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Autore: Aleu    16/02/2010    6 recensioni
Fan fiction ambientata dopo il ritorno di Sousuke da Hong Kong. "Non è affetto di certo quello che voglio da lui. Quello me lo dimostra ogni giorno con il suo modo ossessivo di proteggermi, con piccoli gesti che mi scaldano il cuore, certo… Ma a me non basta."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  "Al mio Nii-san,                              
senza il quale, forse, questo capitolo 
non sarebbe mai stato pubblicato.    

Ganbatte!!"                                   

Kaname’s pov

 
Per il resto delle lezioni il mio pensiero volteggia senza sosta tra ricordi e riflessioni impegnando tutta la mia concentrazione in assurdi discorsi con me stessa e focalizzandosi su di un concetto ben preciso che mi ronza in testa da ben due ore mandandomi in visibilio.
A Sousuke importa della mia felicità.
È indescrivibile la gioia che provo rendendomene conto.
“Puoi farcela Kaname, puoi davvero farlo tuo se lo desideri. Devi solo scegliere le parole ed i modi giusti” questo mi ha detto il pervertito.
Sì, Kurz… hai ragione.
Quella di Sousuke potrebbe sembrare una semplice ed innocua domanda, ma un occhio più attento, o meglio, una mente oculata e sensibile, può coglierne la vera importanza.
Lui non fa mai questo genere di domande… normalmente ha un’innata repulsione verso tutto ciò il cui fine è quello di indagare più a fondo nell’animo di una persona né gli importa molto dei sentimenti altrui a meno che questi non possano presentare un fastidioso problema alle sue schiette decisioni.
Questo vuol dire che non chiede mai nulla di personale o imbarazzante se proprio non lo ritiene di assoluta importanza.
Ho conosciuto due Sousuke e ho imparato ad apprezzare le qualità di ambedue.
Il primo, impassibile e glaciale, il Sergente Sousuke Sagara della SRT i cui modi distaccati e professionali sono portati ad esempio ai suoi superiori e stimati dalla maggior parte dei suoi compagni.
Il secondo (nato da poco grazie al contatto con la società giapponese), Sousuke Sagara addetto ai rifiuti della quarta sezione del secondo anno del liceo Jindai di Tokyo, alquanto disordinato, impacciato nelle relazioni umane, incontenibile combina-guai e otaku di roba militare.
Posso dire di aver capito che nessuno dei due Sousuke cesserà mai di esistere permettendo all’altro di prendere il sopravvento, ma coesisteranno per sempre, uno affianco all’altro, due facce della stessa medaglia.
Mi fido di lui, so che in ogni caso, comunque andasse a finire la nostra storia, non ritornerà mai ad essere il “mostro” che era fino a pochi mesi fa e so che se anche dovesse decidere di rimanere con me non sopprimerebbe mai il suo istinto “militaresco”, il suo sussiego e la sua algidità.
Superfluo dire che non me ne importa un accidente. A dispetto di quello che gli ho detto prima, adoro il suo lato protettivo e maldestro così come amo il suo essere indifferente e deciso in determinate circostanze.
Non so quasi nulla del suo passato ma non mi interessa. A volte mi chiedo se è umanamente possibile trovarmi così a mio agio con un uomo che ha ucciso così tante persone e ferito altrettante. Ma proprio non concepisco neanche il concetto di aver paura di Sousuke, anzi, lui è la sola persona di cui mi fidi cecamente.
Vorrei tanto che un giorno si aprisse con me e mi raccontasse di più su di lui, che provasse a rivelarmi qualcosa sul suo passato… ma credo che non lo faccia per paura.
Paura di essere giudicato e condannato senza alcuna pietà.
Non ha torto, infatti la maggior parte della gente scapperebbe a gambe levate se sapesse di lui, lo biasimerebbe e lo eviterebbe a priori.
Ma possibile che non capisca che io sono diversa? Io non lo giudicherei… non mi crede abbastanza forte da poter sopportare la verità? Stupido megalomane…
Sono sinceramente interessata al suo passato, non per condannarlo e disprezzarlo ma per poter meglio afferrare le motivazioni che ci sono dietro ai suoi comportamenti. Potrei aiutarlo, se solo volesse…
In fondo non è l’unico ad aver sofferto in passato. Io ho perso mia madre… la persona che amavo, colei che era costantemente al centro della mia vita. Ancora oggi non mi soffermo a pensarci troppo, la ferita, seppur abbastanza longeva, non si è mai del tutto rimarginata, anzi, a volte la sento ancora pulsare dolorosamente, sanguinante.
Non voglio minimamente paragonare il mio passato a quello di Sousuke, non pretendo di sapere tutto quello che gli è accaduto ma posso anche immaginare, rabbrividendo, l’orrore del suo vissuto. Vorrei solo fargli comprendere che se mi permettesse di sapere qualcosa in più su di lui forse potrei in qualche modo… aiutarlo a superare le sue difficoltà.
So anch’io cos’è il dolore e sono abbastanza ragionevole da aver capito che Sousuke ne ha conosciuto fin troppo, anche se non me ne ha mai parlato. Appunto odia tutto quello che indaga sul privato di una persona…
Il suono della campanella mi fa sobbalzare sulla sedia.
Mi accorgo che tutti stanno raccogliendo le proprie cose, riponendole nella cartella mentre parlottano a mezza voce.
Le lezioni sono finite… bene.
Oh no. Volevo dire male…
Durante la lezione potevo concedermi il lusso di pensare liberamente ed indisturbata mentre ora devo ricominciare a recitare il mio ruolo da perfetta oca. Come se non bastasse devo anche invitare Kyoko, Kazama, Sousuke e gli altri per non ritrovarmi veramente da sola con Ono-D al karaoke.
Stress.
“Kyoko!” mi affretto a dire quando lei mi passa accanto.
“Sì?"
“Mi chiedevo… ti va di venire al karaoke stasera? L’invito è valido anche per te, Kazama”
aggiungo quando noto che il ragazzo ci sta guardando incuriosito.
“Oh… bè… ok!” risponde lui ancora disorientato dal mio comportamento di prima.
“E chi altro verrebbe con noi?” mi domanda Kyoko sospettosa.
“Uhmm… i soliti credo” le rispondo distratta… Sousuke sta uscendo dall’aula in fretta, senza incrociare lo sguardo di nessuno.
Cielo, come farei ad invitarlo se se ne andasse? Non mi va proprio di telefonargli apposta, gli darei troppa importanza…
“Kyoko… ti dispiacerebbe dirlo a Sousuke? Io intanto vado a trovare gli altri…”
“Puoi anche scordartelo, con Sousuke ci parli tu. Non mi sembra garbato da parte tua tenergli il broncio per quello che è accaduto”
mi rimprovera incrociando le braccia al petto ed assumendo un cipiglio irremovibile.
“M-ma… io non sono arrabbiata con lui! Oh Kyoko, per favore! Devo dirlo agli altri e non ho molto tempo… ti prego!!” la imploro ignorando i suoi continui cenni di dissenso e sfoderando il mio faccino zuccheroso.
“Mhh… va bene! D’accordo, glielo dico io! Ma tu promettimi di parlargli” dice esasperata portando gli occhi al cielo.
“Ci ho già parlato! Non ti preoccupare Kyoko, va tutto bene. Ci siamo riappacificati” la tranquillizzo ridendo.
Riappacificati… non sono sicura che sia il termine esatto.
Lei mi guarda sottecchi.
“Sul serio?” mi interroga inarcando il sopracciglio.
“Certo! Allora io vado, ok? Tu dillo a Sousuke… ti chiamo più tardi per dirti esattamente il luogo!”  esco velocemente dalla classe per evitare altre fastidiose domande.
Spero di riuscire ad inscenare bene la mia parte anche questo pomeriggio. D’altronde, libera dai vincoli scolastici posso aumentare la dose di stupidità e “ocaggine” rimarcando ben bene tutti i comportamenti da perfetta gatta morta.
Mi avvio assorta tra i corridoi del liceo quando il mio sguardo viene magneticamente attratto da dei lunghi capelli smeraldini raccolti in una bassa coda…
Tombola!

                                            

 Sousuke’s pov

 
Confuso?
Fin troppo, anche…
Arrabbiato?
Sì, con me stesso.
Vigliacco?
Purtroppo mi sto avvicinando pericolosamente anche alla codardia.
È tutto un gran bel problema. La mia esistenza sta diventando un problema… probabilmente Kaname ha ragione a voler porvi fine gettandomi dalla Tokyo Tower.
Sto diventando patetico. Stupido. Debole. Pavido.
Sto iniziando a scivolare lentamente ed incessantemente in un baratro di odio e solitudine.
Sono bloccato in un limbo di tensione e confusione che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, mi tiene saldamente ancorato alla realtà, permettendomi di comprenderla appieno, di assaporarla in tutte le sue mille mutevoli sfaccettature, di presagire con estrema esattezza gli effetti delle mie decisioni e di soppesare scrupolosamente il valore della mia felicità paragonandolo alla sua.
Forse non sono mai stato più vicino a sentirmi vivo che in questo momento. Sto provando a lasciar correre libera la mia mente, completamente senza controllo. Assurdo.
Mi è estremamente difficile farlo ma ci sto provando. Seppur per pochi attimi, voglio evadere da quell’asfissiante casta di sistemi, responsabilità, ordini e doveri.
È Incredibile.
Sto male… eppure sono felice.
Felice d’aver scoperto di essere vivo, di poter palesare tutto quello che le persone comuni provano, felice di sentirmi infelice poiché questo dimostra che sono umano. E non è scontato, dato che per un periodo sono arrivato a perfino a dubitarne.
Da troppo poco tempo ho iniziato a provare forti emozioni e questo mi ha spaventato a tal punto che ho sempre cercato di neutralizzarle. Almeno fino a pochi minuti fa.
Poi ho finalmente deciso di concedermi il lusso di togliere il filtro dai miei pensieri, smettendo di censurarli.
È incredibile.
So che non potrà durare a lungo, tra poco mi darò del pazzo incosciente per aver fatto una cosa del genere ma per ora voglio solo godermi questa fantastica sensazione, seppur mi fa star male. Ho fatto tutto ciò per cercar di mettere ordine nella mia testa, provando a dare il giusto valore alle giuste cose.
Niente da fare, sono più confuso di prima… mettendo da parte un unico concetto che mi è ben chiaro.
La voglio.
Ecco, tra un po’ mi odierò per averlo ripensato ma ora non posso concedermelo, non ho il tempo per biasimarmi,  adesso è giunto il momento di essere schietti e sinceri per fare le giuste scelte.
Il suo valore è l’unica cosa ben chiara nella mia mente, tutto il resto è caos assoluto.
La verità è che vorrei veramente stare con lei e che il solo averla vista parlare e scherzare con altri ragazzi mi ha mandato in tilt.
Geloso.
Credo che sia questo il termine. Essere geloso, io…  chi l’avrebbe mai detto?
Ora sto pensando che forse potrei averla, che io in fondo non “devo” niente, che potrei benissimo decidere di starle vicino, per poi preoccuparmi solo in seguito di ciò che sarà.
Quando rintrodurrò il mio personalissimo filtro penserò che sono solo uno sciocco, che così facendo complicherei le cose a tutti e due e che sono e rimango comunque un Sergente della Mithril. Non posso concedermi questo tipo di capricci.
Mi raddrizzo un po’ con le spalle, la schiena mi duole a causa della scomoda posizione in cui mi trovo. Sono nel mio appartamento, seduto a terra appoggiato contro il muro, gli occhi chiusi per concentrarmi meglio ed il respiro lento e regolare per evitare di andare totalmente nel panico.
Kyoko mi ha chiamato per invitarmi al karaoke questo pomeriggio. Non avevo minimamente intenzione di andarci ma poi Kurz ha sentito quello che dicevo ed ha insistito talmente tanto che alla fine mi ha costretto ad accettare guadagnandosi così un pugno nello stomaco da Mao e un’occhiata assassina da parte mia. Come se non bastasse si è anche auto-invitato.  Pazzesco…
Sinceramente ho trovato molto strano il fatto che sia stata Kyoko ad avvertirmi, poi però mi sono ricordato dello strambo comportamento di Kaname a scuola. Probabilmente non vuole parlarmi ma non credo che sia ancora per l’incidente con il chicco di riso.
Forse si sente in imbarazzo per l’inconsueta domanda che le ho posto quest’oggi… se lei è in imbarazzo, figuriamoci quanto lo sono io.
Non le avrei mai chiesto una cosa del genere se non fossi stato tanto confuso… ma cosa potevo fare?
Volevo almeno una risposta, volevo che mi dicesse: “Sì, sono felicissima” per auto-convincermi a lasciarla andare, a prendere la dolorosa, ma giusta, scelta. Così non è stato.
“Non come vorrei”
Cosa vuol dire? Cos’è esattamente che non le permette di essere completamente appagata?
È la risposta a quest’ultima domanda che mi sta facendo impazzire da ben tre ore.
La parte più egoistica di me vorrebbe che fossi io l’oggetto  del suo desiderio; il mio animo altruistico, invece, si rifiuta anche solo di pensare una cosa simile.
L’amore è egoismo?
So che non dovrebbe essere così… il mio modo di pensare dimostra soltanto quanto io sia sbagliato per lei.
Merda… quanto mi è difficile mettere a tacere il mio riserbo.
E se guardassi il problema da una prospettiva diversa? Se non fosse più una questione di egoismo ed altruismo ma solo un diverbio tra istinto e razionalità?
Non ho mai seguito l’istinto, tranne forse quello di sopravvivenza ma ho limato anche quest’ultimo facendone un connubio tra lucidità e sangue freddo. Ciò che ho imparato in tutti questi anni di guerra mi ha fatto capire che l’istinto, in realtà, serve a poco da solo. Una persona istintiva, in battaglia, cade subito. Le azioni di un soggetto impulsivo, infatti, sono talmente prevedibili e scontate che ti esortano ad eliminarlo senza indugio, con prontezza e facilità.
In questo caso l’istinto (di cui non mi fido molto) mi dice di andare da lei. Ora.
Ed è qui che entra in gioco la razionalità, che ti porta a riflettere minuziosamente. La ragione ti aiuta a vincere, a celare i tuoi punti deboli ma a comprendere quegli degli altri. L’istinto, senza ragione, non servirebbe a nulla, neanche, o forse a malapena, a sopravvivere. La ragionevolezza ti apre gli occhi ed attiva il cervello, fredda e calcolatrice valuta silenziosamente tutte le possibilità di vittoria o di sconfitta, istigando alla lotta o esortando a una remissiva ritirata. Per questo la ragione è anche paura. La saggia paura che ti impedisce d’andare incontro ad una triste e dolorosa fine. La saggia paura che costantemente ti rammenta di evitare il dolore, sia fisico che morale. Senza dubbio affrontare Kaname mi provocherebbe ulteriore sofferenza ed al contempo sarei agghiacciato dalla prospettiva di poter stare al suo fianco più del consentito.
Quello che provo assomiglia tanto ad uno spiacevole incontro tra passionale desiderio e paura atroce.
Non avrei timore di una pistola puntata alla tempia ma mi spaventerebbe sentire Kaname così vicina a me.
Sono letteralmente terrorizzato da tutte queste nuove sensazioni da non aver neanche il coraggio di andare a parlare.
Giro e rigiro intorno al problema analizzandolo minuziosamente in ogni modo possibile, ma non riuscendo a risolverlo.
Solo tre cose mi sono chiare adesso:
-Desidero Kaname più di quanto potessi immaginare.
-Sarei pronto ad affrontare in seguito le conseguenze delle mie scelte cogliendo adesso, seppur con non poche remore, l’opportunità di farla mia.
-Non dirò mai niente di tutto ciò a lei.
Ed è perfetto… il punto tre mi riporta all’inizio del problema. Sono solo un codardo ed un vigliacco. Nulla di più… ho imparato, a mie spese, che il vero coraggio non viene dimostrato in guerra.
“Sembri morto, aspetta, forse lo sei…”
I miei occhi si spostano lentamente verso Kurz che si avvicina ghignando con un coltello da cucina nella mano destra, impugnandolo come se fosse un kunai.
Si china dinanzi a me, inclinando di lato la testa con sguardo ebete.
Accade tutto molto velocemente.
D’un tratto Kurz fa scattare il braccio cercando di avvicinare il coltello alla mia gola, lo blocco subito, stroncando sul nascere la sua azione offensiva afferrandogli il polso e torcendoglielo dietro la schiena, lasciando che il coltello cada sul pavimento. Mi scaravento su di lui costringendolo a cadere a pancia in giù, con il braccio bloccato dietro la schiena.
Che diavolo…

Nota dell'autrice: Ancora non ci credo, mi devo riprendere. Sto pubblicando questo capitolo... lo sto facendo davvero... wow! Un bell'applauso per me che sono finalmente riuscita ad aggiornare! ^^
Ehm... lo so, lo so, pensavate che fossi morta ed invece eccomi qui per tormentarvi con questa storia che sta decisamente prendendo una piega pesante (soprattutto questo capitolo è un sonnifero, lo riconosco). Prometto che nel prossimo cappy ci sarà più azione rispetto a questo mortorio... 
Un graaaaaaazie speciale va al mio neo revisore (mio fratello ù.ù) il quale ha corretto questo capitolo e ha promesso che lo farà anche con i prossimi onde evitare il ripetersi di madornali errori che ho già disseminato in questi pochi capitoli (magari ve ne siete accorti da soli... ma per colpa di una mia distrazione ho... ucciso Sousuke!! Ebbene sì... lo ammetto. Invece di un colpo d'harisen il nostro Sergente ha ricevuto un bel colpo di shuriken che avrebbe dovuto metterlo KO). 
MEA CULPA!! Mi do già da sola della cretina per le tutte le sviste commesse (che vanno dagli errori di battitura agli errori di trascrizione dei nomi: "Writh" l'ho trasformato in "Wright" come "Phoenix Wright"  -_-"). 
Vabbè, tralasciamo... "stendiamo un  velo pietoso" sulla mia sbadata persona... cercherò di essere più attenta! XD
Ritornando un attimo al capitolo precedente, ricordando che il giorno in cui l'ho pubblicato ero talmente imbambolata da non poter effettuare pensieri coerenti, volevo precisare che era stato Writh a puntare il laser contro Kaname e che quindi Sousuke, come al solito, aveva ragione e non aveva le allucinazioni.
Bene... direi che forse è tutto. Mhhh... sì credo di aver concluso. Ah! Colgo l'occasione per ringraziare chi ha aggiunto questa storia tra le seguite o le preferite mandando a tutti un caloroso abbraccio e rammentando che le recensioni vengono sempre apprezzate! 

meli_mao: Ehm... carissima, ti prego di perdonare la mia sbadataggine! Sono proprio incorreggibile... e dire che questa volta avevo cercato il termine "whispered" e comunque l'ho scritto male. A volte il mio collegamento cervello/mani si interrompe producendo questi risultati. Sorry! Passando ad altro... O.o  non posso credere che ti sia piaciuto quel capitolo. Ok, schifo schifo non fa ma... non so... c'era qualcosa che stonava. Non è falsa modestia visto che io ho effettivamente dei capitoli che rileggo e mi compiaccio con me stessa ma... l'otto proprio non rientra! Però c'è da dire che io non sono molto imparziale... Ti ringrazio comunque dei complimenti che mi hai fatto! Baci! :)

Ja ne!

  
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