Sì…solo…un piccolo crampo. Sai, queste maledette scarpette di raso…
Fortunatamente André sembrò ignorare le attenzioni di cui era oggetto, e nemmeno si accorse della sua piccola bugia. Le sorrise premuroso, mentre avanzavano verso il centro del salone.
- Allora sarà meglio attendere un po’ prima di danzare…
- No, invece. Balliamo, André. Dobbiamo passare per normali invitati.

Presero posto tra le altre coppie, lasciandosi trasportare dalle prime note di un valzer, che tanto andava di moda poiché la regina Maria Antonietta in persona lo aveva introdotto a corte. André non ricordava di aver mai avuto occasione di danzare con Oscar in quel modo: anche durante le lezioni apprese da bambini, ad entrambi era sempre stato insegnato il ruolo del cavaliere, ed erano state le sorelle di lei a prestarsi di volta in volta quali compagne di ballo. Adesso invece poteva cingerla delicatamente e condurla sulle note di una musica soave, mentre gli occhi e il cuore si saziavano di tanta grazia: Oscar era una splendida ballerina, leggera e precisa in ogni passo, come se non avesse mai fatto altro. La ferrea educazione militare a cui era stata costretta non aveva tolto nulla alla sua innata femminilità, che la cadenza del valzer sembrava anzi esaltare. Una voce dentro di luì gli ricordò che già qualcuno in precedenza aveva avuto la fortuna di godere di un simile piacere, tuttavia la zittì all’istante per non rovinare la perfezione del momento: avrebbe invece ricordato con gratitudine quella serata per il resto della vita.

Oscar si lasciava guidare dalle movenze esperte di André, ben conscia della sua bravura, che aveva avuto modo di osservare ogni volta in cui avevano preso parte ad un ballo insieme alla piccola Rosalie. Tuttavia non avrebbe mai immaginato che fosse tanto piacevole farsi condurre da lui: per un attimo si trovò a desiderare di poter abbassare le palpebre e fingere che nessun altro oltre a loro fosse presente. La sua mano le cingeva la vita con fare sicuro, poteva persino percepirne il calore nonostante il corsetto: era la stessa sensazione che le avvolgeva le dita della mano destra, facendola sentire…protetta. Lasciò vagare lo sguardo sul suo torace solido, risalendo lentamente sul viso: prima il mento, così perfetto da sembrare cesellato, poi la mascella virile, le labbra increspate in un accenno di sorriso, e infine gli occhi, che la guardavano come se potessero leggere il suo più intimo pensiero. Le iridi brillavano di una luce nuova, e ad Oscar parve non fosse soltanto per il riflesso delle candele che illuminavano tutta la sala: l’intensità del suo sguardo la fece sentire per un istante come l’ultima cosa bella rimasta al mondo.
Il cuore prese improvvisamente a sfarfallarle nel petto, una reazione così inusuale ed inaspettata da confonderle i pensieri: perché mai ballare insieme ad André le stava facendo quell’effetto? C’era qualcosa di diverso in lui, ma non era l’abbigliamento elegante né l’aspetto così curato… Era come se i suoi occhi la invitassero a guardare oltre la maschera, a vederlo davvero per la prima volta…
La magia che sembrava averli avvolti venne bruscamente annullata da un colpo, neanche tanto leggero, che Oscar avvertì in mezzo alla schiena, come se un’altra coppia l’avesse urtata per sbaglio. Volse il viso alla sua sinistra e riconobbe a poca distanza la stessa giovane donna che aveva visto fissare André con troppa sfacciata insistenza: danzava con un uomo più basso di lei, ben più interessato alla profondità del suo décolleté che ai passi del valzer, e invece di dissimulare la propria responsabilità, ricambiò il suo sguardo con un piccolo ghigno di soddisfazione.

Il primo pensiero che attraversò la mente di Oscar fu il rammarico di non avere con sé la sua spada, per poter alleggerire di qualche orpello dorato quell’abito eccessivo, tuttavia decise altrettanto velocemente di ignorare una simile impertinenza perché non le rovinasse il piacere della danza. Tornò quindi a guardare André, e solo allora si rese conto di essere ben più vicina a lui, di aver accorciato involontariamente la distanza dettata di norma dal valzer, come se il suo corpo avesse reagito in modo autonomo all’ingerenza appena subita, cercando rifugio in lui.
Ignaro di quel piccolo scontro, André aveva avvertito immediatamente l’avvicinarsi di Oscar, pur senza capirne il motivo: aveva quindi lasciato scivolare la mano intorno alla sua vita, felice di poterla stringere un po’ più a sé. Di certo una tale prossimità avrebbe dettato scandalo a corte, ma il ricevimento a cui stavano partecipando avrebbe permesso quello…e ben altro. Fosse stato per lui, non l’avrebbe lasciata andare mai più.
La vicinanza con il corpo di André non fece che accelerare ulteriormente il battito di Oscar, trasformandone lo sfarfallio in un vero galoppo: nonostante la musica dettasse ancora i loro passi, erano soltanto ad un soffio dall’abbracciarsi. Con il suo respiro a sfiorarle delicatamente i capelli, le sembrava di poter sentire il suo sguardo scaldarle la pelle. Ad un tratto ebbe la sensazione che l’aria le venisse a mancare mentre un calore improvviso le faceva avvampare il viso. André notò il suo rossore e le propose di interrompere la danza, conducendola ai margini del salone, verso le vetrate che si affacciavano ai giardini.
- Tutto bene Oscar? Ti vedo accaldata. Posso portarti qualcosa da bere?
- Sì, grazie, André. Sei molto caro.

Forse un sorso di champagne l’avrebbe aiutata a combattere l’arsura che di colpo le aveva seccato la gola. André si diresse verso l’angolo opposto della sala, per raggiungere un cameriere che si era appena affacciato da una porta laterale con un vassoio pieno di calici ricolmi. Oscar lo seguì con lo sguardo finché si ritrovò la visuale ostacolata da uno degli invitati, che, vedendola finalmente sola, le si parò davanti cercando di attirare tutta la sua attenzione. Indossava un completo verde impreziosito da vistosi ricami disseminati di piccole gemme, e si esibì in un profondo inchino – piuttosto teatrale a dire il vero – prima di rivolgerle la parola con un tono di voce fastidiosamente mellifluo.
- Buonasera Madame. Permettetemi di dirvi quanto vi trovi incantevole! Ho avuto modo di osservarvi sin dal momento in cui avete varcato la soglia di questa sala, e posso confessarvi senza ombra di dubbio che la vostra impareggiabile bellezza mi ha letteralmente colpito al cuore.
Sembrava quasi recitare, per il modo in cui accompagnò le ultime parole accostandosi la mano destra al petto.
Oscar abbozzò un leggero inchino quale inevitabile ringraziamento a tante chiacchiere vanesie, cercando mentalmente un modo per scoraggiare le sue sgradite attenzioni. Non che fosse anziano, poteva anzi avere all’incirca la sua età ed i suoi lineamenti apparivano persino gradevoli, dietro l’immancabile maschera di raso. Ma il modo in cui la guardava la mise profondamente a disagio: sembrava stesse soppesando pregi e difetti di una giumenta prima di deciderne l’acquisto, valutandone in particolar modo l’idoneità alla monta. Oscar si ritrovò a coprirsi istintivamente la bocca con il ventaglio, nel malaugurato caso in cui avesse voluto controllarle in qualche modo i denti.
Non ricevendo alcuna replica, l’aspirante pretendente continuò nel suo monologo.
- Madame, mi fareste il grande, grandissimo onore di concedermi il prossimo ballo?
Cercando nell’immediato una scusa plausibile con cui respingere il suo invito, Oscar tentò una prima risposta:
- Certamente…

All’udire questa singola, incoraggiante parola, il damerino si profuse in una nuova riverenza, liberando finalmente il campo visivo di Oscar. Fu così che la giovane ebbe la possibilità di notare ciò che stava per accadere dietro di lui: dalla parte opposta in cui si era diretto André, ormai in possesso dei due calici di champagne, la donna con il vestito dorato si stava facendo largo con una certa irruenza tra gli invitati, senza dubbio con la chiara intenzione di raggiungerlo e procurarsi così un tête-à-tête. Decise all’istante di cercare un modo per fermarla.
- Dicevo….certamente anche il vostro aspetto non sarà passato inosservato, Monsieur. Anzi, vi confesso di aver notato qualcuno seguirvi con grande interesse per tutta la serata.
Di fronte all’espressione interrogativa ma palesemente lusingata del giovane, Oscar portò avanti il suo piccolo piano.
- Vedete quella dama dall’elegante abito color oro? Ebbene, non ha avuto occhi che per voi, ve lo assicuro! Ed immagino sia disposta a mostrarvi non solo i suoi occhi, ma anche ben altro…
Terminò la frase con un piccolo colpo di tosse, alquanto allusivo. L’uomo si voltò immediatamente in cerca della donna in questione, e come tutti i presenti non tardò a concentrare la propria attenzione su quel petto che sembrava potesse fuoriuscirle dal corpetto in qualsiasi momento. Non gli ci volle molto per intuire quale fosse la preda più facile e ben disposta tra le due: la dama in blu di fronte a lui era indubbiamente magnifica, tuttavia qualcosa in lei comunicava una certa severità che forse sarebbe stata troppo dura da scalfire. Dopotutto si era recato a quella festa per puro sollazzo: perché quindi avventurarsi in inutili difficoltà?

Tornò a guardare Oscar e con un’impercettibile alzata di spalle prese commiato con un ultimo inchino ed un enfatico “Quel dommage!”, voltandosi per raggiungere quanto prima il nuovo oggetto del suo desiderio. Riuscì ad intercettarlo a metà salone, e probabilmente tanto la sua avvenenza quanta la propensione alla lusinga sperticata, dovettero far breccia nella sua vittima, la quale, dopo un breve scambio di battute, accettò il braccio galantemente offertole, cambiando finalmente direzione per dirigersi con lui verso una delle porte laterali.
Oscar non poté non concedersi un piccolo momento di soddisfazione di fronte alla piena riuscita del suo stratagemma: a quanto pare astuzia femminile e strategia militare non erano poi così dissimili tra loro. Inutile comunque rischiare altri spiacevoli incontri come questo: era tempo ormai di concentrarsi sulla vera missione di quella serata.
Non ci volle molto perché André finalmente la raggiungesse, porgendole la coppa di champagne, da cui bevve alcuni sorsi.
- Va meglio, Oscar?
Avrebbe voluto chiederle altro, poiché non gli era sfuggito l’allontanarsi di quel cicisbeo in verde che si era evidentemente approfittato della sua breve assenza per avvicinarla, ma notandole in viso un’espressione piuttosto compiaciuta, non osò approfondire.
- Sì André, ti ringrazio. Ho notato che alcune coppie si sono già dirette all’esterno. Credo sia ora di fare altrettanto, se vogliamo catturare il Cavaliere Nero.

Si volse quindi verso una delle grandi vetrate dietro di lei, attraversandola insieme ad André per uscire sulla balconata che dava l’accesso ai giardini, in cui sperava si fosse già nascosto il ladro. Il clima si rivelò meno rigido di quanto ci si aspettasse a febbraio, merito forse delle numerose torce che illuminavano il percorso tra le varie aiuole. Si avviarono quindi lungo il sentiero principale, raggiungendo poco dopo un punto fiancheggiato da siepi di bosso così alte da superare la loro statura, tra le quali, ad intervalli regolari, si aprivano alcuni passaggi che davano all’interno di vere e proprie “stanze verdi”, come si sarebbero potute chiamare: ognuna provvista di panchine o sedili in pietra, e di un grande braciere acceso per mitigare il freddo invernale. Una scenografia quanto mai ideale per i convegni amorosi che erano poi la vera caratteristica di quella festa, si ritrovò a pensare André. E di fatti non ci volle molto perché il silenzio notturno si popolasse con ogni tipo di vocio: dalle risatine e i gridolini alle finte proteste sussurrate a mezza voce, fino ai gemiti sommessi e ai veri propri ansimi. Un concerto in cui ogni nota era dettata dalla lussuria e che ben presto creò ad entrambi – specialmente ad Oscar – non poco imbarazzo, soprattutto per la necessità di dover sbirciare attraverso ogni apertura nella speranza di trovare prima o poi uno spazio non ancora occupato, in cui potersi appartare per attirare il Cavaliere Nero. Nonostante cercassero di dare solo una veloce occhiata, era pressoché impossibile ignorare gli atteggiamenti equivoci a cui tutti si stavano abbandonando, spesso così espliciti da lasciare davvero poco all’immaginazione: tra gonne sollevate e mani intrufolate nei corsetti sembrava di stare in un postribolo a cielo aperto.

Finalmente riuscirono ad individuare una panchina libera su cui presero posto, l’uno accanto all’altra, sfiorandosi appena con le spalle. E così toccò a loro essere oggetto degli sguardi delle altre coppie, che una dopo l’altra cercavano di orientarsi tra quel dedalo di boschetti: alcune non si facevano alcuno scrupolo di lanciare ben più di una sfuggevole occhiata, varcando anzi la soglia quasi cercassero di spiare l’altrui intimità, ma era innegabile notare sui loro volti una certa delusione appena lo sguardo cadeva su Oscar e André. Una reazione così evidente che Oscar non poté fare a meno di rimarcarla.
- Non capisco perché ci guardino in quel modo!
- Beh – rispose André  - direi che sia alquanto improbabile passare per dei nobili che cercano quel tipo di svago… In effetti abbiamo più l’aria di due persone sedute in chiesa!
La sua risata finì per trascinare anche quella di Oscar: impossibile dargli torto, sembravano delle mosche bianche finite in mezzo ad un baccanale. Avevano ancora sulle labbra l’ombra di un sorriso quando si cercarono con lo sguardo.
- Mi permetti? – le chiese André con voce leggermente roca.
Oscar annuì in silenzio, lasciando che le cingesse le spalle con un braccio, mentre con l’altra mano prendeva la sua, abbandonata in grembo. Non era un gesto eccessivamente intimo né troppo sconveniente, e André si godette quella vicinanza come fosse un dono caduto dal cielo: la trasse dolcemente a sé perché potesse appoggiare il capo al suo petto, ringraziando in silenzio il Cavaliere Nero per avergli involontariamente regalato un momento così speciale.

In quel preciso istante entrambi sentirono un forte rumore tra il fogliame della siepe, come se qualcosa - o piuttosto qualcuno! – stesse per fare irruzione in quell’alcova naturale. Oscar sollevò il viso verso di lui, gli occhi spalancati in un’espressione tra il sorpreso e l’allarmato.
- Presto, André! Fai qualcosa! Non deve capire che lo stiamo aspettando!
E che altro poteva mai fare André, se non cadere in quelle pozze blu che gli avevano stregato la vita, e cedere al desiderio che per anni aveva represso a fatica dentro di sé? Nella concitazione del momento le fece scivolare d’impulso le dita lungo la schiena fino a stringerla in un abbraccio, abbandonandosi finalmente al bisogno ormai incontenibile di conquistare la sua bocca.
Avrebbe dovuto soltanto fingere di baciarla, limitandosi ad un contatto che fosse casto e rispettoso, ma ogni buon proposito venne dimenticato non appena colse il suo sapore tra quelle labbra che lo stupore aveva dischiuso per lui. Prese a muoversi lentamente, ammaliato dal modo arrendevole eppure passionale con cui veniva corrisposto: la bocca di Oscar era morbida e calda, dolce come il miele più puro, e sembrava invitarlo a smarrirsi in lei. Non avrebbe potuto fermarsi in alcun modo, non ora che poteva sentire l’amore della sua vita fremere per il suo bacio: se lei lo avesse respinto, allontanandolo con forza da sé, forse allora avrebbe riacquistato la forza necessaria per lasciarla andare. Ma le mani di Oscar, chiuse a pugno sul suo petto, si allargarono gradualmente in un’inconsapevole carezza, spingendolo a chiedere sempre di più. Quando le labbra di lei si aprirono per accoglierlo, l’unico pensiero lucido che riuscì a formulare, prima di perdersi definitivamente, fu quanto poco gli sarebbe importato se quello fosse stato il suo ultimo respiro.

Oscar si sentiva come inebriata dal mare di sensazioni che l’avevano travolta. Il cuore ancora doveva placare la sua corsa per il modo in cui André l’aveva avvicinata a sé, prendendole la mano: con il profumo della sua colonia ad addolcirle le nari e la guancia accostata al suo panciotto, le era parso di percepire dentro di lui lo stesso ritmo accelerato, quasi i loro battiti fossero l’unico suono venuto a scuotere l’aria. Poi un rumore improvviso l’aveva come scossa e in un attimo si era ritrovata tra le sue braccia, la bocca catturata dalle sue labbra delicate ma decise, in grado di insegnarle per la prima volta cosa fosse il piacere. Avrebbe dovuto sottrarsi e guadagnare in qualche modo una distanza di sicurezza…ma le sue dita, anziché opporsi alla dolce stretta di quell’abbraccio, affondarono nel velluto della giacca, quasi a pregarlo in silenzio di non lasciarla andare. Si fece guidare in luoghi sconosciuti, accettando la sua dolce invasione come se l’avesse attesa da tutta la vita, come se soltanto ad André potesse donare il proprio respiro. Nella confusione in cui si persero i suoi pensieri, realizzò per la prima volta e senza alcuna incertezza, di appartenergli.

André si staccò da lei quando sentì sfuggirle un gemito, temendo di averla sopraffatta con il proprio impeto: se l’avesse in qualche modo spaventata non se lo sarebbe mai perdonato. Riconobbe invece il desiderio nel blu infinito dei suoi occhi, e le sue labbra, rese ancor più belle da quel bacio rubato, sembravano invitarlo ad un altro irresistibile assaggio. Fece per chinarsi di nuovo sulla sua bocca tentatrice, quando notò un piccolo movimento ai margini del suo campo visivo, che lo spinse a volgere il viso leggermente verso sinistra. Oscar seguì la direzione del suo sguardo, così che ambedue si ritrovarono a fissare un leprotto, fermo davanti a loro in mezzo al manto verde, intento a divorare velocemente qualche filo d’erba mentre li osservava con i suoi occhietti neri. Al termine del suo pasto, l’animaletto si esibì in un paio di salti fino a raggiungere un passaggio invisibile nella siepe, da cui probabilmente si era intrufolato e attraverso cui scomparve in un secondo.

Quella breve apparizione segnò la fine dell’incanto, riportandoli bruscamente alla realtà. Ed avrebbero riso insieme di un simile grossolano abbaglio se il cuore di entrambi non fosse stato rapito da quel bacio appassionato. Sciolsero l’abbraccio che ancora li teneva legati, e restarono a guardarsi per un tempo che parve indefinito, incapaci di pronunciare qualsiasi parola dopo ciò che avevano condiviso.
Fu un grido femminile, proveniente da un punto imprecisato del giardino, a spezzare il loro silenzio fatto di sguardi ed emozioni a stento trattenute. Si alzarono immediatamente, consci che qualcosa di grave doveva essere accaduto: in pochi istanti le coppie che si erano appartate come loro, si riversarono nel vialetto d’accesso offrendo un imbarazzante spettacolo di vestiti in disordine e parrucche storte, sotto le quali però ognuno mostrava la medesima espressione spaventata. Prima ancora di riuscire a farsi largo tra gli invitati, Oscar venne raggiunta dalla notizia che il marchese di Méréville e della duchessa di Mayenne erano stati derubati, e che il responsabile era, ancora una volta, il famigerato Cavaliere Nero. Non si era dunque sbagliata nel prevedere la sua presenza al ricevimento, tuttavia l’idea di poter concentrare proprio su di sé l’interesse di quel criminale, si era rivelata un completo insuccesso. Molti dei nobili presenti dichiararono impauriti di volersene andare immediatamente, nonostante si stesse già diffondendo la voce che il ladro era scappato a cavallo ancor prima che la duchessa potesse urlare, e, di lì a poco, svenire.
Non c’era nulla che Oscar potesse fare, certamente non con quel vestito ingombrante e tantomeno senza il suo César. Si volse quindi verso André, a pochi passi dietro di lei, soltanto per dirgli con voce incolore: “E’ finita. Torniamo a casa”.

***

Il tragitto verso palazzo Jarjayes fu molto diverso rispetto a quello di qualche ora prima: nessun tono scherzoso a rallegrare l’atmosfera nella carrozza, appesantita invece da un muro di silenzio impenetrabile che nessuno dei due passeggeri pareva intenzionato ad abbattere.
Oscar guardava di nuovo fuori dal finestrino, quasi il buio avesse incatenato il suo sguardo, finalmente libero dalla maschera in pizzo che giaceva dimenticata tra le pieghe del mantello. Con le braccia conserte e l’espressione indecifrabile, pur essendo seduta di fronte ad André, appariva distante mille miglia da lui. Le sembrava tutto così irreale…e invece no, non lo era affatto! Era accaduto davvero, ed era accaduto a lei. E se fosse servita una prova a dimostrazione che non si era trattato di una fantasia né di un sogno, sarebbe bastato chiedere alle sue labbra, che ancora conservavano il calore della bocca di André, e alla sua lingua, che ne custodiva gelosamente il sapore. Era arrabbiata? Offesa? Dispiaciuta? Impossibile capirlo nel tumulto di emozioni che le erano rimaste dentro dacché si era seduta su quella panchina: per quanto si sforzasse di mettervi ordine e trovare una risposta, non vi riusciva. Ed in mezzo a quel caos così perfettamente dissimulato dalla propria rigida compostezza, una sola ed unica certezza continuava ad emergere, quasi volesse farsi beffe di lei: si sarebbe arresa ad un nuovo bacio, non fosse stato per quel leprotto. Ciò che aveva provato tra le braccia di André era stato così…non poteva neppure descriverlo. Né tantomeno comprenderlo. Forse per questo, pur nella solitudine forzata della carrozza, qualcosa la spingeva a rifuggire il suo sguardo.

André giocherellava distrattamente con i lacci della sua maschera, che si era tolto non appena lasciata la tenuta dei Fronsac. Con la mente affollata da mille pensieri per ciò che era accaduto tra loro, non era riuscito a trovarne neanche uno da poter condividere con Oscar. Non c’era da stupirsene d’altronde: cosa mai avrebbe potuto dirle? Che era stato un errore baciarla e che era pentito di averlo fatto? Sarebbe stata la più grande delle menzogne perché sapeva di non avere alcuna traccia di pentimento dentro di sé, nemmeno l’ombra. Aveva sognato così tante volte quel momento, eppure nessuna fantasia si era mai minimamente avvicinata a ciò che le sue labbra gli avevano donato nella realtà. Sarebbe morto su quella bocca che per pochi istanti lo aveva portato in paradiso, e che ora se ne stava invece chiusa in un ostinato mutismo. Ma neppure questo poteva dirle… Scusarsi, ecco ciò che avrebbe dovuto fare: chiederle perdono per essersi preso troppe libertà…per essersi preso il suo primo bacio. Se almeno lo avesse respinto, o anche solo rimproverato, forse avrebbe trovato il modo di spiegare… Ma spiegare cosa? Che l’amava da sempre? Che non c’era battito del cuore che non le avesse consacrato sin dal primo giorno in cui era giunto a palazzo Jarjayes? E che quello stesso cuore era ora schiacciato dal terrore di averla in qualche modo perduta? Perché quella era l’unica, terribile verità: non era il rimorso di ciò che aveva fatto a tormentargli l’anima, bensì la paura di aver varcato un limite proibito, di essersi spinto troppo oltre, fino a superare il maledetto punto di non ritorno che avrebbe cambiato per sempre il loro rapporto. E forse era già troppo tardi. Oscar neppure lo guardava: per quante occhiate furtive le avesse lanciato, non aveva mai incrociato il suo sguardo, nemmeno una volta, quasi i suoi occhi fossero incollati al vetro del finestrino. Sarebbe sempre stato così d’ora in poi? Lo avrebbe semplicemente ignorato, trattandolo infine per quel servo che realmente era? Poteva un bacio d’amore tramutarsi in una colpa, ripagata con la più fredda indifferenza?
Per quanto il povero André si arrovellasse, tutte le sue domande rimasero una ad una senza risposta, mentre la carrozza con un ultimo sussulto si fermava davanti all’ingresso del palazzo di famiglia. Oscar alzò il cappuccio celando parte del viso: senza proferire parola né attendere alcun aiuto da parte di André, fu la prima a scendere, quasi volesse lasciarsi alle spalle l’intera serata.

***

L'atrio era ancora ben illuminato dalle candele, che andavano consumandosi lentamente sui doppieri: la servitù doveva essersi già ritirata poiché nessun suono venne ad infrangere il silenzio assordante che li aveva accompagnati sin dentro casa.
André seguiva Oscar ad una manciata di passi, il cuore ormai soffocato dalla consapevolezza di essere, in ultima analisi, l'unico responsabile del gelo che sembrava essere calato tra loro. Le labbra gli bruciavano per il bisogno di augurarle almeno la buonanotte e costringerla in qualche modo a parlargli, anche solo per educazione. Voleva soltanto udire la sua voce prima di affrontare l'insonnia che certamente lo avrebbe atteso nella sua stanza, ma quella schiena che procedeva dinnanzi a lui senza accennare ad alcuna esitazione, riusciva a scoraggiare sul nascere qualsiasi tentativo.
Giunsero in breve ai piedi della scalinata, che solo poche ore prima era stata foriera di tante emozioni ed ora appariva piuttosto come il primo vero punto di quel distacco a cui forse erano già tristemente destinati. Oscar appoggiò il palmo sul corrimano, sollevando il piede destro sul primo gradino: ad André non era mai parsa così distante come in quel maledetto momento. Poi d'un tratto si fermò senza procedere oltre, portando entrambe le mani ai lati del volto per abbassare il cappuccio del mantello. Rimase come immobile per qualche istante, poi con il capo scoperto finalmente si volse, cercando senza indugio i suoi occhi verdi che chiedevano speranzosi una possibilità di tregua.

La sorpresa lo lasciò per un istante interdetto, il tempo di realizzare che il respiro gli si era fermato, in attesa della sua sentenza.
- André...quello che è successo nei giardini...
Il cuore prese a martellargli nel petto per l'ansia di trovare le parole giuste con cui scusarsi, e recuperare così qualcosa della frattura che d'improvviso si era aperta fra loro.
- Oscar, io non avrei dovuto-
- È stato...molto bello.
Una frase quasi sussurrata prima che un velo di rossore tradisse l'imbarazzo della sua piccola grande confessione. La verità si era fatta largo in lei con prepotenza, rendendole all’improvviso insopportabile il pensiero che lui potesse in qualche modo sentirsi colpevole nei suoi confronti, e pentirsi addirittura di ciò che era stato. Il cuore le diceva invece a gran voce che non avrebbe potuto rimpiangere quei pochi istanti trascorsi tra le sue braccia: il bacio di André l’aveva fatta sentire viva come mai le era capitato prima. Forse per questo non poté evitare di guardare le sue labbra prima di aggiungere “Buonanotte”, e volgersi per salire verso la sua camera.

Non riuscì però a raggiungere il gradino successivo, poiché le dita di André la trattennero delicatamente per un braccio, obbligandola a girarsi verso di lui e a cercare nuovamente il suo viso. E ciò che vide nel suo sguardo traboccante d’amore la fece sentire finalmente a casa, come se, dopo tanto peregrinare, avesse infine raggiunto il suo porto sicuro, l’unico posto a cui davvero sapeva di appartenere.
André aveva colmato con un passo la distanza che lo separava da Oscar non appena udite quelle poche, meravigliose parole. D’impulso aveva allungato la mano per impedire che se ne andasse, ritrovandosi così ad un soffio da lei non appena si era voltata. Quante cose avrebbe voluto raccontarle! Aprirle il cuore perché vedesse quanto l’amava, perché sapesse che ogni istante trascorso al suo fianco dava un senso a quella vita che non avrebbe esitato a sacrificare per lei. Tutto ciò che aveva sempre serbato nell’animo in tutti quegli anni insieme, sembrava accalcarsi dentro di lui chiedendo soltanto di uscire. Ma il sentimento che brillava negli occhi di Oscar, in quel blu profondo spalancato d’innanzi a lui, gli apparve ancora così giovane e delicato che ebbe timore di travolgerlo, anziché proteggerlo come il più prezioso dei tesori. Scelse allora di non dire nulla, o forse di dire tutto, nelle poche semplici parole che pronunciò mentre le cingeva la vita per attirarla a sé.
- Oscar… La mia Oscar…

Non vi fu spazio per altro se non cedere al richiamo della sua bocca, che lo accolse con il più dolce dei sorrisi. La strinse tra le braccia, affidando alle labbra tutto l’amore, la passione e il desiderio che sentiva da sempre per lei. E Oscar dimenticò che ci fosse altro, al mondo, al di fuori di quell’abbraccio: lasciò vagare le mani sul petto di André fino a raggiungere la sua nuca per affondare finalmente le dita nella morbidezza dei suoi capelli. La maschera in pizzo le scivolò di mano, adagiandosi sul pavimento con la delicatezza di una piuma, e lì rimase, abbandonata, quale muto testimone di due cuori che, ormai, non avevano più nulla da nascondere.

 
   
 
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