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Autore: Doll_    29/11/2010    5 recensioni
Mio padre ancora non sapeva nulla della storia. Un punto a sfavore.
Non avevo ancora trovato la chiave di quella porta comunicante. Altro punto a sfavore.
Il ragazzo che si sarebbe finto il mio fidanzato era, oltre che un gigolò professionista, anche un tipo fastidioso, cinico e maledettamente sensuale, che odiavo con tutta me stessa. Quindi Tre a Zero per la sfortuna.
Il suo lavoro, poi, non consisteva solo nel fingersi innamorato di me -cosa già difficile in sé per sé- ma avrebbe dovuto anche insegnarmi le tecniche della passione e, quindi, in un modo o nell'altro riuscire a fare eccitare entrambi. Cosa impossibile. Quattro a Zero.
Qualcos'altro? Ah, sì! Dovevo sorbirmelo per oltre un mese..!
Cinque a Zero. Avevo nettamente perso..
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Zac e Vic'
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UN GIGOLO' IN AFFITTO – CONOSCENZE parte II

 

Erano passate nemmeno due ore, che il parco aveva già iniziato a riempirsi di bambini e famigliole felici intente a godersi il bel sole mattutino come, d'altronde, stavamo facendo anche io e Zac.
“Mmm.. La prossima volta dovremmo portare un plaid per poterci sdraiare sul prato.” Osservò lui, distogliendo la mia attenzione da una bambina che giocava sorridente fra le braccia della madre, contenta anch'essa.

Non frequentavo spesso i parchi proprio per quel motivo: mi ricordavano i momenti persi e tanto desiderati della mia infanzia.
I primi anni, quando era accaduto tutto quel casino familiare, quello era l'unico posto che mi rendeva felice, che mi faceva distrarre dalla realtà e che mi permetteva di vagare con la fantasia senza trovare alcun vincolo..
Ma crescendo, mi accorsi che quei pensieri non mi avrebbero portato da nessuna parte.. Non mi avrebbero portato da lei. Quindi, scoprendo che invece di rallegrarmi, mi rattristavo, decisi di non venirci più, se non di sera o la mattina presto, quando era tutto deserto e invece di sorrisi spensierati, si poteva solo scorgere l'assoluto silenzio.
“Vic? Mi hai sentito?” Chiese gentilmente, Zac, schioccando le dita davanti alla mia faccia, facendomi riprendere e ridacchiare di quel gesto così infantile.
“E adesso che ti prende?” Domandò ancora più confuso dalla mia reazione.
“N-niente, n-niente...” Ma non riuscivo a smettere e sentivo gli occhi farsi lucidi. Segno che ridevo semplicemente per non piangere.
“Hai sentito quello che ho detto prima, almeno?” Disse lui, continuando a guardarmi in quel modo strano. Stava cercando di studiarmi ma era chiaro che non riusciva a trovare alcuna risposta ai suoi enigmi. Si capiva dalla sua espressione corrugata.
“S-sì, ho capito.” Risposi, riprendendomi. “Hai ragione, dovremmo farlo..” E come una cretina, mi resi conto solo dopo della frase a doppio senso che mi era scappata in quel momento di svago, diventando, così, di un colore rosso bourdox, tanto da far invidia ad un pomodoro maturo. Lui sorrise.
“E' quello che dico sempre anche io...” Ribatté, ricambiando l'allusione.
E quando mai si sarebbe fatto scappare un'occasione così succulenta nella quale poteva umiliarmi ulteriormente? No, non sarebbe stato da Zac.
“Hai capito quello che volevo dire.” Lo ammonii anche con un'occhiataccia.
“Certo che ho capito.” Ridacchiò, facendomi arrossire ancora di più e spingendomi a ripizzicargli un fianco.
“Come siamo cattive, bambolina!” Mi schernì ancora, iniziando a farmi il solletico.
Fra le risate, cominciai anche io a farglielo ma, quando entrambi, senza accorgercene, iniziammo a toccare punti illeciti del corpo dell'altro, ci fermammo alla svelta, senza smettere di guardarci negli occhi. Infondo non erano cose da fare a maggior ragione in un parco giochi pieno di bambini innocenti.
“Forse è meglio che andiamo.” Distolsi lo sguardo da lui, alzandomi subito dalla panchina.
In quelle due ore, io e Zac avevamo raggiunto ormai, un buon rapporto di apparente amicizia e scoprii che, infondo, per conoscere una persona non bisognava per forza saperne il passato perché anche il presente era importante. Conoscere i suoi gesti abituali, il suo modo di parlare, di esprimersi, di guardare... Cose semplici ma incisive.
Ad esempio, io ormai in quasi tre giorni di stretto contatto con Zac, di lui sapevo già che gesticolava solo quando l'argomento si faceva interessante, che gli piaceva parlare di qualsiasi cosa, che era pronto a nuove amicizie, che era intelligente anche se lo dava poco a vedere, che gli piaceva far ridere la gente, che adorava il calcio, che, come me, arricciava il naso quando c'era qualcosa che non lo convinceva, che amava comportarsi come un eterno bambino, che, in quelle poche volte in cui era imbarazzato, si portava la mano fra i capelli, che era un tipo solare e che, questo lo scoprii poco dopo, adorava i bambini molto più degli adulti.
Infatti prima che ce ne andassimo, un pallone di plastica leggero con disegnati sopra dei Gormiti, sfiorò la gamba di Zac che si girò, prendendola in mano. Allora si mise in ginocchio quando, guardandosi avanti, scorse un bambino sui tre anni, che si stava avvicinando titubante e timido a lui, tutto rosso dalla vergogna. Quando finalmente si ritrovarono a pochi centimetri di distanza potei notare una lieve somiglianza fra i due, soprattutto nello sguardo, così spensierato e dolcemente infantile.
“Questa deve essere tua, giusto?” Sorrise Zac, porgendogliela.
Il bambino che, con i suoi occhi azzurri guardava sia me che lui, annuì e riprese cautamente il pallone.
“Grazie, signore.” Quasi borbottò, il piccolo, senza decidersi, però, ad andarsene, restando quindi fermo a guardarci.
“Chiamami Zac. Stavi giocando da solo?” Chiese lui, senza vergogna.
Allora decisi di intervenire per non rischiare di far passare Zac per un pedofilo maniaco ma, ahimè, la madre mi precedette.
Mi stavo preparando alla sfuriata della bella donna, quando le sue parole mi stupirono:
“Zac! Ma sei davvero tu?! Oddio, da quanto tempo!” Fece lei con un'evidente accento spagnolo, allargando le braccia per farsi abbracciare da lui che si alzò e le venne incontro chiamandola per nome.
Bellissima era dire poco. La donna era formosa, con un corpo snello e formidabile, aveva dei capelli neri con qualche sfumatura dorata, ricci e lunghi fino al fondo schiena, gli occhi neri come la pece e un sorriso smagliante.
“Maria! Che piacere rivederti!” Poi, poco prima che sciogliessero l'abbraccio lo sentii sussurrarle: “Il tempo è passato ma tu sei bellissima come sempre...” Ammiccò, sorridente.
Lei, in tutta risposta, gli diede un buffetto alla guancia, diventando rossa e ridacchiando come una ragazzina del liceo quando avrà avuto, invece, sui trentacinque anni...
Mi sentivo fuori luogo in quello scambio di battute ma non potei farci niente, così mi limitai ad osservare i comportamenti dei due che, probabilmente, in passato saranno stati anche amanti.
Un leggero fastidio s'insinuò in me...
“E questa bella ragazza chi è?” Chiese, poi, Maria, rivolta a me.
Finalmente Zac si ricordò della mia presenza e girandosi verso di me, rispose: “Maria, lei è Victoria, Victoria, lei è Maria.” Sorrise, presentandoci.
Mi avvicinai per stringere la mano alla bellezza di fianco a Zac e notai ancora di più i lineamenti leggeri e affascinanti della donna.
“Così lui è Simone...” Disse poi, Zac, rivolto al bambino.
“Sì. Simone, ti ricordi di Zac?” Chiese lei, con quel bel sorriso, al bambino che cercava di nascondersi dietro la sua gonna lunga e con dei bei motivi floreali.
Simone, dal canto suo, scosse la testa, sempre con sguardo basso.
“Beh, è logico. Sono passati anni...” Fece Zac, staccandosi finalmente da lei.
“Ma io non mi sono mai dimenticata di te, caro.” Rispose lei, languida, facendogli palesemente gli occhioni dolci.
Io rimanevo immobile a guardare la scena come un'inerme spettatrice, senza proferire parola e sentendomi, se possibile, anche più imbarazzata di Simone... Peccato che io non avevo nulla con cui nascondermi.
Zac rimase per un po' a guardarla ma non rispose e si girò verso di me, sorprendendomi con un sguardo pieno di significati nascosti ed intensi che non feci in tempo a comprendere perchè, dopo avermi guardato anche lei, riprese la parola.
“Zac, tesoro, perchè non vai a giocare un po' con Simone? E' così timido che non riesce a fare amicizia con nessuno, poi ricordo molto bene la tua passione per il calcio. Io e Victoria rimaniamo un po' qui a sedere e a tenervi d'occhio.” Esclamò sempre sorridendo apertamente e spingendo il bambino verso Zac che, dolcemente, lo portò con sé verso un pezzo di prato. Ovviamente era un palese messaggio sottinteso per farci restare sole.
“Vieni, cara, sediamoci.” Mi disse Maria, tamburellando il posto accanto al suo da dove si potevano benissimo vedere Zac e Simone iniziare a giocare, sorridenti.
“Sei molto silenziosa, Victoria.” Constatò, quando, senza fiatare, mi sedetti accanto a lei.
“Io.. Ecco.. Non so che dire.” Ammisi, arrossendo.
Quella donna non mi metteva agitazione, ma qualcosa in lei mi intimoriva. Forse la sua bellezza senza paragoni. Nonostante ciò non me la sentivo di darmela a gambe, così rimasi lì immobile aspettando che un discorso interessante venisse alla luce.
“Devi essere molto speciale...” Disse lei, poi, più a se stessa che a me.
“In che senso?” Chiesi confusa.
“Per Zac, intendo. Devi essere molto speciale per lui.”
“Si sbaglia, io e lui non siamo...” Stavo cercando di spiegare, quando venni interrotta da lei. E da una parte fu meglio, dato che non sapevo come potevo spiegarle davvero bene la situazione fra noi, senza provare una profonda vergogna verso me stessa.
“So benissimo cosa siete. Anche io sono stata una sua cliente, cara.” Ammise lei, guardandomi negli occhi, sorridendo con meno enfasi.
“Ah...” Non sapevo cosa dire ed ero sinceramente sorpresa. Perchè mai una così bella donna avrebbe dovuto ricorrere ad un gigolò per appagare i suoi desideri, quando poteva avere tutti gli uomini che voleva?
“Zac è un ragazzo d'oro. Brillante, a mio dire. Lo conosco molto bene e, ormai, per me è come un figlio. Sicuramente ti starai chiedendo come mai abbia fatto quella scelta all'epoca e, beh, anche se può sembrare stupida come motivazione...” Ma la interruppi, borbottando un: “Non si preoccupi, io me ne intendo di motivazioni stupide!” Esclamai sorridendo.
Lei rise, poi continuò: “Comunque lo feci solo perchè ero innamorata di un altro. Un vero stronzo che mi aveva messa incinta appena arrivata in Italia, e mi aveva lasciata appena appresa la notizia. Volevo qualcuno accanto che non mi prendesse in giro, che non mi illudesse e chi meglio di un gigolò poteva farlo? Zac aveva messo subito le carte in chiaro con me, conoscendo la mia storia: nessun coinvolgimento sentimentale, solo sesso. Ed io ero più che d'accordo con lui ma col tempo iniziai ad affezionarmici e alla fine me ne innamorai. Lo capii quando il mio ex fidanzato ritornò a rivendicarmi ed io lo rifiutai, non provando più le stesse cose nei suoi confronti. Quando dissi a Zac che lo amavo, passammo delle settimane terribili, perchè lui non ricambiava il sentimento. Ma non mi abbandonò mai. Mi restò vicino e dopo un mese mi presentò Giovanni. Un uomo che odiavo per la sua timidezza ma che amai per la sua dolcezza. In poche parole, Zachary mi salvò letteralmente la vita...” Mentre raccontava le si illuminarono gli occhi e capii che doveva tenere immensamente a Zac. Dal canto mio, mi sentivo ancora più a disagio di prima, dato che quella donna si era aperta con me, conoscendomi a malapena. In più, non sapevo cosa dire. Non ero mai stata brava con le frasi d'incoraggiamento, così presi la scelta più efficace: rimasi in silenzio, ripassando la storia nella mia mente. Che fosse stata lei la donna di cui mi aveva parlato Zac la prima sera che era venuto ad abitare da mia nonna...? No. Anche se la storia fosse stata per metà vera, lui aveva detto che si era innamorato di lei e che lei era morta. Quindi Maria era esclusa da ciò. Poi era così giovane... Insomma non aveva nulla che combaciava con la donna della storia.
Volsi il mio sguardo verso Zac e lo vidi sorridere divertito, prendendo Simone in braccio e facendolo volare come se si trovasse in una navicella spaziale e ridere sguaiatamente tanto che le risa si sentivano fino alla nostra panchina. Era uno spettacolo bellissimo... Mi si scaldò il cuore e potei conoscere un altro lato del mio compagno che, piano piano, non rinominai mai più come uno sconosciuto.
Ed io che credevo che Zac fosse solo un cretino senza cervello... Dio, quanto mi sbagliavo! Zac sembrava aver vissuto altre mille vite -prima di questa- ed ognuna con avventure diversamente esaltanti. Ci credevo che era così riservato sul suo passato. Non voleva vantarsene perchè ciò che faceva, lo faceva, appunto, solo perchè voleva.. Perchè se lo sentiva.
Io, a paragone con lui, ero solo una mocciosetta viziata, pigra, altezzosa e insicura. Nella mia vita, come aveva detto Cristina, non avevo mai concluso niente.
Ma adesso sarebbe cambiato tutto. D'ora in avanti, ci avrei messo tutta me stessa per riuscire in qualcosa. Volevo dimostrare di essere diversa.
E avrei deciso di fidarmi di Zac perchè anche se lo conoscevo da soli tre giorni, era l'unico che era riuscito a penetrare la mia anima tanto affondo, spogliandomi di tutte le mie paure. Facendomi conoscere la passione...
“Forse ti ho annoiata con la mia storia...” Maria mi distolse dai miei pensieri e, sorridendole, le risposi: “No, affatto. Stavo solo riflettendo.”
“Lui ti piace, vero?” Mi chiese, aspettandosi già la risposta affermativa che, però, non arrivò.
“Sinceramente... No. Ci conosciamo pochissimo e lui è davvero.. Davvero fastidioso!” Ripresi a gesticolare, facendola ridere.
“Oh, tesoro, scommetto che ti avrà fatto passare le pene dell'inferno!”
“E non solo. Non passano nemmeno cinque secondi che riprendiamo a bisticciare come due bambini!” Risi anche io.
L'atmosfera iniziava a scaldarsi e quella Maria iniziava davvero a piacermi.
“E tu come mai hai preso questa scelta? Infondo sei una bella ragazza.” Mi chiese, facendomi arrossire.
Non volevo subito rovinarmi la reputazione ma fu inevitabile, così le raccontai tutto a partire dall'inizio. Dalla motivazione, ai primi incontri, a ciò che era successo in quei giorni... Le dissi tutto.
Mi sentivo me stessa con lei e non solo perchè era più grande ma perchè lei era l'unica che poteva capire, bene o male, la mia situazione, essendoci in parte passata anche lei. E infatti alla fine non ebbe la reazione che immaginavo ma restò calma, tranquilla come se le avessi appena detto cosa avrei mangiato a pranzo. Ed io mi sentii improvvisamente libera di un peso enorme...
“Zac è stato davvero crudele con te ma scommetto che a tutto c'è un motivo.” Fece lei, inarcando il sopracciglio come una che la sa lunga.
“E cioè? Rabbia repressa? Passione repressa? Non mi sembra il tipo.” Risposi sarcasticamente.
“Gli hai mai chiesto perchè si è avvicinato a te sul treno? Se ci pensi bene uno che fa il suo lavoro non potrebbe mai avere una relazione fissa con una ragazza. Non reggerebbe mai. Io penso che per lui tu sia diversa dalle altre, Victoria.” Disse sinceramente guardando prima me, poi lui che ancora giocava con Simone, ignaro dei discorsi fra me e la sua vecchia amante. E se avesse ragione? Ma no.. Victoria, ricorda: mai illudersi! Pensai. Zac era bellissimo, affascinante, intelligente anche se con tutti i suoi difetti, quindi perchè mai fissarsi con una come me? Io che ero sempre stata una ragazza anonima sotto tutti i punti di vista? Forse Maria si stava facendo troppi filmini mentali.
“Mi dispiace ma sono sicura che si sia avvicinato solo ed esclusivamente per aiutarmi col singhiozzo. Lo ha detto anche lei che Zac è un ragazzo d'oro... Probabilmente voleva solo una nuova causa di beneficenza vinta.” Minimizzai facendo spallucce e controllando l'ora. Fra poco dovevamo ritornare a casa per il pranzo altrimenti mio padre si sarebbe insospettito, in più ci saremmo dovuti organizzare anche per l'uscita di quel pomeriggio nella quale avrei dovuto presentarlo a tutti i miei amici...
“Ho detto che è un ragazzo d'oro, ma pur sempre un ragazzo. E come gli altri, quando si avvicina ad una bella ragazza ha solo una cosa in mente. Non è mica un santo!” Scherzò per alleggerire l'atmosfera.
“Solo una cosa, giusto. Nulla di più, quindi.” Sorrisi, convinta.
“Non hai notato come ti guarda? E, soprattutto, quanto spesso lo fa? Victoria, sei molto intelligente ma alcune volte anche molto cieca.” Rise, facendo voltare dei passanti che stavano per uscire dal parco.
“Non c'è nulla di me che potrebbe attirare uno come lui, Maria.” Dissi, confidandole i miei veri dubbi. Poi c'era Luca... Io ero davvero cotta di lui e Zac era solo una pedina. Una pedina fin troppo pericolosa...
“Io so il perchè, tesoro. Ma deve essere lui a dirtelo.”
“Non me lo dirà mai. Lo conosco. E' troppo orgoglioso.” Partii sconfitta.
“Io non dico che si sia innamorato perchè, sai, non ho mai conosciuto nessuno prima di lui e dopo che fosse così allergico e insensibile all'amore, quello vero. Lui stesso ammette di non essersi mai innamorato di nessuna. Dico solo che lui tiene a te, a modo suo. Che anche se sono passati solo tre giorni, tu gli scaturisci qualcosa di particolare.” Sorrise apertamente.
Io la guardavo come se fosse un alieno che stava parlando la sua lingua sconosciuta, ma volevo saperne di più. In quel momento volevo davvero illudermi di essere importante per qualcuno ma, prima che potessi aprire bocca, il soggetto della nostra conversazione ci interruppe riportando un Simone sudato ma felicemente sorridente, avvinghiato alla gamba di Zac.
“Stavate parlando di noi?” Chiese lui, col suo tono malizioso.
Anche Zac era sudato e ansimava come se avesse dovuto fare chilometri di corsa, quando invece aveva solo giocato a palla con un bambino di tre anni.
Portò una sua mano fra i capelli, bagnati dal sudore ovviamente, riportandoli un po' indietro in una che sembrò una mossa a dir poco sexy che fece voltare molte ragazze del parco. La sua maglietta, ora fradicia, aderiva al suo petto, facendo quindi intravedere il bel corpo che aveva.
Deglutii a vuoto e tentai di riprendermi senza alcun successo.
“No, stavamo parlando un po' di Victoria e del tipo che le interessa.” Fece Maria, credendo di aiutarmi, mettendomi invece più in difficoltà, dato che il sorriso di Zac sparì dal suo bel viso e si voltò a guardarmi, quasi famelico.
“Quel Luca?” Chiese e potei notare un filo di fastidio nella sua voce.
“Sì, proprio lui.” Sorrise la bella donna che in quel momento avrei voluto strozzare, di fianco a me.
Sì, perchè lei non sapeva che Zac me l'avrebbe fatta sicuramente pagare a casa...
“Oookay! Noi dobbiamo andare, Zac! E' ora di pranzo. E' stato un piacere conoscerti Maria. Ciao Simone! Andiamo, Zac!” Dissi velocemente rischiando quasi di cadere quando tentai di dirigermi verso l'uscita, prendendo Zac per la mano che, inizialmente, non si mosse.
“A presto, tesoro. Pensa a ciò che ti ho detto!” Mi salutò lei, poi ci voltammo e ce ne andammo.

 “Cosa ti ha detto, Maria?” Mi chiese lui, appena tornati a casa, in camera mia.
Quando arrivammo, ognuno aprì la rispettiva porta di casa propria ma, risalita le scale e entrata nella mia stanza, me lo ritrovai nuovamente spaparanzato sul mio letto, pensieroso e con molti dubbi tra i quali, ahimè, la conversazione fra me e Maria.
Feci spallucce e mi diressi in bagno come se, ormai, avermelo fra i piedi ventiquattro ore su ventiquattro fosse una cosa normale.
“Te l'ha detto lei. Abbiamo parlato di Luca.” Decisi di reggere il gioco alla mia nuova amicizia, senza far trapelare nulla dal mio tono.
Intanto lui mi seguì e si sedette sul bordo della vasca, mentre io mi ripassavo il trucco.
“E cosa ti ha detto su Luca?” Inarcò il sopracciglio incredulo. Non si fidava di me e questo mi fece tirare ancor di più fuori le unghie.
“Mi ha dato dei buoni consigli per conquistarlo.” Feci con nonchalange.
“Ma per quello ci sono io.” Sorrise falsamente e palesemente irritato.
“Ciò non significa che non posso prendere anche in considerazione dei consigli datemi da una donna attraente, più grande di me e con maggior esperienza nel campo.” Spiegai, guardandolo di sottecchi tramite lo specchio, senza mai incrociare il suo sguardo.
Lo vedevo innervosirsi e a malapena riuscii a trattenermi dal ridergli in faccia.
Era chiaro che era arrabbiato perchè ascoltavo più Maria, che conoscevo da meno tempo, che lui, che era pagato a posta per insegnarmi determinate cose. Non era di certo furioso di gelosia... Sarebbe stato ridicolo dato che ci conoscevamo poco e niente.
“Quindi?”
“Quindi, cosa?” Chiesi, posando la matita nel cassetto dei trucchi e voltandomi finalmente verso di lui.
Lo vidi squadrarmi da testa a piedi e farmi una lastra completa, esteriore e, fantasiosamente interiore.
“Quindi cosa ti ha suggerito di fare con Luca?” Domandò infastidito.
Ops, ops... Huston abbiamo un problema... E adesso che m'inventavo?
'Pensa, Victoria, pensa... Ricorda un film in cui si parlava di tecniche di seduzione e quant'altro.. pensa... Ci sono!' ..Sorrisi e lo guardai intensamente.
“Mi ha suggerito di cambiare un po'...di cose.” Dissi, volutamente vaga.
“E cioè?” Sembrava impaziente e potei distinguere un pizzico di rabbia nel suo tono sempre calmo e civilmente tranquillo.
“Di cambiare modo di vestire... Di essere più sensuale. Lei dice che l'esperienza in sé per sé non conta. Basta saper fingere.” Spiegai risoluta.
“Che sciocchezza! L'esperienza conta eccome! Altrimenti saremmo tutti attori in questo mondo!” Minimizzò lui con un gesto della mano, alzandosi in piedi e venendomi incontro.
“Ma qui si parla di me, ed io sono un'attrice.” Decretai seria.
Infondo avevo davvero seguito dei corsi di teatro e, segretamente, era la mia prima passione in assoluto. Questo però, tanto tempo fa... Ora era solo un misero sogno nel cassetto.
Ma in quel momento potevo rispolverare nei vecchi manuali e divertirmi un po' con Zac.. Dovevo iniziare a godermi realmente la vita così com'era. Perchè, si sa, si vive una volta sola.
Lui, in tutta risposta, mi sorprese nuovamente, avvicinandosi ancora di più a me e bloccandomi fra il suo corpo ed il lavandino, mettendomi poi una mano su un fianco, abbracciandomi con forza ma senza farmi male, e l'altra su una mia natica che, appena avvicinò anche i nostri visi ad un centimetro di distanza, strinse passionalmente, strappandomi un gemito ansimato.
Certe sensazioni, non si possono fingere...” Sussurrò sfiorando il suo naso con il mio.
Io rimanevo immobile, incerta sul da farmi. Ma, infondo, cosa avrei dovuto fare? Urlare? Schiaffeggiarlo? Spingerlo via? Baciarlo..?
Cosa volevo davvero in quel momento? Nemmeno io lo sapevo, quindi, confusa com'ero, decisi di rimanere comunque immobile e lasciare che fosse lui a fare il primo passo, come sempre.
“I-io.. Io potrei riuscirci.” E mi sorpresi di sentire la mia voce lievemente incrinata mentre rispondevo con una mezza verità a Zac.
Non ero sicura veramente se sarei stata in grado di farlo ma avevo cambiato almeno tattica col mio modo di vivere e il mio motto adesso era semplicemente una parola: “Buttati”.
Restammo per qualche secondo infinito a fissarci, occhi negli occhi, quando poi Zac iniziò a ridere, staccandosi da me.
“Okay, bambolina. Staremo a vedere... Anzi, facciamo una scommessa. Se oggi il presunto Luca sarà presente voglio vederti all'opera. Accetti?” Il suo tono era di scherno e la sua sicurezza di vincere mi mandò ancora più in bestia.
“Non potrò mai farlo se ci sarai te di mezzo a rompere le scatole!” Sbottai, paonazza dalla proposta.
Forse avrei dovuto fermarmi semplicemente al: “Non potrò mai farlo...” ma in quel momento non ci stavo proprio con la testa e azzardai troppo.
Com'era quel detto...? Perseverare è diabolico? Pazienza. Sarei finita all'inferno ma, ne ero certa, Zac mi avrebbe tenuto compagnia....
“Dovrai almeno fare il primo passo. Prometto che farò finta di nulla.” Sorrise sornione, porgendomi la mano.
“E la posta in gioco?” Chiesi portando i pugni ai fianchi, inarcando il sopracciglio. Qualcosa di Zac l'avevo capita ed una era quella di non sottovalutare mai nessuna delle sue mosse. Lui agiva sempre calcolando la ricompensa.
“Se vinci tu, la smetterò di stuzzicarti o prenderti in giro...”
“Mi sembra un buon accordo.” Stavo per accettare quando..
Ma..” Disse, sorridendo apertamente, con una nuova luce negli occhi, maliziosa e famelica “Se vinco io nella prossima lezione dovrai fare tutto ciò che ti dico senza mai protestare.” Spiegò cautamente, tendendo sempre la mano.
Passarono degli attimi infiniti prima che mi decidessi...
Volevo davvero che finisse d'infastidirmi e sarebbe equivalso a ciò che sarebbe potuto capitare se avesse vinto lui?
Quindi presi la mia decisione, stringendogli la mano con un: “Affare fatto.”
Era il classico patto col diavolo ma la nuova Victoria era in città.... 

   
 
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