A quanto pare, questo è periodo di aggiornamenti per me :).
Portate pazienza!
Grazie a chi mi segue sempre, a chi legge, a chi recensisce. A chi si ferma anche solo per pochi secondi sulle mie storie.
E un grazie speciale va a Shinalia che ha commentato sia il prologo che il primo capitolo. Mi fa piacere che ti piaccia questa storia un pò particolare.
Spero di essere in grado di portarla avanti. -.-'.
Sono un vero disastro!
Capitolo 2
Quel
terzo anno di liceo classico fu per Matilde il più difficile da affrontare,
troppi pensieri le affollavano la testa, non dandole pace.
Detestava
sentirsi così frustrata.
Si!
Era decisamente frustrata all’idea di dover abbandonare i suoi sogni.
Lei
voleva studiare giornalismo, voleva iscriversi a Scienze della comunicazione e
inseguire la sua strada.
Nonostante
la giovane età, Matilde aveva le idee chiare ormai da tempo, ma quel matrimonio
combinato aveva infranto ogni sua aspettativa.
Era
venerdì ed era a scuola.
Lezione
di greco.
La
professoressa Rossi spiegava in modo concitato Socrate, pretendendo il silenzio
assoluto e l’attenzione di tutti. Ma Matilde quel giorno, non riusciva a stare
attenta.
La
sera prima aveva discusso nuovamente con suo padre e non le piaceva affatto
litigare con lui. Nonostante lei avesse ragione, Lucio aveva la straordinaria
capacità di farla sentire in colpa e questo la innervosiva.
Non
riuscire a controllare le sue emozioni la irritava.
In
questo somigliava a sua madre. Il suo ricordo la colpì come una secchiata
d’acqua gelida. E fu così che si estraniò completamente dal resto della classe
ripercorrendo a ritroso, la discussione della serata precedente.
<< “Sabato tu uscirai
con Christian” aveva annunciato suo padre, mentre portava alla bocca un
bicchiere colmo di vino rosso.
Erano a tavola.
Una cena apparentemente
tranquilla. Il motivo? L’assenza della matrigna, questo stava a significare che
Matilde avrebbe potuto parlare tranquillamente con suo padre.
Una boccata d’aria fresca in
quella casa chiusa al mondo.
E invece no! L’influenza di
quella megera influiva anche a distanza di chilometri.
“Che poi” pensò Matilde tra sé
“Ha detto che sarebbe andata a Torino a trovare i suoi genitori. Io però non
credo ad una sola parola di quello che dice” sentenziò la giovane stringendo
tra le dita la forchetta.
“Per forza?” chiese la
ragazza, fissando il padre e implorandolo con gli occhi.
Nel suo cuore continuava a
sperare che lui cambiasse idea.
Lucio la fulminò con gli
occhi. Un terremoto si scatenò, quando le sue mani batterono violente sul
tavolo della sala da pranzo.
Il cuore di Matilde sobbalzò
per lo spavento e per la prima volta ebbe paura di suo padre.
“Tu. Uscirai con Christian!”
sibilò, scandendo tra i denti, parola dopo parola. “Ci siamo intesi?” aggiunse
dopo con un tono di voce duro e inflessibile, fissando sua figlia con severità.
Matilde annuì, nascondendo le
lacrime.
Le sembrò quasi che le pareti
di quella casa vibrassero per quanto Lucio avesse alzato la voce.
“Non ho intenzione di fare una
pessima figura davanti ai Roche, per colpa tua. Quindi tratta bene quel ragazzo
e abituati all’idea che lo vedrai spesso!” furono le sue ultime parole prima di
sparire e di andare a chiudersi in stanza.
Matilde restò seduta al tavolo
non riuscendo a non pensare all’accaduto. Ma cosa ne era stato del padre dolce
e amorevole che l’aveva cresciuta?
Di quella voce tenera in grado
di avvolgerla quasi come fosse una carezza?
Quando quell’uomo s’era
impossessato dell’animo gentile di suo padre?
E soprattutto: perché la madre
da lassù, aveva permesso tutto questo?
Con la mano tremante, portò
alla bocca l’ultima forchettata di spaghetti. Nella sala s’udiva soltanto il
rumore delle posate e un leggero scroscio di lacrime.
D’improvviso scattò in piedi,
provando un senso di soffocamento, come se le mura le si stessero stringendo
attorno. Scappò in stanza, sperando che almeno lì potesse ritrovare la
tranquillità perduta.
Quella notte, però, Matilde si addormentò piangendo. >>
Chiara
scrutava l’amica.
Il
volto stanco, evidenti occhiaie violacee le cerchiavano gli occhi, impedendo a
quelle splendide pupille verdi, di brillare.
Era
preoccupata. Matilde si stava sciupando ogni giorno di più.
Di
quella birbante bambina dai boccoli d’oro, sempre sorridente e allegra, restava
solo un lontano ricordo.
Eppure,
la giovane nobile non mancava mai di donare un sorriso a chiunque le rivolgesse
una semplicissima occhiata. Chiara sapeva che infondo, la vecchia Matilde era
ancora racchiusa dentro di lei.
Chiara
aveva tre anni quando aveva visto Matilde per la prima volta.
Lei
e la sua famiglia si erano da poco trasferiti a Malubre e la loro casa era poco
distante dalla villa dei Martines. I suoi ricordi erano sfocati per via della
tenera età, però sua madre, Maria, aveva sempre raccontato a lei e Matilde il
primo giorno in cui si erano incontrate.
Diceva
che le piaceva rievocare quel momento perché aveva segnato le loro vite,
legandole.
La
madre di Matilde, Patrizia si era presentata alla loro porta con in mano un pacco.
“Salve.
Sono
La
piccola Chiara, curiosa per natura, era corsa alla porta per vedere chi fosse e
quando s’era trovata davanti una bimbetta della sua altezza, l’aveva fissata
con interesse, poi le aveva sorriso dicendole:”Vieni a giocare con me?”.
Matilde essendo timida era rimasta immobile, poi la madre s’era chinata alla
sua altezza e le aveva sussurrato all’orecchio: “E’ maleducato non rispondere
ad un invito porto con tanta gentilezza” la piccola aveva alzato lo sguardo
quasi mortificata “Non aver paura, vai pure a giocare”.
A
quel punto, Matilde aveva annuito con gioia e Chiara tutta contenta l’ aveva
presa per mano e l’aveva condotta nella sua stanza.
Da
quel giorno non si erano più separate.
Matilde
era la più saggia tra le due, semplicemente per il carattere che si ritrovava.
Chiara
era una ragazza estroversa e birichina, ma anch’ella aveva la testa sulle
spalle.
Il
suo problema più grande era il peso.
Si
sentiva grassa, ma non lo faceva pesare a nessuno. Cercava di viverlo bene,
senza crearsi inutili e dannose paranoie. Eppure spesso si era ritrovata a
piangere davanti allo specchio e invidiava chi poteva permettersi magliette più
corte e pantaloni a vita bassa.
Solo
Matilde conosceva il suo incubo: il cibo. E solo lei sapeva come prenderla
quando si lasciava andare alla tristezza.
Chiara
voleva poter fare qualcosa di più per l’amica, ma si sentiva impotente.
D’altronde non poteva fare molto di fronte alla decisione del padre. L’ultima
carta che poteva giocare era provare a parlare con Lucio, lui le voleva molto
bene.
Patrizia
e suo marito l’avevano sempre trattata come fosse figlia loro e non c’era mai
stato un giorno in cui non s’era sentita parte di quella famiglia. Mai fuori
posto. Nonostante la nobiltà, i Signori Martines non l’avevano mai ostentata, a
differenza di quanto stava accadendo ultimamente.
Gianna
non nascondeva di certo le ricchezze che grazie a Lucio, possedeva, anzi amava
renderle pubbliche. Girava per la città tutt’agghindata e non s’accorgeva che
tutti la prendevano in giro.
In
paese, ogni abitante aveva amato
“Oggi
hai proprio la testa tra le nuvole” sussurrò Chiara all’orecchio di Matilde, la
quale sobbalzò per lo spavento.
“Scusa”
mormorò solamente “Oggi non so proprio cosa mi prenda. Non sono di compagnia”
disse con un sorriso tirato.
“Ti
va di dirmi cos’è successo?” provò a chiederle l’amica.
Matilde
evitò il suo sguardo, spostando la sua attenzione al parco fuori dalla
finestra.
“Magari
dopo. Ora non mi va, scusami” sussurrò monocorde. “Non ti preoccupare” rispose
Chiara, più preoccupata di prima.
Uscite
da scuola, Matilde era rimasta muta, Chiara non se la sentiva di insistere, ma
allo stesso tempo, avvertiva un’opprimente sensazione di rabbia per quel
malessere vissuto dalla sua amica, per tale motivo, proprio qualche passo prima
di giungere a casa, la fermò, afferrandola per un polso e la costrinse a
guardarla.
“Ora
basta!” urlò esasperata. “Non mi piace quando ti chiudi. Odio non poter sapere
cosa ti succede. Accidenti Matilde, sono la tua migliore amica e se non ne
parli con me, con chi lo fai? Tenerti tutto dentro non ti aiuterà di certo!” esclamò
intenerendosi di fronte allo sguardo spaurito dell’amica.
“Scusami
non volevo essere dura, però mi conosci…” si giustificò.
Matilde
scosse il capo “No, hai perfettamente ragione. È che mi sembra di dirti sempre
le stesse cose” sbuffò passandosi una mano tra i capelli. “Ieri sera ho
discusso con mio padre. Vuole che sabato esca con Christian. Me lo ha
praticamente ordinato” Chiara strinse un pugno per il nervoso.
Le
imposizioni non le erano mai piaciute.
“E tu che gli hai risposto?” chiese “Cosa
potevo dirgli? Ho cercato di protestare, ma lui s’è messo ad urlare, ormai è
completamente in potere di Gianna. Non conta più ciò che sento, lui ha
dimenticato sia me che la mamma” ammise affranta.
“Ci
parlo io con tuo padre!” Matilde alzò la testa di scatto e fissò smarrita
l’amica.
“A
me non dirà di no” sorrise Chiara “Gli diciamo che questo sabato avevi già un
impegno con me e gli altri del nostro gruppo. Magari se proprio tuo padre
insiste, diremo che Christian può venire con noi, ma almeno non sarai da sola.”
ammiccò.
“Pensi
che funzionerà? E Christian accetterà di uscire con persone che non conosce?”
sospirò Matilde, guardando con disperazione l’amica.
“Non
lo so, ma dobbiamo provarci. E poi scusa. Christian ha più o meno la nostra
età, vedrai che si divertirà” insisté Chiara, abbozzando un sorriso.
“Si,
forse hai ragione. Però conosci mio padre. Quando si mette in testa una cosa, è
difficile poi fargli cambiare idea. Se non uscirò con Christian da sola questo
sabato, sarò costretta a farlo il prossimo.” disse con una nota di tristezza.
“Ne
sono convinta anche io” rispose l’amica “Ma vedi il lato positivo: prima di
tutto avrai maggiore tempo per prepararti psicologicamente. Secondo, potrai conoscere come Christian si
comporta con gli altri, magari è anche simpatico e questo ti aiuterebbe ad affrontare meglio la
vostra uscita come coppia!” esclamò Chiara, eccitata per l’intuizione avuta.
Matilde
non sembrava convinta. A quel punto, l’amica le prese la mano e gliela strinse
“Matilde, hai bisogno di distrarti e divertirti ed io so come aiutarti in
questo!” disse energicamente Chiara.
“Va
bene. Spero solo che mio padre non si arrabbi troppo” disse prima di entrare in
casa seguita da Chiara.
“Fidati
di me” le bisbigliò l’amica all’orecchio. Matilde annuì.
“Bentornata
Signorina” disse la governante aprendo la porta dell’enorme villa Martines.
“Grazie
Signora Rita. Papà è in casa?” domandò Matilde entrando a passo di danza in
salotto. “Si, è nel suo studio” rispose prontamente la donna, rimanendo sulla
porta.
“Salve
Signora” Chiara sorrise alla governante “Salve a Lei, Signorina. Datemi pure i
Vostri zaini. Pranza qui, Signorina Chiara?” chiese in modo professionale la
donna, avvicinandosi alle due ragazza.
“No,
La ringrazio. Mia madre mi starà sicuramente aspettando”.
La
governante annuì con la testa poi chiese permesso e si recò altrove.
Fatto
ciò le due ragazze si diressero a passo spedito verso lo studio del Signor
Martines, entrambe agitate.
Bussarono.
“Avanti!”
disse Lucio.
Matilde
deglutì rumorosamente e Chiara le fece segno di calmarsi. Ma le gambe di
Matilde continuavano a tremare.
“Signor
Lucio” esordì Chiara entrando. Lucio alzò la testa dalla scrivania, depositando
i fogli che stava attentamente leggendo e sorrise cordialmente alla ragazza.
“Ciao
Chiara. Mi fa piacere rivederti. È da un po’ che non vieni a trovarci” disse
alzandosi e andandole incontro.
“Si
e mi dispiace. Spero mi perdonerà per la mia intrusione, ma volevo parlarLe”
rispose con voce ferma e determinata.
“Certamente.
Accomodati.” Lucio le indicò la sedia con la mano e si accomodò nuovamente al
suo posto, dall’altro lato della scrivania.
Matilde
era rimasta ferma accanto alla porta. Il padre non l’aveva degnata di uno
sguardo e questo non faceva che ferirla maggiormente. Trattenne le lacrime,
mordendosi il labbro inferiore.
Rivoleva
indietro il suo papà!
“So
che sabato Matilde è già impegnata, ma in verità noi avevamo già un impegno col
testo del gruppo” vedendo che Lucio non parlava, Chiara continuò la sua arringa
“L’idea era quella di andare in pizzeria tutti insieme, inaugurando l’inizio
dell’anno scolastico. Come sa, è un rito che si ripete da quando siamo alle
scuola superiori, ci teniamo tutti moltissimo e sarebbe un vero peccato se
qualcuno di noi mancasse.”
Il
papà di Matilde parve innervosirsi leggermente, fissò di sbieco la figlia sulla
porta “Perché non me l’hai detto subito?” la rimproverò. Matilde abbassò lo
sguardo ferita, senza rispondere.
Chiara
la fissò triste e cercò di intervenire “Non voleva ferirLa. Sa che ci tiene
molto al rapporto con la famiglia Roche, ma penso che se Lei è d’accordo,
Christian potrebbe unirsi a noi. Così potrà stare con Matilde e conoscere anche
il suo gruppo. Siamo tutti brave persone, ci conosce da ragazzi, Signor
Martines. Sono certa che Christian si troverà bene in nostra compagnia”
terminato il suo discorso, sul viso di Chiara comparve un sorriso tirato. Nel
suo profondo temeva di non esser riuscita nel suo intento e che quella sua
folle idea potesse aggravare la situazione della sua amica.
Si
diede mentalmente della stupida.
Lucio
sembrava riflettere. Tamburellava le dita sulla scrivania, segno che era
indeciso.
Alla
fine alzò lo sguardo e fissò prima Matilde, poi Chiara.
“D’accordo”
proferì con voce dura “Il discorso che mi hai fatto è corretto. Non voglio di
certo privare mia figlia dei suoi amici. È cresciuta con voi ed io non
dimentico quanto le vogliate bene” sorrise e Matilde sembrò rivedere in quel
gesto, il suo vecchio papà e il cuore le iniziò a battere forte.
“Se
volete invitare Christian vi sarò grato. È un bravo ragazzo, nonostante sia più
grande di voi di due anni, sono sicuro che si divertirà” e a quelle parole
incrociò gli occhi di sua figlia.
Cos’era
quella strana sensazione che sentiva nascere dentro di se?
Un’emozione
tanto familiare, quanto dolorosa. Legata al suo passato. Alla sua Patrizia.
Doveva
scacciare quel ricordo, prima che lo sopprimesse. Il peso di ciò che era
accaduto, era troppo grande per essere sostenuto.
Lui
era andato avanti, anche se con fatica.
S’era
aggrappato alla vita, grazie a Gianna.
E
si sentiva tremendamente in colpa nei confronti di Matilde.
Lui
l’amava più della sua stessa vita, ma non riusciva più a guardarla come prima,
perché lui stesso non era quello di prima.
“Grazie…papà”
quelle parole sussurrate come melodia, gli giunsero al cuore, prima ancora che
alle orecchie.
I
loro sguardi incatenati.
Un
riconoscersi reciproco.
Un
limbo in cui annegare e a fatica risalire.
Lucio
distolse lo sguardo e lasciò che il cuore di sua figlia mancasse di un battito.
Di
nuovo.
“Non
devi ringraziarmi” disse “Ma è ovvio che dovrai trascorrere il prossimo sabato
da sola con Christian. Voglio che vi conosciate bene. Avrete molte cose di cui
parlare” aveva ritrovato la sua durezza, la sua rigidità di padre severo.
Gianna
gli aveva insegnato come educare sua figlia. Gli diceva che doveva essere
severo, non doveva temere il risentimento di Matilde. Un giorno lei avrebbe
capito. E su questa certezza, era andato avanti con i suoi progetti.
Voleva
che la figlia vivesse una vita felice, economicamente sicura. Certo che avrebbe
vissuto come lui, un amore vero e forte paragonabile a quello tra lui e
Patrizia.
“Ora
andate. Ho delle pratiche da sbrigare”
“La
ringrazio Signor Lucio” disse Chiara, la quale poi corse dall’amica e la
portò fuori da quella stanza.
“Hai
visto ce l’abbiamo fatta!” trillò allegra.
“Si”
sibilò Matilde beccandosi un’occhiataccia truce da Chiara.
“Cosa
c’è?” domandò “E’ che per un attimo mi è sembra che lui potesse leggermi dentro
e comprendere il mio disappunto, la mia tristezza e invece resta fermo sulla
sua decisione. Volente o nolente io dovrò sposarmi con Christian. È deciso
ormai ed è meglio che me ne faccia una ragione” sentenziò rabbiosa.
Chiara
non aggiunse nulla. Dentro di lei si augurava che il tempo aiutasse la sua
amica.
“Sai
che facciamo?” disse d’un tratto mentre scendevano le scale che conducevano al
salone. “Oggi pomeriggio usciamo un po’. Andiamo a fare un po’ di shopping. O
meglio io, perché ho bisogno di qualcosa di elegante. Altrimenti che figura ci
faccio con Christian” e scoccò la lingua sui denti, facendo sorridere Matilde.
“Sciocchina!”
rispose l’amica tirandole un buffetto sulla testa.
“Dai,
dai, mi accompagni?!?” la supplicò Chiara.
“Va
bene, va bene, basta che la smetti di fissarmi a quel modo. Sai che non lo
sopporto!”
“Grazie,
grazie!” Chiara saltellò allegra, girando attorno a Matilde, poi l’abbracciò
forte. Matilde sapeva che quella dello shopping era soltanto una scusa, ma
aveva accettato volentieri, apprezzando il tentativo della sua migliore amica,
di farla distrarre.
Quando
Chiara uscì dalla porta di casa sua, Matilde sospirò. Voltandosi per andare in
stanza, trovò suo padre fermo sulle scale che la fissava.
“Papà…”
disse con una nota di timore nella voce.
“Matilde…”
rispose lui monocorde.
La
ragazza salì le scale, ma vedendo che suo padre non aveva intenzione di dirle
niente, gli passò accanto, senza guardarlo. E proprio nell’attimo in cui le
sembrò di percepire la presenza di sua madre, la risata maligna di Gianna si
frappose tra lei e suo padre, spazzando via il sorriso genuino di Patrizia.