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Autore: ChemistryGirl    06/12/2023    5 recensioni
[STORIA INTERATTIVA - ISCRIZIONI CHIUSE]
Anno 2062.
Da decenni ormai Londra è divisa in due fazioni. In superficie gli ignari Babbani, affiancati da Streghe e Maghi. Nel sottosuolo, dove si trovano le stazioni e le linee abbandonate della metropolitana, si sono stabiliti le Creature fondando il Sottosopra.
Fra le due società vige un patto di quieto vivere, ora messo a repentaglio da una serie di efferati omicidi che sconvolgono entrambe le comunità. Questi eventi portano a mal contento e atti di violenza da ambo le parti, che potrebbero presto trasformarsi in una vera guerra civile.
Si vocifera che la colpevole sia la latitante Nashira O’Malley, ormai in fuga dalle autorità da cinque anni. Quale sia il suo piano non è chiaro a nessuno, men che meno le sue motivazioni. Si sa solo che la vampira è tornata a casa e pare essere intenzionata ad avere la sua vendetta.
Genere: Azione, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Attenzione! 
Questa storia tratta argomenti delicati ed è sconsigliata la lettura a un pubblico facilmente impressionabile.

 
 
 

Capitolo III

 
 
"I would rather be known in life as an honest sinner, than a lying hypocrite"
 
 
 
 
15 Novembre 1917,
Scozia, Edimburgo
 

Hades Barrows mai, nella sua lunga vita centenaria, si sarebbe aspettato di diventare padre un giorno, men che meno di una femmina. Inclinando il capo osservò meglio il piccolo fagotto che la moglie Cassiopea gli aveva messo fra le braccia e che gli trasmetteva uno strano calore, facendogli provare sensazioni sconosciute.
<< Ti piace? >> gli domandò la donna, appoggiandosi stancamente alla montagna di cuscini che dei solerti servitori le avevano preparato.
<< Certamente, è una Barrows. >> commentò orgoglioso, facendo ridacchiare la consorte, mentre lui studiava le guance rosee della figlia e i sottili capelli scuri. 
L’uomo si domandò come far fronte a un onere del genere. Lui non ne sapeva nulla di come crescere una bambina, ma per assurdo, nonostante fosse la prima volta che la stringeva a sé, già la amava sopra ogni cosa. Essendo stato cresciuto con regole ferree e una disciplina altrettanto rigida, gli risultava difficile esprimere i propri sentimenti con le parole, preferiva di gran lunga l’azione. In quel preciso istante decise che nessuno avrebbe fatto del male alla sua bambina perché l’avrebbe educata nello stesso modo in cui era stato allevato lui, come un maschio.

Cullandola dolcemente la portò oltre la grande portafinestra, sul balcone che dava sul cortile interno della villa. Si avvicinò alla balaustra, in modo che la luna piena la bagnasse con i suoi raggi candidi.
<< Sarai una bellissima e valorosa figlia della notte. >> sentenziò Hades, poi la sollevò in aria mostrandola ai componenti del Clan riuniti nel giardino sottostante << Lei è Hera Barrows, mia figlia. >> un boato si sollevò, dando il benvenuto alla piccola fra la stirpe dei vampiri. 
 
 
§§§
 
 
26 Settembre 2062,
Brixton, Londra
Loughborough Estate
 

Nuvole cariche di pioggia calavano, come un mantello scuro, su una delle zone più malfamate di Londra. Dei giovani babbani sfidavano il tempo e le sferzate di vento gelido, continuando a giocare a pallone in un campo malmesso a qualche chilometro di distanza dal complesso popolare.   
Martin spostò lo sguardo dal portiere, che sbraitava contro uno dei suoi compagni per fissarsi, per pochi secondi, sul cielo plumbeo che aveva permesso loro di andare in superficie nonostante fosse ancora pieno giorno. Strofinandosi con il pollice il marchio che gli adornava il polso destro, si allontanò dall’unica finestra del monolocale, sotto la quale sostava un piano cottura scadente, e tornò a scrutare l’ambiente di appena 30 metri quadrati: un materasso era addossato alla parete di sinistra, vicino alla porta del bagno, un armadio sbilenco sostava dalla parte opposta e un tavolo pieghevole, con una semplice seggiola, si trovava in un angolo. Il luogo era stato ovviamente sistemato, tutte le prove erano state portate via, ma i segni degli artigli e gli schizzi di sangue rappreso sui mobili e sui muri erano ancora ben visibili. 
I lupi mannari non facevano parte delle comunità del Sottosopra per loro libera scelta, benché al tempo gli fosse stato proposto di farvi parte; Alya aveva tentato infatti più volte di convincere gli esponenti più in vista di questo gruppo discriminato a cambiare idea, ma aveva sempre ricevuto secchi rifiuti. Nonostante il desiderio mal celato della stragrande maggioranza dei lupi mannari di essere accettati come parte della comunità magica, il Ministero della Magia, dalla fondazione del corpo dei Custodi, aveva affidato a loro la tutela e il controllo dei componenti della suddetta razza. Insomma avevano colto la palla al balzo e avevano scaricato un fardello, di cui erano ben felici di liberarsi, fra le braccia di un allora attonita e più che stizzita Nashira e di una fin troppo contenta Alya O’Malley.
Martin scosse brevemente la testa e si fermò al centro della squallida stanza << Qual è la vostra teoria? >> 
Sarah, che si trovava vicino alla porta d’ingresso, dove Lucien stava esaminando la serratura, aprì il suo bloc-notes << I nostri colleghi ritengono che sia stata una ritorsione. >> spiegò, mentre sfogliava velocemente i pochi dettagli che era riuscita a estorcere ad uno degli Auror che avevano in consegna il caso prima di loro << Mike Smith, 57 anni, era finito nella spirale dell’alcolismo e della droga da ormai undici anni e aveva più debiti che altro. Probabilmente il suo fornitore è venuto a riscuotere o a consegnarli della roba e lui non ha potuto pagare. >>
<< Quando è stato scoperto il corpo? >> Martin aggrottò le sopracciglia e continuò a guardarsi intorno.
La strega arricciò il naso finché non trovò l’informazione richiesta << Ore dopo, circa otto, da un vicino che ha visto la porta aperta. >> 
Lucien si risollevò dalla sua posizione acquattata, con la medesima espressione perplessa del suo superiore dipinta sul volto << C’erano incantesimi di protezione? >>
<< Ecco… >> mormorò l’ex Serpeverde sfogliando velocemente il taccuino << Era stato imposto solo un incantesimo Silencio. >>
<< Nessun incantesimo di protezione? >> Helena, con la fronte corrucciata, studiò la porta come se potesse darle lei direttamente la risposta << Qualcosa per evitare un’intrusione? Insomma, siamo in una delle zone più pericolose di Londra e non ha pensato di preservare la sua dimora? >>
Jordan, che fino a quel momento si era limitato ad osservare, si fece avanti e affiancò i colleghi, soffermando gli occhi blu in particolare sul Vice-Capo dei Custodi << E perché ho come l’impressione che, stranamente, state per dire che non può essere stato un lupo mannaro? >>
<< No, in realtà no. >> stringendo le mani dietro la schiena, Martin inarcò il sopracciglio destro e sostenne lo sguardo scettico del mago << Nel Sottosopra abbiamo i più svariati spacciatori e strozzini, di qualsiasi razza e provenienza, tra cui anche qualche lupo mannaro. Però, a mio modo di vedere, c’è qualcosa che non torna. A voi non sembra? >>
Helena si strinse la perfetta coda di cavallo in cui erano raccolti i suoi capelli biondo cenere, questo tic la accompagnava fin da piccola e usciva fuori quando si sentiva a disagio perché non comprendeva qualcosa << Spiegati meglio, per piacere. >>  
<< Abbiamo un mago che, intelligentemente, si è rifugiato in mezzo ai babbani e che, probabilmente, usa un nome falso per sfuggire dai suoi supposti creditori. Siamo tutti d’accordo con il ritenere il nostro Mike Smith abbastanza sveglio e sufficientemente impaurito da prendere questo genere di precauzioni. Quindi perché diavolo decide di non utilizzare nessuna magia del suo repertorio per proteggere il tugurio in cui si è rintanato, eccezion fatta per un Silencio? Mossa a dir poco strana, non trovate? >>
Visto il silenzio che era calato sui tre Auror, Lucien, dopo aver passato una mano sullo stipite della porta, si voltò verso il centro della stanza << A causa della porta sfondata, i vostri colleghi hanno avvalorato la loro tesi secondo cui il colpevole doveva essere un licantropo furioso e trasformato a uccidere la vittima, ma stranamente nessuno lo ha visto arrivare o andarsene. >>
<< In questa zona è la prassi. >> Jordan scosse le spalle con fare noncurante << Seguono la filosofia di vita “Non vedo, non sento, non parlo”. Già è strano che un vicino si sia fatto avanti prima che il puzzo di decomposizione risultasse intollerabile. >> 
<< Che facciano orecchie da mercante è comprensibile, ma se avessero visto un essere mostruoso lo avrebbero filmato per poi metterlo su internet. >> Lucien inarcò le sopracciglia, mentre la sua voce mostrava una punta di insofferenza nei confronti del mago << Possono anche non fidarsi della polizia, però uno scoop rimane pur sempre uno scoop. >> 
<< È possibile che il killer sia rimasto qui dentro finché non ha sbollito la rabbia e che poi se ne sia andato via tranquillamente. >> propose Helena allargando le braccia, come a voler inglobale tutta la stanza in quel semplice gesto << Si è divertito parecchio qui dentro. >>
<< Potrebbe essere. >> confermò Martin con espressione apatica << Ma deve essere una persona con un grande controllo, perché non ho mai sentito di un lupo mannaro che rimane in una stanza quando ha la possibilità di scorrazzare libero. >> 
Un silenzio pesante scese sui cinque intanto che ripensavano alle discrepanze appena emerse. 
<< Dobbiamo ammettere che i conti non tornano. >> commentò Helena, dopo essersi lasciata sfuggire un sospiro d’esasperazione: odiava quando scopriva che i suoi sottoposti avevano fatto delle indagini approssimative << Dovremo rivedere le prove e le dinamiche. >> 
<< Ritengo che un nuovo giro di domande sia d’obbligo a questo punto. >> 
Alle parole di Martin, Jordan roteò gli occhi al cielo e borbottò qualcosa di incomprensibile, ma era chiaro che non fosse per nulla felice di dover interrogare dei testimoni poco collaborativi.
<< Potrebbero essere due i colpevoli. >> Sarah, che aveva prestato in parte attenzione a quello che avevano detto gli altri, espresse la sua idea ad alta voce, attirando così l’attenzione degli altri. Trovandosi quindi quattro paia d’occhi concentrati tutti su di lei si spiegò meglio << Insomma, è la prassi no? Lo strozzino che viene a riscuotere con il braccio destro. >> 
Lucien annuì riflettendo sul ragionamento della strega << Con l’aggiunta di un secondo individuo molte falle avrebbero una spiegazione. >>
<< Bene, almeno ora abbiamo un punto di partenza. >> disse Helena << Il modo migliore per scoprire chi è stato, è capire con chi Mike si era indebitato. >>


 
§§§
 
 
Highgate
 
 
Hera attraversò l’arco, che divideva la sala da pranzo dall’ampio salotto, guardandosi intorno con attenzione, cercando di annotare ogni dettaglio, ogni piccolezza. Era chiaro che in quella casa ci vivesse una famiglia amorevole, l’ambiente infatti trasmetteva calore e cura, accentuati da quelle piccolezze di cui solo i bambini sapevano rendersi fautori: i disegni attaccati al frigorifero, qualche piccolo murales qua e là e anche i giochi sparsi per le varie stanze in caloroso disordine. Ogni cosa però era contaminata dal caos in cui versava il primo piano del piccolo cottage. Camminando fra i mobili ribaltati e gli oggetti distrutti si aveva la sensazione di poter percepire il terrore e la frenesia di scappare che avevano provato le vittime, mentre gli schizzi di sangue portavano alle orecchie grida strazianti che logoravano l’anima. 
La vampira si fermò tra Dagmar e il suo superiore, che era intento a osservare quattro squarci che avevano profanato la carta da parati << Hanno fatto un lavoro magistrale. >> Livari passò una mano sui solchi che avevano scavato anche il legno sottostante.
Gaspard, con le braccia strette al petto e gli occhi chiari fissi sulle tre creature, inclinò la testa incuriosito << Cosa intendi? >> 
<< Chiunque sia il colpevole, ha messo su un bel teatrino. >> 
<< Sono morte quattro persone. >> la voce pacata e priva di qualsivoglia inflessione dell’Auror, mal si abbinava allo sguardo che si era fatto duro come il granito << Non lo definirei un teatrino. >>
Livari, senza mostrare alcun senso di colpa o di fastidio al chiaro rimprovero, mantenne la schiena dritta e un’espressione distesa e tranquilla << Questo però non cambia la sostanza: è una messa in scena. >> 
Jason, che era vicino alla porta che conduceva all’ingresso, aggrottò la fronte << Come fate a dirlo? >>
<< C’è troppo sangue. >> Dagmar si guardò intorno con fare analitico, per nulla impressionata e men che meno impietosita dalla scena del crimine. 
La mascella di Gaspard ebbe un piccolo guizzo, studiando a sua volta la stanza << Da che ne so i vampiri si cibano di sangue e i loro banchetti frenetici sono ben conosciuti. >> 
Hera scoccò un’occhiata infastidita al mago << Su questo non c’è dubbio. C’è però una cosa che voi non potrete mai capire, cioè il rapporto quasi sacrale che noi vampiri abbiamo con il sangue: rappresenta il nostro sostentamento, la vita stessa… non lo sprecheremmo mai così. >> come a voler sottolineare quanto detto, la donna indicò uno schizzo che imbrattava la parete fino al soffitto, causato probabilmente da un’arteria recisa << Sembra quasi che abbiano cercato di emulare un Pollock giusto per impressionarci. >>
<< Non possono essere stati nemmeno dei vampiri presi dalla brama di sangue. >> di fronte all’espressione perplessa dei due Auror, Livari si vide costretto a parlare con maggior chiarezza << Come già detto dalla mia deliziosa collega, per i vampiri il sangue è nutrimento, ma si è dimenticata di aggiungere che è anche una condanna. Se per un lungo periodo ne assumono troppo, arrivando a uccidere sempre le loro vittime, ne diventano dipendenti, simili ai cocainomani solo più pericolosi. Quando cadono in questo stato sarebbero capaci di uccidere la loro stessa madre se questa li separasse dalla loro preda. >> 
<< Mi pare che questo scempio possa essere riconducibile ad esseri del genere. >> commentò Jason, inarcando le sopracciglia e indicando con la mano il salotto.
Dagmar fece un passo avanti e annuì << Sì, la violenza e la distruzione potrebbero essere riconducibili a un vampiro in piena brama di sangue. >> 
<< Perché ho come la sensazione che ci sia un ma? >> la domanda ironica di Gaspard strappò un mezzo sorriso alla mezza fata, che regalò un occhiolino cospiratorio al mago, il quale rimase palesemente perplesso e sorpreso dal gesto di confidenza della donna. 
<< Evidentemente sei una persona perspicace. >> lo lusingò, per poi tornare seria << Il grande “ma” è dato nuovamente dall’eccessivo sangue che imbratta le pareti: un vampiro in piena brama sarebbe capace di leccarlo dal pavimento, non lo sprecherebbe. >> 
<< State dicendo che qualcuno ha messo a soqquadro la casa e trucidato una famiglia solo per far ricadere la colpa sui vampiri? >> Jason si avvicinò al suo superiore, scrollando le spalle e mostrando tutto il suo scetticismo a riguardo. 
<< Sto dicendo che, chiunque sia stato, vuole depistarci. >>  
Gaspard, dopo qualche minuto di silenzio in cui aveva riflettuto attentamente su quanto era emerso e sulle giuste osservazioni fatte dalle creature, sollevò lo sguardo sui colleghi << Però perché fare una tale fatica? Perché mettere su una messinscena del genere? >> le rughe d’espressione sulla fronte del mago si accentuarono << Solo per sviare le indagini? Mi pare molto articolata come cosa. >> 
Livari si passò il palmo della mano sulla guancia destra fino a racchiudere il mento fra le dita << In questo caso ci sono più domande che risposte e pare che ogni cosa si contraddica. >> l’ibrido fissò gli occhi chiari sulla finestra che dava sul giardino, ma il suo sguardo era vitreo, come se non vedesse davvero e fosse perso chissà dove << Cosa ci faceva un gruppo di vampiri, in piena brama di sangue, in una zona del genere e cosa li ha spinti a scegliere proprio la famiglia Brennan? >> 
Il profiler non ebbe modo di dire nulla poiché Hera, che fino ad allora era rimasta in disparte a sfogliare gli appunti, lo precedette << Temo di dover aggiungere altri quesiti alla lista. Riguardando le testimonianze prese dai vostri colleghi mi sono resa conto che i vicini sono stati allertati da urla femminili. >> 
<< Penso che sia normale, la madre deve aver gridato con quanto fiato avesse in gola. >> Jason aggrottò le sopracciglia, non comprendendo dove volesse andare a parare. 
<< Hanno sentito solo urla femminili. >> Hera sottolineò con enfasi l’aggettivo << Com’è possibile che sia stata la madre l’unica a strillare? È sensato supporre che il padre sia stato ucciso per primo in modo da eliminare la minaccia maggiore, però i bambini devono aver gridato per la paura. Quindi perché nessuno li ha sentiti? >>
Livari sbatté un paio di volte le palpebre, come a voler eliminare la foschia che gli aveva annebbiato la vista, << C’erano magie di protezione? >> 
Jason annuì << Avevano messo su ogni genere di precauzione possibile. >> 
<< Possibile che siano stati loro a far entrare i vampiri? >> 
Alla domanda schietta e incredula del Capo dei Custodi, un silenzio ingombrante scese sui cinque finché Dagmar non espresse il pensiero comune << Temo che dovremo ripartire da zero. >> 
 
 
§§§
 
 
23 Gennaio 1926,
Scozia, Edimburgo
 
 
Un tonfo e un basso mugugno di dolore parvero risuonare come un tuono all’interno della stanza scarsamente arredata.
Un uomo dalle spalle larghe studiava con aria impassibile i movimenti dello scricciolo steso sul pavimento mentre teneva in mano un lungo bastone di legno << Non ti stanchi di passare più tempo per terra che in piedi? >> 
<< Ovviamente, Signore. >> Hera si drizzò, scostandosi una lunga ciocca scura dal volto intanto che si sistemava nuovamente in posizione d’attacco. Strinse gli occhi chiari in due fessure, come fece con la piccola spada di legno tra le dita sottili, poi si scagliò in avanti, non sapendo bene però quale mossa sarebbe stata la più giusta da eseguire successivamente. 
La piccola udì un breve sospiro annoiato poi vide il suo insegnante, nonché padre, muovere in diagonale l’asta, infilarla fra i suoi piedi e farla cadere rovinosamente. 
La bambina di appena otto anni trattenne a stento un ringhio di dolore dovuto al brutto atterraggio. 
La neve, che scendeva lenta fuori dalle finestre a volta, parve attrarre l’attenzione di Hades mentre il fuoco, nel camino alle sue spalle, scoppiettava allegramente << Hai troppa fretta, Hera. Devi essere meticolosa, non puoi permetterti errori così sciocchi. >>
Dopo essersi rialzata per l’ennesima volta, alla vampira sfuggì un sibilo di dolore quando si sfiorò l’abrasione sotto il mento. Gli occhi chiari, identici a quelli del padre, andarono alla ricerca dell’imponente figura << Sono stanca… >> mormorò mentre sentiva i muscoli tendersi per la fatica, ma pentendosi subito dopo dell’ammissione che le era sfuggita. Non perché temesse l’ira del padre, certo che no. Era un uomo buono, lui, o quanto meno lo era nei suoi confronti: la adorava, in fondo era conosciuta da tutti come la Principessa e tale soprannome le era stato dato proprio per l’affetto smisurato che i suoi genitori provavano nei suoi confronti. No, Hera si pentì immediatamente delle sue parole perché sapeva che, guardando negli occhi del padre, vi avrebbe letto una incommensurabile tristezza e così fu.
<< Seguimi. >> Hades non attese di vedere se la figlia fece quanto le aveva ordinato, ma si voltò e si addentrò all’interno della casa. 
La bambina dovette quasi correre per poter stare al suo passo, ma per fortuna il viaggio fu relativamente breve. I due si fermarono di fronte al ritratto di famiglia dei Barrows e il Capo Clan le indicò il vampiro che gli stava accanto nella raffigurazione << Sai chi è? >> 
Hera annuì con convinzione, come poteva non sapere chi fosse? Era il protagonista di molte delle storie che le venivano raccontate quasi quotidianamente, anche se però non sapeva esattamente cosa gli fosse capitato << È lo zio Damien, tuo fratello. >> 
Il dolore negli occhi di Hades tornò nuovamente in superficie, ma questa volta seguito da un’ira funesta. In quel pomeriggio di gennaio, intanto che la neve si accumulava sul terreno duro, la piccola di casa Barrows udì un nuovo racconto, questa volta però non era pieno di eroiche imprese e fulgide vittorie, bensì di sangue, disperazione e annichilimento. 
Warwick, un cognome che Hera non potrà mai più dimenticare e che la perseguiterà nei suoi incubi peggiori. Protagonisti di una mattanza a discapito della sua famiglia, fatta durante un Solstizio d’Inverno, in rappresaglia per la morte di un mago che, a detta loro, era stato ucciso proprio da Damien. Inutili furono le parole e gli scongiuri di Hades che, costretto a terra, tentò anche di ribellarsi, ma ogni suo gesto fu vano e la grossa cicatrice che tutt’ora porta sulla spalla è un triste memento di quella notte. Poco importa che non vi fossero prove, i Cacciatori erano assetati di sangue, di vendetta, e continuarono le loro torture sul povero vampiro, che venne poi lasciato sotto i raggi del sole, in modo che questi completassero la loro opera.
Concluso il racconto, un pesante silenzio scese fra i due, che venne spezzato dalla voce dura del padrone di casa «La gente ha paura di quello che non capisce, Hera»
Benché la bambina non fosse stata presente le sembrava di aver vissuto tutta la scena in prima persona, poteva sentire in bocca il sapore della terra e la pressione del ginocchio sulla schiena mentre veniva costretta a osservare la morte del suo stesso zio. Se non fosse stata così furiosa probabilmente avrebbe pianto tutte le sue lacrime. 
<< Sei ancora stanca? >>
Hera incontrò lo sguardo che il padre aveva abbassato su di lei per la prima volta da quando si erano posizionati di fronte al dipinto. 
Il sangue le ribolliva nelle vene mentre una improvvisa voglia di agire le solleticava i muscoli, i suoi occhi si fecero più duri e freddi della tempesta che si abbatteva sulle mura del castello << No. >>      
  
 
§§§
 
 
Ministero della Magia Inglese,
Sezione MSI
 
 
Walter, appoggiato alla sua scrivania di noce, teneva le caviglie incrociate e le braccia strette al petto mentre con una mano si massaggiava il mento. I suoi colleghi stavano trafficando con la lavagna che occupava buona parte della parete di sinistra del suo ufficio e nel frattempo discutevano, montando su teorie di ogni genere, al contrario di lui che si limitava ad ascoltare e riflettere sulle loro parole. 
Virginia scostò dal viso una lunga ciocca di capelli scuri, sfuggita dall’alta coda << Dico solo che potrebbero essere già chissà dove, è impossibile capire il punto preciso solo guardando le prove e una mappa. >> 
Ryu, che stava affiggendo con una calamita la foto della pira funeraria improvvisata, si strinse nelle spalle << Dobbiamo fare mente locale e credo che questo sia il modo migliore, non possiamo sottovalutarli. Se ci pensi, fino ad ora tutti quelli che davano loro la caccia hanno pensato che prima o poi avrebbero fatto un errore e così li avrebbero catturati, ma non è stato. >>
<< Non sono prevedibili. >> Virginia annuì mentre sfogliava un voluminoso dossier che era stato consegnato loro da dei reticenti e sbuffanti Custodi.
<< In realtà non è così. >> a tale affermazione la donna sollevò gli occhi chiari sul giapponese, che si vide costretto a spiegarsi meglio << Loro seguono una logica, dobbiamo solo capire quale. >> 
<< Mi pare evidente. >> la strega aggrottò la fronte perplessa << Solo che non è facile. >> 
<< Lo è. >> 
La voce tranquilla del loro superiore fece voltare entrambi, tant’è che le sopracciglia di Virginia schizzarono in alto e non riuscì a trattenersi dal borbottare << Ah, sei ancora qui allora. >> 
Lanciando un sorriso sornione alla svedese, Walter non si staccò dalla scrivania su cui era appoggiato << Secondo te perché sono fuggiti? >> 
<< Per proteggere Nashira. >> 
<< Esatto. Poi perché si sono messi a girovagare per il mondo? >> 
Ryu strinse le mani dietro la schiena, in una posizione che per molti era scomoda ma che al contrario lui trovava familiare e confortevole << Per fuggire ai Custodi. >> 
<< Spero ardentemente che tu non pensi che sia sufficiente una risposta così semplicistica per spiegare quello che quei cinque hanno fatto in questi ultimi anni. >>
Lo Spezzaincantesimi sollevò il mento con aria di sfida, detestava essere messo alla prova e poi sottovalutato << Per essere rimasti coesi per così tanto tempo devono avere una convinzione e un obbiettivo comune. >> 
Walter annuì contento, come farebbe un maestro che ha ricevuto esattamente la risposta che voleva dal suo alunno << Ebbene, quale mai sarà? >> 
<< Ritengono Nashira innocente. >>
Virginia intrecciò lo sguardo con quello del suo superiore, che a quel punto non sorrideva più e rimaneva inespressivo come mai lo aveva visto << Quindi cosa ne deduci? >> 
<< Che stanno cercando le prove per scagionarla. >> 
Le labbra del profiler si arricciarono, scuotendo la testa sconsolato << Sbagliato, assolutamente sbagliato. >> 
La strega sobbalzò leggermente, come se avesse ricevuto un pizzicotto << Cos… >>
L’ormai ex Serpeverde non le diede modo di completare la parola perché finalmente si staccò dalla scrivania e li affiancò, per poi picchiettare le foto dei latitanti << Li state umanizzando. >> 
<< Come prego? >> Ryu, sempre più perplesso e palesemente irritato dal comportamento del superiore, gli lanciò un’occhiata dura << Potresti spiegare? >> 
<< State facendo un errore piuttosto comune. >> Walter sollevò la mano destra e cominciò ad abbassare un dito per volta << Nashira era il Capo dei Custodi, è stata accusata ingiustamente di un crimine, fugge per potersi salvare la vita e poi decide di cercare le prove della sua innocenza. Giusto? >> 
Vedendo che i due annuivano, il profiler abbassò l’ultimo dito << Ma vi siete dimenticati di tenere in conto una cosa, ovvero chi loro siano. >> 
<< Lo sappiamo che sono delle Creature. >> Virginia aggrottò la fronte, infastidita dal fatto di non capire dove volesse andare a parare l’altro << Meglio di noi dovrebbero saperlo i Custodi e nonostante facciano parte della stessa specie non sono stati in grado di catturarli. >> 
<< Allora siete duri di comprendonio, continuate a fare gli stessi errori. >> Walter si allontanò dai due, ignorando le occhiatacce infastidite che gli lanciavano. Si mise a camminare per lo studio, roteando la mano e fissando il pavimento che calpestava con fare sfiduciato << Ancora e ancora. Sembrate dei dischi rotti. >>
<< Allora svelaci l’arcano, invece di fare il sibillino. >> sbottò Ryu, per poi stringere la mascella per evitare di prendere per il bavero il capo squadra e scuoterlo come una pignatta.
Fermandosi dietro al divano di pelle, che lo divideva dai colleghi, il mago passò velocemente lo sguardo da l’uno all’altro con fare innocente << Non volete provare ad arrivarci da soli? >>
<< Se siamo così ottusi, come dici tu, è meglio se ci dai direttamente la risposta. No? >> Virginia, che aveva stretto le braccia sotto il seno, lo fulminò mantenendo la schiena dritta e il mento sollevato. 
<< Non ho mai detto che siete ottusi, ma che vi fate ingabbiare da schemi di pensiero limitanti che… Ok-ok. >> sollevando entrambe le mani, in segno di resa, l’uomo comprese che non poteva tirare ulteriormente la corda altrimenti rischiava seriamente di essere schiantato da ambo i suoi colleghi << I nostri cinque amici non sono dei maghi in fuga, come non sono delle semplici Creature che non sanno dove andare. Sono individui che hanno ampiamente dimostrato di sapersela cavare in ogni frangente possibile, che di certo non hanno paura di essere braccate o perseguitate. >> 
Avvicinandosi alla cartina che riportava in scala l’intero globo e su cui avevano posizionato delle puntine per indicare i posti in cui erano stati i loro obbiettivi, fece scorrere l’indice sulle varie località seguendo la cronologia temporale << Non sono alla ricerca di indizi e informazioni per un’utopica giustizia, per poi poter così ritornare a casa dimostrando di essere delle vittime e per guadagnarsi la medaglia di eroi. Vogliono vendetta. >> 
Spostandosi sulla mappa che riportava l’intero territorio dell’Essex, in particolare l’Epping Forest, non riuscì a trattenere un sorriso << Ma alla fine di tutto sono fatti di carne e ossa, seppur in maniera diversa da noi provano e hanno emozioni. >> 
<< Mi stai dicendo che Nashira è improvvisamente diventata sentimentale ed è tornata in Inghilterra per questo? Magari per celebrare il quinto anniversario della scomparsa di Alya? >> 
Voltandosi verso Ryu e la sua espressione derisoria, il profiler gli sorrise con accondiscendenza tanto da portare l’altro a stringere nuovamente la mascella per il fastidio << No, certo che no. Sono tornati qui per una valida ragione. Sto però dicendo anche che, nel momento del pericolo, la nostra Nashira si è andata a rifugiare in un posto a lei conosciuto e familiare. >> 
<< Blake Hall. >> Virginia, che a differenza di Ryu non si era fatta trascinare dai giochetti del loro superiore e aveva ascoltato con attenzione le sue parole, indicò la stazione fatiscente << È stata ripresa e abbandonata diverse volte, l’hanno anche restaurata nel 2012, ma alla fine è stata dimenticata. Lei e la sorella devono averla valutata come possibile entrata per il Sottosopra, benché poi non l’abbiano valutata adatta per le loro esigenze. >> 
<< Ecco che rimonta la mia Ginnina. >> ignorando l’occhiataccia velenosa della donna, Walter spalancò le braccia, mostrando una contentezza quasi fanciullesca << Dobbiamo fare nuovamente una gita fra i boschi. >> 
 
 
§§§

 
Brixton, Loughborough Estate
 

Helena sbatté un paio di volte le palpebre, osservando con stizza l’uscio di fronte a lei << Credo che abbiamo battuto il record di porte sbattute in faccia. Insomma, quante saranno state? Dieci? >>
<< Sette. Gli altri tre non ci hanno neanche aperto. >> replicò atono Martin, svoltando l’angolo e notando che iniziava la tromba delle scale << Con questa almeno abbiamo finito quelli dell’ala ovest, spero che agli altri sia andata meglio. >>
<< Me lo auguro anch’io. >> massaggiandosi il retro del collo, la strega raggiunse il collega << Come era prevedibile abbiamo ricevuto delle risposte striminzite sulla vittima e ovviamente nessuno ha notato nulla di strano la notte in cui è morto. >> 
La donna si adagiò con aria sconfitta contro una delle pareti del corridoio, con le mani sprofondate nella sua giacca di pelle << Incredibile che nessuno lo abbia visto. >> 
<< Forse qualcuno lo ha notato, ma lo ha rimosso. >> imitando la partener, il selkie si addossò alla parete opposta << Anche se credo che sia più probabile che a nessuno interessi di nessuno. Forse non lo hai notato, ma qui non c’è un grande spirito di collaborazione. >>
<< Non è giusto. >> sbottò l’ex Serpeverde, arricciando il naso << È stato ucciso un uomo, dovrebbe importagli invece! >> 
Martin abbozzò un sorriso condiscendente << Questa è una realtà diversa dalla nostra, non possiamo comprendere il perché siano diventati così o cosa li spinge a comportarsi in un determinato modo. Possiamo costringerli a dirci quello che sanno solo se li portiamo in cella o se gli sventoliamo davanti al naso un mandato di perquisizione e a quel punto, stai pur certa, che avranno ancora meno voglia di collaborare. >> 
Helena sbuffò, o forse meglio dire grugnì, infastidita, scivolando per terra. Si piegò sulle gambe e si sedette sul duro pavimento, indifferente a tutto e tutti << Hai ragione, so perfettamente che quello che hai detto è la sacrosanta verità, però alle volte vorrei che chi mi sta davanti mi dicesse la verità, senza dover ricorrere a sotterfugi e a braccio di ferro inutili. >> sollevò il viso verso il collega, incrociandone gli occhi scuri << Sai, ieri mi sono riguardata The Truman Show e ammetto che mi piacerebbe avere delle telecamere a disposizione per poter vedere o rivedere quello che accade. >> 
Il Vice Capo dei Custodi inarcò le sopracciglia << Beh sì, sarebbe comodo avere un grande occhio… >> la frase però rimase incompiuta perché entrambi ebbero la stessa illuminazione. La strega si alzò di scatto mentre il compagno, contemporaneamente, si staccava dalla parete << Le telecamere! >> tuonarono all’unisono. 
Si guardarono intorno con frenesia finché non adocchiarono l’oggetto delle loro ricerche << Pare inquadrare in parte l’appartamento della nostra vittima. >> borbottò l’Auror guardando la direzione della telecamera.
L’uomo socchiuse per un’istante gli occhi, poi le fece cenno di seguirlo e insieme si diressero velocemente verso le scale. Helena sostenne con disinvoltura il passo veloce del partner e, in poco meno di dieci minuti, raggiunsero l’androne, dove notarono il portinaio chiudere la saracinesca del suo ufficio.
<< In nome della legge, si fermi! >>
Il movimento della serranda si arrestò per una frazione di secondo, poi si mosse più velocemente portando Martin a sbuffare << Cosa ti ho detto poco fa? Non si fidano della polizia! >>
Il selkie si slanciò in avanti e, in un battito di ciglia, attraversò l’atrio, ritrovandosi così di fronte alla finestra che metteva in comunicazione i due locali. La mano sinistra era appoggiata alla saracinesca per bloccarla, quindi con un gesto secco la strattonò, svelando la figura esile di una donna indiana di mezz’età, con gli occhi sgranati e il velo del sari stretto fra le mani << Cosa volete? >> pigolò con voce allo stesso tempo sia spaurita che aggressiva. 
<< Abbiamo bisogno di accedere alle vostre telecamere di sicurezza. >> il tono pacato del Custode parve far tremare ancor di più la sua interlocutrice, mentre la sua partner lo raggiungeva. 
<< Dovete avere un mandato per poter visionare i nastri. >> la comparsa di un essere di sesso femminile al fianco dello sconosciuto non parve rasserenarla, visto che mantenne tutta la distanza possibile dal balcone.
<< C’è stato un omicidio al quarto piano, quindi non abbiamo bisogno di un mandato per poter visionare quanto è stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza. >> nemmeno il sorriso dolce che Helena elargì all’altra sortì alcun effetto. 
La portinaia si incassò ancora di più nelle spalle << È possibile che non vadano. >> 
<< In che senso? >> stringendo le palpebre in due fessure, Martin inclinò il capo di lato. 
<< Nel senso che servono come spauracchi. Si sa che la maggior parte non funzionano, compresa quella del quarto piano. >>
La strega sollevò le sopracciglia << L’amministratore ne è a conoscenza? >> 
<< Certamente. >> la donna arricciò il naso << Ma non gli importa. >> 
<< Allora faremo con quello che avete. >> il tono di voce del selkie si fece più cupo << Mi servirebbero le registrazioni degli ultimi tre mesi. >>
La portinaia rabbrividì in maniera evidente e allontanò in fretta lo sguardo dall’uomo, borbottò un assenso poco chiaro e girò sui tacchi, per poi scomparire dietro un angolo. 
<< Potevi evitare di essere così duro. >> 
Il portoricano si strinse nelle spalle << Odio perdere tempo, soprattutto con gli umani. >> 
La Vice Capo Auror aggrottò la fronte, leggermente infastidita dall’osservazione, ma decise di lasciar perdere in quanto il caso, in quel momento, era molto più importante << A cosa ci serviranno tutte quelle riprese se la telecamera del quarto piano non funziona? >>
<< Per cercare il fantomatico ago nel pagliaio. Magari non abbiamo le registrazioni dirette, ma quelle di contorno sì: dobbiamo solo individuare il nostro uomo, qualcuno che non c’entra nulla con questo condominio. Per tale ragione avremo bisogno anche di riprese esterne. >> senza distogliere gli occhi dalla porta dietro cui era scomparsa la signora, Martin indicò con il capo l’esterno << Con il riconoscimento facciale e le registrazioni passate sarà facile escludere gli abitanti, individuando così i possibili sospettati. >>
Le rughe sulla fronte di Helena si accentuarono << Hai la minima idea di quante persone vivono in questo stabile o nei dintorni? Ci vorranno giorni se non settimane per visionare tutti i video e procedere con il riconoscimento. >> 
Per la prima volta, un sorriso sornione si delineò sul volto del selkie << Anche noi del Sottosopra abbiamo i nostri trucchi. In particolare abbiamo una Fata Turchina che è un asso con i computer. >> 
La strega sollevò leggermente il mento, chiedendosi se avessero davvero qualcuno di così capace << E quanto tempo ci impiegherebbe? >> 
<< Conoscendola, meno di 48 ore. >> poi picchiettò la saracinesca << Potresti sistemarla? Temo di aver usato troppa forza. >>
La Vice Capo Auror notò solo in quel momento che il metallo della serranda era deformato all’altezza dei suoi occhi, proprio dove, poco prima, l’uomo aveva appoggiato la mano: ora si spiegava come mai la portinaia fosse sembrata così impaurita. Un singulto divertito le scappò dalle labbra sottili, quindi si guardò intorno, per accertarsi che non ci fossero occhi indiscreti a guardarli, e sistemò il danno con un semplice tocco della bacchetta di ontano rosso. 
Intanto che Helena nascondeva nella tasca interna quello che agli occhi di un babbano sarebbe parso un semplice bastoncino di legno, l’indiana comparve con una cassa di plastica, quelle usate solitamente dai fruttivendoli, pieno di DVD, che appoggiò con malagrazia sul balcone << Il nostro sistema di sorveglianza è datato, questo è il massimo che posso fare. >> detto questo lo spinse verso di loro e, senza proferire parola, strattonò la saracinesca, chiudendola in faccia ai due. 
<< Sarà un lavoro lungo. >> commentò Helena, spostando lo sguardo dal cumulo di DVD al selkie che si strinse nelle spalle.
<< Allora sarà meglio cominciare, no? >>
 
 
§§§
 
 
Highgate
 
 
<< Etciù! >>
Il suono di quello che parve a Gaspard come lo starnuto di un topolino lo distrasse dall’esaminare una serie di tracce di sangue che imbrattavano la parete, quindi si sporse oltre il bancone della cucina e sorrise cordiale a Dagmar che si stava grattando il naso << Salute. >> 
<< Grazie. >> la mezza fata strinse leggermente gli occhi e fissò un punto indefinito << Credo che qualcuno abbia citato il mio nome invano. Mi attendono magagne. >> 
<< Perché lo dici? >> 
Stringendosi nelle spalle, la donna si portò al viso la reflex di ultima generazione che teneva fra le mani << Uhm, sesto senso. >> poi scattò una serie di foto.
Dopo aver controllato il suo operato sul display e sentendosi osservata, la ceca sollevò gli occhi sul collega e gli scoccò un mezzo sorriso << Tutto bene? >> 
L’Auror assentì, per poi inclinare il capo di lato, perplesso << Sai, tra le prove ci saranno sicuramente le fotografie della scena del crimine, non c’è bisogno che tu le rifaccia. >>
Dag si sollevò e il suo sorriso si ampliò << Lo so, ma Lile è un po’ maniacale per certe cose. >> il tono della voce era evidentemente divertito, ma si poteva intuire una certa dolcezza << Preferisce che siano delle istantanee e non “movimentate”, come sono invece quelle magiche. Visto che ci dovremo basare sulle vostre per la scena del crimine di Brixton, è meglio se qui faccia dei primi piani delle prove rimaste. >> 
Il belga aggrottò le sopracciglia << Lile? >> 
<< Sibylle, è il nostro Capo Forense nonché il nostro medico legale. >> la mezza vampira fece ricadere la fotocamera contro il petto, la quale era appesa al collo << È una persona davvero straordinaria anche se un po’… particolare, ecco. >>
<< Siamo tutti particolari a nostro modo. >> Gaspard indicò con il pollice alle sue spalle << Potresti venire qui? Credo di aver trovato qualcosa. >> 
Dagmar non se lo fece ripetere due volte e circumnavigò l’isola che si trovava nel centro della cucina, fermandosi a un passo dalla sagoma, tratteggiata con il gessetto sul pavimento di legno, che distava poco meno di due metri dalla porta di servizio << Dimmi. >> 
<< Qui è dove è stato rinvenuto il cadavere della signora Brennan. I colleghi che si sono occupati del caso prima di noi hanno supposto che sia stata colta mentre cucinava la cena per la famiglia e che quindi sia stata uccisa mentre cercava di scappare, ma qui mi sorge un dubbio. >> aprendo il suo taccuino, in cui aveva riportato le informazioni dai fascicoli dell’indagine, aggrottò la fronte << La porta è stata trovata chiusa e, visto che la cucina si trova nel punto più lontano dell’abitazione rispetto alla strada principale e quindi anche dalle altre case, come hanno fatto i vicini a sentire le sue grida? Inoltre, secondo sempre il loro rapporto, la sua morte è stata veloce, non l’hanno torturata o altro. >>
La donna ascoltò con attenzione le parole del partner, quindi si guardò intorno per qualche minuto, senza proferire parola e picchiettandosi le labbra con le punte delle dita. Così, sotto lo sguardo attento del mago, si diresse verso la porta di servizio, l’aprì e, dopo aver trovato l’interruttore giusto, lo spinse, ma la lampada esterna, che si trovava proprio sopra lo stipite, non si accese. 
Voltandosi verso il belga, indicò la lampadina << Potresti controllare se l’hanno svitata? Io sono troppo bassa e poi vorrei controllare una cosa all’esterno. >> 
Il profiler fece quando gli aveva chiesto e notò che in effetti la lampadina era stata svitata e, quando si girò per dirle che aveva ragione, la scoprì a ridacchiare da sola con aria soddisfatta in mezzo al giardino << Perché ridi da sola? >> avrebbe voluto aggiungere “come una matta”, ma si trattenne: non era carino chiamare una perfetta sconosciuta in quel modo, benché il suo comportamento non si potesse descrivere in altro modo. 
<< Prima dimmi, fra gli incantesimi imposti sulla casa per caso c’era il Silencio? >> 
Gaspard con le sopracciglia aggrottate controllò di nuovo fra i suoi appunti e, dopo meno di un minuto, annuì << Suppongo che non volessero far sentire le loro litigate ai vicini. >> 
<< Ora è tutto chiaro. >> il sorriso vittorioso di Dag si ampliò, tanto da arrivare a battere le mani tra di loro per la felicità << Non è stata la Signora Brennan ad allertare i vicini. >>
<< Come? >> 
<< L’hanno uccisa prima che raggiungesse la porta, la quale, per tua stessa ammissione, era chiusa. Quindi, chiunque sia stato, ha ucciso la famiglia, poi ha messo a soqquadro l’abitazione in modo che sembrasse opera dei vampiri, ha aperto la porta di servizio, svitato la lampadina e urlato con quanto fiato aveva in gola. Quando si sono resi conto che le urla avevano ottenuto il risultato desiderato, hanno richiuso l’uscio e sono scappati attraverso la boscaglia. >>
Seguendo la direzione indicata dalla partner, il belga si rese conto che in effetti dietro la casa si apriva una piccola radura << Quindi non credi che siano stati i vampiri, ma dei maghi. >> 
La baldanza della giovane, in piccola parte si affievolì, a sentire quel commento, quindi scrollò le spalle << Non so chi sia stato, so solo che erano in più di uno e di certo non potevano essere dei vampiri in piena brama di sangue. >> a quel punto indicò la lampada sopra l’uscita secondaria << Quale drogato, mago o creatura che sia, potrebbe avere la mente lucida per fare una cosa del genere? >> 
Il profiler annuì, poi spostò lo sguardo dalla boscaglia alla giovane dall’improbabile chioma turchina << Io credo di poter scoprire l’identità di uno dei colpevoli. >> 
Di fronte alla fronte corrucciata dell’ibrido, il mago le fece cenno di seguirlo e così tornarono al punto di partenza, in particolare vicino alla parete della cucina << Noti nulla di strano? >> 
Dagmar guardò con attenzione i vari schizzi, finché non ne individuò uno che aveva una strana forma circolare << Ma che diavolo? >> 
<< Strano, no? È praticamente impossibile che uno schizzo possa disporsi così. >> fu il turno di Gaspard di sorridere trionfante << Avvicinati e fai uno zoom con la telecamera, credo che troverai qualcosa di ancor più interessante. >> 
Dag si acquattò e fece quanto consigliato. Passarono pochi minuti prima che sollevasse di scatto il capo e allontanasse la fotocamera dal viso << C’è una impronta parziale! >> 
<< Già. >> Gaspard mostrò la lente di ingrandimento che si portava sempre appresso, dentro una delle tasche del suo cappotto << Ogni tanto anche i vecchi cimeli tornano utili. >> 
Dopo aver scattato l’ennesima fotografia, la Custode gli sorrise allegra e con gli occhi che brillavano << Passami il materiale, dobbiamo fare un calco dell’impronta e mandarlo subito in laboratorio. >>
Il belga annuì, quindi si allungò verso l’isola della cucina, afferrò la sacca della giovane e gliela porse, la quale, senza ulteriori indugi, si mise subito all’opera. 
 
 
§§§
 
 
15 Novembre 1937,
Londra, Covent Garden
 
Hera osservava con occhi luccicanti la fiumana di persone che l’attorniava, ogni cosa sembrava più viva di quanto mai fosse stata. Le luci della città si riflettevano sul manto scuro della notte ravvivandolo mentre i colori e le risate degli esseri umani riempivano ogni angolo, circondandola e avvolgendola. La giovane volse il viso niveo al cielo e annusò a pieni polmoni: quella era la sua sera, la notte in cui avrebbe accolto la sua vera natura, il suo vero io.
Indifferente alle persone che le passavano accanto e che le lanciavano occhiate incuriosite, prese un profondo respiro, analizzando ogni odore e fragranza finché non individuò quello che l’ammaliava come il canto di una sirena. Abbassò il capo e spalancò gli occhi chiari: era ora di andare a caccia. 
Senza indugiare si mosse verso la Royal Opera House, uno dei teatri più importanti di tutta Londra. Scivolò con grazia, seguita dal fruscio del suo lungo abito azzurro, scelto per farle risaltare gli occhi chiari, in mezzo alla folla. Il tintinnio dei pochi gioielli che aveva indosso la 
accompagnava come dolci scampanellii. Ogni cosa in lei era intesa ad irretire, dare un senso di fragilità e ingenuità, solo per confondere la sua preda. 
Hera era stata cresciuta in una maniera decisamente anomala. Il suo primo giocattolo era stata una spada di legno, dono di suo padre che, come si era promesso tanto tempo addietro, l’aveva educata come un maschio: insegnandole l’arte della guerra, del combattimento e di tutto quello che era prerogativa di un uomo. Sua madre, ovviamente, non era stata contenta e aveva voluto invece che imparasse l’etichetta e che si dedicasse allo studio. Di conseguenza aveva una formazione di gran lunga superiore a qualsiasi ragazza e ragazzo della sua età, cosa di cui andava estremamente fiera. Nessuno dei compagni di gioco, così accuratamente selezionati dai suoi genitori, infatti era mai stato in grado di sostenere il suo passo. Non era mai stata 
sconfitta, dimostrandosi così la degna erede di suo padre e una promettente Capo Clan, già a una così tenera età. Una smorfia infastidita le contrasse il bel viso quando si ricordò brevemente delle numerose lettere ricevute nel corso degli anni, per proporle un matrimonio vantaggioso: nessuno però, come soleva ripetere Hades, era degno di lei.
Si allontanò contemporaneamente un ricciolo dalla fronte, sfuggito dall’acconciatura, insieme a quel pensiero intrusivo. Girò l’angolo con passo tranquillo, ritrovandosi così in un vicolo stretto e poco illuminato, sul retro del teatro. Allacciò le mani dietro la schiena e si guardò intorno finché non incontrò gli occhi castani della sua preda, che la stava osservando stupito dalla soglia di una porta di servizio, con una sigaretta fra le labbra.
<< Accidenti. >> un sorriso malandrino incurvò le dolci labbra della vampira << Speravo tanto che non ci fosse nessuno qui. >> 
<< Come mai? >> domandò il giovane uomo, inclinando il capo di lato e gettando via il mozzicone.

<< Speravo di poter sgattaiolare all’interno del teatro. >> ammise stringendosi nelle spalle << Desideravo tanto ascoltare Magda Olivero(1). >> 
<< La Signora Olivero si esibirà qui in città ancora per due settimane, Miss. >> la informò con un sorriso gentile il garzone.

<< Purtroppo riparto per la Scozia tra due giorni. >> Hera lo guardò da sotto le folte ciglia << Non mi puoi lasciare entrare? >>
Il ragazzo deglutì e abbozzò un sorriso pieno di rammarico << Mi dispiace Miss, ma davvero non posso farlo. >> 
<< Capisco. >> mormorò la castana, avvicinandogli, tanto che la gonna di lei sfiorò i pantaloni di lui << Qual è il tuo nome? >>

<< Yarim Alì, al suo servizio Miss. >> 
La giovane gli passò una mano sulla spalla << Allora potresti aiutarmi in altro modo, se ti va Karim. >> 
<< Certamente. >> 
Hera gli sorrise con dolcezza, poi gli si accostò all’orecchio sinistro << Ho davvero tanta sete. >> detto questo dischiuse le labbra e gli morse la pelle morbida e scura alla base del collo. L’iniziale shock venne sostituito dal panico: l’uomo tentò di divincolarsi inutilmente dalla presa, visto che lei era considerevolmente più forte; in poco tempo la sensazione di disagio scomparve e venne rimpiazzata da un piacevole dolore, che si andava intensificando ogni secondo che passava. Yarim cominciò a mugolare e a gemere, tanto da ricambiare la stretta con vigore. 
Hera dal canto suo era concentrata sul dolce e speziato nettare che le fluiva nella gola, ignorando 
perfino il turgore del giovane che le premeva contro il ventre. Il sangue era l’unica cosa che le importava, il suo sapore, il mondo in cui la incantava e la inebriava, non si sarebbe mai voluta staccare da quella fonte così dissetante. Quando però iniziò a vedere pezzi del passato del suo ospite - il suo viaggio in nave dall’India fino in Inghilterra, la sua vita di stenti e la sua lotta per trovarsi un lavoro onesto - comprese che fosse giunto il momento di ritirare i canini e così fece. Passò la lingua sui due piccoli fori, in modo da cicatrizzarli e farli scomparire. Gli sussurrò all’orecchio poche parole e quando si scostò da lui vide il suo sguardo vitreo: non si sarebbe ricordato di quell’incontro, né di lei, ma avrebbe conservato le sensazioni piacevoli, uno scambio niente male a suo modo di vedere. 
<< Ora posso entrare Yarim? >> gli domandò inclinando il capo e, quando lo vide annuire, gli sorrise << Ti ringrazio. >> 
Lo superò con un fruscio delicato, poi scomparve all’interno dei cubicoli oscuri del teatro.
 
 
§§§
 
 
Camden Town
 
 
Un brusio costante pareva diffondersi in ogni dove, aumentando o diminuendo a seconda del punto del mercato in cui si andava. Soho, con la sua improbabile salopette rossa fuoco, camminava, o forse è meglio dire saltellava, fra le bancarelle di Camden Town, troppo allegra per riuscire a contenersi. Toccava, prendeva, tastava, provava, giocava e addirittura annusava tutto quello che attirava la sua attenzione, per poi mollarlo dieci secondi dopo, distratta da qualcosa che brillava maggiormente. I colori, gli aromi e il calore che albergava in quell’angolo della città facevano sentire a suo agio la kelpie, la quale aveva la sensazione di poter volare via per quanto era contenta. Sì, aveva una missione da compiere, ma questo non riduceva il suo divertimento e non intaccava minimamente la sua spensieratezza.  
<< Ehi, piccoletta. >> un uomo allampanato, con metà dei capelli rasati, le sorrise con fare ammiccante << Ti andrebbe un tatuaggio? Vedo che sei una a cui non dispiacciono. >> 
L’albina, che in quel momento si stava provando un cappello con le orecchie da koala, abbassò brevemente lo sguardo sul suo corpo minuto, su cui svettavano i simboli del suo valore e i segni delle diverse battaglie affrontate. Probabilmente un altro kelpie al suo posto si sarebbe offeso a una proposta del genere, ma lei si limitò a levarsi il copricapo, gettarlo fra le braccia del commerciante a cui apparteneva e regalare al contempo un occhiolino complice al tatuare << Magari un’altra volta, bellezza. Ora sono occupata. >>
Muovendosi con destrezza, come se fosse del luogo, Soho uscì dall’agglomerato di bancarelle, di cui diverse avevano l’aria di essere per forza abusive. Controllando l’orologio da polso si accorse che mancavano pochi minuti alla consegna e quindi affrettò il passo. Si infilò dentro una strada, arricchita di ombrelli dai mille colori che pendevano dall’alto, e iniziò a contare, finché non raggiunse il settimo negozio sulla sua sinistra. Entrò, prese un paio di indumenti, ovviamente i più sgargianti, e si diresse con passo sicuro nell’ultimo camerino della fila. Gettò alla bene e meglio i capi sullo sgabello e prese a guardarsi intorno con aria critica, analizzando con fare pensieroso il ristretto loculo in cui si era andata a rinchiudere. Come certi negozianti pensassero che delle persone si potessero cambiare in certi luoghi angusti era per lei un mistero. Il rumore di aria risucchiata e un leggero tonfo fecero sorridere la kelpie. 
“14:32, in perfetto orario” pensò, accovacciandosi per terra e spostando l’orribile tappetino. Sul pavimento rovinato e segnato dal tempo vi era una minuscola maniglia, tant’è che Soho riuscì a infilarci solo tre delle sue cinque dita. Fece compiere un giro completo in senso orario alla manopola e poi uno e mezzo in senso antiorario. Quando udì un leggero sibilo, strattonò in alto e si ritrovò così in mano un piccolo silos, grande quando un suo mezzo avambraccio. Lo aprì, estrasse un flacone bianco di plastica e, dopo aver controllato il contenuto, se lo infilò nella tasca della salopette.
Una volta sigillato il silos, che venne risucchiato via appena richiuse il coperchio, sistemò tutto com’era quando era arrivata. Presa una canotta con sopra Doraemon e una minigonna di velluto acquamarina, si diresse con fare spensierato dalla commessa.
La diciannovenne non fece alcun caso alla tizia strana che le stava di fronte, batté lo scontrino e gonfiò la gomma che aveva fra i denti con aria annoiata << 18 sterline. >>
Lasciandole una banconota da venti, Soho le cinguettò << Tieni pure il resto. >> poi se ne andò saltellando allegra, venendo risucchiata dalla folla. 
 
 
§§§
 
 
Ministero della Magia, 
Secondo Livello, Sala Autopsie


 << Quindi non eravate voi a occuparvi del caso? >> 
Di fronte all’evidente perplessità della banshee, Noelle scosse la testa mantenendo un’espressione gentile e cordiale << No, in realtà erano assegnati a due squadre differenti. >> 
<< Ma non sei tu il medico legale qui? >> 
<< Uhm sì, però sono principalmente assegnata alla squadra Omega. È difficile che mi occupi di altro. >> sorridendo allegra aprì una porta e la mantenne per la sua accompagnatrice, che le fece un cenno di ringraziamento per il gesto cortese << Oltre a me ci sono altri due coroner, più il nostro capo dipartimento che è quello che stiamo per incontrare. >> 
Sibylle aggrottò la fronte: i Custodi avevano lo stesso numero di casi degli Auror, ma lei era l’unica a occuparsi delle autopsie. Forse il fatto che non necessitava né di sonno né di cibo poteva giovare al fatto che non avesse bisogno di grandi aiuti, senza poi contare che era estremamente pignola e solo dopo lunghe difficoltà Lucien si era fatta accettare come sua aiutante.   
Noelle bussò brevemente su una porta di metallo e, una volta ricevuto l’invito a entrare, l’aprì, spostandosi di lato per far passare nuovamente la donna che l’aveva seguita silenziosamente fino a lì. La banshee la superò con eleganza, quasi fluttuando sul pavimento. Nonostante la ragazza non avesse avuto modo di interagire con creature del genere, si ritrovò a pensare che Sibylle sembrasse più un fantasma visto il suo aspetto sottile, quasi incorporeo, di una bellezza eterea e ultraterrena. 
<< Noelle che bello vederti! >> la voce allegra e allo stesso tempo roca fece sobbalzare la banshee, che si voltò verso un uomo alto e ben piazzato, che si dirigeva a grandi passi verso di loro
<< Abel. >> lo salutò la medimaga ricambiando la stretta energica del primo, per poi indicare la donna che l’accompagnava << Ti presento Sibylle Keening. >> 
<< Oh, io so bene chi è lei. >> tuonò con giovialità, prendendo la piccola mano della banshee e scuotendola con energia << Abbiamo avuto degli scambi epistolari sporadici per alcuni casi. >> 
Sibylle, evidentemente in difficoltà da questo contatto improvviso, sfilò la mano e abbozzò con difficoltà un lieve sorriso << Dottor Anderson? >> 
<< Sì, esattamente. >> annuì con vigore, felice che la donna lo avesse riconosciuto << Puoi chiamarmi Abel e nessun “lei” la prego, mi fa sentire vecchio e fuori posto. >>
Noelle notò la perplessità e il disagio investire la donna al suo fianco: non pareva una in grado di abbandonare le formalità con facilità e sembrava che essere lì, insieme a due sconosciuti, la inquietasse parecchio. 
Volendola aiutare a uscire da quella situazione spiacevole, la strega si voltò verso il suo superiore con un sorriso allegro << Abel, noi saremmo qui per ritirare le prove del caso di Brixton e di Highgate. >> 
<< Giusto, giusto. >> Abel si girò sui tacchi e si diresse verso una delle pareti della sala autopsie, che era  interamente ricoperta da pannelli quadrati. Ne indicò uno all’estremità destra << Questo è Mike Smith >> poi altri quattro nella fila centrale << Questi invece sono la famiglia Brennan. >>
Prima che il coroner potesse allungarsi ad aprire uno dei riquadri, la voce di Noelle lo distrasse << Sarebbe meglio se mi dessi i tuoi rapporti e anche gli appunti, dei cadaveri ce ne occupiamo dopo. >> 
Abel ci pensò per qualche secondo, poi annuì << Hai ragione, seguimi nel mio ufficio. >> indicando una porta sul lato opposto, che dava su una stanza più piccola << Fai come se fossi a casa tua, Sibylle. >>
La banshee fece un piccolo cenno di ringraziamento all’uomo per poi scoccare una breve occhiata alla partner, la quale vi lesse riconoscenza e un lampo di calore, anche se non poteva esserne certa. 
Intanto che le voci dei due si facevano lontane e indistinte, Sibylle si accostò a uno dei pannelli, lo aprì ed estrasse la lastra di metallo su cui era disposta la salma di un bambino di appena otto anni. La donna lo affiancò, in modo da osservare il volto infantile e segnato da graffi. Rimase per svariati secondi immobile a fissarlo, tenendo entrambe le mani appoggiate sullo stomaco, come se volesse trattenersi dal toccarlo e dallo spostargli il riccio scuro che gli ricadeva sulla fronte. Poi, dopo quella che parve un’eternità, si chinò e sussurrò all’orecchio del piccolo << Giuro che scoprirò chi è stato. >>

 
§§§
 
 
Brixton, Loughborough Estate
 

<< Gliel’ho già detto, come anche ai suoi colleghi: non ho sentito nulla. >> sbottò inviperito il Signor Gershon, se si prestava fede alla targhetta vicino al campanello. 
Lucien sorrise cordiale all’uomo, che riempiva con tutta la sua mole la soglia della porta << Non conosceva nemmeno il Signor Smith? >>
<< Quale Smith di preciso? Sa quanti hanno quel cognome da queste parti? >> ridacchiò divertito alla sua stessa battuta, per poi grattarsi la pancia prominente e scoccare contemporaneamente un’occhiata languida, con un accenno di bacio, sia a lei che alla sua collega. 
Sarah non reagì alla provocazione, cosa che invece diede palesemente fastidio all’ibrido visto arricciò il naso con aria disgustata. La prima si limitò a un’occhiata di pura freddezza e, prima che l’altra potesse dirgliene quattro per il suo comportamento da buzzurro, sollevò il mento << Le stiamo parlando del suo vicino, quello che abitava quattro porte più in là rispetto alla sua. È stato ucciso qualche settimana fa. >> 
<< Ah, il cocainomane? Nah, mai avuto a che fare con lui. >> il babbano si passò l’indice sotto il naso << Un tipo silenzioso, schivo e perennemente nervoso… avete presente? Lo si incontrava sempre agli orari più strani e, con quel suo aspetto tutto scheletrico, faceva ribrezzo. >> 
<< Quindi non si ricorda cosa stava facendo la sera del 18 agosto? >> la domanda della Custode fu posta ora con tono più duro e decisamente meno cordiale.
L’uomo roteò gli occhi al cielo << Temo che le toccherà andare a controllare la deposizione che ho fornito ai suoi colleghi perché a momenti non mi ricordo neanche cosa ho mangiato ieri sera, se non che poi l’ho cagato. >> lanciando un’occhiata alla tv gli scappò un sorrisetto << La pubblicità è finita, a mai più rivederci. >> e, con quello sgarbato saluto, richiuse con uno schianto l’anta dell’uscio, lasciando le due con delle espressioni schifate e parecchio irritate.  
<< Che uomo adorabile. >> il commento ironico di Jordan, che era rimasto per tutto il tempo appoggiato alla parete di fianco all’appartamento del Signor Gershon, fece voltare le donne verso di lui. 
Sarah non poteva che essere d’accordo con il collega, ma si limitò a scuotere le spalle e appuntare qualcosa nel suo taccuino. 
Dal canto suo Lucien drizzò la schiena e cercò di farsi passare la sensazione che le irrigidiva le membra, non solo a causa del sospettato appena interrogato, ma per il fatto di star lavorando con due maghi che non erano affatto felici di dover collaborare con lei. Ovviamente non avevo detto nulla e nessun commento sgradevole aveva raggiunto le sue orecchie, però la tensione che c’era tra di loro si sarebbe potuta tagliare con il coltello e il sospetto che traspariva dai loro occhi non poteva essere frainteso. Il fatto che fosse nata sotto una cattiva stella si confermava ogni volta, comunque.   
Il leggero sospiro che sfuggì alla Custode non passò inosservato, ma Jordan non disse nulla a riguardo perché la sua attenzione venne catturata da una porta che si apriva leggermente: era già successo che lo stesso uscio si dischiudesse durante il loro colloquio con il Signor Gershon e la cosa, ovviamente, lo incuriosì.
<< Ragazze... >> il mormorio attrasse l’attenzione di entrambe, che guardarono nella direzione indicata dal giovane.
Sarah, con passo controllato ma comunque lesto, raggiunse l’appartamento che distava pochi metri << Salve Signor… Diakhaté >> dopo aver lanciato una breve occhiata alla targhetta sopra il campanello, la bionda spostò lo sguardo sull’uomo, dalla carnagione scura, che si intravedeva con difficoltà attraverso il pertugio  << Io e i miei colleghi saremmo qui per fare qualche domanda sul suo vicino, Mike Smith. >> 
<< Ho sentito. >> la voce sottile costrinse i tre a sporgersi un po’ per distinguere al meglio le parole << Come mai siete così tanto interessati? È morto almeno una decina di giorni fa e i vostri colleghi parevano convinti che fosse stata una ritorsione. >>
<< Vogliamo capire cosa è successo realmente. >>.
<< Anche lei signorina è convinta della tesi dei suoi predecessori. >> l’accusa dell’uomo prese in contropiede la ex Serpeverde, facendole sgranare gli occhi << È chiaro che è così. >>
Lucien fece un passo avanti con un sorriso dolce a incurvarle le labbra carnose << Signor Diakhaté noi siamo qui per scoprire la verità. La prego, ci aiuti a capire. >>
L’anziano studiò con sospetto e con gli occhi grigi stretti in due fessure i tre, poi, senza proferire verbo, richiuse la porta. 
<< Credo che il tuo sorriso sinistro lo abbia spaventato. >> 
Lucien si voltò verso Jordan, fulminandolo con lo sguardo << Ritira subito quello che hai detto. >>  
<< Zitti. >> ingiunse con voce imperiosa Sarah, mentre il rumore di un catenaccio che veniva rimosso si propagava nell’aria.
Dopo pochi secondi l’anta si aprì << Accomodatevi. >>
In fila indiana, i tre entrarono all’interno di un bilocale ben tenuto e pieno di mobili di seconda mano << Volete un tè o qualcos’altro da bere? >> appoggiandosi con tutto il suo peso alla bombola d’ossigeno che si portava appresso e a cui era attaccato, il Signor Diakhaté pose la domanda con gentilezza e chiudendo al contempo la porta.
<< Lei si sieda. >> Lucien scostò una sedia del piccolo tavolo da pranzo e gli fece cenno di accomodarsi << Posso occuparmi io del tè. >> 
Sarah, dopo aver lanciato un’occhiata perplessa alla sua nuova partner che stava riempendo il bollitore d’acqua, si concentrò sul proprietario di casa << Conosceva Mike Smith? >>
<< Sì. >> annuì l’uomo, che, seduto, non distoglieva l’attenzione da Lucien che trafficava nel piccolo cucinotto con fare esperto, trovando al primo colpo tutto quello che cercava << Era un brav’uomo. >>
Jordan si accomodò su una sedia libera, subito imitato dalla collega. Dopo di che intrecciò le lunghe dita che appoggiò sul ripiano del tavolo, che era ricoperto da una cerata abbellita da disegni di limoni << Che tipo era? >>
<< Diverso. Non si poteva minimamente accostare ai drogati che ci sono qui: era gentile, disponibile e corretto. >> gli occhi del Signor Diakhaté vagarono sui mobili della stanza << Mi aiutava sempre. Quando si rompeva qualcosa era lui che chiamavo e, in pochi secondi, aggiustava ogni danno o oggetto rotto. Non voleva mai che lo ripagassi con qualche spicciolo, ma accettava volentieri un piatto caldo. >>  
<< Eravate amici. >> il tono di voce accomodante di Sarah attrasse l’attenzione dell’anziano, che annuì.
<< Una specie. Quando era in vena passavamo molto tempo insieme e avevamo i nostri appuntamenti prestabiliti. Per esempio mi accompagnava ogni mercoledì al mercato per fare la spesa, per quanto stanco o… indisposto veniva sempre. Sapete, io non ho famiglia, almeno da quando ho perso mia moglie tredici anni fa, e lui era la cosa più vicina ad un famigliare che avessi. >> 
Il fischio della teiera interruppe la conversazione per pochi secondi << È stato lei a trovare il corpo. >> anche questa volta nessuna domanda, solo un’osservazione fatta con voce gentile da Sarah che non distoglieva l’attenzione dal suo interlocutore.
L’uomo strinse tra di loro le mani nodose, quasi volesse fermare i brividi che lo attanagliavano << Era giorno di mercato. >>
La strega avrebbe voluto sporgersi oltre il tavolo per abbracciare l’uomo, ma si trattenne dal farlo. Quindi intervenne Jordan che, benché non avesse un tono né accondiscendente né dolce, si mostrò più pacato e paziente del solito << Conosceva o aveva mai visto lo spacciatore da cui si riforniva il Signor Smith? >> 
Il fantasma di un sorriso incurvò le labbra del vecchio, che spostò gli occhi perlacei sul giovane che gli sedeva di fronte << Questo condominio è la dimora di diversi pusher della zona, però io non ho mai avuto modo di conoscere quello da cui si riforniva il mio amico. Mike non permetteva che gli si presentassero alla porta. >>
<< Non permetteva? >> domandò Lucien posando sul tavolo il vassoio, su cui erano disposte quattro tazze fumanti, un bricco di latte e una zuccheriera. 
<< Esatto. >> il signor Diakhaté accettò con un sorriso riconoscente la tazza che la donna gli pose davanti << Non aveva debiti o arretrati. Mai una volta uno strozzino o il proprietario di casa si sono presentati per riscuotere cassa. >>
Di fronte agli sguardi perplessi dei tre, l’anziano accennò a una breve risata di condiscendenza mentre si versava il latte << Vi stupirà ancor di più sapere che faceva tre o addirittura quattro lavori per vivere, era così che si manteneva. Lavori umili che pochi sono disposti a fare, soprattutto quando sono persone istruite. >> 
<< Allora perché… >>
<< Perché rimaneva qui e non si faceva aiutare? >> concluse l’uomo al posto di Jordan, che annuì con la fronte aggrottata << Non voleva essere aiutato, è questa la verità. Non so cosa sia successo prima che arrivasse qua, ma era come se stesse cerando di espiare una colpa passata, come se stesse attendendo la morte. >> 
Uno strano silenzio scese sul ristretto gruppetto intanto che sorseggiavano con calma il tè, finché Sarah non lo interruppe << Suppongo che non le abbia detto da cosa era tormentato. >>
<< No, non me ne ha mai voluto parlare. Diceva solo che aveva commesso un orribile errore e, ogni volta che io provavo a chiedergli spiegazioni, affermava che non voleva coinvolgermi, in che cosa non lo so di preciso. Posso però dirvi che era spaventato e afflitto da terribili sensi di colpa. >> 
I tre rimasero nel piccolo monolocale per altri quindici minuti e chiacchierano del più e del meno; in realtà furono più che altro Sarah e Lucien a portare avanti la conversazione con l’anziano, visto che Jordan passò tutto il tempo con il volto scuro e lo sguardo fisso nel vuoto. Una volta finito il tè e dopo aver lavato e sistemato la cucina, si accomiatarono dal Signor Diakhaté. 
<< Certo che potevi essere più partecipe. >> il commento di Lucien parve non scalfire Jordan, che invece si voltò verso Sarah.
<< Controlla se su questo appartamento c’è qualche residuo di magia. >>
Sarah, senza fare domande e dopo aver controllato che nessuno li stesse guardando, fece quanto le era stato chiesto << Santo cielo, c’è decisamente più di qualche rimasuglio. Probabilmente lo aveva rifornito di ogni genere di protezione >> 
<< Stava davvero attendendo la sua fine. >> di fronte allo sguardo perplesso delle due, l’uomo si spiegò << Non ha fatto nessuna magia su casa sua, ma ha voluto proteggere in ogni modo il Signor Diakhaté. È evidente che non gli importava della sua incolumità. >>
Sarah scrutò per qualche secondo l’uscio, poi si voltò verso i colleghi << Credo che sia giunto il momento di scavare nel passato di Mike Smith. >> 
 
 
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3 Luglio 2027,
Sottosopra, Sede dei Custodi
 
 
Hera Barrows non si poteva di certo considerare una persona insoddisfatta, si ritrovò a pensare mentre studiava i numerosi anelli che le adornavano le lunghe dita affusolate, soffermandosi in particolare sull’indice destro su cui svettava lo stemma di famiglia. Aveva vissuto appieno la vita che le era stata donata: aveva viaggiato per tutto il mondo, come pochi altri prima di lei, visto e conosciuto persone di ogni genere ed etnia, sperimentato sapori e odori, studiato tutto quello che stuzzicava la sua attenzione, vinto molte delle sue paure e affrontato con coraggio ogni giorno, quasi potesse essere l’ultimo. 
Insieme alla sua famiglia si era poi trasferita nel Sottosopra, alla ricerca di quella stabilità che avevano perso molto tempo prima e, stranamente, erano riusciti a trovare un luogo da chiamare “Casa”. Luogo che in poco tempo decise che avrebbe dovuto proteggere anche lei in prima persona, nonostante le forti rimostranze di sua madre. Dunque era diventata prima una profiler, in quanto da sempre affascinata dalle menti altrui, poi una Custode e, pian piano, aveva risalito la scala gerarchica, fino ad arrivare a quel giorno, a quel preciso istante. In fondo la sua vita era stata una costante sfida, una in più non rappresentava un problema. 
Alzò gli occhi dalle mani sulla figura che la precedeva. I cappelli scuri del suo superiore, acconciati sempre con quelle bizzarre mezze trecce, strapparono un sorriso alla vampira. 
<< Non ti far intimidire. >> 
<< Certamente. >> 
Nashira si fermò di fronte alla porta nera come la pece, che svettava fra le altre che avevano invece una tonalità più chiara, la maniglia richiusa nel palmo della mano << Trovo allucinante il fatto che io sia stata costretta a portarti fino a qui, solo perché lui >> spalancò la porta, mostrando così un ufficio minuziosamente ordinato e asettico << vuole mantenere il punto. >>
Adam, seduto alla sua scrivania, teneva le mani intrecciate sullo stomaco, la schiena appoggiata all’alto schienale e gli occhi verdi non trasmettevano nessuna emozione << Però ho vinto. >> 
Nashira roteò gli occhi al cielo << Ti ho portato Hera Barrows. >>
Adam spostò lo sguardo vagamente infastidito dal suo superiore all’altra vampira e lì vi rimasero per diversi minuti, quasi la stesse soppesando. Hera, che di certo non era una che si faceva intimidire per così poco, ricambiò l’occhiata con assoluta serenità.
Il Capo della Classe S parve soddisfatto da quello scambio, quindi annuì seppur controvoglia e si alzò. Circumnavigò la scrivania e si diresse verso la parete di fondo dove erano appese una serie di foto. La profiler lo udì borbottare “No, questo no.” “Uhm, magari questa…? Nah, troppo facile.” “Questo neanche per sogno. È mio, troppo divertente.” “Se le do lui poi Nashira si incazza…” “Questo lo voleva Bal e non ci tengo a sentire i suoi piagnistei…”
Con la coda dell’occhio Hera notò degli strani movimenti al suo fianco quindi girò leggermente il capo e notò così Nashira, silenziosa, spostare di pochi millimetri gli oggetti che aveva a portata di mano: una penna, un quadro, due fogli, il taglia carte e, infine, ribaltò il cuscino adagiato sulla poltrona di pelle.
<< Ritengo che tu possa occuparti di lui, non dovrebbe essere troppo… >> Adam si voltò e, quando sollevò lo sguardo su di loro, rimase perfettamente immobile. Qualcosa non andava, lo sapeva e lo percepiva nella pelle, ma non sapeva cosa. 
<< Troppo cosa? >> 
Il vampiro lanciò una breve occhiata a Nashira che teneva la testa inclinata e un espressione di serafico interesse, tale vista lo costrinse a concludere il suo discorso, benché sentisse un fastidiosissimo prurito percorrergli le membra << Troppo difficile. >> 
Hera sapeva che il Capo della Classe S era un maniaco dell’ordine, quasi a livelli patologici, ma non volendo mettersi in mezzo rimase immobile e zitta. 
Adam, senza rendersene conto, prese i due fogli spostati e li raddrizzò, poi allungò con un gesto secco la foto che aveva precedentemente tolto dalla lavagna e la consegnò alla vampira << Questo è uno dei nemici del Sottosopra. Trovalo e uccidilo. Ti concedo 48 ore di tempo, se non ci riuscirai non potrai entrare a far parte della Classe S. >> un sorriso angelico gli incurvò le labbra mentre prendeva fra le dita il ferma carte << Sappi che io non concedo seconde possibilità. >> 
Hera abbassò lo sguardo sulla foto che aveva fra le mani e che raffigurava il viso di un uomo dai tratti duri, tipici dell’Est Europa.
<< Oh, lui sì che è un vero grattacapo. >> Nashira che aveva dato a sua volta un’occhiata all’immagine, annuì con fare pensieroso per poi sorriderle incoraggiante << Beh, buon divertimento. >> 
Detto questo la donna se ne andò seguita da due paia di occhi, uno allucinato e l’altro annoiato. 
Hera, ripresasi dallo shock, si voltò verso il vampiro << Non avrò altre informazioni? >>
<< Certo che no. >> il sopracciglio di Adam si arcuò con fare beffardo << Non sei forse tu la migliore Profiler di tutto il Sottosopra? Dimostramelo. >>
La donna lo guardò sistemare perfettamente il fermacarte e poi scuotere la mano destra nella sua direzione, intanto che si risedeva alla sua scrivania << Ora sparisci che ho cose più importanti da fare che stare appresso a te. >>
Hera, che teneva stretta la foto, uscì dall’ufficio ancora parecchio scombussolata e, mentre richiudeva la porta, lo sentì esclamare stizzito << Perché il quadro è storto?! >>
 
 
23 ore e 58 minuti dopo
 
 
Il passo di Hera era lungo e cadenzato senza però perdere la sua innata eleganza. I suoi occhi erano scarlatti, come lo erano anche i suoi abiti che grondavano sangue. La schiena era dritta come una lancia, e il suo intero essere ricordava quello di una dea guerriera. Al suo passaggio tutti si scostavano, non per terrore o sgomento, ma per semplice e puro rispetto.
La vampira aprì la porta ed entrò nell’ufficio calorosamente disordinato, si piazzò di fronte alla scrivania dietro cui era seduta la proprietaria e lasciò ricadere sui documenti sparpagliati la testa mozzata del suo obbiettivo.
Voltandosi alla sua destra, Hera sollevò il mento con aria di sfida << Sono dei vostri? >> 
Le labbra di Adam fremettero per un secondo, quasi stesse trattenendo un sorriso, poi annuì << Sì, dai, può andare bene. >>
<< Cazzo Hera, sei un portento! >> Balthazar, che si trovava dall’altro lato della scrivania rispetto al vampiro, richiamò l’attenzione della donna e sollevò la mano destra << Dammi il cinque. >>
Un fiacco sorriso incurvò le labbra di Hera mentre batteva la mano contro quella del suo nuovo collega. 
<< Bene, ottimo lavoro Hera. >> Nashira, dopo essersi ripulita la guancia che era stata schizzata di sangue, non perse il suo aplomb e indicò con la sua stilografica la testa << Ora ripulite sto schifo. >>   
  
 
§§§
 
 
Blake Hall,
Epping Forest, Essex
 
 
Ryu, fermo sulla linea ferroviaria piena di erbacce e spazzatura, guardava l’edifico di mattoni con le mani sprofondate nel lungo soprabito nero fatto su misura. Una stranissima sensazione di disagio gli irrigidiva le membra e dal suo punto di vista, benché il sole facesse capolino timidamente dietro le nuvole, il luogo aveva qualcosa di sinistro e di estremamente sbagliato nel suo insieme. 
Virginia lo affiancò << Tutto bene? >> 
<< Sì. >> scuotendo le spalle, sia per tranquillizzare la collega sia per scacciare il gelo che lo pervadeva, fece un cenno al capo squadra che li attendeva sulla banchina << Andiamo. >> 
Quando i due raggiunsero Walter lo trovarono intento a osservare la targhetta della biglietteria fatta a pezzi per terra.
La svedese lanciò una breve occhiata alla stazione e poi al superiore << Sapevi che se n’erano già andati? >> 
<< Lo avevo supposto. >> spostando con la punta della scarpa uno dei frammenti della targa, il viso del mago venne solcato da un mezzo sorriso << Sarei stato profondamente deluso se li avessi trovati ancora qui accampati. Fuggono da cinque anni, sanno bene come muoversi. >>  
I due agenti MSI si scambiarono una fugace occhiata, sempre più esasperati dal comportamento del terzo, ma non emisero un sibilo, anzi lo seguirono all’interno dell’edificio fatiscente. Ispezionarono con attenzione il pian terreno, devastato da anni di abbandono e di noncuranza, poi salirono fino al primo piano, che a differenza di quello sottostante, pareva meglio tenuto: qualcuno aveva sicuramente sistemato e pulito alla bene e meglio.
I tre si separarono, andando ognuno in una direzione differente: Walter si piazzò di fronte a una delle finestre, Virginia si avvicinò a un triclino sfondato e prese in mano quello che pareva un pomello mentre Ryu si fermò in mezzo alla stanza. Non gli fu difficile notare i segni recenti sul pavimento di mobili spostati, come anche le impronte di mani o addirittura un sottile odore di fiori di campo, così fuori contesto da fargli aggrottare la fronte. Estrasse quindi da una delle tasche interne del soprabito la sua bacchetta di ciliegio, la fece volteggiare con eleganza e mormorò << Specialis Revelio. >>
Pian piano l’aria si fece più densa e rarefatta, quasi si stesse contraendo su sé stessa. Virginia e Walter, attratti dal borbottio del collega, si voltarono verso di lui e osservarono figure confuse muoversi per la stanza, spettri di un passato sconosciuto. All’improvviso l’attenzione dei tre venne indirizzata sulla parete di fondo dove si concretizzarono, per un istante, fogli, mappe e fotografie, in una specie di copia di quello che avevano fatto loro nell’ufficio di Walter. 
La svedese si avvicinò in fretta al muro, ma troppo presto quello squarcio sul passato scomparve e un silenzio pesante scese nella stanza. 
<< Sei riuscita a leggere qualcosa? >> 
La strega si voltò verso lo Spezzaincantesimi con aria dispiaciuta << Solo un nome. >>
<< Quale? >> 
<< Georges Bataille. >> 
Walter roteò gli occhi al cielo << E adesso chi cazzo è questo stronzo? >>
 
Al limitare del bosco, nella fila di alberi che si trovavano di fronte alla vecchia stazione abbandonata, una figura snella scendeva con agilità giù dalla fronda di un castagno. Toccato il terreno, reso morbido dalle frequenti piogge, Nilüfer si tolse via i rametti e le foglie che le erano rimaste addosso. Fatto ciò recuperò la borsa che aveva nascosto in un cespuglio lì vicino e vi ripose la macchina fotografica con cui aveva scattato dei bellissimi primi piani dei loro nuovi inseguitori. Soddisfatta del suo operato lanciò un’ultima occhiata all’edificio che si intravedeva a malapena, poi si allontanò con passo baldanzoso mentre Bernardo le si adagiava con delicatezza sulla spalla destra. 

 
§§§
 
 
Highgate, Londra
 

Hera scese i tre gradini di pietra con le mani in tasca e un’espressione funebre sul volto.
<< Dai, non è andata così male. >> 
La vampira si voltò verso il suo superiore << Non è andata così male? >> l’ironia traspariva da ogni parola pronunciata << Ma se non abbiamo ricavato nulla di nuovo! Sempre le stesse risposte: non abbiamo visto niente di sospetto; siamo stati allertati dalle urla della Signora Brennan; erano già scomparsi quando siamo arrivati… e se per caso qualcuno si ricorda qualcosa in più solitamente viene smentito da quello che interroghiamo dopo che afferma tutto il contrario. >> 
I due superarono la staccionata e si fermarono sul marciapiede 
<< Cosa pensavi? Che sarebbe stato semplice? >> Livari le scoccò un sorriso sornione che portò la Custode a inchiodarlo con uno sguardo gelido, che però non parve sortire alcun effetto, quindi si lasciò sfuggire un breve sospiro infastidito.
<< No, certo che no. Però speravo che avessero le idee più chiare. >> 
Il vampiro si guardò intorno, analizzando le villette a schiera << Più il tempo passa e più i testimoni diventano inattendibili: si incontrano e inevitabilmente parlano del fattaccio, influenzandosi a vicenda. Per questo le prime ore di un’indagine sono così fondamentali e per tale ragione dovremo basarci molto sulle dichiarazioni che gli Auror hanno raccolto. >> 
I due si incamminarono lungo il marciapiede e per un po’ rimasero in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri finché la donna aggrottò le sopracciglia e sollevò il viso verso il partner << Alla fine sei riuscito a visionare i miei rapporti prima della riunione? >>
Un ghigno divertito si dipinse sul volto dello svedese << Oh sì. >> 
Non capendo il perché di quella strana reazione, le rughe che solcavano la fronte della profiler si accentuarono << Ti sono tornati utili? >> 
<< Molto. >> 
La scozzese assottigliò gli occhi chiari in due fessure << Ti diverti un mondo a irritarmi, non è vero? Sai quanto detesto che mi si risponda in maniera criptica. >> 
Livari le diede una leggera spintarella con la spalla << Lo ammetto, vederti corrucciata è qualcosa di celestiale. >> 
<< Piantala di prendermi in giro e rispondimi. >> 
L’uomo sollevò le mani, in segno di sconfitta << Ok, ma non credevo di doverti rassicurare sul tuo egregio lavoro. I tuoi profili mi saranno molto utili, soprattutto e le tue supposizioni scritte a matita a piè di pagina. >> 
Ignorando il commento del superiore sul suo bisogno di conferme, la vampira posò lo sguardo sul cottage al quale si stavano avvicinando sempre più << Ho centoquarantacinque anni e ho visto fin troppe scene del crimine, tant’è, che per certi versi, mi ci sono abituata. È però la prima volta che ho come l’impressione di essere sul bordo di un burrone: alle mie spalle c’è una soluzione semplice che so essere sbagliata, mentre se guardo il vuoto so che lì troverò sia la verità sia guai. >> spostando lo sguardo sul collega, inclinò la testa di lato << Tu hai mai avuto questa sensazione? >>
<< Certamente. >> annuì lo svedese, mentre si fermavano di fronte alla dimora della famiglia Brennan << L’incertezza dell’ignoto è qualcosa che attanaglia chiunque prima o poi >> 
<< Uhm, non è quello che intendevo… >> borbottò la profiler aggrottando la fronte, la cui attenzione venne però attratta da una donna che si avvicinava di gran carriera << Buongiorno Signora, possiamo fare qualcos… >>
<< Come osate? >> sibilò la mora additandola con l’indice << Come osate essere qui? >>
La scozzese sbatté un paio di volte le palpebre, evidentemente presa in contro piede << Stiamo investigando sulla morte della famiglia Brennan. >>
<< Voi? Voi?! >> ringhiò con fare aggressivo << Quelli come voi non si dovrebbero nemmeno avvicinare a quella casa! >>
La Custode si drizzò in tutta la sua altezza e lo sguardo si fece freddo come il ghiaccio, mentre Livari fece un passo avanti con fare pacificatore << Signora… >>
<< Trinity Burns. >> sputò, spostando l’attenzione su di lui << Sono la sorella di Valerie Brennan e non permetterò mai che esseri come voi siano coinvolti nelle indagini. >> 
Jason, che si trovava nel giardino antistante il cottage a parlare con alcuni subordinati e che era stato attratto dai toni aggressivi della donna, si fece avanti << Signora Burns la prego di calmarsi, siamo qui solo per scoprire che cosa è successo. >> 
<< Lei è un mago, vero? >> al cenno di assenso, la voce della mora si fece affilata << Non siete voi il problema, ma quelli come loro: i mostri. Sono loro i colpevoli della morte di mia sorella e della sua famiglia, quindi non li voglio qui. >> 
La testa dell’Auror scattò all’indietro, come se avesse ricevuto uno schiaffo in pieno volto; quindi lanciò un’occhiata ai due colleghi e notò che non si erano mossi: Hera teneva le braccia distese lungo i fianchi e le mani strette a pugno, ma nessun accenno di rabbia le scalfiva il viso, solo fredda quiete; Livari aveva invece un atteggiamento più rilassato e neanche guardava la donna che lo insultava, sembrava infatti più interessato alle sue unghie che stava studiando con attenzione. 
<< Capisco che lei sia sconvolta. >> Jason si frappose fra lei e le due creature << Però deve capire che stiamo facendo del nostro meglio per capire chi c’è dietro all’omicidio dei suoi parenti. >>
<< Si sa chi sono i colpevoli: i vampiri! >> ringhiò la Signora Burns << Ora mi chiedo, perché li state proteggendo? >>
Prima che il giovane avesse modo di rispondere, una voce pacata intervenne << Agente Underseaq, me ne occupo io. >> i due si voltarono verso Gaspard, che, avvicinandosi a grandi passi, sorrise cordiale alla donna e le porse la mano << Salve Signora Burns, io sono Gaspard Dubois. Le andrebbe di seguirmi? >>
La mora, dopo aver stretto la mano del mago tentennò per un secondo, poi aggrottò la fronte << Voglio sapere perché il caso è stato sottratto all’Agente Thompson per darlo a questi… esseri. >>
Il belga si fece da parte per consentirle di passare attraverso il cancellino << Mi segua in un posto più appartato e le spiegherò tutto quello che desidera. >> 
La donna notò solo in quel momento che molti curiosi li stavano osservando, quindi squadrò le spalle e annuì << Va bene. >> dopo aver scoccato un’occhiata velenosa ai due Custodi, superò la staccionata e seguì docilmente, seppur ancora impettita, Gaspard. 
Quando i due si furono allontanati, Jason si voltò verso i colleghi con un’espressione di scuse e di profondo rammarico << Sono davvero desolato... >> 
Hera sollevò la mano destra, facendo zittire l’Auror << Sai che cosa abbiamo imparato noi mostri a causa vostra, in tutti questi anni? >> 
Al cenno negativo del mago, un sorriso amaro, quasi sinistro, si dipinse sul volto della vampira << A sopportare. >> 
<< Questo spettacolino non rientra nemmeno nella mia top dieci degli insulti peggiori. >> commentò Livari, per poi voltarsi verso la scozzese << E nella tua? >> 
<< Non ci si è nemmeno avvicinata, in realtà ha fatto un po’ pena. >> detto questo girò sui tacchi e si allontanò, lasciando da solo Livari che si accomiatò dal mago con un inchino, per poi seguirla. 
 
 
§§§
 
 
9 Novembre 2058,
Sottosopra, Sede dei Custodi
 
 
Nashira era scomparsa, accusata dell’omicidio di sua sorella, di Alya, era fuggita.
Improvvisamente il mondo era andato a gambe all’aria e il Sottosopra era stato investito in pieno dagli eventi, risentendo come non mai di quell’unico, piccolo, disastro.
Balthazar, Soho, Nilüfer e Adam l'avevano seguita e ora erano dei latitanti come la prima. 
Hera scosse la testa, le pareva tutto insensato. Un brutto scherzo insensato.

Livari Lindgren era il nuovo Capo dei Custodi, lo stesso che la voleva nel suo studio, immediatamente. 
La Principessa dei Barrows era certa che l’avesse mandata a chiamare per poterla interrogare e cercare così di ottenere informazioni; peccato che lei non sapesse nulla o comunque, non più di quanto era dato sapere a lei o ad altri. 
Nashira non si fidava abbastanza di lei?
Faceva strano pensarlo. 
<< Atteggiamento neutrale. >> si ripeteva mentre cammina verso l'incontro con il suo nuovo superiore.

Si ritrovò così a riflettere su come, in poco tempo, il Sottosopra si era ritrovato senza i pilastri portanti dell'organizzazione dei Custodi, cosa assolutamente impensabile per una città così importante e numerosa. Infatti il Consiglio si era fatto in quattro per trovare qualcuno a cui affidare l’intero corpo dei Custodi e, per tale oneroso e importante compito, era stato scelto nientepopodimeno che l’ibrido. Il quale, agli occhi di Hera, a causa del suo aspetto pareva più adatto a essere il cantante di una band hard rock, piuttosto che un possibile leader. 
Dopo aver bussato delicatamente e aver udito l’invito a entrare, la profiler abbassò la maniglia ed entrò nello studio, rimanendo però  turbata dallo scenario che le si proponeva davanti. 
Era tutto così… organizzato e in ordine.
Non c'era più traccia di Nashira, lì. 
<< Oh, bene. Sei qui, finalmente. >>  la voce di Livari la riscosse dai suoi pensieri << Prego, accomodati pure >> le disse, indicando con un cenno della mano la sedia di fronte alla scrivania. 
La vampira approfittò del poco tempo concessole per studiare l'uomo che aveva davanti: aveva sentito diverse voci sul suo conto, in particolare sul suo carisma e di quanto potesse essere spietato. 
La sua analisi fu interrotta dal sedersi dell'ibrido, che, aperto il suo fascicolo, la osservò per qualche secondo << Hera Barrows... Trovo sia inutile passare in rassegna i numerosi meriti che contiene il tuo dossier, sono convinto che tu sia conscia delle tue capacità. Quindi direi che possiamo andare dritti al punto, che ne dici? >> la donna aggrottò le sopracciglia all’udire un tono così stranamente cortese: non c'era aria di minaccia nel suo atteggiamento o nel suo modo di presentarsi << Vorrei chiederti se sai perché ti ho convocato con così tanta urgenza >>. 
"Manipolatore" si ritrovò a pensare Hera "mostrarsi disponibile e alla mano instaura nella controparte una sensazione di sicurezza e altera le percezioni che si hanno dell'altro". 
<< Francamente, non ne sono sicura.  >> commentò la Custode << Potresti volermi interrogare per avere delle informazioni, cosa che purtroppo o per fortuna, non possiedo. Oppure potresti essere più furbo di quanto io pensi, e stai semplicemente cercando di avere un'idea di chi sono i tuoi sottoposti e di quale fili puoi tirare per instaurare con loro un rapporto di vantaggio per te stesso >>.

L'ibrido ridacchiò, fece un veloce commento su quanto lei gli aveva appena detto e poi le rivelò, senza troppi giri di parole, il vero motivo per cui l'aveva convocata lì. 
Con Adam fuggito, la classe S si era ritrovata scoperta, senza un Capo che potesse guidarla; per Livari, lei era un ottimo candidato. 
<< Non devi rispondermi subito, prenditi pure del tempo per riflettere. Dopotutto capisco che questa situazione non debba essere facile, per te. 
In fondo erano tuoi amici >> disse con un sorriso tranquillo e comprensivo, per poi congedarla. 
"La verità non sta da una parte soltanto. Allineati con gli eventi". 
Le parole di suo padre, mantra di tutta la sua infanzia, continuavano a frullarle in testa mentre usciva dallo studio del Capo dei Custodi e si avviava verso l'uscita della sede. 
Diventare capo della Classe S era un'opportunità da prendere al volo, lo sapeva bene: sarebbe stata vantaggiosa per lei. Hera però non era stupida e sapeva che neanche Livari lo era; peccato però si fosse tradito durante la loro conversazione. 
Sapeva di essere tra le scelte migliori per quel ruolo date le sue capacità. Era però anche consapevole che averla a capo della Classe S, sarebbe stato per il Capo e Vice Capo dei Custodi un banale trucco per tenerla d'occhio e così controllarla. 
"Allineati con gli eventi". 
La posizione di Capo della Classe S l'avrebbe sì messa a più stretto contatto con Livari e questo poteva rappresentare un azzardo, ma le avrebbe anche concesso più spazio di manovra nel cercare di andare a fondo alla faccenda riguardante Nashira e gli altri. 
Da sempre, ogni suo tentativo era volto a ricavare un vantaggio dalla situazione che le si presentava, volta per volta. Il suo comportamento era guidato non tanto dall’adozione di scelte che fossero sagge o giuste, quanto da giuste cause, decisioni che le assicurassero la propria sopravvivenza e quella delle persone a lei più care.

Ad Hera non serviva altro tempo per riflettere, aveva già la sua risposta.

 
 
§§§ 

27 Settembre 2062
Kensington, Londra
Pub “Three Caps


 
Jordan, comodamente sprofondato in una poltrona di un rosso vinaccia, teneva la testa reclinata per osservare il soffitto in vetro che, grazie a una magia, permetteva di vedere la volta celeste così com’era, senza lo smog, quasi si stesse osservando da un telescopio. Quella sera la luna era una sottile falce che sorrideva in maniera sinistra alle povere anime che sovrastava, come una dea lontana e fredda: irraggiungibile.
Il mago fece roteare il bicchiere panciuto che conteneva uno dei whisky incendiari più pregiati dell’ultimo secolo mentre, sulle ginocchia, teneva aperto un libro di astronomia che aveva sottratto dalla fornita libreria dei proprietari del locale in cui si trovava. Il pub infatti era un’oasi di pace sia per l’uomo che per tutti i suoi avventori, un luogo al di fuori della frenesia e dei dettami della società. Il locale occupava l’ultimo piano di una delle numerose villette a schiera del quartiere, in piena vista e per questo defilato da attenzioni indesiderate. I clienti principali erano maghi e streghe, di ceti sociali e etnia differenti, ma con le tasche ricolme. Per i gestori, tre fratelli la cui natura era stata parsimoniosa per quanto riguarda la loro altezza, da qui il nome Three Caps, ma non per il loro senso negli affari, richiedevano poche cose ai loro avventori: che fossero persone educate e onorevoli, e che, soprattutto, potessero pagare per i servizi richiesti, tutto il resto, dal loro punto di vista, era di secondaria importanza. Più che un pub si poteva quasi considerare un club esclusivo aperto ventiquattrore su ventiquattro per ogni genere di necessità e fantasia. 
Jordan si portò il bicchiere alle labbra e ingollò l’ultimo sorso del liquore. Quando il calore infuocato gli invase il palato e poi la gola, fino a irradiarsi nello sterno, schioccò la lingua soddisfatto e sollevò i grandi e allungati occhi blu sull’uomo che lo aveva raggiunto. 
Barney Brown, uno dei leggendari proprietari, lo studiava per la prima volta dall’alto, visto che solitamente la differenza d’altezza di trenta centimetri buoni costringeva il barista a piegare il collo all’indietro per poterlo guardare negli occhi. Quante volte si era infiammata la cervicale per colpa di quel benedetto Auror. 
<< Ho fatto qualcosa di male? >> 
Il gestore, che teneva entrambi i pollici infilati nelle bretelle verdi, arricciò le labbra << Sono le tre passate. >> 
<< E quindi? >> la perplessità del mago si fece evidente dalla sua fronte aggrottata e dagli occhioni sgranati.
<< L’atteggiamento da cucciolo bastonato e buttato sotto la pioggia funziona con Barnaby, non con me. >> sfilatogli il bicchiere ormai vuoto dalla mano, l’uomo gli fece cenno di alzarsi << Su, coraggio. >>
<< Perché mi stai scacciando via? Ero qui buono-buono a non disturbare nessuno. >> 
Barney si passò una mano sul capo completamente pelato, poi gli lanciò uno sguardo esasperato << Devi tornare a casa a dormire, se non mi sbaglio domani lavori e mi hai anche detto che hai un caso importate tra le mani. >> 
<< Vero, ma sai anche che soffro di insonnia. >> 
<< Butta giù qualche pillola e vai a letto. >> l’uomo prese la bottiglia panciuta che a inizio turno era piena e sigillata mentre ora era mezza vuota.
<< Non sei per nulla carino. >> 
Barney si strinse nelle spalle, per nulla toccato o ferito da quella secca frase detta da uno dei loro migliori clienti << La prossima volta non chiedermi di mandarti a casa a un orario preciso. >> 
<< Dov’è Barnabas? >> Jordan si guardò intorno, alla ricerca del terzo fratello << Lui è il più accomodante e gentile, perché non c’è lui? >> 
Un sospiro rassegnato sfuggì al barista, che fece sparire bottiglia e bicchiere con un colpo di bacchetta << Non c’è, è a casa sua. >> 
<< Ma voi non vivete qui? Pensavo che aveste una camera o una zona riservata. >> 
<< Ci piace creare l’illusione di esserci sempre, ma per fortuna non è così. >> Barney, stanco di dover rimanere lì a perdere tempo, prese per il bavero l’Auror e, con una forza inaspettata, lo tirò su.
Jordan, evidentemente sorpreso dalla piega degli eventi, rimase fermo immobile, quasi non si potesse capacitare che quel piccolo ometto, che arrivava a malapena al suo sterno, lo avesse sollevato di peso << Cos’è appena successo? >>
Ignorando l’espressione ebete del cliente, Barney gli recuperò il cappotto nero, lo spazzolò velocemente e lo aiutò a infilarlo << Ecco da bravo, anche l’altro braccio… così… ottimo, ora vattene. >> 
<< Sei sempre stato così forte? >> 
Il proprietario lo guardò con espressione apatica << Non mi costringere a chiamare i bodyguard. >> 
<< Va bene, me ne vado. >> l’uomo si sistemò i risvolti della giacca mentre, barcollando leggermente, si dirigeva verso l’uscita << La prossima volta però dobbiamo parlare di questa tua forza sovraumana perché… cioè, insomma… incredibile. >>
Annuendo con fare accondiscendente, il barista salutò l’avventore. Un sospiro di pura soddisfazione gli sfuggì dalle labbra quando lo vide scomparire oltre la soglia, arrivando a fischiettare una canzoncina sconcia per la troppa contentezza di essersi liberato di un problema in un tempo relativamente breve.
Jordan, dal canto suo, incespicò nei suoi stessi piedi mentre camminava nelle strade scarsamente illuminate di Londra. Il suo cervello pareva un pantano di pensieri, i quali si asfaltavano l’uno sull’altro senza una connessione logica e fu probabilmente per questo che non udì fin da subito lo scalpiccio di piedi pesanti che lo seguivano, ma i suoi riflessi, seppur rallentati dall’alcol, non erano del tutto sopiti. Il primo colpo alla testa andò a segno e un dolore lancinante gli perforò il cranio. Con un ruggito parò il secondo e, come una molla, il suo pugno scattò in avanti con una velocità e precisione impressionanti, visto il suo stato. Mandò così a terra il primo aggressore, gli altri due però non gli diedero modo di difendersi o di prepararsi, lo assalirono con fare rabbioso e fu più che altro per pura fortuna che il mago riuscì a evitare la lama del coltello che brillò all’improvviso nella buia notte. L’adrenalina e il senso di pericolo, che gli scorreva nelle vene e che gli stringeva il collo come artigli affilati, fecero scomparire in buona parte la densa nebbia data dall’alcol che lo appesantiva. Sapeva di aver di fronte dei babbani disperati e per questo estremamente pericolosi, ma l’idea di estrarre la bacchetta non gli passò neanche per l’anticamera del cervello. 
Decise che li avrebbe sconfitti con le loro stesse armi. 
Schivò il fendente del più piccolo e viscido dei due, gli afferrò il braccio e, con una pressione decisa sul nervo mediano della mano, lo costrinse a lasciare la presa sul coltello che afferrò al volo. Senza esitare gli diede un calcio nello sterno, mandando anche lui steso a terra. Il terzo, più grosso che alto, fece qualche passo in avanti, poi si arrestò all’improvviso, a un braccio di distanza. I piccoli occhi si spostarono dal coltello che Jordan aveva in mano all’espressione di pura determinazione che aveva dipinta in viso. L’assalitore comprese che, se avesse fatto anche solo una mossa sbagliata, quello che avevano creduto un mero ubriacone dalle tasche rigonfie lo avrebbe ucciso senza pensarci due volte. L’uomo indietreggiò, senza distogliere lo sguardo dalla vittima diventata carnefice, sollecitò i suoi due compari ad alzarsi e in pochi minuti scomparvero nella notte. 
L’Auror rimase fermo sul marciapiede su cui si era tenuta la breve rissa, tendendo le orecchie per accertarsi che i tre se ne fossero realmente andati e, quando comprese che erano effettivamente fuggiti via, un ghigno di estrema soddisfazione gli distorse i lineamenti eleganti. Drizzò la schiena e ripose il coltello, cimelio della sua vittoria, nella tasca del cappotto, fece un passo in avanti e all’improvviso la strada assunse una stranissima angolazione. In un lampo ricordò la ferita alla testa e il sangue che gli imbrattava i capelli scuri e parte del viso affilato. Riuscì ad attutire la caduta aggrappandosi alla ringhiera di una delle villette a schiera, poi si lasciò scivolare a terra mentre il mondo iniziava a girare vorticosamente. L’ultima cosa che vide furono due scarponcini neri, che distavano meno di un metro dal suo naso, e gli parve di udire una debole risata cristallina. Poi il buio lo inghiottì.  
 
 
 
 
 
 
(1)Magda Olivero: famosa cantante lirica italiana
 
 
 
Angolo Autrice

Finalmente, eccomi di nuovo qui! 
Lo so, come al solito ci ho messo più tempo del previsto e mi scuso immensamente. Ormai sono convinta che ogni mio angolo debba iniziare così, altrimenti il mondo si capovolgerebbe per la sorpresa ed è meglio evitarlo XP.
Bando alle ciance e torniamo a noi. Abbiamo avuto modo di conoscere meglio Hera, che io sinceramente adoro e quindi potete immaginare la mia felicità quando ho capito che potevo raccontare il suo passato. Spero che vi abbia coinvolto quanto ha fatto con me. Vorrei poi ringraziare cinquedimattina, la mamma di Hera e Jordan, per avermi aiutato a scrivere i suoi flashback, senza il suo aiuto non credo che avrei saputo renderla così bene. A lei poi vanno tutti i meriti per l’ultimo pezzo del passato della profiler, davvero ben scritto (io mi sono limitata a fare copia e incolla e a sistemare qualche dettaglio).
Per quanto riguarda il capitolo in sé, le indagini hanno avuto finalmente inizio e, probabilmente, i più attenti si saranno accorti che alcuni pezzi sono molto simili a quelli vecchi. Ebbene sì: ho voluto riprenderli perché alla fine della fiera dicevano ciò di cui avevo bisogno e perché sprecare qualcosa di utile? In fondo si sa che sono una persona molto green. 
A parte gli scherzi vorrei rassicurare tutti gli autori che hanno visto comparire poco il proprio Oc: non vi disperate, stanno tutti bene. Purtroppo però, a causa della trama e degli aventi, non posso sempre dare a tutti il medesimo spazio, ma vi posso assicurare che in quelli dopo avranno modo di rifarsi.
Prima di salutarvi, come al solito, ho due domande da farvi:
 
  • Su quale Oc vorreste sapere di più: Virginia, Jason o Sarah?
 
  • Io cerco sempre di far interagire tutti con tutti, ma ovviamente se aveste delle preferenze non avete altro che da dirmelo. Potete anche indicarmi più di un nome se avete piacere.
 
Ringrazio tutti quelli che leggono questa mia opera e, in particolare, i miei tre angeli custodi che ascoltano i miei sproloqui e mi sopportano con infinita pazienza.
Spero di ricomparire su questi lidi in tempi decisamente più brevi.
A presto,
Chemy
 
 
 
 
Il vestito che Hera ha indossato durante la sua prima caccia a 17 anni
 
 
 
 
 
 
P.S: si ringrazia sentitamente _Bri_ per il betaggio <3
   
 
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