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Autore: DesperateGirl    04/10/2009    5 recensioni
è tipo una vita che non scrivo, ma il mio cuore sentiva la necessità di scrivere una fine degna di questo nome ad uno dei telefilm che mi è entrato dentro in un modo che non mi aspettavo... Non è Roswell, e questo per me è stranissimo...Credevo non fosse possibile che riuscissi a scrivere su un altro fandom, ma si matura e si cambia Ovviamente la ff è in fase di scrittura, ma verrà portata a termine, anche perchè sono stata ampiamente minacciata Il titolo non c'entra un piffero con la storia, ma ormai sonoin modalità fissa ed ascolto praticamente solo questa e mi sembrava giusto utilizzarla proprio con loro
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 2



Dopo quasi un anno mi ritrovo di nuovo su un aereo diretto a Pittsburgh.

Non c’ho messo molto a prendere una decisione. Fare le valigie e ritornare dove è giusto che io sia in questo momento. Vicino a Brian. Emmett non ha detto una parola da quando mi ha informato su Brian. Forse sta aspettando che io mi riprenda dallo shock, non lo so, so solo che lo ringrazio per questo silenzio non forzato. È passata solo un’ora da quando siamo partiti, ma a me sembra un’eternità. Ho una paura tremenda. Cosa farò se Brian dovesse morire? Morirebbe senza sapere che lo amo ancora e che non l’ho dimenticato. E soprattutto che sono stato un vero coglione…Avrei dovuto chiamarlo, dirgli che mi mancava. Invece mi sono comportato proprio come lui. un perfetto stronzo orgoglioso ed egoista

Mi passo freneticamente le dita tra i capelli, ritornati ormai lunghi come un tempo

-E’ inutile distruggersi con i sensi di colpa- mi volto verso Emmett, perplesso. Lui è sempre stato capace di leggere le persone meglio di chiunque altro. Anche adesso, ha capito perfettamente come mi sento. –Lui lo sa- continua

-Cosa?-bisbiglio

- Brian lo sa che lo ami. E soprattutto sa perché non ti sei fatto vivo per un anno. Te l’ho detto…non farti venire i sensi di colpa, raggio di sole-

resto in silenzio. So che Emmett ha perfettamente ragione, ma non posso far a meno di pensare che forse tutto questo si sarebbe potuto evitare se solo avessi fatto un passo verso di lui. ma ormai non posso cambiare le cose. Posso solo sperare e pregare che si sistemino nel migliore dei modi.

Appoggio la testa allo schienale e chiudo gli occhi. Ho bisogno di non pensare a nulla


--- --- ---


Arriviamo a Pittsburgh praticamente a notte fonda. Emmett mi ha invitato a stare da lui per la notte, ma ho rifiutato. C’è solo un posto dove vorrei essere in questo momento. Così ci separiamo e mentre lui ritorna a casa io mi dirigo all’ospedale, ben consapevole che l’orario delle visite è terminato, ma devo vederlo, anche solo da dietro un vetro. Il taxi mi lascia davanti le porte scorrevoli, porte che io fatico a varcare. Un ultimo sospiro ed entro. Il cuore mi batte forte, le mani mi tremano ed avrò sicuramente gli occhi lucidi. Mi rivolgo ad un infermiere, che da dietro un vetro, sfoglia svogliatamente una cartella

-Lei chi è?- chiede annoiato

-Un amico-

-L’orario delle visite è finito da un pezzo, bello mio. Torna domani-

-Senta…Lei non capisce. Ho bisogno di vederlo, anche solo per un attimo. Non entrerò neanche nella stanza. Ma la prego, me lo faccia vedere- non so cosa lo abbia convinto, se il mio tono di voce implorante oppure i miei occhi, ma si convince a dirmi il numero della camera di Brian

-Il signor Kinney è davvero fortunato. Magari avessi anche io un amico che mi ami così tanto- mi dice infine. Io lo ringrazio, cercando di sorridere, e mi avvio verso la sua stanza.

Ed eccolo lì, disteso in quel letto, immobile. E vorrei poter correre da lui, ma resto bloccato dietro la porta, a spiare quell’uomo che ha le sembianza di Brian, ma non è lui. E’ smagrito e pallido. E tutto pieno di tubi. Mi accascio dietro la porta, e le lacrime che avevo trattenuto, scendono copiose sul mio viso


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Dei rumori in lontananza mi svegliano. Non mi sono neanche reso conto di essermi addormentato. Mi metto a sedere dritto e qualcosa scivola dalle mie spalle. Una giacca da donna. Mi guardo intorno per cercare la proprietaria, e la vedo seduta di fronte a me, che mi guarda sorridendo

-Ciao topino-

-Debbie-

-Emmett te l’ha detto, quindi-

-Già. Debbie io…-

-Lascia stare, lo so, e ti perdono- si alza e viene a sedersi accanto a me –Se tu perdoni me-

-Perdonarti? E per cosa?- chiedo perplesso

-Per non averti detto niente- ed indica con il pollice Brian steso sul letto

-Non preoccuparti Debbie. Lo so che è stato lui a chiedertelo. È tipico di Brian -

-Sei entrato a salutarlo?- scuoto la testa –E cosa aspetti. Và-

In pratica mi costringe ad entrare in quella minuscola stanza. Resto sulla soglia, spaventato da quello che potrà accadere, ma allo stesso tempo emozionato. Non lo vedo da troppo tempo, non siamo mai stati così tanto lontano.

Un passo dopo l’altro mi avvicino al suo letto. C’è una sedia lì vicino e mi siedo. Gli sfioro leggermente la mano, inconsciamente sperando che lui risponda al mio tocco. Ma ovviamente non accade. Potrei parlare, dire qualcosa per fargli ascoltare la mia voce. Nei film succede sempre così. Uno parla e chi sta in coma, per magia o per miracolo, si sveglia. Beh tentar non nuoce

-Cazzo Brian, perché hai detto agli altri di non dirmi nulla? Perché continui ad escludermi dalla tua vita? Perché proprio nei momenti in cui avresti più bisogno di me? È sempre stato così, cazzo-

un rumore mi fa sobbalzare. Lindsay è alle mie spalle, in mano un mazzo di fiori di campo. Si avvicina al comodino e sistema i fiori in un piccolo vaso, senza dire nulla, solo guardandomi con uno sguardo che non preannuncia nulla di buono. Io continuo a guardare Brian, a sperare che da un momento all’altro mi guardi di nuovo con il suo sguardo sarcastico, ma che ha sempre detto molto più del necessario.

-Lui non ti ha dimenticato- dice Linds all’improvviso –Andava alla villa ogni volta che poteva, sai? Mi diceva che lì sentiva la tua presenza più che nel loft. Perché li avete condiviso una parte importante del vostro rapporto-

-Già- rispondo dopo un po’. Anche se mi sembra impossibile tutto questo. Non è da Brian pensare a questo genere di cose. Troppo romantico per lui. ma subito mi viene in mente il giorno del mio ballo di fine anno. Lui così bello nel suo vestito nero. Sembra passato un secolo

-Cosa dicono i medici?-

-Sono ottimisti. L’ematoma si sta riassorbendo in fretta-

-Bene-

-Tu non dovresti essere a New York?-

-Fanculo New York-

-Justin…-

-No Linds. Lui c’è sempre stato. Mi ha aiutato dopo l’incidente. Glielo devo. Tu invece? Non dovresti essere in Canada?-

-Touchè- si porta dietro di me e mi abbraccia forte- E’ un piacere rivederti, Justin-

-Anche per me-

E restiamo in silenzio, per un minuto, un’ora, un giorno, non lo so neanche io

  
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