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Autore: Lales    09/07/2010    10 recensioni
Perché proprio mio fratello? Perché? Tra tutti gli uomini del pianeta Terra tu hai scelto quello scemo di Tom? Dimmelo amica mia perché probabilmente siamo ancora in tempo per salvarti dall'oblio, dalla disperazione, dalle tenebre dell'inferno e da tutto ciò che comporta innamorarsi di Tom Kaulitz.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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20.

L'ennesima partenza, ma non sentiva più quella tristezza dentro di lei, ormai era abituata. Quella volta però un po' di malinconia c'era, portata anche dalla consapevolezza che non sarebbero più stati tanto intorno a lei dopo l'uscita del CD. Quei mesi insieme erano volati, e si erano divertiti come sempre, ma era arrivato il momento di tornare con i piedi per terra e di ricominciare a vivere con loro solo quei pezzetti di pausa che gli permettevano di tornare a casa.
Che hai? - Tom chiuse la valigia facendo scattare la chiusura ed aggiungendola alle altre cinque già posate sul pavimento. La sera prima della partenza era sempre difficile quando doveva andare via da lei.
- Pensavo... - rispose la bionda poggiando le mani sul materasso – che non mi chiami più Greis... -
Lui sorrise e si sedette vicino a lei – È da tanto che non ti chiamo in quel modo... -
- Perché hai smesso? -
- Non mi ricordo perché ho smesso, è successo è basta – alzò le spalle e si girò a fissarla, era stranamente pensierosa quella volta, ed anche lui, avrebbe voluto dirgli tutto quello che provava per lei. Ci aveva pensato troppe volte a come sarebbe stato quel momento, anche se era convinto che avrebbe continuato a fare finta di niente su quelli che erano i suoi sentimenti ancora per moltissimo tempo.
Preferiva tutto quel dolore piuttosto che essere rifiutato da lei ed essere veramente cosciente del fatto che l'amicizia era l'unica cosa a cui poteva veramente ambire.
Greta sospirò chiudendo gli occhi, per poi poggiare la testa contro la sua spalla – È solo un mese no? - gli disse cambiando discorso.
- Sì, è solo un mese... -
- Passerà veloce -
- Come sempre -
- Ti avevo preso le M&M's blu... - mormorò girandosi a prendere la sua borsa.
- Grazie... -
- Sì ma me le sono mangiate tutte – disse mostrandogli il sacchetto vuoto.
Tom sorrise e si alzò in piedi di fronte a lei aprendo le braccia – È il momento dell'abbraccio di rito... - sospirò spostando la testa di lato.
Greta lasciò la borsa sul letto ridendo si avvicinò e lo strinse forte, con quanta forza aveva in corpo, e si senti stringere nello stesso modo, anzi, le sembrò per un momento che lui non volesse lasciarla andare via.
- Mi mancherai... - mormorò Tom al suo orecchio.
E fu in quel preciso istante, che il cuore di Greta si precipitò in gola e cominciò a battere fortissimo, e lo stomaco piano piano si chiudeva in un nodo.
E fu in quel preciso istante che capì che quello non era affetto.
Quello era solo amore.


Otto Kerner era sempre stato un uomo dalle vedute aperte, anzi, diciamo pure un padre moderno.
Crescere da solo la propria bambina non era stato affatto facile, né per lui tanto meno per Greta che non aveva potuto contare sulla figura femminile che una bambina ricerca nella madre.
Era sempre stato grato a Simone per l'aiuto che gli aveva dato quando sua figlia aveva avuto i classici problemi da ragazza, dall'arrivo delle mestruazioni, al cuore infranto per una cotta adolescenziale all'averle insegnato a cucinare qualcosa che non erano i piatti surgelati che riportava lui dal supermercato. In particolar modo era contento del fatto che sua figlia fosse cresciuta bene, con quell'amicizia così stretta con quei due bambini che all'inizio faceva fatica anche a distinguere.
Si era sempre fidato ciecamente dei gemelli, ovunque ci fossero loro si sentiva tranquillo, e quando c'era qualcosa che non li includeva, faceva in modo che venissero inclusi in modo che anche sua figlia si sentisse più tranquilla.
Ovviamente immaginava che prima o poi, quando sarebbero diventati grandi, sarebbe successo qualcosa di più tra sua figlia ed uno dei due gemelli, era scritto, anzi, lui e Simone ne parlavano spesso quando erano ancora ragazzini e li vedevano giocare insieme. Ed il fatto che Tom si preoccupasse spesso di dedicarle attenzioni come farla cadere, farla piangere, ma anche proteggerla da chi provava a farla cadere e farla piangere, gli faceva apparire le cose molto più chiare.
Quando venne a sapere dalla figlia che dopo tanti anni era successo qualcosa di più tra i due, era stato contento, certo, sperava che non la facesse soffrire, con la vita che faceva era molto facile per lui cadere in tentazione. Ma conosceva molto bene anche il carattere di Greta, e sapeva che non si sarebbe fatta sopraffare da una situazione più grande di lei.
Quando poi la vide con la valigia sull'uscio di casa, con la faccia nera di rabbia che gli diceva convinta mentre lo abbracciava “Tom mi ha messo incinta, vado in camera mia” per poi scomparire al piano di sopra, si convinse che era proprio il padre del secolo.

Quei dieci giorni erano stati un vero inferno, la notte non dormiva, continuava a parlare e parlare con il fratello per cercare di venire a capo di quella situazione, e gli sembrava che più lui e Bill parlassero più tutto nella sua testa si aggrovigliava. Durante i concerti riusciva a non pensarci, ma appena le luci si spegnevano e tornava nel camerino, controllava sempre il cellulare per vedere se Greta aveva chiamato. In dieci giorni solo due messaggi e nessuna telefonata; per quanto stesse cercando di capire in tutti i modi la situazione e di mettersi nei suoi panni, non riusciva a farsi entrare in testa il perché lo volesse far impazzire non dando nessun tipo di segno di vita.
Poi un giorno decise di cambiare interlocutore, e di cambiare prospettiva, magari vederlo da un punto di vista femminile avrebbe aiutato il suo cervello a capire perché Greta se ne era andata via lasciandolo con più domande che altro; così riunì Natalie e Michelle e raccontò tutto.
Tralasciando le grida di gioia delle due, specialmente dalla truccatrice che lo spupazzò come un peluche appena saputa la notizia, riuscì a metterle in riga e a farsi spiegare alcuni concetti poco chiari.
Era venuto a capo del fatto che Greta aveva reagito così per paura, perché non sapeva cosa doveva fare, ed il voler stare da sola non significava che non aveva bisogno di lui, anzi, in quel momento più che mai doveva starle a fianco, e il non volerlo sentire non doveva prenderlo come un segno negativo, ma piuttosto come un indizio a cercarla.
In pratica, non aveva capito niente. O meglio, una cosa l'aveva capita, le donne erano tutte pazze, in particolar modo quelle incinte.
Appena atterrato da Bruxelles si fece accompagnare di corsa a casa, lasciò le valigie sull'uscio prese le chiavi della macchina, salutò Bill con un “non so se torno” e si mise in viaggio verso Loitsche.
Non tornava in quel posto da anni, ed era felice della cosa; odiava quel paesino. Odiava la strada che doveva fare ogni giorno per andare a scuola, odiava quelle casette oscene ed odiava l'aria di campagna che si respirava. L'unica cosa che non odiava di Loitsche erano i ricordi belli, quelli che avevano vissuto quando erano piccoli, quelli davvero importanti.
Si fermò davanti casa di Greta e spense il motore, prima di scendere si guardò per un attimo il palmo della mano, e fissò la cicatrice, poi alzò gli occhi verso i campi davanti all'abitazione e vide l'albero solitario in cui si andavano ad arrampicare d'estate. Era ancora lì, uguale, dopo tutti quegli anni.
Prese coraggio e scese dalla macchina; non notò niente di nuovo, tutto era esattamente uguale a come se lo ricordava, e la cosa gli piacque per un istante, era tutto così familiare.
Senza pensarci un attimo arrivò davanti alla porta e suonò il campanello... probabilmente doveva essere la brutta copia di se stesso, era davvero stanco per i viaggi e gli spostamenti e tutto quanto, ma quello era l'unico posto dove doveva e voleva stare: dove c'era anche Greta.
Tom – esclamò sorpreso il padre della ragazza vedendolo sull'uscio di casa – che ci fai qui? -
- Salve signor Kerner... – rispose lui cercando di sorridere, mentre l'uomo gli faceva segno di entrare dentro. Chiuse la porta e lo osservò compunto, Tom si aspettava un cazzotto sulla faccia, invece il padre di Greta sorrise bonario ed allargò le braccia – Come sei cresciuto ragazzo mio, – disse abbracciandolo stretto e dandogli due energiche pacche sulla schiena – non ti ricordavo così alto -
- Saranno anni che non ci vediamo – rispose lui imbarazzato continuando ad aspettarsi comunque un cazzotto in piena faccia. D'altronde era stato colui che aveva osato profanare sua figlia, se fosse stato in lui l'avrebbe massacrato di pugni.
- Beh, come hai notato qui non è cambiato niente... -
- È tutto molto familiare – commentò lui entrando in cucina e ricordandosi per un istante tutte le volte che si erano rincorsi per quelle stanze.
- Lo so perché sei qui – rispose l'uomo cambiando discorso ed assumendo uno sguardo alquanto serio, incrociò le braccia, e Tom chiuse gli occhi stavolta sicuro del pugno di faccia.
- Sono così felice di diventare nonno! - esclamò alla fine scoppiando a ridere – Davvero, quando me l'ha detto mi è venuto un infarto, però avere un nipotino scalpitante per casa è sempre stato un mio desiderio –
Tom annuì mordendosi le labbra e cercando di capire dove fosse Greta, al momento aveva urgente bisogno di parlare con lei, e doveva dirglielo a costo di sembrare scortese.
- Ma Greta? - chiese perplesso – Non c'è...? -
- Oh sì che c'è! – rispose il signor Kerner andandogli vicino e mettendogli una mano sulla spalla, scortandolo verso la porta della cucina che dava sul retro del giardino.
Spostò un po' la tendina che copriva il vetro e la indicò.
- È seduta sull'altalena, vedi? - chiese l'uomo – È sempre seduta lì, oppure va a fare delle lunghe passeggiate dalla mattina e torna la sera, non ho la minima idea di dove vada, però è molto triste... -
- Mi ha detto che doveva pensare... -
- Queste donne, sempre a pensare, eh? - sorrise l'uomo facendogli l'occhiolino e aprendo la porta – Comunque, credo ti stia aspettando -
Tom annuì ed uscì fuori, camminando sull'erba secca e avvicinandosi piano alle altalene, dove Greta si dondolava piano di spalle. Era di nuovo bionda, era di nuovo la vecchia Greis, ma nonostante quello, aveva paura di parlarle e di quello che le avrebbe potuto dire.
In silenzio fece il giro della struttura di ferro e si sedette sull'altalena libera, al fianco della ragazza. Era lei, triste e pensierosa, con una sua maglia nera decisamente troppo larga per lei che le arrivava alle ginocchia, e le gambe nude, che si dondolava piano sentendo la catena arrugginita che cigolava ad ogni movimento.
Non disse niente neanche lui, voleva solo stringerla forte e dirle che andava bene qualsiasi cosa avrebbe deciso di fare, che non voleva più rimanere da solo, e tante altre cose così schifosamente romantiche che non sapeva neanche come avesse fatto a pensarle.
Greta si accorse dell'arrivo di Tom, in un certo senso aspettava quel momento da una settimana ed ora averlo vicino la tranquillizzava, ma al contempo iniziò a sentire il cuore battere all'impazzata, senza senso.
- Ti ricordi – sussurrò – quando venivamo qui e tu e Bill litigavate sempre per l'altro posto sull'altalena...? -
- Sì che me lo ricordo... vinceva sempre lui -
- Già... vinceva sempre lui – sorrise piano scuotendo la testa e tornando al silenzio iniziale.
Ogni tanto volava una mosca vicino a loro e Tom ne sentiva il ronzio, oppure si sentivano gli uccellini cantare e di nuovo l'altalena che cigolava.
- Come stai? - chiese la ragazza continuando a non spostare lo sguardo dal punto che fissava di fronte a lei.
- Male – mormorò Tom – sto male... -
- Anche io – rispose piano prendendo a mordersi le guance per evitare di piangere.
- Mi sei mancata Greis – sospirò abbassando lo sguardo, non sapendo se poteva avvicinarsi e toccarla o se doveva rimanere lì a fissarla.
- Anche tu... – annuì piano – Come sono andati i concerti? -
- Non bene quanto avrei voluto... -
- Perché? -
- Perché non c'eri -
Greta alzò il viso al cielo tirando su con il naso; Tom vide una lacrima scenderle sulla tempia, e rimase immobile a guardarle il profilo.
- Se... se portassi a termine la gravidanza, non potrei più venire con te, lo sai? -
- Perché no? -
- Perché ci sarebbe un bambino da seguire, e come fai a portarlo in giro città dopo città... è impossibile -
- Una soluzione si troverebbe comunque... ma è questa la tua scelta? Non lo vuoi? -
La ragazza serrò le labbra e abbassò di nuovo lo sguardo verso il prato, i capelli le coprivano il viso e Tom poteva sentire solo il suono della sua voce.
- Tu cosa vuoi? - gli chiese impercettibilmente.
- Io? Non era una tua scelta? -
- Split – disse lei girando il viso d'istinto e lui appena incontrò i suoi occhi così rossi di pianto che lo spaventarono quasi, si sentì morire – mi dispiace -
- Di cosa? -
- Di averti escluso così – rispose asciugandosi le lacrime con il dorso delle mani – non dovevo -
- Non importa -
- Tu sei sempre così comprensivo, ma non è giusto... -
- Ehi – Tom si alzò di scatto e le andò avanti, prendendole una mano e facendola alzare dall'altalena. Greta lo strinse subito poggiando la fronte sul suo petto, mentre lui le accarezzava la testa con entrambe le mani e le portava i capelli via dal viso.
- Io voglio questo bambino Greis, è nostro, è una cosa che abbiamo fatto io e te, e non voglio che tu pensi di abortire solo per farmi un piacere o perché sarebbe più facile. Non sarebbe più facile, per niente. Io voglio che tu sia felice, e questa decisione non ti rende felice. Anche se siamo giovani, anche se la mia vita è particolare ed anche se non ti posso giurare che sarà tutto in discesa, io sarò sempre pronto a proteggerti, ma qui la domanda che ti devi fare è una sola... -
- Quale? -
- Vuoi essere trascinata via con me? Qualsiasi cosa accada? Se vado giù io vieni giù anche tu... -
- Tomi, non sto capendo niente -
Ed era proprio quello che stava succedendo. Quelle erano esattamente le parole che aveva bisogno di sentirsi dire da lui, quello che stava aspettando, e non riusciva a crederci.
- Io voglio vivere tutta la mia vita con te perché io e te siamo io e te, Split e Greis, per sempre, l'abbiamo sempre detto, ed avere un figlio adesso o tra due anni, o tra cinque, cosa cambierebbe? Io ti amo oggi e ti amerò tra due, cinque o trent'anni, hai capito? -
- Sì – cercò di sorridere lei mentre piangeva in silenzio.
- Quindi adesso basta con i drammi, basta con le fughe e torniamo a casa, diciamolo a tutti e vaffanculo! -
- Tom – sospirò lei staccandosi leggermente e guardandolo negli occhi – anche se questo era esattamente quello che volevo sentirmi dire, tu ne sei sicuro? Insomma, è una cosa grande... e poi cosa succederà quando si verrà a sapere? -
- Non ti succederà niente... -
- Guarda qui... - gli disse indicandogli i palmi rimarginati con le ferite di quel giorno in cui aveva avuto lo scontro con quelle fans – queste se ne andranno, ma quello che è successo mi ha ferito molto più profondamente, qui... - disse indicandosi il petto – ho paura per me adesso, e... -
- Niente e... sto facendo di tutto per trovarle e da oggi in poi non sarai mai da sola, cambierai casa e andremo avanti come abbiamo sempre fatto -
- Ed è giusto secondo te che io debba affrontare una cosa così? Solo perché ti amo... -
- Ti devi fidare di me -
- Io mi fido di te Tom, non mi fido del tuo mondo! Io odio l'altro te... l'ho sempre odiato. Quello spocchioso che si vantava di quante donne si era portato a letto l'ho sempre detestato, perché non eri tu -
- Infatti non sono io! -
- Però fa parte di te... e le persone pensano che tu sia così, altrimenti perché pensi che mi abbiano trattato in quel modo? -
- Non lo so perché, e mi sento una merda ogni giorno per aver portato quello schifo nella tua vita, ma io ho bisogno di te cazzo, sarò egoista, ma ho bisogno di te -
- E poi ci saranno di nuovo tour, viaggi, promozioni... io non lo so se ce la faccio... -
- Ci siamo presi un periodo di fermo... - disse all'improvviso spostando lo sguardo dalla ragazza – la sera dell'incidente stavamo venendo a dirti proprio quello, quando siamo andati a Berlino è stato per mettere in chiaro che fino all'anno prossimo non vogliamo saperne di interviste e promozioni... -
- Che cosa? - chiese confusa.
-  Abbiamo usato come scusa quella del nuovo album, ma fondamentalmente è per staccarci da tutto e soprattutto per me e per te, per essere normali -
- Non saremo mai normali io e te, non potremmo neanche se lo volessimo -
- Io invece sì, lo voglio, voglio essere normale -
- Cosa ci sta succedendo? - domandò lei tristemente – Da quando abbiamo tutti questi problemi? Da quando Tom? -
- Greis, guardami – le disse alzandole il viso – Io non ti lascio da sola, te lo giuro su Bill, qualsiasi cosa succederà starò sempre con te, sempre... ti prego, credimi -
La ragazza aggrottò la fronte pensierosa e strizzò gli occhi in una smorfia di dolore posando di nuovo il viso sul suo petto, era così difficile.
- Ce la facciamo solo se rimaniamo uniti, noi e basta -
Greta fece per dire qualcosa ma Tom la interruppe.
- Se mi dici che ci dobbiamo ancora pensare ti faccio chiamare da un Bill in ansia e ti lascio al telefono con lui fino a quando non torniamo a casa -
- No, no... - scosse la testa energicamente – Bill no, ti prego, adesso mi sarebbe letale -
- Abbiamo pensato fin troppo a questa cosa, io ci ho messo un po' a capirlo, ma ora lo so cosa devo fare, tu lo sai? -
Greta serrò le labbra e si risedette sull'altalena indicandogli quella libera con la testa.
- Vediamo chi arriva più in alto? -
- Basta che tu vai piano, ok? -
- Vorrà dire che mi farai vincere – constatò lei spostandolo e spingendolo con le gambe verso l'altra altalena.
Tom sbuffò e si girò per ritornare sull'altalena libera, ma appena fu di spalle vide due braccia che lo afferrarono in vita e sentì la testa di Greta tra le scapole.
- Split – mormorò lei.
- Dimmi -
- D'ora in poi non saremo più io e te, lo sai? -
- In che senso? - si preoccupò girandosi.
- A costo di sembrare patetica e da film romantico di serie B – rispose mettendosi una mano sulla pancia piatta – D'ora in poi saremo io, tu... e lui, o lei -
- Ma lo sai che al momento non me ne frega niente se siamo stati così mielosi da fare schifo? -
- A te no? A me sì Split! Queste cose mi fanno star male... -
- Lo so, anche a me – rispose lui sorridendo e sporgendo le labbra in avanti per darle un bacio.
- Però una volta ogni tanto si può fare... -
- Sì... -
Greta si alzò sulle punte e lo abbracciò, affondando il viso sul suo collo e sentendosi sollevare da terra. In un momento tutti i dubbi e le preoccupazioni, tutta l'ansia accumulata e la paura di dover dire addio a quello che aveva dentro di lei, erano svaniti. Con il passare dei giorni in cui era tornata a casa si era maledetta per averlo mandato via e per avergli detto quelle cose. Era una parte essenziale di lei, e quando non c'era si sentiva a metà.
- Adesso andiamo dentro, fai la valigia e torniamo a casa – disse Tom prendendola definitivamente in braccio e tornando verso la porta della cucina.
- Lo sai che mio padre è impazzito? - chiese la ragazza stupita – Ha detto che lo dobbiamo chiamare come lui se è un maschio... -
- Oddio – sgranò gli occhi Tom – Con tutto il rispetto del mondo per tuo padre ma non chiamerò mai mio figlio Otto... -
Poi si fermò e Greta gli puntò un dito sul petto iniziando a ridere e a puntellarlo con l'indice – Che cosa hai detto Kaulitz? Hai detto “mio figlio”? -
- Greis non cominciare a prendermi in giro -
- Ma io devo prenderti in giro, perché ti ricordo che non ho ancora festeggiato il mio compleanno... -
- Recupereremo anche quello... -
Arrivati davanti alla porta, la posò per terra e lei mise una mano sulla maniglia ridendo.
- Ich bin nicht ich wenn du nicht bei mir bist... - canticchiò, prima di sentirlo ridere di cuore e di rientrare dentro casa.

Non avrebbero mai potuto spezzarsi, qualunque cosa fosse successa l'avrebbero combattuta insieme. Il loro non era semplice amore, perché non bastava solo quello per stare con una persona. Era complicità, comprensione, lo svegliarsi la mattina e prendersi in giro a vicenda sulla faccia dell'altro, era lasciare l'ultima pezzo di torta di mele, era comprare le M&M's blu quando finivano, era rompere una corda della chitarra e nasconderlo all'interessato facendo finta di niente, era perdersi nel suo profilo mentre leggeva, era rimboccargli le coperte d'inverno ed asciugarle la fronte d'estate, era litigare per una cosa stupida, e fare l'amore sulla spiaggia, era nascondergli le cose a posta, era prenderla in giro quando cucinava, era dirgli che non sapeva guidare, era ridersi in faccia per cose che capivano solo loro, e che nessun altro mai avrebbe potuto comprendere. Perché come loro non c'era nessun altro.



_____



Ciao Bill,
ho pensato tanto a come iniziare questa mail, ma non riesco davvero a trovare il modo migliore per iniziare a scrivere quello che sto per dirti.
Mi dispiace di essere sparita così, mi dispiace di aver creduto anche solo per un momento che tra di noi ci poteva essere qualcosa, mi dispiace di tante cose che sono successe, ma tu probabilmente neanche lo sai.
Pensavo che fossimo diversi, ma sbagliavo su molti fronti. Io e te ci somigliamo sotto diversi punti di vista, forse era per quello che stavamo bene insieme, nonostante si dica che gli opposti si attraggono.
Io stavo bene con te, davvero,  mi portavi in un altro modo quando eravamo nella stessa stanza ed era un mondo in cui adoravo stare, perché c'eravamo solo io e te e le nostre riflessioni che ci siamo resi conto, nessuno capisce. Ma poi quando tornavamo alla realtà, io ero e sarò sempre Heike, che disegna i fumetti ed ha mille pensieri per la testa, e tu eri e sarai sempre Bill, star internazionale sempre con la valigia sulla porta pronto a viaggiare per il mondo.
Per quanto fossimo simili nel nostro mondo, in quello reale, che conta davvero, siamo agli antipodi ed io credo che non sarei mai riuscita a capire chi sei tu veramente. Ci ho provato a farlo, ma non ce l'ho fatta.
Ho conosciuto una persona meravigliosa ma non ho mai saputo tutto fino in fondo, e tu non hai mai saputo tutto fino in fondo, ed era impossibile che succedesse. Forse mi sto fasciando la testa senza motivo, ma era comunque improponibile continuare ad incontrarsi per caso, quando entrambi eravamo a casa, o stranamente durante un viaggio a Los Angeles. Le nostre vite non sono destinate ad incrociarsi al momento e noi due non possiamo farci niente. Quella notte insieme ci siamo fatti male, quel male che sto sentendo io adesso nel scriverti quello che sto scrivendo, che forse non ti avrei dovuto far sapere se non fosse successo niente.
Non volevo che andasse a finire così tra di noi, forse un giorno ci sarà tempo per noi due, ma ora dobbiamo solo andare avanti con le nostre vite, e cercare di perdonarci a vicenda.
Mi mancherai piccolo Bill...

Heike

Bill si mordicchiò l'indice. Dopo aver letto quella mail era rimasto nel buio della sua stanza ad elaborare una risposta, cercando di mettere nero su bianco quello che pensava. Aveva pensato a diverse rispose, tutte alquanto convincenti ed ora non sapeva quale mandare.

La sincera al 100%.

Ciao Heike,
volevo solo dirti vaffanculo, sto di merda.

B

La sincera non fino infondo.

Ciao Heike,
grazie per avermi concesso una spiegazione, sai, credevo di non meritarmi neanche quella, invece eccola qui. Via mail. Non c'è che dire, almeno è arrivata. Mi dispiace che sia andata a finire così, mi sento usato e gettato come un fazzoletto dopo che ti ci sei soffiata il naso, e ti ringrazio per aver minato alla mia autostima, già abbastanza precaria. Probabilmente ora dovrò vivere ulteriori mesi chiedendomi cosa ho di sbagliato, ed è tutto merito tuo. Grazie, davvero, ti manderò il conto dello psicologo.

B

Il finto indifferente.

Ciao Heike,
perché cosa è successo? Non ti preoccupare, probabilmente hai ragione, non era il momento per noi, se il destino vorrà un giorno avremo il nostro tempo.
Teniamoci in contatto.
Un bacio.

B

Lo stronzo.


Grazie per avermi concesso una spiegazione, sai, credevo di non meritarmi neanche quella, invece eccola qui. Via mail. Non c'è che dire, almeno è arrivata. Non mi aspettavo niente da me e te, assolutamente, siamo stati bene, abbiamo scopato ed è finita là. Pensavi veramente che ci sarebbe potuto essere qualcosa di più tra di noi? Io sono Bill Kaulitz, per l'amor del cielo...
Stammi bene, buona vita.

B

Guardava i quattro prototipi di risposta e si mordeva le labbra, non sapendo quale scegliere. D'altronde ognuna rispecchiava un suo stato d'animo, e dopo dieci giorni che era letteralmente scomparsa nel nulla si era anche stupito di aver trovato una sua e-mail nella posta.
Se l'aspettava che sarebbe finita così, non sarebbe mai riuscito ad essere davvero felice, era una condanna la sua, e ci avrebbe convissuto fino alla sua morte.
In quel momento non gli interessava molto se sarebbe morto tra due anni o tra cinque minuti, viaggiava nel suo limbo di pensieri, aiutati da una buona dose di vecchie pillole che aveva ritrovato per caso nel bagno. Non avrebbe dovuto, ma non pensare era l'imperativo della serata; lasciare andare via il dolore della delusione, lasciare andare via la faccia di Heike, perché si conosceva e lo sapeva che quel dolore l'avrebbe solo tenuto legato a lei per tutto il tempo in cui l'avrebbe provato. Era un masochista, amava chi non poteva avere, si preoccupava di stare male per quello che non avrebbe mai posseduto, perché per il resto, aveva e poteva avere qualsiasi cosa desiderasse.
Invece lei no, sarebbe rimasta dolore nella sua mente, fino a quando le pillole non avrebbero fatto effetto e fino a quando non si sarebbe risvegliato il giorno dopo, quando avrebbe dovuto affrontare tutto da capo.
Cancellò le prime tre opzioni e mandò l'ultima, senza pensarci neanche un istante.
Gli piaceva quella frase e la ripeté a bassa voce, nel buio completo della stanza, illuminato solo dalla luce del portatile.
- Io sono Bill Kaulitz, per l'amor del cielo – disse con tono imperioso, come se lei potesse sentirlo. Poi si immaginò una porta, lui che camminava, la apriva e la sbatteva andando via da lei e dal suo ricordo. Dalle sue labbra sulle sue e dai suoi capelli rossi posati sul suo petto a formare grovigli complicatissimi.
Non trovava nessun sollievo a ripetere quella frase, poi il cuore cominciò a battere più velocemente e la testa iniziò a girare. Non aveva idea di quello che aveva preso, ma ora la preoccupazione per se stesso divenne prioritaria. Accese la luce e barcollando raggiunse la porta della stanza, andò in corridoio e tenendosi contro il muro si trascinò fino alle scale. Vedeva doppio, non era troppo sicuro che stesse calpestando un terreno solido, ma riuscì comunque ad arrivare al piano di sotto, inciampando fortunatamente solo all'ultimo gradino. Si rialzò a fatica e raggiunse la cucina, dove trovò la bottiglia di vodka nel frigo. La prese e si accasciò per terra, scivolando con la schiena contro il nero lucido dell'anta e chiudendo gli occhi. Decise di iniziare a piangere, tanto, era solo lui, il depresso di merda, come lo chiamava Tom.
Prese a bere la bottiglia di vodka che aveva in mano e poggiò la testa dietro di lui. La gola gli bruciò per un istante, poi si accese nervosamente una Lucky Strike blu dal pacchetto che aveva in tasca e rimase lì, a guardare il forno di fronte a lui e a chiedersi cosa aveva fatto di tanto brutto nella sua vita per meritarsi tutto quello? Ingoiò altro alcol e poi si lasciò andare.
Ora sì che non c'era più niente.
Non c'era più Bill.
Non c'era più Heike.
Ma soprattutto, non c'era più nessun tipo di dolore.


____

Ebbene, siamo arrivate alla fine, se state piangendo vi prego, fatelo in silenzio che devo ringraziare, è arrivato il mio momento. XD
Vi ringrazio moltissimo per aver seguito questa storia da novembre, per averla sostenuta, per non averla commentata, per averlo fatto e per esservi appassionate. Sapere che capitolo dopo capitolo vi emozionavate con i protagonisti mi ha sempre fatto un immenso piacere, perché significava che stavo facendo il mio lavoro di scribacchina – dire scrittrice mi sembra esagerato – abbastanza bene.

A nome dei miei neuroni, delle mie dita, e di tutti i protagonisti di questa storia, ringrazio voi, ringrazio chi mi ha sopportato con i miei mille “non lo so, tu che dici?”, ringrazio Tom per essere così dannatamente cuccioloso da fare schifo, Bill per la dose di genio e sregolatezza e Greta perché la amo semplicemente, ringrazio i JR per le musiche, ringrazio la LLS, la mia famiglia, i miei amici, i miei produttori e il management (sognavo di dirlo da una vita), il grande puffo, Sailor Moon, Pete Doherty, l'accendino salvavita, H&M, mio cugino, il vino rosso e l'acqua Vitasnella. Baci sparsi, alla prossima storia.

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