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Autore: BlackIceCrystal    05/09/2023    2 recensioni
[IwaOi | Omegaverse | Alpha x Alpha | Top!Oikawa | Bottom!Iwaizumi]
Cosa c'è di sbagliato nel volere un alpha al proprio fianco durante il proprio calore? Hajime non vuole un omega, non ha conosciuto nessuno che lo faccia sentire anche solo minimamente così, e sicuramente non vuole neanche un qualcuno di indefinito che potrebbe o non potrebbe conoscere in futuro. Vuole lui, anche se Oikawa è un alpha e Hajime è un alpha. Cosa c'è di sbagliato in questo?
Genere: Hurt/Comfort, Omegaverse | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5 - Vista - Di vittorie e anelli

  

« Iwa-chan, mi hai visto? »

« Certo che ti ho visto » come avrebbe potuto non farlo? era praticamente in prima fila, nello spazio dedicato alla nazionale giapponese, mentre la squadra argentina veniva premiata con la medaglia d'oro, la stessa che ora pende al collo di Toru e che è l'unica cosa che ha praticamente addosso (se non si considera Hajime completamente spalmato su di lui).

« Ho battuto Ushiwaka » continua Toru, come se ancora non ci credesse neanche lui. Gli occhi gli brillano come l’oro che porta al petto, la bocca è spalancata in un sorriso. « Ho battuto Tobio. Ed il piccoletto. E Miya. E il piccolo gigante. E– » e Hajime ferma quel fiume di nomi, intrappolando le sue labbra tra le proprie. È felice per Toru, sa quanto sia importante per lui questo traguardo, ma non ha intenzione di sentirlo nominare altre persone quando sono così, stretti e nudi sotto le coperte del letto della camera del villaggio olimpico.

Sente il suo sorriso allargarsi sulle proprie labbra, Toru gli circonda il collo con le braccia e lo preme ancora più verso di sé. La medaglia d'oro tintinna fredda contro la loro pelle accaldata, il rumore attira nuovamente l’attenzione di Toru, che sembra ricordarsi improvvisamente qualcos’altro. « E sono io il miglior palleggiatore. Io. Il miglior palleggiatore al mondo, hai visto Iwa-chan? » sembra un bambino che si è appena ritrovato davanti Babbo Natale con un sacco pieno di regali tutti per lui. È Natale, Capodanno, ed il suo compleanno, tutte le festività messe insieme. Hajime vorrebbe vederlo ogni giorno così.

« Ho visto » gli posa un bacio sulle labbra, « Sei stato meraviglioso » un altro sotto la mandibola « Sono incredibilmente orgoglioso di te » un altro al petto, dove la medaglia sfavilla in tutto il suo splendore.

« Hajime » il suo nome sembra un canto intonato per la dea Vittoria, anche se non è stato lui a vincere. Toru gli circonda il viso con le mani e lo alza verso di sé, Hajime non ha mai visto i suoi occhi umidi di felicità risplendere così tanto. « Ce l’ho fatta »

Hajime gli sorride, ed è lui stavolta quello a circondargli il volto, i palmi appoggiati alle sue guance e i polpastrelli ad accarezzargli la pelle « Non ho mai avuto dubbi sul fatto che ci saresti riuscito ». Ha sempre saputo che era destinato a compiere imprese grandiose, che non si sarebbe mai fatto fermare per realizzare i suoi sogni. Hajime ha potuto guardarlo da vicino, rimanere al suo fianco per tutto questo tempo e adesso gioire con lui.

È talmente bello da togliergli il fiato, talmente magnifico che potrebbe rimanere giorni ad ammirarlo. Un’opera d’arte modellata dal sudore e dall’impegno.

Un’opera d’arte che solo lui può contemplare in questo modo, il corpo senza alcun velo e il volto che sprizza felicità da ogni poro.

 

Toru azzera la distanza tra di loro, lo tira famelico verso di sé e gli stringe i capelli tra le mani quel tanto che basta a fargli soffocare un gemito di piacere tra le loro labbra. « Hajime » lo chiama ancora. Hajime potrebbe non stancarsi mai di essere chiamato così, la felicità palpabile ad ogni sillaba, l’affetto che straripa da ogni suono, il suo nome che riecheggia nel suo sorriso.

È un bacio lento e profondo.

Hanno tutto il tempo del mondo a loro disposizione, tutto il fiato all’interno dei loro polmoni.

 

Fuori i fuochi d’artificio esplodono e illuminano il cielo con i loro colori sgargianti, ma il vero spettacolo è negli occhi di Toru che lo guarda come se avesse di fronte a sé l’intero mondo. E forse è così, perché quando Hajime lo elogia dicendogli « Sei stato il migliore. Sei il migliore » sembra quasi che Toru non desiderasse altro che sentirselo dire da lui. La sua bocca si allarga ancora di più, il suo odore si fa più intenso e dolce; i loro corpi non sono mai stati tanto vicini tra di loro, come se volessero fondersi e diventare un’unica cosa sola.

 

Quando l’Argentina ha segnato il punto della vittoria contro il Giappone, Hajime ne è stato un po’ dispiaciuto: era la sua squadra, in fondo, quella che aveva perso. Ma quando, poco dopo, ogni giocatore dell’Argentina è stato chiamato per indossare la meritata medaglia d’oro e quando dopo ancora Toru è stato nominato il miglior palleggiatore dei giochi olimpici, il dispiacere si è tramutato ben presto in euforia.

Quello è il mio alpha, avrebbe voluto urlare al mondo. Al mondo che aveva gli occhi puntati su Toru anche se quelli di Toru erano puntati solo su di lui. Hajime era lì, pronto a ricambiare il suo sguardo, a condividere un segreto di cui solo loro due erano a conoscenza.

Hajime è così fiero di lui che le parole non bastano.

« Sei il migliore, e ora tutto il mondo lo sa » lui, più di ogni altro, sa quanti sforzi e sacrifici Toru ha fatto per realizzare questo sogno.

« Non ho vinto da solo. Abbiamo vinto insieme »

L’alpha dentro di lui ulula gioioso.

Non è stato facile vivere le loro vite con il loro compagno dall’altra parte del mondo, ma ce l’hanno fatta: Hajime l’ha sostenuto in ogni passo di questo cammino e Toru ha fatto lo stesso con lui. Hanno messo tutto loro stessi in questa relazione, bilanciando il tempo per inseguire i propri sogni con quello dedicato alla loro relazione. Hajime ha passato notti a pensare a come poteva migliorare il piano d'allenamento di Toru e Toru ha passato notti ad ascoltarlo ragionare su quello che aveva studiato a lezione e trovare insieme il modo migliore per metterlo in pratica. Quando possibile, uno dei due andava a trovare l'altro, che fosse in Giappone, in California o in Argentina non era importante. Quando non era possibile, si accontentavano di fare videochiamate. Durante le giornate più frenetiche, si scambiavano dei semplici messaggi: buongiorno, buonanotte, hai mangiato?, ti sei ricordato di fare stretching?, sei riuscito a finire il capitolo che volevi studiare? erano tutti modi per far capire all'altro che c'erano, che erano insieme.

 

Tecnicamente, sa che lui e Toru non si possono definire propriamente compagni: sono entrambi alpha e non possono instaurare un legame tra di loro, non quello biologico che si instaura tra un alpha e un omega per lo meno, ma Hajime non pensa che quello che c’è tra di loro valga di meno. Anzi, non riesce ad immaginare a niente che possa eguagliare quello che sta provando in questo momento. L’aria intorno a loro è densa dei loro odori mescolati insieme, ogni emozione che sente provenire da Toru gli penetra sotto pelle e accende ogni terminazione nervosa. Sente ogni suo respiro come se fosse il proprio, ogni battito del cuore che rintocca all’unisono. Sono un’unica entità che si è separata in due corpi solo per provare il piacere di potersi riunire più e più volte.

 

Mio. Mio. Mio, ripete l’alpha nella sua testa.

 

Sente i propri canini allungarsi smaniosi di marchiarlo.

 

Mio.

 

I denti affondano sulle ghiandole del collo di Toru, un gemito gli sfugge dalla bocca, sente le sue mani stringere sulla sua nuca, la vena che pulsa sotto le sue labbra. Il sapore rugginoso del sangue caldo sulla propria lingua si mescola con quello di arancia, l’odore di Toru lo avvolge come una densa nebbia.

Lecca i rimasugli di sangue che scivolano via sulla spalla e si ritrae per ammirare il suo operato, l’impronta dei suoi denti come una firma sulla pelle bronzea di Toru. Sa bene che, come tutti gli altri segni che gli ha lasciato finora, sparirà nel giro di qualche giorno, giusto il tempo che la ferita si rimargini: sono due alpha, Hajime non può lasciare il suo marchio permanente su Toru e Toru non può lasciare il proprio su Hajime. Forse è stupido continuare a farlo quando sono entrambi consci che non rimarrà alcuna traccia, ma è comunque confortante in qualche modo avere, anche solo per qualche giorno, il proprio segno sul corpo dell’altro.

« Un anello, ecco cosa ti devo mettere addosso » le parole gli sfuggono senza che ne abbia alcun controllo. È da giorni che ci pensa, settimane, mesi. Ogni volta che il suo marchio svanisce, sente in sé crescere il desiderio di avere qualcosa di tangibile, che rimanga per sempre e che tutti possano vedere.

 

Tutti devono realizzare che questo alpha meraviglioso è unicamente suo, suo e di nessun altro.

 

Un suono gutturale si fa strada tra le corde vocali di Toru, « Hajime » lo chiama, la voce bisognosa e carica di desiderio. Hajime sente il suo membro eretto premere tra le proprie gambe. Se fosse un omega, a quest’ora sarebbe pronto ad accogliere Toru e a soddisfare ogni sua voglia senza alcuna resistenza.

Essere alpha rende tutto più complicato ma non impossibile.

Lo hanno fatto già due volte da quando sono tornati dalla cerimonia di premiazione, Hajime si è preparato nella doccia, ma Toru ha voluto comunque continuare l’opera. L’ha preparato con cura e minuziosità, l’ha fatto venire la prima volta praticamente soltanto leccandolo, la seconda con le sue dita, la terza dentro di lui. Normalmente, nonostante la sua resistenza, Hajime a questo punto avrebbe bisogno di una pausa (possibilmente di una giornata intera), ma questa notte è ebbro di eccitazione.

 

Vuole dare tutto a Toru e ricevere ogni cosa lui voglia donargli.

 

« Prendimi » è un comando da alpha, non ha davvero effetto su Toru, ma suscita comunque la reazione che Hajime sperava. 

Toru gli afferra nuovamente il volto, lo bacia disperato, come se la sua vita dipendesse unicamente da quello, lo penetra con un’unica spinta. I denti affondano nella carne e Hajime si ritrova a venire per la quarta volta nel giro di poche ore, un gemito roco gli esce dalla bocca, la testa cade all’indietro, sul cuscino sotto di lui.

 

Davanti a lui si apre un paradiso bianco che lo accoglie tra le sue porte e gli regala un frutto proibito.

Dentro di lui, può sentire il nodo alla base del membro di Toru gonfiarsi e riempirlo lentamente.

 

Non è la prima volta che lo fanno, ma non vuol dire che comunque ogni volta non faccia male: il suo corpo non è fatto per ricevere un nodo, ma né al suo cuore né alla sua testa sembra importare. Gl’importa soltanto della sensazione di sentirsi completo, l’odore intenso di Toru che lo circonda, la vista offuscata un po’ dal piacere e un po’ dal dolore.

Affonda le unghia tra le scapole di Toru, aggrappandosi a lui come se non esistesse altro appiglio al mondo. È certo che lascerà il segno anche lì, che la ferita sanguinerà per un po’ ma anche questa alla fine si rimarginerà come tutte le altre, senza lasciare alcuna traccia di sé.

 

« Alpha » esce in un respiro mozzato.

Vuole sentire Toru venire dentro di sé, vuole sprofondare nel suo odore e non affiorare mai più.

L’orgasmo di Toru colpisce entrambi di sorpresa, una spinta più profonda che li lascia senza respiro. Soffoca l’ennesimo gemito sulla pelle dell’altro, i denti che affondano ancora una volta sulle ghiandole del collo. È certo di essere venuto una quinta volta, inconsapevolmente e senza alcun controllo, ma la sua testa è un eden di alberi di arancio che fluttua leggera da qualche parte nel cielo.

 

L’unica cosa che riesce a risvegliarlo dallo stato di estasi in cui si ritrova è Toru che si accascia su di lui, il suo corpo caldo e maestoso che luccica di sudore, illuminato dai riverberi che arrivano da fuori.

In lontananza, ci sono ancora riti e festeggiamenti, ma nella loro stanza, nel loro mondo, esistono solo loro due.

 

Toru gli sposta dalla fronte un ciuffo di capelli umidi, la testa appoggiata sulla sua spalla e il peso tutto su un fianco. « Lo faresti sul serio? » gli chiede.

« Cosa? »

« L’anello. Lo faresti sul serio? »

« È l’unico modo per far capire a tutti che sei mio » ha visto come lo guardavano alcuni spettatori alla fine della partita, perfino alcuni giornalisti, e chissà quante altre persone presenti e non che hanno assistito alla partita di persona o in diretta.

Toru è suo, così come Hajime è di Toru. Non importa cosa dice la società, si appartengono, in ogni modo ed in ogni senso possibile.

 

« E da quando sono tuo? » lo provoca Toru, un luccichio di malizia negli occhi.

« Toru » lo intima. Hajime non ha bisogno di eccitarsi di nuovo mentre sono ancora bloccati uno con l'altro. Non crede che sopravvivrebbe se venisse una sesta volta, sarebbe troppo perfino se entrambi fossero in calore. Cos’è quella medaglia, un talismano del vigore?

In risposta, Toru ha la faccia tosta di ridere.

« Sta fermo idiota, fa male se ti muovi! » sono ancora intrappolati uno con l’altro, Hajime ama la sensazione di essere connesso così intimamente con lui, ma non sono esattamente nella posizione più piacevole per rimanere bloccati per un’altra quindicina di minuti e ogni movimento non necessari sembra poterlo squarciare a metà.

« Scusami, Iwa-chan, giuro che non volevo! » Toru gli posa un bacio sulla fronte e Hajime cerca di rilassarsi sotto di lui. Chiude gli occhi, inalando a fondo l’odore che permea la stanza — uno strano miscuglio di felicità, serenità, sesso e appagamento — e si concentra sul suono ritmico dei loro respiri.

 

« Quindi… un anello? Vuoi davvero mettermelo al collo, Iwa-chan? »

Quando apre gli occhi, ad incontrarlo è il volto luminoso di Toru.

Hajime distoglie lo sguardo solo per lanciare un’occhiata al suo petto ed immaginare che al posto della medaglia d’oro ci sia un anello. Immagina Toru rigirarselo tra le dita quando è nervoso o quando è pensieroso, immagina quel piccolo pezzo di metallo luccicare sotto la luce del sole, Toru che gli risponde “Lo voglio” mentre sono circondati dalla loro famiglia e amici.

« Sì » gli risponde e dentro a quel c’è tutto, tutto quello che Hajime ha sempre desiderato.

La faccia di Toru si illumina ancora di più.

« Ne indosserai uno anche tu? »

« Mi sembra ovvio, no? Non è che ho pensato a tutti i dettagli ma— »

« Li andiamo a comprare domani? »

« Domani? » Hajime lo sposerebbe anche oggi stesso se potesse, farebbe un anello di carta e glielo infilerebbe al dito, ma la medaglia d’oro che pende sul suo collo attira ancora una volta la sua attenzione e gli ricorda che un anello di carta non sarebbe ciò che si merita. L’oro gli dona, sembra essere stato forgiato appositamente per lui. Un anello di carta potrebbe anche essere significativo, ma non sarebbe mai alla sua altezza.

« Domani » le dita di Toru tracciano il suo petto, salgono su fino al marchio che ha lasciato sulle sue ghiandole, accarezzano la pelle sensibile e poi scendono fino a dove si incontrano le due clavicole « Anch’io voglio metterti un anello al collo, Hajime »

« Perciò mi sposerai? »

« Solo se tu mi sposerai! »

« E vuoi vivere insieme a me? »

« Vivere… » inizia Toru, le sue mani si bloccano sulle spalle di Hajime, tutto il suo corpo si irrigidisce ed il suo odore si inasprisce.

Hajime sa cosa sta pensando in questo momento: crede che gli stia proponendo di tornare in Giappone, ma lui lo sa che Toru non tornerebbe mai a giocare lì.

Il Giappone gli ha dato tanto, è vero, ma nessuno dei riconoscimenti che Toru davvero desiderava. Hajime non lo costringerebbe mai a tornare a vivere in un posto che non considera più casa sua.

Lui, al contrario, non ha problemi a trasferirsi in Argentina: ha studiato in California e può svolgere il suo lavoro ovunque. Non gli importa se deve occuparsi di atleti giapponesi o di atleti argentini, in ogni caso potrebbe continuare a fare il lavoro che ha scelto di fare. Hanno vissuto già quattro anni separati, non pensa di riuscire a resistere ancora una quantità indefinita di tempo lontano uno dall’altro, non quando il problema può essere risolto con così poco.

« In Argentina. Sto dicendo che voglio venire a vivere in Argentina »

« Lo faresti davvero? »

« Perché non dovrei? »

« Perché… non lo so! Vuoi davvero venire a vivere in Argentina con me? »

« Non mi sembra un posto così male »

« Voglio dire… non subito ovviamente perché devo ancora dare il preavviso di licenziamento, ma… »

« Sì! Sì, Hajime, sì! » Toru salta letteralmente dalla gioia, il nodo che li teneva uniti ormai sgonfio. Hajime per una volta non ne sente la mancanza, non quando ha davanti a sé un Toru così felice, le sue mani che lo stringono sulle spalle, sulla faccia, che non sanno dove fermarsi prima. « Ti prego, per favore, vieni a vivere con me! » lo implora, come se non fosse stato Hajime stesso a chiederglielo un minuto prima.

 

 

Il giorno dopo, escono entrambi dalla gioielleria più vicina con un anello d’oro appeso al collo, ognuno con il nome dell’altro inciso all’interno del proprio. Toru si rigira l’anello tra le mani proprio come Hajime l’ha immaginato fare, gli occhi due pozze d’oro fuso che non hanno mai smesso di brillare.

« Hajime Oikawa. Toru Iwaizumi. Hajime Oikawa. Toru Iwaizumi. » lo sente ripetere, come se fosse indeciso su quale delle due opzioni suona meglio e volesse tastarne il sapore sulle proprie papille « Toru Iwaizumi, miglior palleggiatore al mondo, come suona? Se prendessi il tuo cognome, le prossime olimpiadi le potrei vincere come Toru Iwaizumi, che ne pensi, Hajime? »

Hajime lo bacia, sotto la luce del sole, nella piazza gremita di gente.

« Penso che non vedo l’ora di vederti con indosso la maglia con il mio cognome »

 

 

Sei mesi dopo, Hajime si trasferisce finalmente in Argentina.

Si sposano poco dopo.

Mentre ballano, circondati dai loro amici — ci sono persino Ushijima, Kageyama e Miya, nonostante a Toru piaccia ripetere che sono i suoi peggiori rivali —, Hajime pensa a tutta la strada che hanno fatto per arrivare fino a qui, a quando ha passato il suo primo calore, il cuore infranto e testa e corpo che sembravano viaggiare su due mondi opposti; a quando si sono fraintesi e non hanno parlato per giorni, a quando si sono parlati e hanno chiarito ogni malinteso. Ripensa a quando Toru gli ha raccontato che il mondo l’aveva fatto sentire sbagliato solo per amare un alpha come lui e lo guarda adesso, adesso che ha lasciato dietro di sé ogni pregiudizio e paura, guarda quest’uomo meraviglioso tra le sue braccia che oggi è diventato ufficialmente suo marito.

« Ti senti ancora sbagliato? » gli chiede, anche se conosce perfettamente la risposta. Toru non gli è mai apparso meglio di così.

Toru gli sorride e Hajime potrebbe innamorarsi nuovamente di lui.

« Non mi sono mai sentito più giusto »

 

 

 

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Eccoci alla fine di questa fanfic! Forse un giorno scriverò qualche missing moments/spin off, tipo una fanfic dove Iwaizumi è top (in questa è bottom per purissimo caso, ma per me sono reversibili al 100%) ma al momento non lo so ancora.

Intanto spero che questa storia vi sia piaciuta! Non lo avrei mai creduto, ma a me è piaciuto davvero tanto scriverla!

  
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