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Autore: Beatrix Bonnie    04/09/2010    9 recensioni
-Seguito de La setta degli Eletti-L'oscuro nome di Reg, la foto di un bambino dai capelli rossi che sembra appartenere al passato, la sua bacchetta magica, la corrispondenza con una ragazza di nome Priscilla e degli strani incidenti che avvengono a Doolin. Che cosa collega tutto questo con un'organizzazione segreta di nome Extraiures e con l'oscuro passato di un professore del Trinity? Sarà la sete di vendetta di una sorella perduta nel tempo a dare finalmente la spiegazione agli assurdi fenomeni che sconvolgeranno il terzo anno di Mairead, Edmund e Laughlin.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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CAPITOLO 1

Il corno di graphorn






Edmund cominciò a tormentare un buco dei pantaloni della divisa scolastica con aria nervosa. Mairead aveva promesso di venire a prenderlo alle nove di quello stesso giorno, ma l'orario dell'appuntamento era già passato da un pezzo e della sua amica non si vedeva nemmeno l'ombra. E se non fosse venuta?

Lui non aveva la più pallida idea di come raggiungere il Palazzo del Ministero della Magia. Eppure alle dieci in punto ci sarebbe stata la cerimonia per la consegna dell'Encomio della Repubblica e lui doveva essere presente. Era stato costretto ad indossare la divisa del Trinity, anche se le maniche cominciavano a diventargli corte, perché non aveva altri vestiti, ad esclusione dei pantaloni e della giacca grigia dell'orfanotrofio, ma quelli erano abiti da Babbani.

«Ma come diavolo ti sei conciato?» gli domandò Shannon, nel vederlo con la divisa verde dei Raloi.

«Non sono affari tuoi» gli rispose con acidità Edmund.

Già la sua divisa non era messa al meglio, visto che era stato costretto a comprarla di seconda mano ormai più di due anni fa, se poi ci si metteva anche Shannon con il suo sarcasmo, Edmund avrebbe anche potuto fargli saltare la testa con qualche incantesimo. Per di più, anche se aveva la prospettiva di passare il resto dell'estate a casa di Mairead, non aveva affatto voglia di rivedere McPride. Gli metteva i brividi quell'uomo.

«Mi fai pena» lo provocò ancora Shannon.

Ma perché caspita non lo lasciava in pace?

Edmund non rispose alla provocazione, ma invece cercò di concentrarsi su un passerotto che saltellava tranquillo in giardino.

«Se stai cercando di metterti elegante per quegli strambi dei tuoi amici, puoi anche evitare, tanto non verrà nessuno a prenderti. Fallito» continuò Shannon, con il preciso intento di provocare una sua reazione.

L'uccellino, fissa l'uccellino. si disse mentalmente Edmund, assumendo un'espressione vacua dovuta alla fissità dello sguardo.

Ma Shannon non demordette. «Allora, non rispondi? Eh, codardo?»

Codardo. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Lui non era un codardo.

Edmund estrasse di tasca la bacchetta magica e gliela puntò contro. Aveva le narici dilatate per la rabbia e ansimava.

Shannon guardò con aria derisoria il bastoncino di legno e poi sghignazzò divertito. «Andiamo, Strambo, dovrei aver paura?»

«Sì, Shannon. Dovresti averne» rispose Edmund fissandolo dritto negli occhi. C'era qualcosa di malvagio nel suo sguardo, qualcosa di malvagio e selvaggio.

E, sì, Shannon ebbe paura.

«Edmund!»

Il suo nome pronunciato in tono di rimprovero da quella voce lo riportò alla realtà.

Il ragazzo abbassò la bacchetta e tornò improvvisamente calmo. Che diavolo gli era saltato in mente? Cosa pensava, voleva farsi espellere dal Trinity per un idiota come Shannon?

«Mairead» sussurrò flebilmente, voltandosi verso la sua amica. Per un attimo la ragazza fece la sostenuta, accusandolo con sguardo di rimprovero, ma la messa in scena non durò a lungo. Pochi secondi dopo gli aveva già gettato le braccia al collo. «Ed, mi sei mancato!»

«Anche tu...» bofonchiò il ragazzino, stritolato dall'abbraccio dell'amica. Quando finalmente Mairead si staccò da lui, Edmund notò che indossava un vestitino colorato che gli ricordava molto quelli della danza tradizionale irlandese. Era stano vedere la sua amica curata nel vestire e pettinata in modo elegante, visto che di solito non si preoccupava troppo del suo aspetto. Doveva essere tutto programmato per la cerimonia dell'Encomio. Solo quando si accorse che stava fissando Mairead da troppo tempo, Edmund distolse lo sguardo da lei e vide Reammon che gli sorrideva con giovialità.

La scena che si presentò ai suoi occhi non poteva essere più diversa di quella dell'anno scorso, quando Laughlin e suo padre erano venuti a prenderlo: Eoin Maleficium era un signore distinto e rispettabile, Reammon Boenisolius, per quanto quel giorno fosse vestito in modo elegante per la cerimonia che si sarebbe svolta di lì a poco, non perdeva mai quella sua espressione da archeologo pazzo. Aveva i capelli spettinati, gli occhi sempre sorridenti e luminosi, l'aria eccitata di chi ha appena scoperto qualcosa di sensazionale.

«Sarà fantastico averti a casa nostra, Edmund!» gli disse, nello stringergli la mano con un sorriso.

L'arrivo della direttrice dell'orfanotrofio, che li squadrò con aria truce, non smorzò il suo entusiasmo. «Oh, lei è la direttrice? Piacere di conoscerla, sono il signor Boenisolius, il padre di un'amica di Edmund. Siamo venuti a prenderlo» si presentò, stingendo la mano anche alla donna.

«Burke non se ne va da nessuna parte. Sta arrivando l'assistente sociale» gli rispose la direttrice, stringendo la mano di Reammon con poca convinzione.

«Chi viene?» sussurrò Mairead all'orecchio di Edmund.

Il ragazzino si incupì quando vide una donna secca e dalla faccia acida ferma davanti al cancello di ingresso: la signorina Quinn, la sua assistente sociale. Dire che quella donna lo odiava era qualcosa di riduttivo: da anni che lo aveva in cura, non era mai riuscita a trovargli una famiglia di affidamento che non lo ricacciasse all'orfanotrofio dopo meno di due settimane. Ma non era colpa sua se faceva volare gli oggetti o parlava con i serpenti. Da quando aveva cominciato a frequentare il Trinity, non passava giorno che non si impicciasse nei suoi affari: voleva sapere come andava a scuola, cosa studiava, cosa faceva nel tempo libero, dove si trovava l'edificio scolastico, perché la contea non le permetteva di vedere la struttura, chi erano i suoi insegnanti, come si era guadagnato l'ammissione a quel prestigioso college. Insomma, una scocciatura. Edmund era convinto che il Dipartimento per l'Istruzione Magica le avesse fatto una bella fattura, ma la donna non demordeva nel suo intento di voler scoprire ogni segreto del Trinity College.

La signorina Quinn attraversò il cortile a passo di marcia, scoccò un'occhiata di sufficienza a Reammon, poi si voltò verso la direttrice. «Che cosa sta succedendo?» chiese, cominciando a battere il piede a terra.

Reammon tese la sua mano verso di lei e spiegò daccapo la situazione.

La Quinn non si degnò nemmeno di stringerla. «Senta, signor Bonissolis, lei non può venire qui e portarsi via uno dei ragazzi per un mese intero. La contea non lo permette».

Il sorriso di Reammon si impietrì per un istante. Solo per un istante, però. Subito dopo il suo volto si illuminò, come se improvvisamente si fosse ricordato una cosa. «Ah! Lei è la Babbana che sta dietro a Edmund, vero?» esclamò tutto d'un tratto, nuovamente euforico, più di un bambino goloso che ha trovato un sacchetto di caramelle abbandonato. La Quinn gli rivolse uno sguardo di scioccata sufficienza, ma non ebbe il tempo di commentare nulla, perché Reammon continuò: «Ho una cosa per lei!»

A quelle parole cominciò a frugarsi in tasca, con aria corrucciata. Tutti pendevano dalle sue labbra, aspettandosi una qualche rivelazione, ma Reammon sollevò l'indice al cielo, come per chiedere il permesso di parlare. «Ce l'ho... sono sicuro che ce l'ho. Ora lo trovo» esclamò con sicurezza.

La signorina Quinn stava cominciando a spazientirsi per quella messa in scena.

«È solo che c'è un po' di disordine... magari... le dispiace?» continuò Reammon, estraendo di tasca un quadro di un paesaggio, con tanto di cornice dorata, e ponendolo tra le braccia di un'esterrefatta direttrice.

Quel coso non poteva starci in una normale tasca!

«Anche questo» disse Reammon, appoggiando sopra il quadro un enorme corno di chissà quale animale. Stava per tornare a frugare in tasca, quando, vedendo lo sguardo allibito della signorina Quinn, si affrettò a spiegare: «Oh, ma non l'abbiamo ucciso noi! Il graphorn era già morto quando l'abbiamo trovato nella Foresta Nera, vero Mairead? Uno dei due corni era irreparabilmente danneggiato, ma questo... santo folletto! È in perfette condizioni! Sono così difficili da recuperare».

«Papà» lo richiamò Mairead in tono di rimprovero. Non era certa che a quella Babbana acida interessasse qualcosa delle creature fantastiche che popolavano l'Europa centrale o che fosse anche solo minimamente incuriosita dalle loro avventure archeologiche.

Reammon interruppe il racconto e continuò a frugare nella tasca prima che la signorina Quinn potesse commentare in qualche modo la cosa. «Eccolo!» esclamò entusiasta Reammon, cercando di lisciare le pieghe di un foglio tutto stropicciato. «È l'autorizzazione» spiegò soddisfatto, mostrandolo all'assistente sociale.

Edmund sbirciò il foglio, chiedendosi che cosa potesse esserci scritto, ma rimase parecchio scioccato quando vide che era completamente bianco. Si voltò verso Mairead con sguardo interrogativo, al che la ragazza fu costretta a spiegare: «È un paipear ban, un foglio in cui puoi far credere ad un Babbano che ci sia scritto tutto quello che vuoi. Vengono rilasciati dal Dipartimento dei Rapporti con i Babbani per occasioni come queste. Ci siamo fatti tre ore di coda allo sportello ieri, per ottenerne uno. La strega impiegata era davvero un'incapace! Non riusciva a capire questa cosa dell'assistente sociale. E sì che dovrebbero prenderli esperti in Babbanologia!»

Edmund non riuscì ad evitare di sorridere, al pensiero di Reammon Boenisolius che spiegava ad una strega dall'aria annoiata il motivo per cui aveva bisogno di un paipear ban.

Comunque la cosa sembrò funzionare. La signorina Quinn lo osservò a lungo con attenzione, ma non riuscendo a trovarvi nessuna pecca (e come avrebbe potuto, d'altronde?), lo infilò in una cartelletta con numerosi altri documenti.

Reammon rimase immobile con il braccio alzato e la bocca aperta, come per voler dire qualcosa. «Mi... mi potrebbe ridare il foglio?» domandò alla fine.

La donna strabuzzò gli occhi. «Assolutamente no» gli rispose in tono categorico.

Edmund era certo che non si potesse lasciare in giro un manufatto magico del genere, ma Reammon non ebbe il cuore di contraddire l'assistente sociale.

Finalmente la signorina Quinn si voltò verso Edmund. Lo osservò con sguardo arcigno per parecchi secondi, infine si decise a parlare: «A quanto pare, Burke, è tutto in regola. Sei libero di andare».

Edmund non riuscì a trattenere un sorriso smagliate. «Grazie, signorina Quinn. Alla prossima estate» disse in tono entusiasta, poi corse nel dormitorio a recuperare il proprio baule. Dando un'ultima occhiata alla vecchia stanza dalle pareti grigie che non avrebbe rivisto per parecchi mesi, si chiuse la porta alle spalle, pronto a passare un'estate che si sarebbe rivelata indimenticabile.




Ecco qui il primo capitolo della nuova storia della saga del Trinity College! È un po' come ritrovare dei vecchi amici, pubblicare nuovamente le avventure di Mairead, Edmund e Laughlin. Spero che vi sia piaciuto!

Teoricamente dovrei aggiornare un capitolo ogni sabato, in modo da essere un po' più regolare.

Ben ritrovati ai vecchi e benvenuti ai nuovi!

A presto!




EDIT: comincia anche per questa storia l'opera di sistemazione dei dialoghi! QUI, intanto, il caro Reammon con il corno di graphorn (qui la scheda sull'animale), la direttrice e la signorina Quinn.

   
 
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