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Autore: afterhour    23/10/2009    4 recensioni
Una fanciulla che ritorna a casa dopo tanto tempo, uno straniero in cerca di vendetta, una città in mano ad un uomo senza scrupoli, un ranch condotto da gente poco raccomandabile..
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Allora..
E' da un po' che lavoro a questa cosa.. anche se non so bene come mi sia venuto in mente di scriverla..
E' un western!
E' piuttosto differente dal mio solito genere, con meno introspezione e più azione, e non sono sicura che sia una buona cosa, e che io sia capace di scriverlo decentemente!
Comunque sono curiosa di vedere se interessa a qualcuno.
Vi avviso che Sakura è estremamente OOC, avevo voglia di cambiare/la.


Devo ringraziare alfombra per tutta l'energia, la pazienza ed il tempo dedicati, se non fosse stato per lei avrei rinunciato da tempo, anzi, non avrei proprio fatto niente, per cui grazie, grazie mille, davvero!




WELCOME TO KONOHA CITY  


1.
A CASA


Sakura scese dal calesse che l'aveva riportata a casa e si guardò intorno eccitata.

La grande casa padronale le sembrava diversa, più piccola, e il portico che ricordava enorme si era come rimpicciolito.
Mentre la stalla, un po’ scostata, sulla destra, era cambiata completamente, dovevano averla ingrandita.
Diede appena un'occhiata alle altre costruzioni, più lontane, la mensa e il dormitorio dei cow boys, e poi si affrettò verso casa, senza neppure ricordarsi di ringraziare il ragazzo che era venuto a prenderla alla fermata della diligenza di Konoha, e che ora stava tirando giù i suoi bagagli.

Era tornata.

Era partita che era poco più di una bambina, ancora impacciata ed in imbarazzante ritardo nello sbocciare rispetto alle sue amiche, ed era tornata donna, dopo quattro anni di tortura in quel noiosissimo, e inutile se doveva dirla tutta, prestigioso collegio  dell’est.

In collegio le avevano insegnato tutte quelle cose superflue che a parer loro una vera signora doveva conoscere, come suonare il piano, dipingere, ed altre attività talmente inutili in un ranch del selvaggio west, che ne avrebbe riso fino alle lacrime se non fosse stato che era stata la sua vita, che erano stati suoi quei quattro interminabili anni sprecati.
Senza poter cavalcare se non raramente e con quelle scomodissime selle da cavallerizza, senza natura selvaggia da esplorare e circondata invece da astruse formalità cui lei non era abituata.
Aveva ricevuto più punizioni di quante potesse ricordare, aveva ascoltato senza capire, senza neppure prestare attenzione, le interminabili prediche che le venivano fatte, e non era neppure riuscita a farsi un’amica, incapace com’era di comprendere tutti quei piccoli intrighi e quelle sciocche beghe che sembravano fondamentali alle sue compagne di collegio.
Lei era una persona franca, e la franchezza non era apprezzata in quella scuola, anzi, era considerata un grosso difetto.
Non che le fosse importato, perché aveva sempre amato la solitudine e poteva starsene per giorni, per settimane, per mesi senza rivolgere la parola a nessuno.. in fondo era sempre stata una ragazza silenziosa.

E probabilmente era questo che aveva irritato di più le sue compagne, la sua totale indifferenza nei loro confronti.
Sapeva di essere considerata strana e si accorgeva delle occhiate che le venivano rivolte, dei discorsi interrotti quando lei passava, delle risatine sommesse nei suoi confronti.
Aveva anche sopportato in silenzio le piccole cattiverie che le venivano fatte.
Piccole cose fastidiose, come versarle un bicchiere d'acqua sul letto, su cui lei si sdraiava ugualmente facendo finta di niente, dopo averci appoggiato sopra un asciugamano, o farle trovare numerosi bigliettini sgradevoli, o semplicemente macchiarle, rovinarle gli abiti.
Rimaneva in silenzio perché erano anche così vigliacche dal nascondersi nel mucchio, dal non ammettere a viso aperto di detestarla, e a volte sorrideva tra sè perché sospettava che non la considerassero solo strana, ma anche pericolosa.

Erano stati quattro orribili anni sprecati in cui l’unico bagaglio buono che aveva accumulato, se ci pensava, erano i due bauli carichi di abiti audaci e di gran moda che si era portata a casa.
Almeno si sarebbe divertita a scompigliare un po’ quel noioso paese che si ricordava essere Konoha city.

 - Zia! - chiamò dalla soglia di casa.

 - Sakura! -

Si voltò seguendo la direzione da cui arrivava la voce, e vide la zia che si affrettava verso di lei, proveniente dalla stalla, con addosso un vecchio abito logoro con le maniche arrotolate a mostrare le braccia abbronzate.

 - Sakura.. - Tsunade si fermò studiandosela con attenzione, sentendosi improvvisamente impacciata, la sua Sakura era cresciuta, tanto.. troppo? Aveva sbagliato a farla star via così a lungo? - c'era una cavalla che stava partorendo, non potevo venire a prenderti  - spiegò.

 - Non importa! - esclamò lei avvicinandosi in fretta, felice - zia.. sono io! -

 - Sono tutta sporca, non.. -

Sakura non le aveva più badato ed era corsa ad abbracciarla.
Aveva sentito le braccia di Tsunade che la stringevano con forza e si era sentita trasportare indietro, a quando ancora era piccola e correva allo stesso modo tra le braccia della zia, un po’ per farsi coccolare, un po’ per coccolare a sua volta.

Si era staccata ed aveva guardato sua zia, che le sorrideva ora con gli occhi lucidi.
Sakura non ricordava di averla mai vista commossa e nel vederla ora così, visibilmente emozionata, sentì che finalmente, davvero, era ritornata a casa, perché per quattro anni non aveva avuto nessuno vicino che le volesse un po’ di bene, e le era sembrato che non fosse importante, che non ne avesse bisogno, ma evidentemente non era vero, e solo in quel momento capì con chiarezza quanto si era sentita sola.

Il resto della giornata lo aveva trascorso con la zia, in camicia e gonna corta, ad aiutarla, ad ascoltare i suoi racconti, e a raccontarle a sua volta delle assurdità della vita dell'est.
Nel frattempo aveva riconosciuto e salutato la vecchia cuoca ed i pochi ragazzi che non erano in giro con la mandria, assistendo divertita alle loro risposte imbarazzate, possibile che fosse cambiata così tanto?
C'era anche la vecchia Chiyo, la donna indiana che viveva con loro da sempre, che si era limitata a rispondere con un cenno al suo saluto, facendola sorridere.. almeno qualcuno non aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti!

Passò i giorni successivi a cavalcare, incurante dell'indolenzimento che le ricordava che era tornata da poco, troppo presa dalla sua riacquistata libertà, bramosa di cavalcare tutti i cavalli nuovi, di esplorare tutti i suoi vecchi posti per controllare se effettivamente erano ancora lì, immutati.
Rimase fuori per ore e ore, trascurando la zia, la pelle del viso che già era un po’ arrossata nonostante indossasse sempre il cappello.
Era troppo felice per stare ferma, perché era a casa, finalmente a casa, la sua casa.
Perché amava il vento tra i capelli, gli spazi enormi, inesplorati, selvaggi, la solitudine cercata e non forzata che poteva godersi qui.

Il quinto giorno si avventurò fino al ranch degli Hyuuga, che confinava con il loro, nella speranza di rivedere il suo vecchio amico Naruto, perché era curiosa di scoprire come fosse diventato, e si chiedeva come lui l'avrebbe trovata, e se avrebbe detto qualcosa, o meglio, se avesse imparato a dire qualcosa senza farla arrabbiare!
In quei giorni aveva ripensato spesso al ragazzino sbucato dal nulla diversi anni prima e fermatosi in pianta stabile nel ranch degli Hyuuga.
Sapeva che lui ora era il capo mandriano del ranch Hyuuga, e che si era fatto una reputazione per la sua affidabilità e la sua forza... buon, vecchio Naruto... ma all'epoca lui era un ragazzino libero e incosciente, e si fermava per giorni a dormire da loro, approfittando dell'ospitalità di Tsunade.
Per quello era stato il suo compagno di giochi, bistrattato e spesso ignorato dalla Sakura bambina, prepotente e insensibile, verso cui lui aveva sempre portato pazienza, sempre pronto ad aiutarla, sempre presente.
Fino a quando non era partita per quella noiosissima, inutile e polverosa scuola dell'est in cui Tsunade l'aveva spedita nonostante le sue lacrime e le sue proteste, relegandola lontana da casa, e dalle persone con cui era cresciuta.

Il ranch degli Hyuuga, assieme a quello della zia, era il più esteso della zona, ci volevano giorni per attraversarlo interamente, per cui lei aveva cavalcato per più ore ininterrottamente per raggiungerlo. Ma doveva sbrigarsi, perché era già iniziata la primavera e in quel periodo dell'anno venivano radunate le mandrie, e poi il bestiame doveva essere portato alla stazione ferroviaria più vicina, che distava centinaia di chilometri, e lei non avrebbe rivisto Naruto fino ad estate inoltrata.

Finalmente aveva riconosciuto la casa degli Hyuuga,  che spiccava nella piatta prateria, e man mano che si avvicinava notò che era bella come un tempo, in mattoni, dipinta di bianco, con un'aria spagnola che era sempre stata la sua caratteristica.
Infatti scorreva nobile sangue spagnolo nella famiglia Hyuuga, e questo evidentemente li autorizzava a sentirsi superiori agli altri.
Eppure, nonostante fossero una famiglia molto rigida e chiusa, erano anche persone oneste e leali.

Aveva subito scoperto che Naruto non c'era, era già partito per i pascoli, come le aveva detto il vecchio cow boy che stava dipingendo la staccionata, ed aveva sospirato delusa. Non c'era neppure Hinata, la figlia degli Hyuuga che aveva la sua stessa età, perché era ancora relegata in una scuola dell'est.
Ricordava che era partita più o meno nello stesso suo periodo, dato che tutte le ragazze che potevano permetterselo dovevano andare necessariamente in collegio, o almeno questa era stata l'unica spiegazione che le aveva dato a suo tempo Tsunade, 'prima o poi capirai e mi darai ragione', aveva chiuso il discorso la zia quella volta.
Ma non era stato così, ed anche adesso lei non ne capiva il perché, non capiva perché non aveva potuto restarsene a casa a cavalcare e ad imparare a sparare come facevano i maschi.

Ma forse per Hinata era diverso, magari lei apprezzava la vita dell'est, in fondo erano sempre state molto diverse loro due, e non avevano mai legato molto, in parte perché l'aveva vista raramente dato che non era libera come lei e Naruto, in parte perché Hinata era davvero troppo timida, e la vecchia, insensibile Sakura la trovava noiosa.

Prima di ripartire andò a salutare la sorellina di Hinata, che le aprì la porta di casa sorpresa prima di correre a chiamare a gran voce il padre.
Questi le diede freddamente il benvenuto guardandola leggermente contrariato.
Era sempre un piacere rivedere gli Hyuuga, pensò lei ironicamente.
Aveva risposto velocemente alle loro domande e ben presto si era congedata con la scusa che aveva molta strada davanti.

 - Sakura - l'aveva fermata il vecchio Hyuuga quando stava per ripartirsene - tua zia sbaglia a lasciarti andare in giro così da sola, non sono più i tempi -

Lei aveva pensato che si trattasse della vecchia mania di quell'uomo di considerare le donne creature deboli e bisognose di protezione, e si era allontanata ridendo, un po’ infastidita.
Tornò a casa nel tardo pomeriggio, e faceva fatica a camminare da quanto aveva cavalcato, quasi aveva dimenticato come fossero dilatate le distanze lì da loro.

Il giorno seguente, finalmente, la zia doveva fare delle commissioni in città e lei tornò presto dalle sue incursioni, perché voleva accompagnare sua zia e rivedere Ino, la sua unica amica, con cui era restata in corrispondenza in tutti quegli anni e che era ansiosa di riabbracciare.
Ricordava che un tempo andavano a Konoha una volta alla settimana, e ci stavano ore, tanto che si era sempre chiesta, ridendone con la sua amica, dove sparisse la zia durante quelle ore, visto che per gli acquisti all'emporio dei genitori di Ino impiegavano al massimo una mezz'ora.
Ed ora era tornata a casa e bisognava riprendere tutte le vecchie, buone abitudini, e lei non vedeva l'ora di ritrovare quelle ore spensierate passate con Ino al suo emporio, a parlare liberamente di tutto.
Le era mancata terribilmente un'amica, qualcuno con cui sentirsi libera e di cui potersi fidare.

Riportò il cavallo alla stalla dove lo affidò allo stalliere, il vecchio stalliere di sempre che ora la riveriva come fosse una signora, ma lei preferiva prima, quando la chiamava per nome e le dava del tu.
Poi corse dalla zia, con le guance arrossate per la lunga, pazza corsa ed i capelli che le ricadevano sciolti sulle spalle, in disordine.
Passò la veranda anteriore, con le colonne bianche ora un po’ screpolate dal sole ed il dondolo sulla sinistra che sembrava aspettarla da sempre, invitante, ed entrò in casa.
La zia non aveva risposto subito al suo richiamo e lei la cercò nello studio, la grande stanza sul retro che Tsunade chiamava studio, ma che era il suo rifugio.

Tsunade l’aveva sentita entrare e aveva sollevato la testa dalle carte appoggiando contemporaneamente il bicchiere ora vuoto di whisky. Si voltò a guardarla e cambiò espressione, felice di vederla, felice che fosse tornata a casa, dimentica dei suoi conti, quei maledetti conti che non volevano quadrare, come le aveva confidato la sera prima, quando aveva alzato troppo il gomito.

 - Come sei diventata bella! – aveva ripetuto.

 - Zia! - sorrise lei, e Tsunade pensò che il suo sorriso era l'unica cosa che non era cambiata, era il suo vecchio sorriso da bambina in un volto di donna, un sorriso raro che le distendeva il volto per un attimo, togliendole quell'aria lontana che aveva a volte - Me l'hai già detto cento volte! - aveva proseguito Sakura - Sono solo dimagrita e mi sono allungata, ma sono sempre la vecchia Sakura con la sua fronte troppo spaziosa, indice di grande intelligenza, mi dicevi tu... ricordi? -

 - Sei sempre stata intelligente... ma ora... chissà cosa dirà Naruto quando ti vedrà! -

 - Ancora con questa storia - finse di brontolare lei.
Prima di partire aveva promesso di sposare Naruto al suo ritorno, lo aveva fatto in un momento di esaltazione, quando pensava che quattro anni non sarebbero passati mai, lo aveva detto per renderlo felice e per convincersi che davvero sarebbe tornata... e forse, egoisticamente, perché lui nel frattempo non si dimenticasse di lei.
E ancora quella promessa aleggiava tra loro, come se fosse stata seria!
Ovviamente non aveva nessuna intenzione di mantenerla, ma aveva proprio voglia di rivederlo, il suo Naruto, come era sua la terra, e le colline, e la casa, la SUA casa.

 - Vai a prepararti, andiamo in città – la riscosse la zia sollevandosi dalla scrivania - e non vorrai venire tutta impolverata e con quella gonna corta da cavallerizza, quando hai portato due bauli interi di abiti da gran dama che non riuscirai ad usare in tutta la tua vita qui! -

Sakura aveva prontamente obbedito correndo a prepararsi, e portandosi via con sé quell'atmosfera di vitalità e forza di cui Tsunade aveva provato per quattro anni una potente nostalgia. Mise via la bottiglia di whisky, bevanda in cui indulgeva un po’ troppo frequentemente, e sorrise felice.  
Finalmente era tornata a casa la sua adorata nipotina, l'adorata figlia della sua unica sorella, morta di parto tanti anni prima dandola alla luce.
Si era trattato di una vicenda scandalosa, qualcosa che neppure lì, in quelle terre selvagge sarebbe stato accettato se si fosse venuto a sapere, perché sua sorella non aveva marito, il padre era morto prima di poter rimediare al suo errore, un errore imperdonabile che aveva costretto il padre e il fratello di Tsunade a lasciare la vecchia casa per non far crescere la bambina come bastarda, ed a trasferirsi tra gente sconosciuta, in un'allora remota landa dell'ovest.
Qui avevano investito proficuamente i soldi in quel ranch che era diventata la loro vera casa.
Ma inizialmente non era stato così per Tsunade, lei aveva preferito allontanarsi dalla sua famiglia e vivere una vita diversa, troppo presa dai suoi desideri prima, e dalla sua sofferenza poi, per pensare ad altro.
Alla fine era stata obbligata a tornare al ranch per occuparsi di tutto dopo la morte prematura di suo fratello, seguita da quella di suo padre.
In realtà avrebbe sempre rimpianto di non essere stata vicino a sua sorella quando questa aveva bisogno di lei, ma per fortuna non era tornata troppo tardi per occuparsi di sua nipote, e presto Sakura era diventata importantissima, l'unica cosa importante, l'unica che aveva.
Ora il ranch era la sua vera casa e non si sarebbe allontanata da lì per niente al mondo, era parte di lei... eppure senza Sakura era vuoto, e per quattro lunghissimi anni le era sembrato vuoto.

Quando più tardi sua nipote si era presentata con quell'abito bianco che lasciava scoperte le braccia, i capelli di quel colore straordinario raccolti sotto un cappellino audace, i piedi fasciati da scarpette bianche di cui, era sicura, non si era mai visto l'eguale in tutta Konoha city, era rimase un momento incantata, a bocca aperta.
Assomigliava a sua madre, ed anche se sua madre forse era stata più bella, Sakura aveva molto più fascino, con quel suo sguardo attento e il suo portamento altero.

 - Chi vuoi conquistare oggi, l'intera popolazione maschile di Konoha? - le chiese maliziosa.

   - Cara zia, manchi proprio di obbiettività - aveva osservato sua nipote, facendo contemporaneamente un giro su se stessa per mostrare meglio l'abito alla zia - Lì tutte avevano abiti simili! Ma non mi dispiacerà portare un po’ di scompiglio in città... a proposito, non ti ho ancora chiesto se è sempre Orochimaru che spadroneggia, lì, o se qualcuno finalmente lo ha fatto fuori! -

Tsunade aveva sorriso, suo malgrado - Spadroneggia sempre di più, ma scommetto che non è a scuola che ti hanno insegnato ad augurare la morte di qualcuno!-

 - No  - ammise lei mentre uscivano di casa e salivano sul calesse - è la dura legge del vecchio west che ho nel sangue! -

Durante il tragitto Tsunade e Sakura avevano chiacchierato liberamente, per lo più di pettegolezzi, ma gli argomenti principali erano stati due.
Da ormai un paio d'anni qualcuno aveva preso possesso del ranch Uchiha, abbandonato per più di dieci anni dopo lo sterminio della famiglia da parte di banditi di cui non si era mai scoperto il mandante.
E non era uno dei due misteriosi fratelli Uchiha di cui non si era mai scoperto il cadavere, e che la leggenda dava per sani e salvi da qualche parte (cosa impossibile visto che uno all'epoca era solo un bambino, ed anche se fosse riuscito a fuggire sarebbe morto di stenti, mentre l'altro, più grande, si narrava che fosse stato addirittura complice dei banditi). Ma probabilmente era solo parte della leggenda, e probabilmente i cadaveri dei due fratelli erano marciti in qualche anfratto delle colline che circondavano l'enorme casa in rovina degli Uchiha, in qualche buco nascosto.

Il nuovo proprietario si chiamava Danzo, e non piaceva affatto a Tsunade, anche per il fatto che si circondava di loschi individui che parevano più banditi che cowboy. Se si fosse semplicemente impossessato del ranch, o se l'avesse effettivamente comprato da chissà chi in chissà quale modo, era proprio un mistero.

Sicuramente era un individuo cinico e spietato che a modo suo poteva far concorrenza a Orochimaru.

 - Ti fa la corte, zia? - chiese Sakura curiosa, perché la zia era ancora una gran bella donna e in più possedeva un gran bel ranch, anche se aveva un carattere impossibile e dominatore, nonché un'allergia per la parola matrimonio.
La zia aveva riso e le aveva assicurato di no - Ma in compenso ha recintato tutta la sua proprietà, così le nostre bestie non possono più pascolare là... noi e gli Hyuuga siamo abituati diversamente -

L'altra grossa novità era il fidanzamento della sua amica Ino, che le era già stato anticipato per lettera.
Si era fidanzata con il banchiere della città, un ottimo partito, ed anche assai bello, come aveva scritto con dovizia di particolari Ino.

 - Mi ha detto che la definisce una deliziosa creatura e che le dà ancora del lei, perché la forma è importante! - rise Sakura - Ma dai! Proprio Ino! Non riesco a vedermela!-

 - E' proprio un uomo ammodo e... delizioso - replicò Tsunade - ma se mi porti a casa uno così ti diseredo! -

 - Non corri questo pericolo - rispose francamente lei - non voglio sposarmi, non voglio qualcuno che mi dica cosa fare, voglio essere libera -

E non lo diceva così alla leggera, lo pensava davvero.
Aveva sempre pensato di non essere fatta per il matrimonio, e ne aveva avuto conferma nel sentire i discorsi delle sue compagne di collegio: come si fa ad avere come massima aspirazione quello di accontentare e compiacere un uomo?
Lei non sarebbe mai dipesa da qualcun altro, e non la preoccupava la solitudine, amava stare da sola.
E poi era sicura che se si fosse sposata avrebbe vissuto una vita sacrificata ed orribile, ed avrebbe reso orribile anche la vita dell'altro.
No, non avrebbe potuto sopportare neppure Naruto, per quanto gli volesse bene.
Non era fatta per il matrimonio, tutto qua, amava troppo la propria libertà.

 - Non dirlo neanche per scherzo - aveva brontolato Tsunade - voglio dei nipotini -

Nel frattempo erano arrivate in città e avevano percorso l'affollata strada principale, e Sakura non poteva credere a quanto si fosse ingrandita, non riconosceva più la sua piccola, graziosa cittadina.
L'aveva vista solo di sfuggita quando era arrivata con la diligenza, pochi giorni prima, e le era sembrata più grande, ma non così tanto.
Brulicava di gente indaffarata, non sempre dall'aria affidabile, e lei non riconosceva nessun volto.
Tsunade con il calesse si era fermata proprio davanti all'emporio di Ino e l'aveva lasciata lì con la scusa di dover sbrigare alcune commissioni.
Così Sakura entrò da sola nel negozio facendo tintinnare il campanellino all'entrata e guardò la sua vecchia amica , che non era cambiata affatto, sempre bella, i capelli biondi lunghissimi raccolti in una coda alta.

Ino aveva alzato i grandi occhi azzurri e li aveva spalancati nel riconoscerla.

 - Sakura! - si precipitò ad abbracciarla  - Sei bellissima, e che vestito! Fa vedere! - l'aveva guardata con attenzione - vieni.. - disse poi - andiamo fuori che ti devo esibire! -

L'aveva trascinata fuori dal negozio ed aveva chiuso la porta, in cui spiccava ora un bel biglietto con su scritto torno subito, dietro di sè.

 - Andiamo - le fece prendendola sottobraccio e iniziando a camminare sul marciapiede di legno - spero di incontrare qualcuna delle ragazze... mi guardavano dall'alto in basso perché si erano sposate prima di me, con qualche buzzurro di contadino poi! Ma IO ora, modestamente, ho il mio Sai da esibire... quelle cretine! Voglio vedere le loro facce quando ti vedono con questo vestito... credimi... i loro vestiti nuziali erano stracci al confronto! -

Aveva continuato a chiacchierare del più e del meno e Sakura si sentiva davvero osservata mentre passeggiava, i tacchi che battevano sordi sul legno, gli sguardi dei passanti su di lei, ed era sorpresa di non riconoscere nessuno, di non conoscere più nessuno mentre Ino salutava tutti, e ogni tanto si fermava a parlare con qualcuno e presentava anche Sakura.
Nel frattempo le aveva chiesto com'era stato il ritorno e le aveva raccontato del suo fidanzato che la trattava come una cosa preziosa e rara, e spiegava che si sarebbe proprio arrabbiata se Sakura non fosse tornata in tempo per l'imminente matrimonio, visto che lì da loro i fidanzamenti erano brevi.

 - Devi trovare qualcuno anche tu se non vuoi più Naruto! – concluse – perché qui da noi già cominci ad essere vecchia e non vorrai diventare come tua zia! –

 - Perché no – replicò lei – sta benissimo ed è libera –

 - Che noia con questa storia della libertà! - sbuffò Ino – vuoi ritrovarti vecchia, sola e inacidita? Ma fa come vuoi, sei sempre stata testarda... io intanto mi sposo! -

 - Lo adoro il mio Sai! - aveva continuato poi - ...sai che abbiamo uno sceriffo nuovo? - aveva cambiato completamente argomento  - un tipo proprio misterioso, non sappiamo neanche che faccia ha... tanto sarà al soldo di Orochimaru e per noi non cambia niente... fermati... sai perché ti ho portata fuori? -

 - Per esibire il mio costosissimo abito? – chiese lei guardandosi intorno.

Erano ferme vicino al vecchio albergo (ora ce ne erano due di nuovi) che non sembrava aver ricevuto nessuna manutenzione in quegli ultimi quattro anni, a giudicare dall'aria cadente che aveva.

 - Anche, ma ieri sono arrivati degli stranieri in città, li ho visti passare ed uno di loro... oh, devi vederlo! -

  - Pensavo adorassi il tuo fidanzato -

 - Cosa c'entra, ho ancora gli occhi... e poi tu non dirai niente, no!? Sono così felice che sei tornata! Qualcuno con cui parlare liberamente invece di quelle quattro oche pettegole! -
 - Eccoli!  - si era interrotta poi -  questi sono con lui! -

Erano ferme di fianco all'entrata dell'albergo e dalla porta erano usciti due individui dall'aria non proprio rassicurante, con lunghi spolverini scuri ed i cappelli calcati sulla fonte.
Uno dei due le aveva viste e si tolse il cappello facendo contemporaneamente un buffo inchino non privo di galanteria.

 - E' un piacere incontrare due belle signorine come voi.. - sorrise, i lunghi capelli chiarissimi che gli nascondevano in parte il volto.

 - Smettila di fare l'idiota - cercò di trascinato via per la manica l'altro, e Sakura solo allora si era accorta che si trattava di una donna.

Lei ed Ino la guardarono sorprese, perché anche qui, benché le donne indossassero i pantaloni per comodità in alcune occasioni, una donna vestita da maschio provocava un certo scandalo.

 - Eccolo - disse la donna al compagno, ignorandole e scostandosi dal volto un ciuffo di chioma ramata.

 - E' lui - le sussurrò contemporaneamente Ino all'orecchio.

Sakura si era voltata in tempo per vedere arrivare un cavaliere che fermava il cavallo proprio di fronte ai due strani individui e smontava, ancora prima di fermarsi completamente, con sorprendente eleganza.

Lei aveva guardato il cavallo, perché era davvero un magnifico cavallo nero, un animale stupendo, e poi aveva studiato l'uomo che le dava le spalle.
Indossava uno spolverino lungo e nero e lo osservò mentre si toglieva il cappello e lo sbatteva un poco sulla gamba per togliergli la polvere, rivelando i capelli nerissimi tagliati in modo disordinato, così dritti e folti che formavano strani spigoli dandogli un'aria selvaggia.

 - Iuugo? - lo sentì chiedere agli altri con una voce bassa e morbida che le fece passare un leggero brivido sulla nuca.

 - Sta arrivando, eccolo... – ripeté la ragazza, che era in parte nascosta al loro sguardo dal nuovo venuto, e che aveva alzato il braccio per indicare qualcosa esattamente dietro le due ragazze.
Il cavaliere dai capelli neri si era voltato appena, rivelando un profilo perfetto come un cammeo.
Sakura rimase a guardarlo senza neppure rendersi conto di farlo, immobile, fino a quando lui non si voltò del tutto e lei non incrociò i suoi occhi scuri per un attimo.

 - Andiamo - aveva detto lui e le era passato davanti, seguito dagli altri due, sciogliendola finalmente da quella specie di incantesimo.

    - Te l'avevo detto - commentò Ino - non è incredibile? -

 - Sono pistoleri - replicò lei in tono dispregiativo.

 - Già – convenne l’altra - non è un peccato che sia destinato a morire giovane? -

Lei si era rifiutata di pensarci ancora.,. tutte sciocchezze... e si meravigliava di se stessa, farsi incantare così, neanche fosse una bambina, possibile che fosse così stupida?
Riprese a camminare senza rispondere, con grande delusione della sua amica.

 - Sakura! – la chiamò Ino indignata, raggiungendola - donna impossibile! Fai tanto la superiore, ma vedrai che ti innamorerai anche tu, magari proprio di un pistolero senza cuore che ti farà piangere e disperare! -

Lei si era voltata verso di lei ridendo - Se c'è una cosa di cui sono sicura - rispose - è che non sarò mai così stupida! -

Avevano continuato a chiacchierare del più e del meno ed Ino le aveva ricordato la gran festa annuale che c'era ogni primavera al ranch degli Hyuuga, una festa memorabile in cui arrivava gente da molto lontano, visto che per tradizione era aperta a chiunque bussasse.

 - Sarà l'ultimo anno – concluse Ino - poi anche il vecchio dovrà adattarsi a cambiare le tradizioni e a renderla una festa privata, con i ceffi che girano! -
 - Ci sarà anche una bella riunione di oche pettegole... sono lì che ti aspettano al varco per vedere come sei diventata e poter malignare - borbottò poi mentre si giravano per tornare indietro verso il negozio.
Sakura sorrise e prese Ino a braccetto, come le era mancata la schiettezza della sua amica!

Avevano fatto ancora pochi passi, avevano appena passato le vetrine di un ristorante, quando si erano interrotte, sorprese dal fragore di un vetro infranto.

Sakura si voltò e vide un uomo sanguinante sul marciapiede, era appena stato scaraventato fuori dalla finestra e cercava faticosamente di rialzarsi.
Attraverso la finestra rotta sopraggiunse un altro uomo visibilmente alterato, vestito con una giacca di pelle frangiata, che subito aveva afferrato il poveretto, lo aveva sbattuto ancora al suolo con violenza e gli aveva puntato una pistola alla testa.
L'uomo a terra sembrava un semplice contadino e probabilmente non era neppure armato. Guardava il suo aguzzino tremante, impaurito.

 - Pprego… - balbettava - ho famiglia -

Ma quello si era chinato ed aveva piantato la canna della pistola con forza sulla fronte del pover'uomo.
C’era un po’ di gente che guardava ora, ma nessuno sembrava voler intervenire in sua difesa, e Sakura aveva fatto per muoversi.

 - Ferma – la bloccò Ino per il braccio - sono scagnozzi di Oro, quelli sparano anche a te... allontaniamoci -

Ma Sakura non poteva, non voleva, e rimase immobile mentre l'uomo alzava il cane della pistola, ancora piantata sulla fronte dell'altro, e in un tempo fermato che era sembrato eterno, faceva esplodere il colpo.
Ora si vedeva solo un foro nel centro della fronte del contadino, circondato da bruciature, e nel volto gli era restata per sempre un'espressione impaurita, leggermente attonita, mentre si accasciava senza vita per terra.
Sakura si era portata la mano alla bocca perché istintivamente le era venuto da urlare, e qualcuno aveva urlato, lì in mezzo alla piccola folla che si era riunita.

 - Cosa guardate, andate a casa! - gridò l'assassino, guardandosi attorno euforico con la pistola ancora fumante in mano.

Ma Sakura ancora una volta non si era mossa, rimase lì, ancora incredula, mentre la gente si disperdeva ed Ino ancora cercava di trascinarla via - Qualcuno avrà chiamato lo sceriffo – tentava di convincerla.

Nel frattempo era uscito un altro uomo dal locale, trascinandone un quarto, sanguinante per delle percosse che doveva avere ricevuto, e tremante anch'esso come quello che ora giaceva morto nella polvere.

 - Vuoi morire anche tu come tuo fratello? - aveva fatto quello dalla giacca di pelle sollevando di nuovo la pistola.

 - No… - aveva pregato l'altro - no.. -

Ma quello aveva solo sorriso e si era chinato accanto al pover'uomo, appoggiando una gamba a terra, e Sakura era sicura che avrebbe ammazzato anche quello, per pura crudeltà, e che nessuno avrebbe fatto niente per fermarlo.
Si divincolò da Ino, non poteva permetterlo, non intendeva permetterlo.
Sapeva cosa succedeva alle famiglie dei contadini quando i capifamiglia morivano: finivano a chiedere la carità, donne, bambini.
Fece un passo, decisa a fare qualcosa, non sapeva cosa, e subito si fermò.

Una figura scura era sopraggiunta veloce e con un calcio sul volto aveva fatto cadere a terra l'uomo inginocchiato pronto sparare.
Questi cadde rovinosamente, colto di sorpresa, il sangue che gli colava ora dal naso, e la pistola gli era scivolata dalle dita.
Come per magia una pistola era apparsa nella mano del nuovo arrivato che aveva appoggiato uno stivale sul petto dell'altro costringendolo a terra.
Lei sapeva chi era, era il cavaliere dai capelli neri che aveva visto prima, e i suoi compagni si erano materializzati al suo fianco con una pistola in mano, una puntata alla testa del compare dell'uomo ora a terra.

 - Vattene - fece il cavaliere nero, con la pistola sempre puntata su quello a terra, il piede che lo schiacciava al suolo - torna a casa -

E il contadino che aveva scampato la morte per un pelo si era alzato, ancora tremante, e se ne era scappato via, senza neppure ringraziare.

 - Non uccidermi... non ti ho fatto niente - aveva implorato quello a terra.

 - Uccidilo pure, è un idiota -  si intromise una voce più lontana.

Sakura si era voltata a guardare il nuovo arrivato e lo aveva riconosciuto subito, non era cambiato di una virgola in quegli anni, era Kabuto, l'ombra di Orochimaru, in giacca e panciotto, sul naso i soliti occhialini tondi e dorati.

Lo straniero alzò la pistola e la puntò contro Kabuto, il braccio dritto e perfettamente fermo, lo spolverino svolazzante.

 - Kabuto - aveva mormorato mentre quello a terra cercava di recuperare la pistola a tentoni ed uno di loro, il ragazzo che le aveva fermate prima, lanciava un coltello che gli inchiodava la mano al terreno.

Kabuto si era fermato, aveva sgranato gli occhi per un momento ed aveva sorriso - Sasuke Uchiha – sembrò riconoscerlo - quanto tempo -

 - Dì al tuo padrone - aveva intimato l'altro, impassibile - che sono qui per ucciderlo -

Sakura aveva guardato lo straniero sorpresa, era così stupido? Si era condannato a morte da solo, perché Orochimaru non aveva onore, ed era circondato da assassini senza scrupoli.

 - Alla buon' ora - sussurrò Ino al suo fianco - lo sceriffo -

Lo sceriffo si stava in effetti avvicinando seguito da due uomini, evidentemente i suoi aiutanti, e nel contempo aveva fatto scattare la carica del fucile che aveva in mano, ad effetto.

 - Bene bene - commentò, il volto nascosto dal cappello e dal fazzoletto che gli copriva la bocca, e in quel modo non aveva un'aria più rassicurante degli altri - cos'abbiamo qui? -

 - Sceriffo - si avvicinò anche Kabuto - fortuna che è arrivato, deve arrestarli. Questi quattro banditi... -

Cosa stava raccontando? Non erano stati loro.
E Sakura si rese conto che nessuno avrebbe parlato in loro favore.
Li avrebbero lasciati accusare ingiustamente, tutti vigliacchi, tutti complici di quella farsa.

 - Sceriffo! - esclamò liberandosi finalmente della stretta di Ino e scendendo dal marciapiede sulla nuda terra della strada - Quest'uomo a terra ha ucciso l'altro, e quello è il suo compare... gli stranieri hanno impedito un secondo omicidio -

 - Bene, è andata così? - aveva chiesto lo sceriffo portandosi la mano alla tesa del cappello e sollevandolo, svelando un occhio bendato e l'altro maliziosamente sorridente.

 - Sì, ho visto tutto - ribadì lei e la gente intorno aveva finalmente annuito, i vigliacchi.

Sakura rimase immobile, ignorando la fastidiosa sensazione di essere osservata, ed attese mentre lo sceriffo e i suoi due aiutanti prendevano in custodia i due balordi e li portavano via.

Solo allora si voltò, ed incontrò due occhi scuri, penetranti, che la fissavano con una punta di curiosità subito repressa.
Si riscosse, imbarazzata, non pensava che lo straniero fosse così vicino, e non poté fare a meno di notare ancora una volta che era bello.
Ma sostenne lo sguardo di lui, rifiutandosi di abbassare il suo per prima.
   
 - Avete sbagliato - gli spiegò - non dovevate dire quella cosa a Kabuto, ora la vostra vita è in pericolo, guardatevi le spalle - lo mise in guardia.

 - So badare a me stesso – aveva risposto lui sorridendo appena - le vostre scarpe - concluse enigmaticamente, allontanandosi.

Lei si guardò le scarpe, le sue belle scarpette bianche irrimediabilmente rovinate da un bordo slabbrato scarlatto.
Si voltò, il cadavere era proprio dietro a lei, il volto pallidissimo e gli occhi ancora spalancati, e una macchia scura si stava allargando sotto di lui nella polvere, ed aveva raggiunto anche le sue scarpe ora macchiate di sangue.

 Questo è il west, si disse amara, il tuo amato, selvaggio west.. bentornata a casa.

Si voltò un'ultima volta a guardare il cadavere, e presa da un improvviso impulso si chinò al suo fianco per chiudergli occhi, perché gli rimanesse almeno un po’ di dignità.
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