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Autore: Scarlett Queen    02/03/2024    2 recensioni
[Chainsawman]
Nell'anno 1467, una violenta disputa fra Hosokawa Katsumoto e Yamana Sōzen per il titolo di Shogun portò allo scoppio della Guerra Onin.
Fu il primo dei numerosi conflitti civili che sconvolsero il Giappone per oltre cento anni, formando l'era conosciuta come Sengoku Jidai, l'epoca dei Paesi in Guerra.
E mentre i daimyo muovevano gli eserciti gli uni contro gli altri, le forze oscure tramavano, attendevano, e facevano le proprie mosse. In quest'epoca turbolenta nacquero gli Ikko-Ikki, contadini, monaci e piccoli nobili che, vedendo la vera minaccia, formarono una forza a sé stante, combattendo per l'anima del Giappone.
Ma alle volte non bastavano le armi… Alle volte, per combattere il Male serviva scendere a patti con un altro tipo di Male… Questa è uno spaccato di quella guerra segreta… e parla di un ragazzo, una kitsune e un demone in un tempio.
Genere: Angst, Avventura, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Atto III – La fine tanto agognata

 
Tentacoli di nera malevolenza strisciavano oltre le mura che circondavano il tempio degli Ikko-Ikki; l’erba selvatica ne aggrediva le pietre e gli alberi frusciavano senza emettere un suono. Il sentiero proseguiva al di sotto di una fila di Torii laccati di rosso e correva oltre il portale d’ingresso. Un tempo, dei monaci armati di Nagitana avrebbero fatto la guardia a quella via d’accesso, un tempo lanterne luminose avrebbero rischiarato le ombre della notte e la corte esterna sarebbe stata vivacizzata dai focolari, dai racconti e dall’odore del riso e del sakè.
Ma quando Aki avanzò, con la katana assicurata al proprio obi, i capelli sciolti sulle spalle e il proprio Reikon fremeva impaziente di emergere e danzare ancora una volta ala luce della luna. Dietro di lui, seduta ai margini del sentiero, Makima suonava il suo strumento a corde, a occhi chiusi, con le gambe accavallate. Ora il pulcino stava entrando nella tana del mostro, sarebbe stato solo, faccia a faccia con il destino che aveva così tanto testardamente inseguito. Superati gli archi in legno, Aki si trovò davanti a ciò che restava dei due battenti: erano stati strappati dai cardini, schiantati al suolo e calpestati da una creatura di grande forza e violenza.
Calpestò il loro legno marcito, portandosi al di qua delle murate e prese un profondo respiro. Il palmo della mano sinistra andò poggiandosi sull’elsa della katana e sollevando la testa e lo sguardo sulla pagoda centrale, urlò la propria sfida. «DEMONE CHE INFESTI QUESTO POSTO, ESCOI FUORI E AFFRONTAMI! PERCEPISCO LA TUA MERDOSA PRESENZA DA QUI!» La voce si levò sino al cielo, riecheggiando in tutta la montagna. L’aria immobile ebbe un fremito, un vento appena percepibile solleticò la pelle nuda del torace e del ventre e un lieve brivido gli attraversò la colonna vertebrale. Ci fu un attimo di immobilità nel tempo e nello spazio, come se la terra e il cielo fossero rimasti in attesa. Poi le tenebre all’interno del tempio si mossero, una massa si spostò sulle grosse zampe, raschiando il pavimento di quel luogo sacro con gli artigli.
Occhi rosso sangue su di un manto bianco, il colore del lutto e della purezza; Aki fronteggiò la volpe Kon, le sue zanne sbavanti, la sua testa grottescamente grossa, il corpo snello e forte, le code che si agitavano alle sue spalle. Eppure Hayakawa non indietreggiò, si piegò sul ginocchio destro, portando in avanti il piede e nascondendo così dietro la schiena la lunghezza del fodero. Una raffica d’aria si levò dal suolo, facendo danzare le ciocche bianche del manto della creatura e questa esplose in una risata sadica e veloce. Aki affilò lo sguardo… la tensione si poteva fendere con un movimento dell’indice.
«la vostra forza è pari, adesso – sussurrò Makima seduta sul proprio masso – Aki, sei stato ingenuo a farmi una promessa… che sai di non poter mantenere.» Eppure, nonostante ne fosse pienamente consapevole, Makima pianse, stringendo lo strumento al seno, sentendo le spalle tremare per i singhiozzi. Per tutto quel tempo, lei… aveva solo fatto si che Aki potesse trovare la fine che cercava contro l’avversario più degno per donargliela. «Per questo avevo bisogno che tu temessi la morte – disse con un filo di voce, con lacrime di cristallo che le scivolavano via dalle guance – perché solo apprezzando davvero la vita si può cogliere l’essenza e la bellezza della morte. Hayakawa Aki… questo sarà il tuo seppuku.»
 
[https://youtu.be/6B4jLisDpU4]
«QUARTO MANTRA – PROIEZIONE DELLO SPIRITO!» E l’anima di Aki emerse ancora una volta dal suo corpo, attraversò con una poderosa fiammata il fodero della katana, aggredendo le sue carni, le sue ossa, i suoi capelli che si fecero lunghi e bianchi, la coda che apparve alle sue spalle. Gli occhi si tinsero di azzurro e le unghie crebbero sulla punta delle dita. Sotto di lui, il terreno si piegò verso il basso, andando a spaccarsi in una ragnatela di fenditure zigzaganti. «Avanti! KOOON!» la volpe non si fece attendere. Il suo manto venne attraversato dai fulmini, i suoi occhi si spalancarono puntandosi sullo sfidante e, snudando le zanne, balzò in avanti.
La terza corda dello shamisen i spezzò, Makima sussultò, lasciando cadere lo strumento a terra e si alzò sulla punta dei piedi nudi, portandosi la mano destra al petto. «È finita.» la sentenza lasciò le sue rosse labbra e in quel momento, galloni di sangue abbandonarono il palato di Kon mentre la lama della spada fendeva la carne e risaliva sino al cervello della creatura. Eppure, allo stesso modo, i suoi denti penetrarono a fondo nella spalla e nel petto di Aki, recidendone i muscoli tesi e gli organi interni. Il rosso scarlatto del sangue irrorò a fiotti il terreno del tempio. Stringendo i denti, Hayakawa serrò entrambe le mani attorno all’elsa della katana e rovesciò il corpo del nemico sul fianco, strappandola dalla ferita mortale, lasciandola ad agonizzare, agitando le zampe negli ultimi spasmi che precedevano la morte.
Rimase fermo, in piedi nonostante le lacerazioni subite. Fece qualche passo in avanti, ondeggiando ora su una gamba, ora sull’altra e incespicò in avanti, trovando l’equilibrio sulle dita del piede. «Madre… Padre… ora posso… posso…» Il suo corpo cadde all’indietro, sulla schiena; assieme al sangue, il suo spirito lasciò il suo corpo, veleggiando verso il cielo; tre stelle cadenti segnarono il firmamento in quel momento e una sensazione di profonda pace pervase il corpo del giovane samurai.
 
“sotto il cielo
su questa nuda terra
muoio infine.”
 
Le mani di Makima lo raggiunsero che aveva già abbandonato il Paese degli De. La kitsune lo cullò dolcemente, scostandogli i capelli dalla fronte, con gli occhi che le bruciavano per le lacrime, il petto in tumulto, un doloro nodo alla gola. Alla fine aveva fatto quel che era suo solito: portare un uomo già morto nel posto della sua fine… ma con Hayakawa Aki era stato tutto diverso… faceva male, ed era un dolore che cresceva man mano che sentiva il corpo del giovane samurai farsi sempre più freddo. Pianse a lungo, pianse in silenzio e mentre piangeva, il corpo di Kon veniva cancellato dalle fiamme di Aki e il cielo andava facendosi a poco a poco più colorato.
Le stelle si spensero una ad una, la luna si fece sempre più pallida e il grigiore dell’alba iniziò a prendere forma contro il blu scuro della notte. Quello era il Pese degli Dei, il Giappone… e quella era la via del Samurai e Aki aveva scelto di percorrerla, affrontando il proprio karma fino alla fine, a testa alta, fronteggiando la morte non più da disperato e cieco, ma da uomo che sapeva finalmente cosa stava lasciandosi alle spalle. La morte va meritata con cuore sereno, con la consapevolezza di essere giunti alla fine di un percorso, che ciò che si sta per compiere è la somma volontà del cielo.
Fu solo quando il rosa dell’alba allungò le sue dita dorate sul mondo, quando i rumori e i profumi tornarono a vivacizzare la montagna, quando si udì nuovamente il frullare delle ali degli uccelli e i versi dei piccoli animali che Makima si lasciò alle spalle il tempio, raccolse lo Shamisen da terra e, guardandosi alle spalle, sorrise fra le lacrime. «Grazie… per avermi amata, anche se solo alla fine.» iniziò così il suo viaggio, uno nuovo; una strada s’interrompe e una porta si apre sui nuovi sentieri che i Kami hanno tracciato per loro. Il Giappone stava per entrare in un lungo periodo di conflitti civili, le ombre della guerra avrebbero gravato sul Sol levante per quasi duecento anni e altre anime avrebbero perso la vita combattendo quel conflitto segreto contro gli Akuma.
E per quanti altri Makima avesse spinto fra le braccia della morte per mondare il mondo dalla presenza dei più empi demoni, nessuno sarebbe più riuscito a farle sentire ciò che Aki le aveva fatto sentire. Non ci riuscì Nobunaga, non lo fece Hideyoshi e neppure Miyamoto Musashi. Tutti, lei spinse in quel cammino, guidata dal Karma, la il calore dell’ultimo degli Hayakawa la avrebbe accompagnata per secoli. Anche dopo Sekigahara, anche dopo la Restaurazione Meiji, la kitsune avrebbe continuato a perpetrare quel ciclo del quale non se ne vedeva la fine. Perché affinché il corrotto ed empio spirito di un Akuma di alto rango possa essere annientato, il suo uccisore deve consumarsi nell’impresa, ardendo con la propria anima sino ad andare egli stesso incontro alla morte.
«Eppure, ancora non riesco a dimenticarti… a pensare che tu avresti potuto spezzare questa mia maledizione.» Il filo di pallido fumo si sollevava dall’estremità accesa della sua sigaretta. Davanti a lei, la natura aveva del tutto preso il controllo del tempio e pochi escursionisti si spingevano così in cima a quella montagna. Certo, persino dopo secoli ancora quel bosco risentiva del rilascio dell’an9ima di Aki, tanto che persino gli umani riuscivano a percepire l’energia intrinseca. Soffiò il vento dalle rovine, fece danzare i suoi capelli rossi raccolti in una coda di cavallo, gli orli del suo cappotto nero, la cravatta nera che ricadeva sulla camicia bianca. «Lui ti piacerebbe Aki… sono certo che Denji ti piacerebbe davvero.» e così dicendo, così com’era stato tempo prima, diede le spalle al tempio, mettendosi le mani nelle tasche e sorrise al ragazzino che stava poggiato con le natiche al cofano della macchina. I suoi capelli biondi decoravano un volto giovane, ingenuo, il volto di chi, forse…
«È sicura di stare bene signorina Makima? Questo posto mi fa venire i brividi… Sembra come se le anime non l’abbiano mai abbandonato davvero.» parlò con fare imbarazzato, grattandosi la nuca. Makima gli sorrise, aprendo la portiera sulla destra e annuì, guardando gli alberi tutto attorno a loro. «Chiunque abbia combattuto qui – rincarò Denji salendo in macchina a sua volta e mettendosi la cintura – doveva essere davvero straordinario.»
«Si Denji – sussurrò la donna mettendo in moto – doveva essere… un uomo davvero unico, credo.»
 
 
The End (?)
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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