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Autore: endif    26/09/2009    6 recensioni
“«Edward…» non mi accorgo neppure di avere sussurrato il suo nome, ma forse l’ho fatto perché lo vedo girarsi verso di me come a rallentatore. Il tempo si cristallizza qui, in questa stanza, in questo momento, restando sospeso a mezz’aria.
Sgrano gli occhi a dismisura quando capisco chi è tra le sue braccia.
No. Non può essere.”
Piccolo spoiler per questa nuova fic, il seguito di My New Moon. Ci saranno tante sorprese, nuove situazioni da affrontare per i nostri protagonisti. Un E/B passionale e coinvolgente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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CAP.3

BELLA
«Forse ho scelto il corso sbagliato Alice … non lo so, è che mi sembra di non capirci niente!» sbotto osservando i numeri totalmente diversi che leggo tra il libro e il mio notes. In quest’ultimo c’è lo svolgimento di uno dei tanti esercizi di statistica su cui sto scervellandomi da un ora e mezza, sull’altro c’è il risultato. Tra i due, ovviamente, non c’è la minima assonanza.
«Ma no che non capisci! E’ semplice. Dovevi applicare il metodo Holt-Winters stagionale, e non quello classico.» Alice si è proclamata pazientemente mia insegnante. La osservo mentre si alza dal letto, viene alla mia scrivania e scribacchia velocemente sotto il mio scritto. Schiocca la lingua tra i denti, posa la matita e ritorna ad acciambellarsi sul suo letto.
Sono nella camera sua e di Jasper.
E’ ampia, luminosa e calda. Alice ha predisposto un angolino in cui ha sistemato una bella scrivania in mogano affinchè possa studiare con tranquillità. Osservo ancora gli intarsi dei cassetti. E’ tirata a lucido, ma si vede che è usurata. Credo che sia un pezzo di antiquariato. Solo in casa Cullen poteva capitare di studiare su un pezzo d’epoca.
Sospiro rassegnata e leggo la bella grafia di Alice sotto i miei scarabocchi nervosi. In pochi secondi ha riscritto in due passaggi un esercizio per il quale avevo impiegato due pagine di blocco notes, quaranta minuti della mia vita e tutta la mia pazienza.
Aggrotto la fronte e mi volto verso di lei «Alice, io sono stufa … non ce la faccio più!» Le ore di studio sono quelle che passo lontano da Edward. E sono quelle più lunghe. Alice afferma che se c’è lui nei paraggi non riesco a concentrarmi. Dunque in queste occasioni lui va a caccia ed io vado incontro all’esaurimento nervoso studiando in un corso universitario praticamente incomprensibile. Capisco perché sia il top. E’ difficile, i professori sono esigenti e le materie sono varie. Non puoi essere solo bravo in matematica, o in diritto e passarla liscia. Si spazia dalla statistica alle strategie di marketing … E la chiave di tutto sta in una sola parola: versatilità.
Nel primo giorno di college ho capito che tra la maggior parte degli studenti c’è una sorta di concorrenza spietata. Un laureato all’Mba della Tuck ha un futuro assicurato, e nessuna delle persone lì presenti è disposta a regalare quell’occasione ad altri. Con il trascorrere dei giorni ho visto allievi calpestarsi gli uni con gli altri per poter brillare agli occhi di un professore, per poter essere riconosciuti tra i tanti, per poter essere additati come esempi. Il servilismo è tale da essere disgustoso e molti professori lo incoraggiano: c’è chi si fa portare in aula la borsa, chi il caffè, chi gli appunti. C’è addirittura un professore che sceglie uno studente al giorno da nominare come suo segretario personale.
Ma per ogni cosa che ha dei lati negativi, ci sono anche gli aspetti positivi.
E per me quell’aspetto si chiama Eric Jensen.
“La prima materia che mi ero trovata a seguire il primo giorno di college era stata –Fondamenti di economia e statistica- Prof. Collin: tipo tozzo, bassino con gli occhialini dorati … era stata antipatia a prima vista. Un po’ per la materia, un po’ per la persona che evocava in me tristi ricordi (*), durante l’intervallo ero quasi sul punto di alzarmi ed uscire. Poi, la ragazza al mio fianco mi aveva rivolto la parola.
«Ehm, ciao. Io sono Helèna Roberts » aveva detto timidamente. Avevo risposto altrettanto timidamente: «Bella Swan» Non c’era una ragione particolare che mi avesse spinta ad usare il mio cognome da nubile, ma per 19 anni ero stata Bella Swan.
Avevo ancora troppa poca confidenza con Bella Cullen da poterla presentare agli altri senza problemi …
Helèna mi era risultata subito simpatica e avevamo preso a chiacchierare mentre andavamo alla toilette, facendo trascorrere quasi tutto l’intervallo. Avevo così scoperto che viveva nel dormitorio femminile , che era fidanzata con un certo Paul e che era originaria del Sussex.
Di ritorno dalla toilette mi ero fermata in corridoio dinnanzi alla bacheca degli annunci. Avevo notato delle offerte di lavoro ed ero intenzionata a rispondere ad alcune di queste, nonostante già immaginassi la faccia che avrebbe fatto Edward … Stavo prendendo nota dei numeri di telefono, quando una voce maschile e un po’ roca richiamò la mia attenzione: «Scusa, sai indicarmi l’aula magna per favore?»
Mi ero trovata a fissare gli occhi più azzurri che avessi mai visto, in un viso niente affatto lineare, ma anzi un po’ spigoloso e asimmetrico. Il naso era leggermente deviato a sinistra, come se si fosse scontrato con un pugno o qualcosa del genere, ma quello che mi colpì fu l’espressione degli occhi: cordiale, aperta e amichevole. Quel ragazzo dimostrava una trentina d’anni, era vestito in maniera sportiva e si capiva che era a disagio, che il suo ambiente naturale era l’aria aperta, non un’aula universitaria polverosa.
Avevo indicato la direzione con la mano destra, mentre dalla sinistra la penna ed il foglietto su cui stavo scrivendo cadevano a terra. Intanto che mi chinavo per raccoglierle e lo stesso faceva lo sconosciuto, finimmo per far scontrare le nostre teste e a scusarci contemporaneamente. Con un sorriso gentile, mi aveva allungato penna e foglio. Ma all’ultimo secondo mi aveva galantemente preso per il polso e, fatto un baciamano fulmineo, era andato via. Ero rimasta così, ferma ed imbambolata per un minuto intero, prima che la mia nuova amica mi riscuotesse per entrare in aula.
Ed era lì che avevo rincontrato lo sconosciuto. Uno sconosciuto che sotto il mio sguardo allibito si era accomodato sulla grande scrivania dinnanzi alle nostre poltroncine, lasciando andare una gamba penzoloni mentre con gli occhi ci osservava prendere posto. Uno sconosciuto che presto non fu più tale, ma che si presentò come Eric Jensen, professore di Economia gestionale delle industrie.
Assistere alla sua lezione si dimostrò illuminante. Con semplicità e professionalità seppe catturare, in pochi minuti, l’attenzione di quattrocento paia di occhi ed infondere l’entusiasmo per la sua materia anche in una profana come me. Parlava con passione senza usare terminologie difficili, ma con un carisma ed una proprietà di linguaggio invidiabili. A fine lezione fece passare dei fogli tra i banchi.
«Vorrei che ognuno di voi rispondesse alla domanda che gli è capitata in non più di cinque righe. Mi riconsegnerete il foglio domani. Grazie per l’attenzione.»Ed aveva lasciato l’aula. Avevo osservato perplessa il mio foglio. La mia domanda era: -Perché sono qui?-
Fu solo grazie al lui se quel giorno decisi che, forse, non era poi tanto vero che il college non faceva per me. ”
«… ti va Bella?» la voce di Alice mi riporta alla realtà.
Scuotendo il capo mi volto verso di lei che mi guarda con un sorrisino furbo.
«Scusa Alice. Ero sovrappensiero. Dicevi?» le dico sbattendo le palpebre.
«Dico che sei troppo stressata. E che hai bisogno di divertirti. Di divertirti CON ME. Ecco cosa dico.» ammicca compiaciuta come se avesse appena dipanato un oscuro mistero.
Divertimento per Alice equivale solo ad una cosa, una cosa che, invece, a me non va affatto. Le lancio un’occhiataccia. Lei non accusa per niente il colpo, anzi alza gli occhi al cielo e comincia a scuotere la testa.
«Ah no! Niente storie, niente scuse, niente rifiuti!!» dice facendo aria con la mano. Dal tono della sua voce direi che oggi non riuscirò a spuntarla.
« E quasi dimenticavo …» comincia, ma io la interrompo subito.
«Lo so, lo so. SCARPE COMODE!!!!» Finisco io per lei esasperata.
Mi guarda per un istante con gli occhi vitrei. Poi si riprende e mi regala un sorriso abbagliante dicendomi: «E’ del tutto irrilevante … tanto per quello che dobbiamo fare, non ha importanza cosa calzerai ora!!!»

EDWARD
- Winter song - Sara Bareilles & Ingrid Michaelson

«Ti prego, dimmi ancora come hai fatto a convincermi a venire …» Jasper sussurra da sopra la mia spalla, mentre siamo in fila al botteghino per pagare gli ingressi e ritirare gli equipaggiamenti. La sua voce è ancora più flebile dei mormorii che siamo soliti scambiarci in famiglia.
«Caspita Jazz, non bisbigliarmi all’orecchio come se stessi per svenire, altrimenti ci prendono per fidanzati!» gli rispondo alla velocità della luce.
Scusa, scusa … e che … lo sai, non mi sento a mio agio a stretto contatto con gli umani … Mi dice allora con i suoi pensieri.
«Ringrazia tua moglie allora. Lei ha costretto me. Io costringo te. E’ semplice.» Gli dico a denti stretti.
Che diavolo avete da borbottare voi due? Bella si sta preoccupando. Alice, un cappottino grigio, sciarpa, guanti e cappellino di lana con tanto di pallina tutti di colore arancio, richiama la mia attenzione con la parolina magica. Mi volto verso di loro, che attendono fuori dalla fila di persone accalcate in cui ci troviamo noi, e stendo le labbra in un sorriso apparentemente tranquillo. Lo stesso fa Jasper che segue ogni mio movimento intensamente. In più aggiunge un salutino con la mano, muovendo le dita come se stesse facendo asciugare lo smalto.
Sembriamo proprio due innamorati.
Bella sorride a sua volta poco convinta. La osservo, anche lei infagottata in un cappotto nero con dei pon-pon bianchi al posto dei bottoni, sciarpa, cappello e guanti rosa. Come noi non sembra entusiasta della trovata di Alice, la quale, invece, zampetta al suo fianco come se non riuscisse a stare ferma. Patologico per un vampiro, per il quale l’immobilità è un’inclinazione naturale. Ovviamente non per lei.
Mi ha convinto ad accompagnarle con due semplici parole. Con quelle paroline magiche con cui sa che potrebbe farmi fare qualunque cosa: è per Bella.
Non sono stato lì a chiedermi se era il caso, se era pericoloso o se era giusto. Era per Bella. Non era necessario aggiungere altro.
«E se casco?» Jasper mi soffia ancora nell’orecchio.
«Jazz, sei un vampiro! Come diamine fai a cascare?!!» sibilo verso di lui cercando di contenere la voce al minimo.
Il ragazzo davanti a me lancia un’occhiata alle sue spalle, verso di noi, perplesso.
Lo guardo freddamente. Si rigira come se avesse preso la scossa.
Intendo se non riesco a trattenermi, se aggredisco qualcuno … pensa chiarendo meglio il concetto.
«Per uno che modula gli stati d’animo, mi sembri un tantino troppo agitato …» faccio io cominciando a sussurrare come lui. Me ne accorgo e mi raddrizzo immediatamente, liquidando il discorso con uno: «Stai tranquillo. Alice ci avrebbe avvisati.»
Siamo, intanto, arrivati davanti alla cassa. Una ragazza con una divisa azzurra mi guarda attenta. Mi preparo, un po’ seccato, a ricevere i suoi commenti mentali gratuiti e, invece, mi accorgo che i suoi occhi si fissano sbalorditi su Jasper che fa capolino da dietro la mia spalla. Deve aver percepito lo stato d’animo della ragazza. Alzo gli occhi al cielo. Per una volta non mi ritrovo ad essere io l’oggetto degli apprezzamenti di giovani – ma anche meno giovani! – donne.
Sfortunatamente, però, in questo caso.
Perché se io posso, in qualche modo, nascondere la cosa a Bella, lo stesso non può fare Jasper con Alice.
Il viso della cassiera si apre in un sorriso che parte da un orecchio e raggiunge l’altro, mentre non stacca gli occhi da Jazz.
Cristo, ma questo da dove è uscito? Mamma quanto è figo … sembra un leone. Vorrei essere la tua gazzella, bel leone … I pensieri della giovane stanno pericolosamente degradando.
Mi schiarisco la voce e cerco di interrompere il contatto visivo tra i due spostandomi su un piede per coprire Jazz con la mia testa, prima che sia troppo tardi: «Quattro ingressi, per favore».
La “gazzella” , che evidentemente ha lo spirito della giraffa, allunga il collo dal lato opposto a dove c’è il mio viso e cerca quello di Jazz dietro di me. Lo trova e sorride di nuovo, questa volta gli fa anche gli occhi languidi. Non ho bisogno di girarmi per sapere che anche lui ha accennato un mezzo sorriso. E’ un vampiro, ma è pur sempre un uomo.
«Smettila!» dico fra i denti a Jasper, poi, rivolto alla tipa: «Ehm, signorina …? » cerco di riscuoterla dal torpore in cui sembra essere caduta. Sbatte le palpebre raddrizzando le spalle e mi guarda fugacemente: «Sì, sì certo.»
Quattro?! E’fidanzato, lo sapevo … magari potrei allungargli il numero di telefono, chissà potrebbe chiamarmi lo stesso … La ragazza comincia ad arrampicarsi sugli specchi e non allontana gli occhi da lui, mentre stacca i ticket . Leggo nella sua mente l’importo e preparo già la cifra giusta, in modo che non sia “costretta” ad attardarsi a cercare di racimolare il resto.
Simpatica la cassiera eh? Pensa Jazz che non sembra capire di star giocando con il fuoco.
«Sono quarantatre dollari e ottanta.» E appoggia il mento sul palmo in attesa, preparandosi a gustare il prossimo minuto divorando mio fratello con gli occhi. Non si è accorta che le banconote sono già sotto il suo naso.
«Prego» faccio io, lievemente infastidito facendo un cenno con una mano verso i soldi e ritirando i ticket con l’altra. Non mi dà fastidio la situazione in sé, ma non mi sento a mio agio sapendo che Alice è a quattro passi da noi, e che non è assolutamente una persona convenzionale. Anzi, mi stupisco di non sentire ancora i suoi pensieri. Brutto segno …
Quando la tipa abbassa lo sguardo e comincia a raccogliere le banconote, mollo una bella gomitata al mio caro fratello.
Alla successiva occhiata della cassiera la scena che si presenta ai suoi occhi è davvero comica. Jazz è appoggiato alla mia spalla con un braccio e con l’altro si tiene lo stomaco. Cerca di mantenere il suo savoir-faire con un sorriso plastico stampato sul volto, ma se potesse farlo starebbe sudando freddo.
La ragazza ci guarda interrogativa, poi, saettando con lo sguardo dall’uno all’altro chiede: «E’… è tutto ok?»
«Sì, non si preoccupi. E’ che siamo un po’ di fretta. Ci stanno aspettando.» rispondo candidamente.
Annuisce con il capo, ma non sembra per nulla convinta. «Che numeri?» chiede.
«36, 38, e due 44» rispondo pronto.
Adesso vi do io una bella lezione … Riesco a percepire appena questo pensiero che, evidentemente è sfuggito al controllo di Alice.
Bruttissimo segno …
Rapidamente divido l’ingombro tra me e Jasper e cerco di farmi strada lontano dalla fila, ma non riesco a fare in fretta come vorrei perché siamo troppo accalcati. Sento allora la voce di mia sorella più alta di un’ottava che fa voltare quasi tutte le teste presenti, ivi compresa quella della cassiera: «Ehi piccioncini, volete sbrigarvi? A casa avrete tutto il tempo di dilungarvi in coccole ed effusioni …» e così dicendo mi libera le mani dall’ equipaggiamento.
Mi metto una mano tra la fronte e gli occhi e con l’altra afferro il giubbotto di Jasper trascinandolo con me, prima che Alice ci dia il colpo di grazia.
Ho appena il tempo di ascoltare l’ultimo pensiero malinconico della gazzella: lo sapevo, dovevano per forza essere dell'altra sponda …
Lancio uno sguardo infuocato al folletto che ci guarda con aria di sfida e raggiungo Bella che sta aspettandoci seduta su una delle tante panche disposte nella sala d’attesa.
Ci prepariamo in pochi minuti.
In fine, varchiamo l’ingresso del Polar Rink, una delle piste di pattinaggio su ghiaccio più grandi d’America.

(*) liberamente tratto da My New Moon! Spero che chi di dover capisca il tributo che le ho fatto usando il nome Collin … ma dove sei finita?!!!
NOTA DELL’AUTRICE: Allora … scagli la prima pietra chi è senza peccato! Chi per una volta nella vita non si è fatta ammaliare dal proprio professore belloccio!!!! Tranquille, non è una cotta, diciamo che è una profonda ammirazione … capirete in seguito.
Per quanto riguarda il cappy, mi dispiace essermi dovuta fermare, ma per il pattinaggio aspettiamo il prossimo capitolo, altrimenti questo diventava di 20 pagine. The Polar Rink esiste (qui, un'altra immagine) . E’ a NY, che non è molto distante da Hanover, se si considera anche la guida fuori dai limiti dei nostri Cullen.
Date un’occhiata al video del link musicale, ho preso un certo spunto da lì …!
Vi devo ringraziare tanto. Grazie per aver inserito questa storia tra preferiti e seguiti. E grazie per i commenti *-*.
Alla prossima!!!
M.Luisa



   
 
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