Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: Sunnyfox    31/01/2024    2 recensioni
Solo quando all'improvviso Rufy cacciò un urlo animalesco, si rese conto che la squadra di Kendo del loro liceo aveva fatto il suo trionfale ingresso.
«Eccoli che arrivano!» esclamò, agitando le braccia per catturare l'attenzione di Zoro che seguiva il capitano della squadra e andavano a posizionarsi accanto agli altri kendoka.
Nami lo vide alzare lo sguardo verso di loro, come se fosse davvero riuscito a sentire il richiamo dell'amico, in mezzo a tutto il fracasso esploso all'ingresso delle squadre. Rufy si agitava così tanto che dopotutto sarebbe stato impossibile non notarlo. Zoro non fece altro che alzare lo Shinai in segno di saluto. Una conferma che li aveva scorti e aveva, a modo suo, apprezzato la loro presenza. Se non fosse stato così distante, Nami avrebbe detto di averlo persino visto sorridere.
[High School AU]
Genere: Azione, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 19

 

Aveva aperto un occhio e poi un altro, solo per rendersi conto che la luce che le sferzava la cornea non era la stessa, diretta e violenta, che si prendeva gioco di lei tutte le mattine; ma più una sollecitazione fioca e riparata dalle numerose foglie di un acero. Aveva fatto vagare lo sguardo, le palpebre ancora a mezz'asta, per comprendere che non erano sue le mensole e i poster appesi alle pareti. E non era suo nemmeno il futon in cui era tutta aggrovigliata.

Non le ci volle poi molto a realizzare, ma soprattutto ricordare, che la notte precedente a casa sua non ci era tornata affatto.

La divertì molto constatare che non era nemmeno la prima volta. Ma una delle tante, di una lunga sfilza di fughe notturne. Ma forse la prima ad essere autorizzata.

Zoro aveva bisogno di ripetizioni per alzare la media dei suoi voti, le vacanze estive ormai alle porte. Prima di immergersi nel ritiro con la squadra di kendo, in vista del torneo regionale. Avrebbero dovuto studiare molto. A lungo.

Bellmer si era assicurata ci fosse l'approvazione del signor Shimotsuki per accordarle il permesso a fermarsi per la notte. E così era rimasta. Era stata accolta con gratitudine e nutrita a squisiti dolcetti per la merenda, rifocillata per una cena leggera e infine invitata a chiudere la sessione di studi fra le pareti della stanza di Zoro.

Non si era sentita particolarmente in colpa a chiudere i libri e mettere da parte i quaderni degli esercizi un po' prima del previsto. Ma si era sentita in colpa (forse solo un pochino) per rispetto di chi se la dormiva della grossa al piano inferiore, e la pensava addormentata nella stanza degli ospiti, quando si erano tolti i vestiti e avevano sfruttato le ore notturne in ben altre... più ricreative attività.

La verità è che dopo la prima, confusa volta alla spiaggia, era sicura che le fosse sfuggito qualcosa. E si era data la pena, come tutte le cose che faceva, di darsi da fare per capire cosa. Con questa scusa aveva assalito Zoro tutte le volte che le era stato concesso farlo. E lui non si era mai tirato indietro.

Ancora non aveva capito cosa le sfuggisse, ma adesso era sicura che le piaceva. E che ogni scusa era buona per prendersi un pezzettino di Zoro e, di contro, donarne uno di se stessa a lui.

Si sentiva felice. E libera. E non c'era niente che potesse intaccare questa convinzione, al momento.

 

Si rigirò sotto le coperte, rintracciando i vestiti liberati, tutti ammassati da qualche parte sul tatami. Con disappunto però, non individuò Zoro da nessuna parte.

Sospirò, alzando le braccia sopra la testa, stiracchiandosi tutta, convinta che l'avesse abbandonata per andarsene a fare uno di quei suoi barbosi allenamenti mattutini. Con quel movimento sfiorò con le dita la maglietta che Zoro aveva indossato la sera prima e abbandonata lì. La raccolse, attirandola a sé. Se la spiaccicò sulla faccia, affatto sorpresa di rintracciare il suo inconfondibile odore. Si sentì improvvisamente tutta accalorata al ricordo di come aveva lasciato vagare le sue mani su di lei, solo poche ore prima. Del suo corpo caldo, della sua pelle umida, dell'impazienza delle sue labbra.

Senza starci troppo a pensare, si infilò la maglietta, decisamente troppo grande per lei, convinta di ritrovarci il calore che non le aveva concesso quella mattina al suo risveglio e si mise seduta, i capelli un groviglio spettinato e i muscoli che le dolevano un po' da tutte le parti. Il suo stomaco prese a protestare animatamente, per simpatia.

«E adesso che faccio... ?» sospirò, recuperando il proprio cellulare per vedere se Zoro avesse o meno avuto la premura di avvisarla. Ma non c'erano messaggi in arrivo, a parte quello che le aveva mandato Robin la sera precedente, con un gigantesco in bocca al lupo, allusivo alla nottata.

Non aveva ancora avuto modo di confidarle che con Zoro le cose si erano evolute in maniera piuttosto consistente. La verità era che le piaceva avere un segreto. Un segreto che condivideva solo con lui. Perciò si chiede se non potesse tenerlo per sé ancora un po', se potesse conservarlo finché non le sarebbe stato concesso farlo.

Si mise in piedi, recuperando biancheria pulita e decise di fare una capatina in bagno prima di scendere al piano inferiore.

Koshiro aveva detto loro che avrebbe dovuto assentarsi per tutta la domenica mattina e che gli avrebbe lasciato qualcosa per colazione.

Animata dalla promessa del cibo si affrettò a rendersi vagamente presentabile e dopo essersi rinfrescata, indossati un paio di pantaloncini, raccolti i capelli in una crocchia un po' sbilenca e mantenuto tenacemente addosso, come un trofeo, la maglietta di Zoro di una qualche manifestazione sportiva, scese le scale al piano inferiore con l'intenzione di smaltire rapidamente i fumi della notte insonne.

Ciabattò sgraziatamente fino alla cucina e si profuse in un enorme, soddisfacente sbadiglio, prima di rendersi conto che qualcuno era seduto al tavolo della cucina e la stava... fissando.

«Ehi», la accolse questi, alzando persino una mano in segno di saluto.

Nami fece un salto indietro con un rumoroso singulto per la sorpresa, quando si rese conto che stava fissando Trafalgar Law, tutto intento a spalmarsi una generosa cucchiaiata di marmellata su un toast.

«Ma porc-» balbettò, senza sapere esattamente cosa dire.

«Scusa, non volevo spaventarti» la prevenne, ma si vedeva che dietro la maschera apparentemente seria, si celava un sorriso divertito «il maestro Shimotsuki mi ha accordato il permesso di allenarmi al dojo, stamattina. Giuro che non mi sono introdotto qui come un ladro.»

Nami si prese qualche istante per placare il tumulto del proprio cuore e scosse la testa, tentando disperatamente di darsi un contengo.

«Non lo stavo pensando» si affrettò a rispondergli «credevo solo di esser rimasta sola e sono rimasta un po' sorpresa, tutto qui» concluse, tirando un po' giù l'enorme maglietta, a coprire parti di lei che non voleva mostrare. Non che fosse eccessivamente scandalosa, comunque. Era certa di aver mostrato ben più pelle di così, nei mesi estivi.

Law si limitò ad annuire e spostare la brocca con del succo d'arancia nella sua direzione, come un invito ad unirsi a lui per la colazione.

«C'è anche del caffè» le fece presente, «sembra tu ne abbia bisogno»

Nami tentò disperatamente di non cedere alla provocazione del ragazzo e andò a recuperare una tazza per servirsi da sola.

La parola caffè era l'unica cosa che le impediva di pensare a cosa dire o giustificare la sua presenza lì. Che poi, giustificarsi per quale motivo? Nessuno dei due abitava in quella casa, fino a prova contraria.

«Per la cronaca, nemmeno io mi sono intrufolata in casa come una ladra» disse solo, sedendosi di fronte al ragazzo, raccogliendo la scatola colma di biscotti.

«Non l'ho mica pensato» le rispose, azzannando il suo toast, distogliendo lo sguardo per puntarlo verso il giardino esterno, dove un piccolo stormo di uccellini si stava affollando attorno a delle briciole di pane. Presumibilmente Koshiro le aveva gettate fuori quella mattina, prima di uscir di casa.

«Quella maglietta ce l'ho anche io»

Nami, che stava zuccherando il suo caffè, lanciò con troppa veemenza la zolletta che fece schizzare tutt'attorno un po' di gocce bollenti.

«Non è mia» le venne stupidamente istintivo dire.

Law tornò a guardarla, inarcando un sopracciglio, perplesso. Era evidente che non serviva una risposta.

«Ora capisco perché Roronoa ultimamente sembra avere la testa fra le nuvole» fece un cenno con la mano e si accasciò un po' sulla sedia, osservando un po' incerto il pane che aveva fra le mani.

«Mi chiedo perché mi ostino a far colazione così, se il pane non lo tollero» sembrò deviare improvvisamente argomento, ma Nami, che inizialmente aveva colto quella frase come ennesima, sciocca provocazione, ci lesse dell'altro. Decisamente più allarmante. E non poteva permettere che la conversazione svilisse all'improvviso.

«Parli degli allenamenti?» gli chiese a bruciapelo, sporgendosi appena.

Era un cosa a cui non aveva affatto pensato.

Che lei fosse un po' più distratta del solito, che spesso si sorprendesse a vagare con la mente in lidi proibiti, nei momenti più impensabili, che fosse improvvisamente vittima di quella strana malattia d'amore di cui aveva solo sentito sentito parlare fino a quando non ci era caduta con tutte le scarpe, poteva giustificarlo, ma che anche Zoro potesse risentire degli stessi, letali sintomi, non ci aveva davvero pensato.

Forse perché Zoro sembrava sempre così inattaccabile, piuttosto imperturbabile, sembrava saper celare o nascondere alla grande i suoi sentimenti o i suoi turbamenti. E adesso, improvvisamente, scopriva che forse aveva fatto un grave errore di valutazione.

«Bè...» fece per rispondere Law, ma Nami non gli diede il tempo per concludere la frase.

«È distratto? Poco reattivo?» insistette «quanto è grave la situazione?» si portò le mani sul viso, vagamente allarmata.

Law però si limitò a lanciarle un'altra di quelle sue occhiata ambigue che non raccontavano un bel niente.

«Wow, ti stai davvero preoccupando» disse all'improvviso, sbuffando una mezza risata, mollando con forza il suo toast sul piattino, poco intenzionato a finirlo «Roronoa è la persona più concentrata che conosca, quando si allena. Non hai motivo di impensierirti, per questo»

Nami rilasciò un sospiro di sollievo ma si astenne dal mollare immediatamente il colpo.

«Hai detto che ha la testa fra le nuvole!»

«Bè, sì. In generale, quando gli parli. Quando cerchi di intavolare un discorso. Sembra sempre stia pensando ad altro... e poi sorride. Più del normale, voglio dire.»

Nami sentì una vaga stretta allo stomaco a quell'affermazione. Che fosse lei la causa di questo cambiamento, anche nella vita di tutti i giorni? Non osava davvero immaginarselo. Certo ne aveva avuto anteprime private, quando Zoro le riservava attenzioni tutte particolari nei momenti in cui erano soli. Comportamenti davvero molto poco fraintendibili. Era capace di gesti davvero impensabili, colmi di passione, sì, ma anche di estrema tenerezza nei suoi confronti. Attenzioni che la lusingavano e facevano sospirare e arrossire anche quando non era con lui.

«Ora capisco bene perché» la voce di Law la ridestò dalle sue considerazioni.

«Non dire stupidaggini» lo rimproverò, più per metterlo a tacere che per smentirlo.

«Stupidaggini o meno, guarda che non sto affatto giudicando... penso gli faccia solo bene svagarsi» sorrise «Però magari cerca di non strapazzarlo troppo. Gli atleti devono mantenere al sicuro le energie, in vista di gare importanti» continuò, rimettendosi in piedi.

«Io n-non lo strapazzo affatto» si infossò nella sedia, avvampando violentemente.

Law si limitò ad alzare le braccia, come non fossero davvero affari suoi. Le fece un cenno di saluto con la testa, prima di lasciarla sola in quella enorme cucina che sapeva di caffè, a riflettere sulle sue parole.

 

-

 

Zoro rientrò in casa dopo nemmeno un'ora di corsa mattutina. Aveva promesso a Chopper di raggiungerlo alla spiaggia, ma si era reso conto di avere poche energie da dedicargli. Considerato che il ragazzino di solito non era molto veloce, gli sembrò che il suo passo stavolta fosse molto più che adeguato alle esigenze.

«Sto migliorando!» aveva giubilato Chopper, rendendosi conto di avere molto più fiato di quando non avessero iniziato, ormai settimane prima. Il fatto di essere riuscito a tener testa a Zoro quella mattina, era stato sufficiente a ringalluzzirlo «Ma tu sembri esausto. Non starai esagerando troppo con gli allenamenti?»

Zoro, che si stava asciugando la fronte con la maglietta, aveva scosso appena la testa.

«Ho solo dormito poco. Sto studiando per alzare la media in vista del ritiro di kendo» si sorprese ad imbastire una scusa come un'altra. Di regola, piuttosto che mentire, preferiva proprio non dare spiegazioni, ma per qualche motivo elargì una bugia bianca per coprire Nami. Qualsiasi cosa volesse dire. Non che dovesse mantenere intatta la sua reputazione o cosa, ma non era sicuro di voler diffondere ai quattro venti come si era evoluta la loro relazione, in poche, molto irrazionali e decisamente piacevoli settimane. A quell'inatteso sviluppo non ci aveva davvero mai pensato (o non aveva mai osato farlo) finché non era capitato. Ma adesso che si era concretizzato, ed era entrato a gamba tesa nella loro vita, era schizzato in rapida ascesa ai primi posti dei suoi pensieri.

Dopo il kendo. Forse. A fasi alterne, fra il primo e il secondo posto, senz'ombra di dubbio. A seconda di quanto riuscisse a resistere o meno agli attacchi frontali di Nami. E di regola non le resisteva mai più di qualche secondo di esitazione.

Il sesso era davvero tanto interessante quanto si diceva in giro. O forse lo era solo perché... era Nami. E questo pensiero era sufficiente a ridimensionare il suo timore di aver cominciato un processo di trasformazione che lo avrebbe reso molto simile a quel maniaco di Sanji. Non osava pensare di diventar dipendente dal pensiero tanto quanto lo era lui. Anche se non gli aveva mai elargito confidenze di quel tipo, per avere delucidazioni a riguardo.

Sciocco non aver anche solo immaginato quanto glielo si leggesse in faccia - a lui, tanto quanto a Nami - che qualcosa di grosso, fra loro, fosse successo.

 

Rientrò in casa, abbandonando con due mosse decise le scarpe all'ingresso, ma non fece in tempo a fare un passo di più sul pianerottolo che Nami gli si precipitò incontro, come un uragano casalingo, afferrandolo per le braccia con espressione sconcertata.

«Tu ed io non dovremmo più fare sesso!» esordì con gli occhi che gli ricordarono quelli di un lemure.

«Sei impazzita?» esclamò, sentendosi avvampare a quell'affermazione tanto diretta, quanto sconcertante.

«No, per niente. Almeno finché non sarà terminato il torneo di kendo. Non dovremmo! La tua concentrazione. Le tue energie!»

Zoro recuperò un po' del suo contegno e la sospinse in casa, richiudendosi finalmente la porta alle spalle.

«Mi spieghi di che cavolo stai parlando?» le chiese, guardandosi attorno, per accertarsi che in casa fossero effettivamente ancora soli.

«Ho parlato con Law» fu la sorprendente risposta che ottenne.

«Scusa?» le domandò «Hai parlato con Law del fatto che tu ed io-»

«No! Che scemo, certo che no» lo mollò lì nel corridoio per percorrere il salotto e infine appollaiarsi sul divano. Lo scrutava da lontano.

«Tu non c'eri e ho indossato la tua stupida maglietta. Deve averlo capito»

Zoro si guardò attorno, ma di Law non c'era traccia. Allargò le braccia, raggiungendola, sperando si decidesse ad essere più chiara.

«Si sta allenando al dojo» spiegò «tuo padre gli ha lasciato le chiavi e apparentemente pure il permesso di servirsi la colazione. Quando mi sono svegliata e non ti ho trovato, sono scesa in cucina ed era lì e mi ha detto che non dovrei strapazzarti troppo perché gli atleti devono conservare le energie, in vista dei tornei importanti» sfagiolò quasi senza riprendere fiato «e sai che? Ci ho pensato su ed ha ragione! Ho cercato su internet e sai quante energie si bruciano durante un amplesso? Spropositate energie! E come posso prendermi la responsabilità di compromettere la tua carriera, se non faccio altro che saltarti addosso ogni volta che ci vediamo?»

Zoro si sentì così ubriaco di informazioni che per un bel pezzo non trovò davvero molto da dire. E questo fu male. Perché Nami si sentì in diritto di riprendere.

«E quindi dovremmo limitarci a vederci, farci due coccole, magari qualche bacio. Anche uno solo. Uno... mediamente lungo e poi dimenticare i nostri bollenti spiriti, almeno fino a quando non sarai arrivato in finale e tutto sarà finito» poi si fece meditabonda «O forse non dovremmo vederci affatto?» sgranò gli occhi «Perché poi io mi conosco. Non mi accontento. E-»

Zoro le si era seduto rapidamente accanto e le aveva messo una mano sulla bocca, per impedirle di aggiungere altro.

«Voglio sapere quanto caffè hai bevuto?» le domandò, prima di qualsiasi altra cosa.

«Folo una faffa» gli rispose, apparentemente placata, con gli occhi che gli trasmettevano sufficientemente sensi di colpa. La lasciò quindi andare.

«Forse due. Ero troppo concentrata sul ragionamento per... smettere»

Zoro rilasciò piano il fiato e si passò una mano fra i capelli, scompigliandoseli meditabondo.

«Hai preso troppo alla lettera le parole di Traf» le disse. Anche se non era molto allettato all'idea che il ragazzo, in qualche modo, ora sospettasse qualcosa. Ma era anche certo che avrebbe tenuto per sé qualsiasi informazione. E che non avrebbe esagerato troppo con le allusioni, anche nei suoi riguardi.

«Ma lui ha-»

«Di solito gli atleti non dovrebbero... insomma, farlo in prossimità di una gara importante ma io sarò in ritiro quei giorni, quindi...»

«A meno che io non decida di seguirti e farti gli agguati mentre sei con la tua squadra»

«... dubito che sarà un problema» concluse la frase, ignorando la sua proposta.

Nami si morse appena il labbro inferiore, valutando attentamente le sue parole. E la ruga di preoccupazione che le si era formata fra le sopracciglia, scomparve.

«Quindi possiamo continuare finché non parti?» bisbigliò a mezza bocca, tirandosi fin sotto le ginocchia l'enorme maglietta di Zoro, insaccandosi come un bozzolo.

«Se non mi deformi il guardaroba, nel frattempo...»

«Questo solo perché te ne vai senza dirmi niente» dimenticò la maglietta, raggiungendolo con un mezzo saltello sulle ginocchia. Cercò di avvinghiarlo in un abbraccio scomposto.

Ma lui fu più veloce e la ribaltò in modo efficace, intrappolandola appena sotto di sé.

«Pensavo avresti dormito più a lungo» le rispose, avvicinando il viso al suo fino quasi a sfiorarle il naso col proprio.

«Dormo solo se posso usarti come cuscino» brontolò stupidamente lei e il calore del suo respiro gli provocò brividi su tutta la schiena. Possibile bastasse tanto poco?

«Devo andare a fare la doccia» le rispose, prima di mollarla bruscamente sul divano e scostarsi da lei.

«Ehi!» la sentì protestare e poi il sibilo di un cuscino sfiorargli di poco la testa, prima di schiantarsi contro il muro «Sei un cafone!»

«Davvero?» disse, voltandosi, prendendo a camminare a ritroso «Ed io che volevo chiederti se ti andasse di venire con me»

Nami gli lanciò uno sguardo di fuoco e sembrò in procinto di rifiutare.

«Solo perché devo ancora farmela, una doccia!»

Superò con un salto il divano e lo raggiunse, dandogli un calcetto sullo stinco. Poi si sentì afferrare per la vita e la stanchezza della corsa, della notte passata e di tutto il resto, evaporò come acqua al sole.

 

***

 

Zoro le respirava accanto e ancora la teneva stretta.

Se stessero tremando, entrambi di freddo o d'emozione non riusciva a deciderlo.

Lo sciabordio dell'acqua dell'oceano, il profumo della salsedine, della pelle e del sudore, il peso del suo corpo, incastrato al proprio; persino il dolore, l'indolenzimento nello stomaco, fra le gambe, la sabbia sui piedi e quel sasso che le puntava dritto nella schiena, poggiata sul telo da mare. Le sembrava fosse importante tenersi stretto ogni dettaglio di quella sera.

Lo sguardo era puntato al cielo. Le luci delle stelle, solitamente fioche per via di quelle artificiali della città, le sembravano più intense. Come persino il firmamento le stesse consegnando un regalo prezioso, in una serata che non avrebbe dimenticato facilmente. Che non avrebbe forse dimenticato mai.

«È pieno di stelle» esordì in un sussurro, quando il suo respiro si fece regolare e la sensazione ovattata, straniante, confusa, fatta solo di sensi e percezioni, era svanita. Le parole che si rincorrevano nella sua mente, e che voleva esprimere a voce, dovevano prima essere messe in ordine, dovevano trovare un senso, sebbene premessero proprio lì, a fior di labbra. Doveva dirle alla svelta, prima che la consapevolezza prendesse il sopravvento sull'impulso.

Lo sentì esercitare una leggera pressione ed esalare un sospiro.

«Sì, anche io vedo le stelle...» lo sentì rispondere convinto. La traccia di un lamento, simile a quella di un anziano stanco.

Nami sgranò appena gli occhi, l'esternazione bloccata in gola, ora completamente desta e presente a se stessa. Una dichiarazione svanita, cancellata brutalmente da un fraintendimento.

Però scoppiò a ridere.

Di cuore.

Ed era l'ultima cosa che si era immaginata accadesse, alla fine.

«Che ho detto?» il borbottio di Zoro era svanito, inghiottito dal suono della sua risata.

Quello che aveva in mente di dirgli, lo avrebbe serbato nel cuore per la prossima volta o per quando le sole parole avrebbero prevalso su quell'inaspettato momento di gioia.




Note:
Non vorrei anticipare troppo ma credo che, a breve, arriveremo alle battute finali di questa storia. Perciò un intero capitolo dedicato alle conseguenze di questa evoluzione (e una sbirciatina di quello che è successo sulla spiaggia dove li avevamo lasciati) mi sembrava doveroso. Per il resto, ci risentiamo presto!

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Sunnyfox